077-080:REGDOC 17-2008.qxd 6-02-2009 17:10 Pagina 77 S anta Sede Con grande afflizione Giovanni Paolo II, Congregazione per i vescovi, Pont. cons. per i testi legislativi La scomunica del 1988 Decreto della Congregazione per i vescovi All’indomani della remissione della scomunica ai vescovi lefebvriani (cf. in questo numero alle pp. 69ss), l’opinione pubblica ecclesiale ha iniziato a interrogarsi sulla nuova situazione canonica e pastorale degli aderenti alla Fraternità San Pio X: su quali atti cioè siano ancora necessari perché essi possano dirsi in piena comunione con la Chiesa di Roma. Come contributo alla riflessione, riproponiamo qui i principali atti ufficiali con cui la Santa Sede aveva definito, per tutto il periodo di durata della scomunica, tale situazione: il decreto di scomunica, il motu proprio Ecclesia Dei (cf. Regno-doc. 15,1988,477ss), una risposta della Congregazione per i vescovi ad alcuni quesiti del vescovo svizzero N. Brunner e una nota che il Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi ha redatto su richiesta della stessa Congregazione per i vescovi (cf. Regno-doc. 17,1997,528ss). Ne emergono: la scomunica per chi aderiva formalmente a quel «movimento scismatico», l’acefalia dei chierici ordinati da Lefebvre prima del 1988, l’illiceità della partecipazione alle loro celebrazioni. EV 11/1196-1205 e 15/962-972; Regno-doc. 17,1997,528s. IL REGNO - DOCUMENTI 3/2009 Mons. Marcel Lefebvre, arcivescovo-vescovo emerito di Tulle, avendo – nonostante l’ammonizione formale del 17 giugno scorso e i ripetuti interventi perché desistesse dal suo intento – compiuto un atto di natura scismatica mediante la consacrazione episcopale di quattro presbiteri, senza mandato pontificio e contro la volontà del sommo pontefice, è incorso nella pena prevista dal can. 1364, § 1, e dal can. 1382 del Codice di diritto canonico. Dichiaro a tutti gli effetti giuridici che sia il suddetto mons. Marcel Lefebvre sia Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta sono incorsi ipso facto nella scomunica latae sententiae riservata alla sede apostolica. Dichiaro inoltre che mons. Antonio de Castro Mayer, vescovo emerito di Campos, avendo partecipato direttamente alla celebrazione liturgica come conconsacrante e avendo pubblicamente aderito all’atto scismatico, è incorso nella scomunica latae sententiae prevista dal can. 1364, § 1. Si ammoniscono i sacerdoti e i fedeli a non voler aderire allo scisma di mons. Lefebvre, perché incorrerebbero ipso facto nella gravissima pena della scomunica. Dalla Congregazione per i vescovi, 1 luglio 1988. card. BERNARDIN GANTIN, prefetto della Congregazione per i vescovi Ecclesia Dei Motu proprio di Giovanni Paolo II 1. Con grande afflizione la Chiesa ha preso atto dell’illegittima ordinazione episcopale conferita lo scorso 30 giu- 77 077-080:REGDOC 17-2008.qxd 6-02-2009 17:10 Pagina 78 S anta Sede gno dall’arcivescovo Marcel Lefebvre, che ha vanificato tutti gli sforzi da anni compiuti per assicurare la piena comunione con la Chiesa alla Fraternità sacerdotale di San Pio X, fondata dallo stesso mons. Lefebvre. A nulla infatti sono serviti tali sforzi, specialmente intensi negli ultimi mesi, nei quali la sede apostolica ha usato comprensione fino al limite del possibile.1 2. Questa afflizione è particolarmente sentita dal successore di Pietro, al quale spetta per primo la custodia dell’unità della Chiesa,2 anche se fosse piccolo il numero delle persone direttamente coinvolte in questi eventi, poiché ogni persona è amata da Dio per se stessa ed è stata riscattata dal sangue di Cristo, versato sulla croce per la salvezza di tutti. Le particolari circostanze, oggettive e soggettive, nelle quali l’atto dell’arcivescovo Lefebvre è stato compiuto, offrono a tutti l’occasione per una profonda riflessione e per un rinnovato impegno di fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa. 3. In se stesso, tale atto è stato una disobbedienza al romano pontefice in materia gravissima e di capitale importanza per l’unità della Chiesa, quale è l’ordinazione dei vescovi mediante la quale si attua sacramentalmente la successione apostolica. Perciò, tale disobbedienza – che porta con sé un rifiuto pratico del primato romano – costituisce un atto scismatico.3 Compiendo tale atto, nonostante il formale monitum inviato loro dal cardinale prefetto della Congregazione per i vescovi lo scorso 17 giugno, mons. Lefebvre e i sacerdoti Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta, sono incorsi nella grave pena della scomunica prevista dalla disciplina ecclesiastica.4 4. La radice di questo atto scismatico è individuabile in un’incompleta e contraddittoria nozione di Tradizione. Incompleta, perché non tiene sufficientemente conto del carattere vivo della Tradizione, «che – come ha insegnato chiaramente il concilio Vaticano II – trae origine dagli apostoli, progredisce nella Chiesa sotto l’assistenza dello Spirito Santo: infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, cresce sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro, sia con la profonda intelligenza che essi provano delle cose spirituali, sia con la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma certo di verità».5 Ma è soprattutto contraddittoria una nozione di Tradizione che si oppone al magistero universale della Chiesa, di cui è detentore il vescovo di Roma e il corpo dei vescovi. Non si può rimanere fedeli alla Tradizione rompendo il legame ecclesiale con colui al quale Cristo stesso, nella persona dell’apostolo Pietro, ha affidato il ministero dell’unità nella sua Chiesa.6 5. Dinanzi alla situazione verificatasi, sento il dovere di rendere consapevoli tutti i fedeli cattolici di alcuni aspetti che questa triste circostanza pone in particolare evidenza. a) L’esito a cui è approdato il movimento promosso da mons. Lefebvre può e deve essere motivo, per tutti i fedeli cattolici, di una sincera riflessione circa la propria fedeltà alla Tradizione della Chiesa autenticamente interpretata dal magistero ecclesiastico, ordinario e straordinario, specialmente nei concili ecumenici da Nicea al Vaticano II. Da questa riflessione tutti devono trarre un rinnovato ed efficace convincimento della necessità di migliorare ancora tale 78 IL REGNO - DOCUMENTI 3/2009 fedeltà, rifiutando interpretazioni erronee e applicazioni arbitrarie e abusive, in materia dottrinale, liturgica e disciplinare. Soprattutto ai vescovi spetta, per propria missione pastorale, il grave dovere di esercitare una chiaroveggente vigilanza piena di carità e di fortezza, affinché tale fedeltà sia salvaguardata ovunque.7 b) Vorrei, inoltre, richiamare l’attenzione dei teologi e degli altri esperti nelle scienze ecclesiastiche, affinché anch’essi si sentano interpellati dalle presenti circostanze. Infatti, l’ampiezza e la profondità degli insegnamenti del concilio Vaticano II richiedono un rinnovato impegno di approfondimento, nel quale si metta in luce la continuità del Concilio con la Tradizione, specialmente nei punti di dottrina che, forse per la loro novità, non sono stati ancora ben compresi da alcuni settori della Chiesa. c) Nelle presenti circostanze, desidero soprattutto rivolgere un appello allo stesso tempo solenne e commosso, paterno e fraterno, a tutti coloro che finora sono stati in diversi modi legati al movimento dell’arcivescovo Lefebvre, affinché compiano il grave dovere di rimanere uniti al vicario di Cristo nell’unità della Chiesa cattolica, e di non continuare a sostenere in alcun modo quel movimento. Nessuno deve ignorare che l’adesione formale allo scisma costituisce una grave offesa a Dio e comporta la scomunica stabilita dal diritto della Chiesa.8 A tutti questi fedeli cattolici, che si sentono vincolati ad alcune precedenti forme liturgiche e disciplinari della tradizione latina, desidero manifestare anche la mia volontà – alla quale chiedo che si associno quelle dei vescovi e di tutti coloro che svolgono nella Chiesa il ministero pastorale – di facilitare la loro comunione ecclesiale, mediante le misure necessarie per garantire il rispetto delle loro giuste aspirazioni. 6. Tenuto conto dell’importanza e complessità dei problemi accennati in questo documento, in virtù della mia autorità apostolica, stabilisco quanto segue: a) viene istituita una commissione, con il compito di collaborare con i vescovi, con i dicasteri della curia romana e con gli ambienti interessati, allo scopo di facilitare la piena comunione ecclesiale dei sacerdoti, seminaristi, comunità o singoli religiosi e religiose finora in vario modo legati alla Fraternità fondata da mons. Lefebvre, che desiderino rimanere uniti al successore di Pietro nella Chiesa cattolica, conservando le loro tradizioni spirituali e liturgiche, alla luce del protocollo firmato lo scorso 5 maggio dal card. Ratzinger e da mons. Lefebvre; b) questa commissione è composta da un cardinale presidente e da altri membri della curia romana, nel numero che si riterrà opportuno secondo le circostanze; c) inoltre, dovrà essere ovunque rispettato l’animo di tutti coloro che si sentono legati alla tradizione liturgica latina, mediante un’ampia e generosa applicazione delle direttive, già da tempo emanate dalla sede apostolica, per l’uso del Messale romano secondo l’edizione tipica del 1962.9 7. Mentre si avvicina ormai la fine di questo anno specialmente dedicato alla santissima Vergine, desidero esortare tutti a unirsi alla preghiera incessante che il vicario di Cristo, per l’intercessione della Madre della Chiesa, rivol- 077-080:REGDOC 17-2008.qxd 6-02-2009 17:11 Pagina 79 ge al Padre con le stesse parole del Figlio: Ut omnes unum sint! Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 2 del mese di luglio dell’anno 1988, decimo di pontificato. GIOVANNI PAOLO II Interpretazione autorevole Indole scismatica Nota del Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi Lettera ... Questa congregazione, più volte interpellata sui problemi sollevati dai documenti citati, ritiene che il defunto mons. Lefebvre è incorso nella scomunica prevista nel canone 1382 del Codice di diritto canonico (CIC) per aver consacrato dei vescovi senza il mandato pontificio. I vescovi consacrati il 30 giugno 1988 da mons. Lefebvre sono stati validamente consacrati, ma sono incorsi nella pena della scomunica prevista dallo stesso canone 1382 per aver ricevuto la consacrazione episcopale senza mandato pontificio. Questa pena è stata già dichiarata dal decreto emanato dalla nostra Congregazione il 1° luglio 1988 (EV 11/1196) nel quale è contenuta anche la scomunica di mons. de Castro Mayer, che aveva preso parte a quella cerimonia in qualità di vescovo conconsacrante. Quanto ai sacerdoti ordinati da mons. Lefebvre al tempo in cui era soltanto «sospeso a divinis», non incorrono nella pena della scomunica. Per contro, essi sono annoverati fra i chierici acefali secondo il canone 265 e sono interdetti da ogni «munus vel aliud sacrum ministerium» (= “ufficio o altro sacro ministero”) finché non sono incardinati. I sacramenti (battesimo, eucaristia, unzione dei malati) amministrati da questi sacerdoti ordinati illecitamente sono validi, benché illeciti. La partecipazione alle loro celebrazioni è oggettivamente illecita, non essendo queste fatte in comunione totale con la Chiesa ed essendo motivo di grave scandalo e di divisione della comunità ecclesiale. La partecipazione dei fedeli è autorizzata solo in casi di vera necessità. Coloro che vi partecipano occasionalmente e senza l’intenzione di aderire formalmente alle posizioni della comunità lefebvriana nei riguardi del santo padre non incorrono nella pena della scomunica. Città del Vaticano, 31 ottobre 1996. card. BERNARDIN GANTIN, prefetto della Congregazione per i vescovi Eminenza reverendissima, con lettera del 26 luglio c.a., prot. n. 329/94, l’eminenza vostra reverendissima inviava a questo Pontificio consiglio una lettera di s.e. mons. Norbert Brunner, vescovo di Sion nella Svizzera, nella quale il presule – attese alcune confuse informazioni di stampa – chiedeva l’interpretazione autorevole del motu proprio Ecclesia Dei e del decreto successivo di codesta Congregazione concernenti la scomunica comminata nei confronti del vescovo Marcel Lefebvre, dei quattro vescovi da lui ordinati e del vescovo emerito Antonio de Castro. Nel contempo, l’eminenza vostra domandava il parere di questo dicastero circa i termini della risposta da dare al su menzionato presule. In merito, mi pregio significarle che il problema prospettato dall’ordinario di Sion non sembra esigere un’interpretazione autentica né del motu proprio Ecclesia Dei del 2 luglio 1988, né del decreto di codesta Congregazione per i vescovi del 1o luglio 1988, né dei canoni relativi del CIC: 1364 § 1 e 1382. Il presule infatti fonda la sua richiesta su esigenze d’indole pastorale per porre fine a erronee interpretazioni, ma non offre alcun elemento che prospetti l’esistenza o la probabilità fondata di un autentico «dubium iuris» nella normativa dei predetti documenti, condizione indispensabile per una «interpretazione autentica». Ciononostante, per venire incontro alla richiesta di codesto dicastero, si offrono nell’unita Nota alcune considerazioni e suggerimenti con la speranza che possano essere di utilità per la risposta chiarificatrice che codesta Congregazione intende dare al vescovo di Sion. Se invece la confusione di cui parla il presule nella sua lettera fosse rilevante dal punto di vista pastorale, anche perché estesa ad altre diocesi e nazioni dove opera il movimento lefebvriano, si potrebbe ipotizzare una dichiarazione generale della Santa Sede, da preparare in collaborazione con la Congregazione per la dottrina della fede (cf. Nota, n. 5). Profitto della circostanza per confermarmi, con sensi 1 Cf. Nota informativa del 16 giugno 1988, in L’Osservatore romano 17.6.1988, 1-2; Regno-doc. 15,1988,477s. 2 Cf. CONCILIO VATICANO I, cost. Pastor æternus, can. 3: DENZ 3060. 3 Cf. CIC can. 751. 4 Cf. CIC can. 1382. 5 CONCILIO VATICANO II, cost. dogm Dei Verbum sulla divina rivelazione, n. 8; EV 1/883; cf. VATICANO I, cost. Dei Filius, c. 4: DENZ 3020. 6 Cf. Mt 16,18; Lc 10,16; VATICANO I, cost. Pastor æternus, c. 3: DS 3060. 7 Cf. CIC can. 386; PAOLO VI, es. ap. Quinque iam anni a cinque anni dalla chiusura del concilio Vaticano II, 8.12.1970: AAS 63(1971), 97-106, EV 3/2868ss. 8 Cf. CIC can. 1364. 9 Cf. CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO, lett. Quattuor abhinc annos sull’uso del Messale del 1962, 3.10.1984: AAS 76(1984), 1088-1089; EV 9/1034s. Risposta della Congregazione per i vescovi IL REGNO - DOCUMENTI 3/2009 79 077-080:REGDOC 17-2008.qxd 6-02-2009 17:11 Pagina 80 S anta Sede di profonda venerazione, dell’eminenza vostra reverendissima dev.mo ✠ JULIÁN HERRANZ, arcivescovo tit. di Vertara, presidente MARINO MACCARELLI, sotto-segretario Città del Vaticano, 24 agosto 1996. Nota sulla scomunica per scisma in cui incorrono gli aderenti al movimento del vescovo Marcel Lefebvre 1. Dal motu proprio Ecclesia Dei del 2 luglio 1988 e dal decreto Dominus Marcellus Lefebvre della Congregazione per i vescovi del 1o luglio 1988, appare innanzitutto che lo scisma di mons. Lefebvre è stato dichiarato in relazione immediata con le ordinazioni episcopali compiute il 30 giugno 1988 senza mandato pontificio (cf. CIC can. 1382). Tuttavia appare anche chiaramente dai predetti documenti che tale gravissimo atto di disobbedienza ha costituito la consumazione di una progressiva situazione globale d’indole scismatica. 2. In effetti, il n. 4 del motu proprio spiega quale sia stata la «radice dottrinale di questo atto scismatico» e il n. 5c ammonisce che una «adesione formale allo scisma» (dovendosi intendere per tale «il movimento dell’arcivescovo Lefebvre») comporterebbe la scomunica stabilita dal diritto universale della Chiesa (CIC can. 1364 § 1). Anche il decreto della Congregazione per i vescovi fa esplicito riferimento alla «natura scismatica» delle predette ordinazioni episcopali e ricorda la gravissima pena di scomunica che comporterebbe l’adesione «allo scisma di mons. Lefebvre». 3. Purtroppo, l’atto scismatico che ha originato il motu proprio e il decreto non ha fatto altro che portare a termine, in un modo particolarmente visibile e inequivoco – con un gravissimo atto formale di disobbedienza al romano pontefice – un processo di allontanamento dalla communio hierarchica. Finché non vi siano cambiamenti che conducano al ristabilimento di questa necessaria communio, tutto il movimento lefebvriano è da ritenersi scismatico, esistendo al riguardo una formale dichiarazione della suprema autorità. 4. Non si può fornire alcun giudizio sulle argomentazioni della discussa tesi del Murray (allusione a una tesi di dottorato sostenuta da M. Murray in un’università pontificia; ndr) perché non è nota, e i due articoli che ne accennano appaiono confusi. Comunque non può essere ragionevolmente messa in dubbio la validità delle scomuniche dei vescovi dichiarata nel motu proprio e nel decreto. In particolare non sembra che si possa trovare, quanto all’imputabilità della pena, qualche circostanza esimente o attenuante (cf. CIC cann. 1323-1324). Quanto allo stato di necessità in cui mons. Lefebvre pensasse di trovarsi, va tenuto presente che tale stato deve verificarsi oggettivamente, e che non si dà mai una necessità di ordinare vescovi contro la volontà del romano pontefice, capo del collegio dei vescovi. Ciò infatti significherebbe la possibilità di «servire» la Chiesa mediante un attentato contro la sua unità in materia connessa con i fondamenti stessi di questa unità. 5. Come dichiara il motu proprio n. 5c, la scomunica 80 IL REGNO - DOCUMENTI 3/2009 latae sententiae per scisma riguarda coloro che «aderiscono formalmente» a detto movimento scismatico. Anche se la questione sull’esatta portata della nozione «adesione formale allo scisma» andrebbe posta alla competente Congregazione per la dottrina della fede, sembra a questo Pontificio consiglio che tale adesione debba implicare due elementi complementari: a) uno di natura interna, consistente nel condividere liberamente e coscientemente la sostanza dello scisma, ossia nell’optare in tal modo per i seguaci di Lefebvre che si metta tale opzione al di sopra dell’obbedienza al papa (alla radice di questo atteggiamento vi saranno abitualmente posizioni contrarie al magistero della Chiesa); b) un altro d’indole esterna, consistente nell’esteriorizzazione di quell’opzione, il cui segno più manifesto sarà la partecipazione esclusiva agli atti «ecclesiali» lefebvriani, senza prendere parte agli atti della Chiesa cattolica (si tratta comunque di un segno non univoco, poiché c’è la possibilità che qualche fedele prenda parte alle funzioni liturgiche dei seguaci di Lefebvre senza condividere però il loro spirito scismatico). 6. Nel caso dei diaconi e dei sacerdoti lefebvriani sembra indubbio che la loro attività ministeriale nell’ambito del movimento scismatico è un segno più che evidente del fatto che si dànno i due requisiti di cui sopra (n. 5) e che vi è quindi una adesione formale. 7. Nel caso invece degli altri fedeli è ovvio che non è sufficiente, perché si possa parlare di adesione formale al movimento, una partecipazione occasionale ad atti liturgici o attività del movimento lefebvriano, fatta senza far proprio l’atteggiamento di disunione dottrinale e disciplinare di tale movimento. Nella pratica pastorale può risultare più difficile giudicare la loro situazione. Occorre tener conto soprattutto dell’intenzione della persona, e della traduzione in atti di tale disposizione interiore. Le varie situazioni vanno perciò giudicate caso per caso, nelle sedi competenti di foro esterno e foro interno. 8. Comunque sarà sempre necessario distinguere la questione morale sull’esistenza o meno del peccato di scisma dalla questione giuridico-penale sull’esistenza del delitto di scisma e la sua conseguente sanzione. A quest’ultimo vanno applicate le disposizioni del Libro VI del CIC (anche i cann. 1323-1324). 9. Non sembra consigliabile formalizzare di più (ma bisognerebbe interpellare in merito il dicastero competente: cf. cost. ap. Pastor bonus, art. 52; EV 11/884) i requisiti per il delitto di scisma. Si rischierebbe forse di creare più problemi mediante un irrigidimento normativo di tipo penale, che non colga bene tutti i casi: lasciando fuori casi di scisma sostanziale, o contemplando comportamenti esterni che non sono sempre soggettivamente scismatici. 10. Sempre dal punto di vista pastorale sembrerebbe anche opportuno raccomandare ulteriormente ai sacri pastori tutte le norme del motu proprio Ecclesia Dei con le quali la sollecitudine del vicario di Cristo stimolava al dialogo e a porre i mezzi soprannaturali e umani necessari per facilitare il ritorno dei lefebvriani alla piena comunione ecclesiale. Città del Vaticano, 24 agosto 1996.