l’eredità dell’impero bell’abbissina Adolfo Mignemi Immagine coordinata per un impero. Etiopia 1935 - 1936 Gruppo Editoriale Forma Torino 1984 la letteratura italiana coloniale • • • • • • • il rapporto di inferiorità Italia-potenze europee si tramuta in un rapporto di superiorità Italia-Africa esaltazione dell’uomo bianco e negazione dell’identità dell’altr* relegandol* nel limbo del divers* erotismo/esotismo: atteggiamento di attrazione/repulsione verso la diversità mitizzazione del selvaggio come energia primigenia tema della donna di colore, calda e appassionata, amante tutta istinto e devozione animalesca, che si contrappone alla donna bianca, angelo del focolare e sposa prolifica ed esemplare la donna nera può fare ciò che alla bianca è proibito, è un essere inferiore, quindi non ci sono tante complicazioni i sogni possono diventare realtà perché ognuno può andare in colonia e diventare un padrone foto privata di un soldato accompagnato da un’indigena • Cartolina, sul retro la scritta Diavolette arabe (edizione A. Baratti, Asmara) • Cartolina, Africa Orientale. Scugnizzi eritrei (edizione A. Baratti, Asmara) serie Africa Orientale composta da otto cartoline umoristiche disegnate dal pittore Enrico de Seta ad uso delle truppe italiane seguito della serie di cartoline disegnate dal pittore Enrico de Seta «Nelle brune e aggraziate figlie del sole, sbocciate, come fiori gentili in quelle serre dei tropici, si riscontra ancora una pastosità di forma, una pienezza di linee ed una vaga dolcezza di espressione che sferzano curiosamente il sangue con un fascino acuto, acre, selvaggio ed inebriante come i profumi e gli aromi di quelle resinose boscaglie d’acacie. Se la loro bellezza, più che tale, è fine e piacente, gli occhi ne completano il fascino. Larghi, morbidi, di un nero profondo, scintillanti, languidi talvolta e che sempre rivelano l’intelligenza e trasporti passionali, mettono i brividi suscitando ignote e violente sensazioni». Luigi Robecchi Bricchetti Nell’Harrar Milano 1896 «La bellezza della donna negra non si misura col metro della comune umanità. Bella, forse, come può essere bella una belva, una pianta, un fiore selvatico. A loro, gli uomini negri non chiedono grazia e bellezza» Orio Vergani, Le donne che ho visto in Africa, in La domenica del Corriere, n. 17, 1935 «La donna nera non saprà mai farsi amare, perché non saprà far soffrire. Forse amerà […] amore fatto di ubbidienza cieca e muta. L’amore del cane che segue il suo padrone e si accuccia ai suoi piedi e mangia i suoi avanzi. Amerà, il bianco, una donna simile, che a ventidue anni sarà già simile a una vecchia senza capelli? […] Cosa dirà a questa Butterfly nera e rugosa, scandalosamente tatuata, nella quale cercherà inutilmente l’antica statua di bronzo dal volto scimmiesco e dalla forma di Venere? (segue) Prima ancora che il disfacimento si inizi, il bianco sarà partito, o freddo, tranquillo, sereno perché così si “usa”, perché così fanno i negri, perché questa è nella perfetta regola della morale indigena - avrà rimandata la ménagère alla capanna di fango da cui, una sera, scalza, era venuta. Si comprerà un’altra “moglie” o, se i tempi di crisi ne han fatto ribassare i prezzi, altre due. Il bianco è diventato del tutto un “coloniale”: e […] ricorderà con un sorriso gli scrupoli dei primi tempi. L’Europa è lontana, le donne negre vengono al mondo per questo. E la colpa se mai, è dell’Africa. Ci son quarantacinque gradi all’ombra». Orio Vergani, 45° all’ombra Soldato italiano tra ascari con un serpente (28 luglio 1936). L’immagine serviva a suscitare stupore e a testimoniare il clima di avventura, terrore o meraviglia delle terre africane. Filippo Tommaso Marinetti nel suo Poema Africano della divisione 28 Ottobre (Mondadori, Milano 1937) reinterpreta il rapporto esotismo-imperialismo ricorrendo ad una simbologia erotica. Ad esempio: il territorio è ricco di ondulazioni femminili che «conducono eroticamente fra le cotte pendici cosce per stringervi un folto sesso boscaglia di ulivi selvatici acacie sangue alberi di pepe e velluto verde scuro». e ancora, le grotte e i tucul rastrellati dai soldati sono «affumicati uteri montani da visitare ginecologicamente sotto spiraliche torture di boscaglie sinistre per estrarne un feto di maledizione».