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Il fondamentalismo islamico di ogni tipo considera le donne come esseri inferiori,
schiave in casa capaci solo di procreare. Una visione così oltraggiosa è stata elevata a
politica ufficiale quando i talebani hanno conquistato il potere. Non solo gli Jehadi ed i
talebani, ma anche tutti gli islamisti (dicesi di avvocati difensori di un sistema politico
islamico), prendono di mira in primo luogo i diritti delle donne, appellandosi alla Sharia
(legge islamica).
Con la salita al potere dei fondamentalisti islamici nel 1992, il diritto delle donne di
partecipare pienamente alla vita sociale, economica, culturale e politica del Paese è
stato drasticamente ridotto e, in seguito, sommariamente negato dai talebani. Sotto
questi ultimi (che rappresentano tuttora il potere predominante in Afghanistan), le
donne sono state totalmente private del diritto all'istruzione (tutte le scuole femminili
sono state chiuse), del diritto al lavoro (a tutte le donne è stato imposto di restare a
casa e i datori di lavoro sono stati minacciati di atroci conseguenze nel caso assumano
impiegati di sesso femminile), del diritto di spostarsi (nessuna donna può uscire di casa
da sola e senza essere accompagnata da un parente stretto di sesso maschile), del
diritto alla salute (nessuna donna può essere visitata da un medico di sesso maschile, la
pianificazione familiare è fuori legge, le donne non possono essere operate da gruppi
chirurgici di cui faccia parte un uomo), del diritto a ricorrere alla legge (la
testimonianza di una donna vale la metà di quella di un uomo, una donna non può far
ricorso a un tribunale direttamente, ma solo attraverso un membro scelto della sua
famiglia), del diritto a divertirsi (tutti i luoghi di incontro femminili, ricreativi e
sportivi, sono stati vietati, le cantanti non possono cantare dal momento che le loro voci
"provocano" gli uomini, ecc.) e del diritto di essere degli esseri umani a tutti gli effetti
(non possono mostrare il loro viso in pubblico agli uomini, indossare vestiti dai colori
sgargianti o truccarsi, possono mostrarsi al di fuori delle loro case soltanto avvolte in
mantelli senza forma chiamati burqa, non possono portare scarpe con tacchi poiché, con
il loro suono, potrebbero sedurre gli uomini, non possono viaggiare in veicoli privati
insieme a passeggeri di sesso maschile, non hanno il diritto di parlare a voce alta
quando sono in pubblico, né ridere forte per non provocare gli uomini, ecc.).
1. Completo divieto per le donne di lavorare
fuori di casa, il che vale anche per
insegnanti , ingegneri e la maggior
parte dei professionisti. Solo alcune
donne medico e infermiere hanno il
permesso di lavorare in alcuni ospedali
a Kabul.
2. Obbligo per le donne di indossare un
lungo velo (Burqa) che le copre da capo
a piedi.
3. Completo divieto per le donne di attività
fuori della casa se non accompagante
da un mahram (parente stretto come un
padre, un fratello o un marito)
4. Frustate in pubblico per le donne che
non hanno le caviglie coperte.
5. Lapidazione pubblica per le donne
accusate di avere relazioni sessuali al
di fuori del matrimonio. ( Un numero di
amanti sono stati lapidati a morte per
questa regola)
6. Divieto per le donne di indossare vestiti colorati
vivaci. In termini Talibani questi sono colori
'sessualmente attraenti'
7. Divieto per uomini e donne di viaggiare sugli
stessi bus. I bus pubblici sono ora stati
nominati 'solo per uomini' o 'solo per donne'
8. vietato, sia agli uomini che alle donne, ascoltare
musica;
9. vietato a tutti di guardare film, televisione e
video;
10. vietato la celebrazione del Capodanno (Nowroz)
il 21 marzo, perché giudicata festa non islamica:
11. hanno abolito il Giorno del Lavoro (1 maggio) in
quanto «festa comunista»;
12. hanno ordinato che tutti i nomi non islamici
venissero cambiati in nomi islamici;
13. hanno obbligato i giovani afghani a tagliarsi i
capelli;
14. hanno ordinato agli uomini di indossare abiti
islamici e un copricapo;
15. hanno ordinato che gli uomini non si radino o
non ornino le loro barbe che invece devono crescere
tanto lunghe da fuoriuscire da un nodo sotto il
mento.
16. hanno ordinato che tutti seguano le preghiere
nelle moschee cinque volte al giorno;
17.hanno vietato tenere piccioni e giocare con gli
uccelli, poiché considerato non islamico. Chiunque
violi queste norme verrà arrestato e gli uccelli
uccisi. È vietato anche far volare aquiloni;
18. hanno ordinato a tutti gli spettatori che
incoraggiano gli sportivi di cantare «allah-o-akbar»
(Dio è grande) e di astenersi dall'applaudire;
19. hanno vietato alcuni giochi giudicati non
islamici, come far volare aquiloni;
20. chiunque venga trovato in possesso di
libri proibiti sarà punito con la morte;
21.chiunque si converta dall'Islam ad
un'altra religione sarà punito con la morte;
22. tutti gli studenti devono portare il
turbante, poiché «niente turbante, niente
istruzione»;
23.le minoranze non musulmane devono
portare un contrassegno distintivo o cucire
un pezzo di tessuto giallo sui vestiti per
essere distinti dalla maggior parte della
popolazione musulmana. Proprio come
facevano i nazisti con gli ebrei.
24.vietato l'uso di internet
Il naso nuovo di Aisha
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Presto il sorriso di Bibi Aisha, la
giovane donna afghana sfigurata
dal marito talebano che le ha
mozzato naso ed orecchie, tornerà
in tutto il suo splendore; la protesi
applicata non è perfetta al 100%
ma migliorerà col tempo. A Los
Angeles le è anche stato
consegnato 'l'Enduring Heart
Award' dalle mani di Mary
Shriver, first lady moglie del
governatore Arnold
Schwarzenegger ed esponente del
clan dei Kennedy. La giovane donna
era stata promessa in matrimonio
quando era ancora in età
adolescenziale (12 anni) a un
talebano e consegnata alla famiglia
di quest'ultimo dove ha però subito
abusi di tutti i tipi oltre ad essere
stata obbligata a dormire in una
stalla con gli animali.
(Foto: repubblica.it)
Meena: Una afghana per le
afghane
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Meena è nata a Kabul nel 1957 ed è stata
assassinata a Quetta nel Pakistana.
Abbandonati gli studi e l’Università e unita ai
movimenti di massa degli studenti che negli anni in
cui Meena studiava, si impegnavano attivamente
nella società e tra la gente, diede vita a numerose
iniziative per organizzare le donne, dare ad esse la
possibilità di educarsi e lottare per il diritto alla
libertà e alla parola. In questo contesto, nel 1977,
nascevano le premesse e le basi per la fondazione
del Revolutionary Association of the Women of
Afghanistan (RAWA), proprio per dare voce alle
donne sul terreno dei diritti politici e della
partecipazione alla vita politica e sociale del Paese.
Nel 1979, Meena, al fine di mobilizzare
l'opinione pubblica, dava vita ad una campagna
contro le forze russe e il loro regime fantoccio
organizzando anche numerose marce e incontri nelle
scuole, nel college e nell'Università di Kabul.Nel
1981 lancia la rivista bilingue “Payam-e-Zan” (Il
messaggio delle donne). Per mezzo di questa rivista
RAWA ha potuto lanciare con coraggio ed efficacia
la causa delle donne afghane e denunciare la
natura criminale dei gruppi fondamentalisti. Meena
ha anche organizzato le scuole Watan per i bambini
rifugiati, un ospedale e centri di artigianato per
donne rifugiate in Pakistan al fine di sostenere
finanziariamente le donne afghane. Alla fine del
1981, su invito del Governo francese, Meena ha
rappresentato il movimento afghano di resistenza al
Congresso del Partito Socialista Francese. E’ stato
in questa occasione che la delegazione sovietica
presente al Congresso, guidata da Boris
Ponamaryev, aveva abbandonato la sala in segno di
rifiuto evergogna quando al gesto di Meana che
mostrava le dita in alto in segno di vittoria, i
delegati avevano applaudito.Meana ha visitato
anche vari altri paesi europei.
Le vedove afghane costrette alla
prostituzione
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Uno dei progetti di Rawa all'interno
dell'Afghanistan è quello di aiutare le
centinaia di migliaia di vedove
disperate, alcune delle quali si sono
date alla prostituzione, e di salvarle da
questa orribile occupazione.
Negli ultimi mesi Rawa ha distribuito
cibo a molte di queste donne.
Recentemente, nel giugno 2002, due
membri di RAWA a Kabul hanno
intervistato alcune di queste donne e
ripreso la loro conversazione.
Il dolore e la miseria di molte di queste
donne sono simili; la maggioranza di loro
ha perso il marito caduto nelle mani dei
fondamentalisti durante la guerra e non
aveva altra scelta nella vita che la
prostituzione. Il loro unico desiderio è
quello di trovare un aiuto e tornare a
una vita degna di un essere umano.
INTERVISTE
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MH.
E' una vedova di circa 33 anni. Ha
perso il marito 4 anni fa in guerra e ha
6 figli tra i 4 e i 14 anni d'età.
Piangendo ha detto: "Non potevo
neanche pensare al suicidio a causa dei
miei figli. Durante gli ultimi due mesi
non ho pagato l'affitto della casa e ogni
giorno il padrone ha minacciato di
sfrattarci con la forza. Non ho ancora
pagato neanche la luce, e invento delle
scuse ogni volta che arrivano a
chiedermi i soldi.
Durante il regime dei Talebani, visto
che nn c'era altro modo per vivere,
sono diventata una prostituta. Ero in
contatto con un Talib il cui nome era
Sakhi Dad; mi diede 10 afghani (un
afghani=100,000) ogni settimana (un
dollaro americano= 42,000 afghani). In
ogni caso, 6 mesi fa, Sakhi Dad ha
lasciato Kabul e io sono seriamente nei
guai. La mia unica speranza è quella di
trovare un lavoro. Mi ripugna essere
una prostituta ma è stata la fame dei
miei figli a spingermi a questo. La mia
figlia maggiore frequenta la quarta, e
ho cercato disperatamente di tenerla
all'oscuro da questi fatti".
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FA.
E' una vedova di 35 anni con 5 figli. Ha
perso il marito nella guerra tra i
talebani e il Wahdat Party a Dara
Soaf. I suoi occhi sono pieni di dolore e
disperazione, e ci dice con la figlia di
11 anni vicina: "Mio marito era un
contadino; mentre lavorava nei campi i
Talebani hanno attaccato, ucciso
persone e distrutto le fattorie. Hanno
ucciso mio marito nel suo campo, e
distrutto le nostre case. Hanno ucciso
anche mio genero lo stesso giorno.
Siamo venuti a Kabul. Non c'era altro
modo per dar da mangiare ai miei figli
oltre alla prostituzione. La mia bambina
di 11 anni sa dei miei contatti. Ho
fatto in modo che si fidanzasse con un
ragazzo di cui non so molto, così che
non dovesse affrontare ciò che io sto
vivendo ora. La famiglia di mio marito è
povera, non ci può aiutare. Sono
distrutta e preoccupata per il destino
dei miei figli".
INTERVISTE
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NH.
Sembra avere sui 53 anni. E' della
provincia di Paghman. E' la madre di
6 bambini, la sua figlia maggiore ha
11 anni. Dice: "ho studiato fino
all'ottava classe, ma quando mi sono
sposata mio marito non mi ha
permesso di continuare a studiare.
Due anni dopo esserci sposati mio
marito ha cominciato a drogarsi. Mi
picchiava ogni giorno e rendeva la mia
vita insopportabile. Voleva che
lavorassi e guadagnassi per nutrire i
bambini. Quando ero incinta di 7
mesi ha voluto divorziare. Ho chiesto
l'elemosina e lavato panni per soldi
ma non era sufficiente alle nostre
necessità. Nove mesi fa ho
cominciato a prostituirmi. So che la
mia vita e quella dei miei figli ne
risentiranno. Se qualcuno volesse
aiutarmi, abbandonerei la
prostituzione senza alcuna
esitazione.
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FH.
Dice: "Sono di Shamali. Quando i
Talebani hanno attaccato il nostro
villaggio hanno distrutto ogni cosa.
Sono tutti scappati altrove. I
Talebani hanno ucciso mio padre
mentre lavorara nei campi. Mi sono
trasferita a Kabul con i miei 3 figli
che hanno dai 3 ai 7 anni. Da quel
giorno mio fratello e mio marito non
ci sono più; forse sono tra i morti. A
Kabul ho lavorato da domestica in
una delle case dove ho cominciato a
prostituirmi. Oggi sono in contatto
con un gioielliere che mi paga quando
vado da lui. Soffro di mal di stomaco
e detesto avere relazioni sessuali
con tutte queste persone.
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I DIRITTI DELLE DONNE_petroccia