L’educazione sessuale alle Persone con Disabilità Luigi Croce Grazie al contributo di Silvia Villani Università degli studi di Firenze 1 ICF, Classificazione Internazionale del Funzionamento e della Salute. Dalla prospettiva sanitaria alla prospettiva bio-psico-sociale Disabilità = risultante della condizione di salute in un ambiente sfavorevole Il modello di salute e di disabilità ICF è un modello biopsicosociale che coinvolge tutti gli ambiti di intervento delle politiche pubbliche ed in particolare le politiche di welfare, la salute, l’educazione, il lavoro Aree della sessualità secondo la classificazione dell’ICF (OMS, 2001) Funzioni e Strutture del Corpo Funzioni genitali e riproduttive (codici da b640 a b679). Attività (più o meno limitate) e Partecipazione (più o meno ristretta) d5302 Cura relativa alle mestruazioni. d570 Prendersi cura della propria salute. d710-d729 Interazioni interpersonali semplici e complesse. d760 Relazioni familiari: d7600 Relazioni genitore-figlio; d7601 Relazioni figlio-genitore; d7602 Relazioni tra fratelli; d7603 Relazioni nella famiglia allargata; d7608 Relazioni familiari, altro specificato; d7609 Relazioni familiari, non specificato. d770 Relazioni intime: d77100 Relazioni romantiche; d7701 Relazioni coniugali; d7702 Relazioni sessuali; d7708 Relazioni intime, altro specificato; d7709 Relazioni intime, non specificato. L’ICF (WHO, 2001) fornisce una nuova visione multidimensionale e multicomponenziale del funzionamento di una persona a livello corporeo (“Funzioni e Strutture Corporee”), a livello personale (“Attività”) e a livello sociale (“Partecipazione”), secondo il modello sopra esposto graficamente. Ciascuna componente contribuisce in termini positivi (al Funzionamento) in caso di Funzioni e Strutture Corporee integre, in presenza di Attività e Partecipazione e di Fattori Contestuali facilitatori; in termini negativi (alla Disabilità) in caso di “Menomazione” delle Funzioni e Strutture Corporee, in presenza di “Limitazioni” delle Attività e di “Restrizione” della Partecipazione, e di “Barriere/Ostacoli” nei Fattori Contestuali. La presenza di una condizione fisica che sta all’origine della menomazione, delle limitazioni delle attività e delle restrizioni della partecipazione, che interagiscono tra loro, unitamente ai fattori contestuali, produce, per quanto riguarda l’espressione della sessualità nelle persone con disabilità, varie problematiche di notevole peso. SIS: profilo dei bisogni di sostegno F7: Impegnarsi in relazioni d'amore e intime: inizia e mantiene una relazione speciale, intima, romantica? Comprende sostegni per: pianificare attività per incontrare altri in intimità (include ma non è limitato alle relazioni sessuali); mantenere relazioni d’intimità; e apprendere attività che sono connesse a relazioni intime come la capacità di dare un appuntamento, la comprensione dei confini personali ed il rispetto del partner. 6 La sessualità Risultato di una complessa interazione tra aspetti biologici (limitati) e abilità, cognitive, comportamentali, apprese nel corso dell’esperienza individuale. 7 La sessualità nel disabile storicamente… Nell’ottica di handicap come disabilità (legata quindi all’efficienza dei processi di apprendimento), la sessualità degli handicappati è solo disabile e come tale ha poco di diverso rispetto a quella dei normodotati. 8 La sessualità nel disabile mentale (I) Già altrove (Dèttore, Friedman, LoPiccolo e Veglia, 1990; Veglia e Dèttore, 1991; Dèttore, 1994; 1997) abbiamo rilevato come la sessualità sia ben lungi dall'essere un aspetto "naturale" e "spontaneo" dell'esistenza umana, quanto invece il risultato di una complessa interazione di aspetti biologici (piuttosto limitati) e di una varietà di abilità, cognitive e comportamentali, apprese durante il corso dell'esperienza individuale. Il quadro fondamentalmente non cambia nel caso delle Disabilità mentali, che possono essere catalogate fra le Menomazioni dell’ICF fra cui i principali sono i seguenti: quanto più elevato è il ritardo mentale, tanto maggiore è il ritardo nello sviluppo dei caratteri sessuali secondari (Flory, 1936; Mosier, Grossman e Dingman, 1962); questo avviene soprattutto in caso di eziologia di tipo genetico o da embrio- o fetopatia, e meno in caso di lesione perinatale o di fattori più tardivi; le persone con disabilità mentale hanno un tasso di fertilità meno elevato (Hall, 1975). La sessualità nel disabile mentale (Ia) Pure, oltre a questo, gli aspetti relativi alla sessualità fisica del disabile non si differenziano da quelli che caratterizzano la sessualità normale. Purtroppo, vi sono atteggiamenti culturali pregiudiziali rispetto alla sessualità delle persone con disabilità mentali, e questi rappresentano, nella terminologia dell’ICF, dei fattori contestuali ambientali che ne limitano l’espressione delle abilità e ne restringono la partecipazione sociale. L'atteggiamento di fondo della nostra società si può riassumere, infatti, in un posizione curiosamente contraddittoria: da un lato i soggetti con disabilità (soprattutto di tipo fisico) sarebbero ipo- o addirittura asessuati, dall'altro i disabili mentali, ma senza menomazioni o difetti fisici evidenti, sarebbe invece ipersessuati, privi di ogni inibizione, irresponsabili e talvolta naturalmente perversi. La sessualità nel disabile mentale (II) D'altra parte talvolta si assiste, soprattutto in epoca recente, a un terzo tipo di atteggiamento, presente in persone che vogliono dar mostra di posizioni "moderne e aperte": il desiderio di volere a tutti i costi "sessualizzare" le persone con compromissioni, soprattutto intellettive, evidenziando presunti bisogni e pulsioni sessuali, che talora invece sono solo proiezioni di osservatori non obiettivi. E' evidente come tali posizioni siano di carattere difensivo: nel primo caso si tratta di una difesa per negazione, il problema non esiste e lo si può ignorare; nel secondo caso, invece, la difesa avviene per esaltazione del potenziale pericolo, portando a misure preventive e repressive, che annullano ugualmente il problema all'origine; nel terzo caso, infine, si aspira a una apparente "normalizzazione", che si basa più su posizioni ideologiche precostituite che su un'effettiva consapevolezza professionale. La sessualità nel disabile mentale (IIa) Questi miti e stereotipi non possono che influenzare l'atteggiamento dei genitori o degli operatori che si occupano di disabili, per cui l'opinione delle persone, i tabù culturali e le convenzioni sociali tendono tutte in direzione contraria a una espressione adeguata della sfera sessuale. Il problema diviene tanto più evidente se si pensa che tali atteggiamenti e tabù sono già di ostacolo alla piena realizzazione della sessualità nelle persone normodotate. Nel caso di persone con compromissioni gli ostacoli non possono che essere moltiplicati, e non solo per aspetti puramente pratici e tecnici. I fattori contestuali relativi agli atteggiamenti e alle convinzioni presenti nell’ambiente circostante, unitamente alle limitazioni delle abilità dovute alle condizioni fisiche all’origine del ritardo evolutivo, possono produrre restrizioni alla partecipazione sociale in vari aspetti, come per esempio relativamente al contatto fisico e all’autostimolazione. La sessualità nel disabile mentale (III) Il contatto corporeo, sia come stimolazione sensoriale sia come manifestazione di affetto, è importante per il soggetto con disabilità quanto per il normodotato, ma i tempi di evoluzione del primo sono più lunghi. Così, può accadere che certi giochi corporei o manifestazioni di affetto vengano richiesti dal primo oltre l'età in cui essi sono ritenuti culturalmente accettabili, innescando talora negli adulti delle interpretazioni che gli attribuiscono componenti sessuali, che spesso sono in realtà fantasie infondate. I genitori, o gli operatori, quindi se ne astengono, pensando di correre il rischio di scatenare istinti non più controllabili, privando invece la persona di esperienze gratificanti, che ben poco hanno di strettamente sessuale. Per quanto riguarda invece l’autostimolazione, essa nella persona con disabilità è altrettanto presente e spesso incontra le stesse reazioni adulte di intolleranza. Talora esse sono ancora più accese, in base ai pregiudizi precedentemente evidenziati. La sessualità nel disabile mentale (IIIa) D'altronde tale forma autostimolatoria in queste persone può essere più frequente, in quanto essa, accanto a quella caratteristica di costituire uno stimolo piacevole, può assumere altre funzioni: attività di riempimento in momento di noia o di solitudine; attività sostitutiva al posto di comportamenti auto- od eteroaggressivi, spesso dovuti a frustrazione; eventualmente un modo per attrarre l'attenzione non altrimenti ottenibile. Il soggetto con disabilità, avendo repertori comportamentali meno ricchi per far fronte alle situazioni di scarsa stimolazione o di stimolazione negativa, fa ricorso a tale forma di gioco sessuale in quanto facilmente disponibile, gratificante e attuata fin dalle primissime fasi evolutive. La sessualità nel disabile mentale (IV) Reazioni d'intolleranza possono inoltre destare la tendenza in tali persone all'"esibizionismo", a esporre la propria nudità senza inibizioni. Anche in questo caso, molto spesso sono i nostri pregiudizi a far vedere in tale comportamento aspetti di pulsioni sessuali abnormi, quando invece si tratta più semplicemente di un atto provocatorio (rinforzato dalle divertenti reazioni dell'ambiente circostante), oppure della conseguenza di uno scarso apprendimento di norme sociali. In tutti questi casi l’interazione di fattori interni ed esterni alla persona con disabilità produce una compromissione finale del funzionamento personale e sociale, che ne limita lo sviluppo e la serenità di vita. I prerequisiti (I) Ogni intervento educativo nel campo della sessualità relativamente alle persone con disabilità è complicato dal fatto che esso è subordinato alla previa acquisizione di alcune abilità prerequisite, che non possono essere trascurate, pena l’insuccesso del programma d’intervento stesso. Esse sono qui sotto descritte. Autocontrollo L'intervento può essere fondamentalmente mirato all'acquisizione di capacità di autocontrollo cognitivo e comportamentale e di abilità di gestione dell'ansia (autoregolazione). Per quanto riguarda l'autocontrollo, si rivelano utili due classiche tecniche cognitivo-comportamentali: il training autoistruzionale (Meichenbaum e Goodman, 1971) e la stress inoculation (Meichenbaum, 1977; 1985). Inizialmente queste due procedure possono essere utilizzate, e quindi apprese, per situazioni specifiche come: inibire la tendenza a rispondere impulsivamente, controllare la frustrazione e/o la collera, saper gestire l'ansia di fronte a un compito difficile, eccetera. Sono utilizzabili nell'apprendimento dell'autoregolazione, in particolar modo attraverso la tecnica di rilassamento muscolare. I prerequisiti (Ia) Conoscenza e cura del proprio corpo Il possedere corrette e sufficienti informazioni rispetto alla sessualità permette d'interpretare correttamente, e non in modo ansiogeno, diversi eventi che possono, altrimenti, produrre preoccupazione. Così, si individuano le seguenti mete: 1) Muoversi e sapere usare il proprio corpo. 2) Conoscere le varie parti del corpo. 3) Conoscere le differenze fra maschi e femmine. 4) Sapere mantenere l'igiene del proprio corpo. I prerequisiti (II) Abilità di comunicazione e sociali Diversi autori hanno proposto delle categorizzazioni delle abilità sociali in ambito più specifico rispetto alle persone con disabilità mentale. Così, McGinnis, Goldstein, Sprafkin e Gershaw (1984), nel proporre un programma di training di abilità sociali rivolto ad alunni con problemi di comportamento o ritardo mentale lieve, hanno categorizzato 60 classi comportamentali, definite con i rispettivi passi istruzionali: Abilità prerequisite per la vita di classe: 13 abilità, come "ascoltare", "chiedere aiuto", "ringraziare", ecc. Abilità per fare o mantenere amicizie: 12 abilità, come "presentarsi agli altri", "avviare una conversazione", ecc. Abilità di gestione delle emozioni: 10 abilità, come "conoscere le proprie sensazioni", "affrontare la paura", ecc. Abilità per controllare l'aggressività: 9 abilità, come "dar prova di autocontrollo", "tentare un accordo", ecc. Abilità per gestire lo stress: 15 abilità, come "affrontare il rifiuto", "rilassarsi", "affrontare una rimostranza", ecc. I prerequisiti (IIa) Il training di abilità sociali solitamente deve mirare al conseguimento della competenza sociale tramite tre procedure fondamentali: 1) La simulazione delle interazioni sociali che si manifestano nella vita reale (role playing). 2) Il modeling, o modellamento, per mezzo del quale si mostra al soggetto come una persona socialmente competente si comporterebbe nella stessa situazione. 3) Il rinforzo sociale e il feed-back sulla prestazione del soggetto. Il trainer sottolinea i lati positivi della prestazione e dà dei suggerimenti per ulteriormente migliorarla (coaching ). I prerequisiti (III) Problem-solving e decision-making Una situazione sociale che produce ansia nell'individuo costituisce un problema che bisogna affrontare con le modalità più adatte a preservare il maggiormente possibile la propria percezione di controllo di sé e delle circostanze. Inoltre, spesso una risposta aggressiva o passiva viene emessa come reazione a una situazione problematica apparentemente senza uscita, per cui un addestramento mirato ad aumentare le capacità di elaborazione di alternative può essere un utile completamento dei trattamenti qui illustrati. Il soggetto, secondo la classica formulazione di D'Zurilla e Goldfried (1971) e di D'Zurilla (1986), deve essere aiutato ad affrontare il problema nel modo più adeguato, considerando con attenzione le varie fasi che costituiscono il processo di soluzione di esso: I prerequisiti (IIIa) Atteggiamento generale: il soggetto deve: a) riconoscere che incontrare situazioni problemiche (quali quelle sociali) è un normale aspetto dell'esistenza; b) rendersi conto che tali situazioni possono essere attivamente affrontate; c) essere in grado di riconoscere una situazione problematica al suo insorgere; d) riuscire a bloccare la tentazione di reagire impulsivamente. Definizione del problema: questo deve essere definito in termini concreti e verificabili, fissando delle mete ragionevoli e chiare. Molto spesso la mancata soluzione di un problema dipende da una sua errata formulazione. Produzione di alternative: il metodo migliore consiste nel sospendere il giudizio e nel produrne in maggior numero possibile, posponendo a più tardi la fase di critica e di scelta delle stesse (brainstorming). La presa di decisione: le alternative vengono esaminate in base a criteri predefiniti chiaramente. Verifica: una volta scelta e attuata un'alternativa, occorre appurare se ha funzionato. In caso negativo si avvierà senza drammi un nuovo processo di problem-solving. I prerequisiti (IV) Non si può invece che sottolineare l'importanza di sforzi in questa direzione, soprattutto nei portatori di handicap mentale lieve e medio-lieve, per cui tali acquisizioni sono davvero importanti. Come rilevano Belmont, Butterfield e Ferretti (1982) e Ferretti (1989), infatti, le ricerche dimostrano che si rivelano più efficaci le procedure educative che offrono ai disabili non solo le strategie operative per risolvere un dato compito, ma piuttosto le procedure generali alla base delle operazioni mentali implicate nella soluzione di ogni problema. Tali abilità di problem-solving costituiscono appunto delle "abilità superordinate" che permettono quella generalizzazione degli apprendimenti, che costituisce una delle mete più desiderate e più difficile nel campo della disabilità. I prerequisiti (IVa) Le procedure di problem-solving possono essere insegnate a soggetti con ritardo mentale da lieve a medio-lieve; negli altri casi l'analisi del problema e la scelta della decisione da prendere, anche in campo sessuale, ricade sull'educatore e/o sulla famiglia. Spesso ciò comporta l'essere dolorosamente soli in tale difficile compito, di fronte ad alternative che provocano l'attivazione di risposte emotive dovute ai pregiudizi sopra evidenziati, a domande etico-morali talora senza risposta, e a difficoltà pratiche e obiettive. Non si può non sottolineare, a questo proposito, l'utilità di una collaborazione fra famiglia, tecnici ed educatori, allo scopo, da una parte, di aumentare le capacità di generazione di soluzioni operative efficaci, dall'altra di permettere ai genitori di ottenere un sostegno psicologico, oltre che tecnico, in grado di alleviare lo stress connesso a determinate situazioni. L’intervento E’ organizzato verso: L’assessment delle abilità possedute; La Task Analysis; Programmi mirati al raggiungimento di obiettivi predeterminati. 24 Tipici preconcetti verso la sessualità dei disabili 1. 2. 3. Sono considerati sessualmente ipodotati/asessuati; Sono considerati ipersessuati o privi di qualsiasi inibizione; Vengono “forzatamente” sessualizzati, evidenziandone i presunti bisogni e pulsioni sessuali. 25 Programmi di ed. sessuale per disabili Che cosa deve contenere un buon programma? 1. Area dei prerequisiti generali 2. Area specifica della sessualità Qual è l’obiettivo principale di un buon programma? 1. Fornire conoscenze sessuologiche specifiche e generali; 2. Aumentare le abilità del disabile anche in ambito sessuale, attraverso interventi e metodi appropriati. 26 Area specifica della sessualità 1. 2. 3. 4. 5. 6. CONTATTO FISICO AUTOSTIMOLAZIONE E NUDITA’ GIOCHI SESSUALI MASTURBAZIONE E POLLUZIONI NOTTURNE OMOSESSUALITA’ E COMPORTAMENTI PROBLEMATICI RAPPORTO SESSUALE 27 1. Contatto fisico Mete e modalità d’approccio Dixon (1988) propone, in ambito di gruppo, un intervento mirato al “toccare ed essere toccati” mirato a: Riconoscere i punti del corpo e i modi piacevoli o meno di toccare: In cerchio si elencano tutti i modi possibili di toccocarezzare, stringere, sfregare, solleticare, massaggiare, pizzicare..Ogni partecipante spiega quale tipo di modalità trova gradevole o meno e in quale parte del corpo preferisce essere toccato. Si accetta che qualcuno non vorrà essere toccato. 28 1. Contatto fisico Mete e modalità d’approccio Per Imparare a distinguere tra modi buoni e cattivi di toccare: si discutono, anche con l ’ ausilio di fotografie, modalità di contatto “ cattive ” (ad es. qualcuno in autobus pone una mano sulle ginocchia), sottolineando la differenza tra queste e quelle buone ovvero: La mancanza di accordo reciproco Il fatto che sono sconosciuti La repentinità del gesto ogni situazione si spiega come ciascuno abbia il diritto di opporsi a tali azioni e si suggeriscono le modalità più adeguate per farlo Dire NO apertamente Chiedere aiuto ad adulti Chiedere aiuto a persone in divisa 29 2. Autostimolazione e nudità Mete e modalità d’approccio Si deve principalmente insegnare i tempi e i luoghi dove è possibile o meno mostrarsi svestiti. È utile chiarire il concetto di pubblico e privato (dixon 1988) anche con l’ausilio di di fotografie che mostrano attività e luoghi pubblici o privati, bar, ristoranti…il bagno, la camera da letto… Come già sottolineato, l ’ autostimolazione è spesso il sintomo di un problema. 30 2. Autostimolazione e nudità Mete e modalità d’approccio È utile allora un ’ analisi funzionale: fornire stimoli, attività interessanti, capire dove nasce la frustrazione del soggetto e fornire le competenze per risolvere le difficoltà, concedere attenzione usandola come rinforzo per l ’ acquisizione di utili comportamenti. 31 3. Giochi sessuali Mete e modalità d’approccio La meta principale è ancora una volta la discriminazione sociale; quando-dovecon chi è possibile eseguire tali giochi. Considerare le reazioni negative quando questi giochi sono tentati con gli adulti. 32 3. Giochi sessuali Mete e modalità d’approccio Quando è impossibile ottenere la discriminazione sociale, piuttosto che metodi punitivi (che sono difficili da condurre e spesso ottengono il risultato opposto di aumentare il comportamento indesiderato), è più utile l’uso dell’estinzione e dello spostamento dell’attenzione su altre attività più adeguate e totalmente diverse. 33 3. Giochi sessuali Mete e modalità d’approccio Infatti togliere a tali comportamenti la conseguenza rinforzante (tipo espressioni scandalizzate o divertite) e indirizzare il soggetto su attività differenti e accettate che ne attraggono l’attenzione, sono il mezzo più valido e efficace per ridurre l’emissione del comportamento indesiderato. 34 4.La masturbazione difficoltà dell’operatore La masturbazione tocca importanti ambiti del pensiero fondati anche su posizioni morali o religiose assolutamente rispettabili. Familiari e operatori (Veglia, 2001) devono decidere cosa può rappresentare la masturbazione per quel ragazzo, e scegliere insieme la strada più percorribile. 35 4.La masturbazione difficoltà dell’operatore L’esplorazione del proprio corpo, la scoperta di parti sensibili, l ’ intenzionalità della stimolazione e l ’ organizzazione di comportamenti più complessi, sono alla base dell ’ apprendimento della masturbazione. Essa nel disabile va considerata anche sotto un punto di vista etico e ogni contesto educativo, secondo il proprio sistema di valori, deve affrontare questo aspetto del problema prima di progettare un intervento. 36 4.La masturbazione difficoltà dell’operatore Vi sono disabili che provano con insistenza a masturbarsi senza provare piacere o senza riuscire a raggiungere l’orgasmo. Il desiderio si manifesta in modo “normale” ma la disabilità può produrre continui insuccessi fino a influire negativamente sul tono dell’umore. Spesso infatti è l’incapacità di masturbarsi che rende “ nervosi ” i ragazzi e non la masturbazione in se stessa…. 37 4.Masturbazione e polluzioni notturne Mete e modalità d’approccio I. Principali passi sottolineati da Veglia (1991): Osservazione del grado di abilità già posseduta dal soggetto Elaborazione di una task analysis, specificando i prerequisiti Decidere quale deve essere l ’ operatore che s ’ incaricherà della conduzione del programma, avendo la serenità e la costanza di farlo: più persone creerebbero confusione e un ’ eccessiva violazione della privacy Svolgere l ’ intervento educativo utilizzando varie tecniche pedagogiche come il rinforzo, il concatenamento… 38 4.La masturbazione Mete e modalità d’approccio II. Principali passi sottolineati da Veglia (1991): Individuare i momenti educativi in modo che s’inseriscano in modo naturale all’interno della vita del soggetto Operare appena possibile il distacco dall’operatore per far riacquistare al soggetto la sua privacy e la possibilità di decidere autonomamente Eseguire, dal momento di acquisizione dell’abilità in poi, un controllo rispetto ai tempi e ai luoghi in cui viene emesso il comportamento in questione, intervenendo in direzione correttiva se necessario solo per tali aspetti e ricordando sempre l’esigenza del rispetto della privacy. 39 4.La masturbazione Mete e modalità d’approccio Specificatamente (1991): Verificare che l ’ operatore possegga i prerequisiti necessari e che sia sostenuto dal gruppo Operare l ’ analisi dei compiti per descrivere con precisione i prerequisiti, le abilità possedute e la sequenza di comportamenti da attivare per masturbarsi con successo Mantenere la masturbazione legata ad una fase del desiderio e eccitazione 40 4. Abilità per l’operatore che deve insegnare la masturbazione Possedere buone conoscenze sessuale Saper utilizzare le tecniche di insegnamento Aver fatto chiarezza sulla natura del comportamento che si vuole insegnare e le implicazioni etiche Avere individuato una motivazione coerente con il proprio sistema di lavoro e di convinzioni Possedere una buona consapevolezza delle propria sessualità Saper gestire le emozioni soprattutto quelle legate alla sessualità Avere un buon rapporto con il proprio corpo e un approccio sicuro a quello altrui Poter escludere un interesse morboso verso l’utente o la situazione di apprendimento 41 5. Omosessualità e comportamenti problematici 42 6. Rapporto sessuale Tolta la visione stereotipata del rapporto sessuale come coito finalizzato all’orgasmo è comprensibile come un’esperienza sessuale più ampia possa essere vivibile anche dai disabili. Liberarsi dai vincoli del rapporto sessuale come prestazione con inizio e fine prefissati, è importante per tutte le coppie ma fondamentale per i disabili. 43 6. Rapporto sessuale Ciò permette infatti ai disabili di trovare un loro modo di fare l ’ amore degno e accettabile, dove vi sia rispetto, gioco, fantasia e non noia o sopraffazione. In questa ottica possiamo definire due differenti mete: Imparare che cosa è un rapporto sessuale Cosa vuol dire essere responsabili 44 6. Rapporto sessuale Principali punti di discussione 1) Il rapporto sessuale è solo una parte dell’attività sessuale, che può comportarlo o meno 2) Lo scopo dell ’ attività sessuale e quindi anche del rapporto, è il provare piacere insieme da parte dei due partner 3) I partner sono solitamente persone adulte, di sesso diverso, consapevoli di ciò che stanno facendo e che accettano reciprocamente di farlo 45 6. Rapporto sessuale Principali punti di discussione 4 5 6 7 Il rapporto sessuale (coito) comprende la penetrazione, ma l ’ attività sessuale può comportare attività diversa da questa Durante il rapporto sessuale si può provare un’eccitazione piacevole e talora, ma non necessariamente, l’orgasmo. Il rapporto sessuale, se svolto senza particolari precauzioni può portare alla gravidanza. L’attività sessuale in generale è un’attività normale e positiva che non ha nulla di sporco né sbagliato. 46 6. Rapporto sessuale Principali punti di discussione ESSERE RESPONSABILI Elaborazione del concetto in generale attraverso: Definizione in gruppo della parola responsabile Discussione Esercitazione sul concetto di “ essere responsabile”, prepare storie quotidiane poi lavorare con esperienze dei soggetti. 47 6. Rapporto sessuale Principali punti di discussione ESSERE RESPONSABILI in ambito sessuale Conoscenza delle possibili conseguenze di un rapporto sessuale Preoccupazione per la libertà di scelta del partner nell’accettare o meno il rapporto sessuale Attenzione per il proprio piacere e quello dell’altro Attenzione alle proprie esigenze che vanno espresse, e a quelle del partner Attenzione all’integrità fisica propria e dell’altro Consapevolezza che il rapporto sessuale è un ’ occasione interpersonale importante che dovrebbe essere intrapresa in presenza di un legame affettivo 48 7. Abilità personali e interpersonali specifiche LE MESTRUAZIONI LA CONTRACCEZIONE ABILITA’ DI AUTODIFESA SESSUALE IL CORTEGGIAMENTO 49 7. Le mestruazioni mete e modalità di approccio PASSAGGI DA ESEGUIRE INDIVIDUALMENTE O IN GRUPPO Individuare le conoscenze relative al concetto e accordarsi su di un unico termine da usare Sottolineare la naturalità ciclica delle mestruazioni tipica delle donne e non legata a una malattia Affrontare il concetto di “pubblico” e “privato” Considerare la possibilità dei dolori mestruali; sottolineare che si tratta di un aspetto normale di alcune donne Indurre un addestramento sugli aspetti igienici legati al mestruo: pulizia personale, uso degli assorbenti 50 7. I contraccettivi Mete e modalità di approccio Occorre valutare se il disabile è in grado di elaborare e far proprie le informazioni. 1) Riassumere concetti di rapporto sessuale, e introdurre i concetti di astenzione e sterilizzazione 2) Sottolineare come metodi diffusissimi come coito interrotto non siano affatto sicuri 3) Esporre i vari metodi anticoncezionali con l’ausilio di grafici e disegni 4) Se possibile valutare vantaggi e svantaggi di ogni metodo- discussione generale- 51 7. I contraccettivi Mete e modalità di approccio 5 6 Ciò Individuare il possibile metodo corretto per ognuno Allenare le capacità di autocontrollo in questo caso femminile, assegnando un compito di automonitoraggio del proprio ciclo mestruale. aumenta la consapevolezza della regolarità temporale l’attenzione a un compito da eseguire e una sensibilizzazione a un problema che può aumentare la motivazione a preoccuparsi della contraccezione nel caso si presenti la possibilità di un rapporto sessuale 52 9. Matrimonio, gravidanza e figli Per i portatori di handicap lieve, è essenziale la comprensione dei concetti legati alla gravidanza e al parto e delle responsabilità del ruolo di genitore e di quelle derivanti dal matrimonio. Si considera necessario: Non assecondare fantasie inerenti rapporti di matrimonio: donne con handicap medio-grave possono vedere in ragazzi giovani la possibilità di avere un compagno e si attribuiscono il ruolo di “moglie”. Talvolta questo gioco è sostenuto da educatori e familiari che credono di essere tolleranti nell’assecondare, ma che facilitano fantasie che possono divenire poi molto frustranti. 53 10. Malattie veneree e AIDS Considerate le principali caratteristiche di gonorrea, sifilide e AIDS, esse vanno esposte in forma semplice e senza drammatizzazioni, trattate in gruppo o singolarmente. Dopo occorre sempre valutare con prove di comprensione, come è stato acquisito l’argomento. Importante è qui il tema della prevenzione attraverso l’uso del preservativo. Qui si può sottolineare il fatto di evitare rapporti sessuali con sconosciuti o persone di cui non si è sicuri. 54