In Italia ci sono diversi tipi di
mafia
•In Sicilia la mafia locale si chiama
Cosa Nostra
•In Calabria c’è la ‘Ndrangheta
(attualmente la più forte e potente)
•In Campania c’è la Camorra
•In Puglia la Sacra Corona Unita
simone squintani, 3^O, 2011-2012
•Traffico di droga
•Traffico di armi
•Sfruttamento di minori e immigrati
•Sfruttamento della prostituzione
•Traffico di organi
•Appalti truccati
•Giochi d’azzardo
simone squintani, 3^O, 2011-2012
La
mafia
è
un’associazione
criminale nata in Sicilia nel XIX
secolo, trasformatasi in
seguito
in
un'organizzazione
affaristico - criminale diffusa in
tutto il mondo.
Oggi con questo termine si indicano
associazioni criminali operanti
soprattutto in Russia e in diversi altri
paesi che prima facevano parte
dell'Unione Sovietica e in altri paesi
del Sud America.
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Lo spirito mafioso poggia
su di un rigido codice
d'onore e sull'omertà.
I rapporti con le autorità
dello
Stato
vengono
condannati e veniva punito
soprattutto, anche con la
morte, il passaggio di
informazioni alla giustizia.
Il fenomeno mafioso si sviluppa nel
sistema economico proprio della Sicilia
occidentale, basato sullo sfruttamento del
latifondo.
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Dal 1943 incominciano a rientrare in
Sicilia i mafiosi italo-americani.
I legami con la mafia americana portano
la mafia siciliana ad allargare i propri
interessi e la propria sfera d'azione.
Le antiche cosche
legate ad un ferreo
“codice d'onore”
lasciano il posto
alla nuova «mafia
imprenditrice».
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Nel 1982 dopo la strage di via Carini, in
cui perdono la vita il generale Dalla
Chiesa, prefetto di Palermo, la moglie
Emanuela Setti Carraro e l’agente di
scorta, Domenico Russo, nasce l'Alto
Commissariato per la lotta alla mafia e
nel 1983 viene istituita una nuova
Commissione Parlamentare Antimafia,
tuttora in funzione.
Carlo Alberto Dalla Chiesa, generale
dei Carabinieri, noto per il suo impegno
nella lotta contro il terrorismo delle
brigate rosse prima e alla mafia poi, di
cui sarà vittima.
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29 luglio '83
cade ucciso dalla mafia il
giudice Rocco Chinnici,
servitore dello stato.
Ha scritto una pagina indelebile
nella storia del contrasto alla
mafia.
Vice Questore Cassarà, stretto collaboratore
di Giovanni Falcone e del pool antimafia,
con le sue indagini contribuisce
all'istruzione del primo maxiprocesso alla
mafia.
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Giuseppe Montana, stretto
collaboratore di Falcone e
Borsellino, viene ucciso
nell’estate ’85.
È questa un'estate che vede la città
di Palermo immersa nel sangue delle
vittime della mafia.
6 agosto 1985
Ninni Cassarà e l'agente di polizia
Roberto Antiochia vengono uccisi.
La loro colpa per la mafia:
ostacolare
l’avanzata
della
criminalità
organizzata
di
stampo mafioso.
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Le inchieste avviate da Chinnici e portate avanti
dalle brillanti indagini di Falcone e di tutto il pool
portano così ad istruire il primo grande processo
contro la mafia.
Si giunge così alla sentenza di condanna a Cosa
nostra del primo maxiprocesso, emessa il 16
dicembre 1987 dalla Corte di assise di Palermo: il
maxiprocesso sentenzia 360 condanne, segnando
un grande successo per il lavoro svolto da tutto il
pool antimafia.
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Nel 1984 il giudice Falcone vola
in Brasile per l'estradizione in
Italia di un criminale.
Ne torna con un pentito
eccellente.
Falcone racconterà che prima di
Buscetta si aveva una visione
superficiale della mafia.
Ora la mafia ha dei nomi, dei volti,
delle gerarchie, dei giuramenti,
delle regole, dei simboli, dei codici.
La mafia, in Sicilia, ora ha un
nome, quel nome è Cosa Nostra.
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Dalla collaborazione dei due volti di Palermo si
avvia l'unica lotta alla mafia che questo stato
ricordi.
Dopo la morte di Falcone, Buscetta lo ricorda
così: “Era il mio faro, ci capivamo senza
parlare. Era intuito, intelligenza, onestà e
voglia di lavorare. Io godevo a parlare con lui”.
L'ex boss "dei due mondi" (conoscitore
tanto della mafia di casa nostra quanto di
quella emigrata negli Stati Uniti) è il
primo collaboratore a rivelare a Giovanni
Falcone l'esistenza della “cupola”
mafiosa.
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Altrettanto decisiva è
l'opinione pubblica,
mobilitatasi
soprattutto dopo gli omicidi
di Falcone e Borsellino.
simone squintani, 3^O, 2011-2012
Il magistrato ormai pienamente
cosciente delle connessioni tra
potere politico e mafioso, dopo
lo scampato attentato, dirà: “Ci
troviamo di fronte a menti
raffinatissime che tentano di
orientare certe azioni della
mafia. Esistono punti di
collegamento tra i vertici di
Cosa nostra e centri occulti di
potere che hanno altri
interessi”.
Il 20 giugno ’89 fallisce l’attentato dell’Addaura presso
Mondello, occasione in cui Falcone inizia a temere che la sua
vita sia minacciata anche dai legami che la mafia aveva con i
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vertici dello Stato.
Grazie alle testimonianze dei
pentiti
mafiosi
sono
state
smascherate alleanze clamorose tra
mafia e politica.
Il caso per eccellenza è sicuramente
quello di Giulio Andreotti,
accusato nel 1994 di associazione
mafiosa e poi scagionato per
insufficienza di prove dopo un
lungo e articolato processo.
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20 anni fa la strage di Capaci, 20 anni fa la
morte di un uomo normale divenuto eroe, di
un uomo che dà tutto se stesso per il bene
comune, di un uomo che per combattere la
mafia mette in conto di sacrificare la propria
vita.
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Giovanni Falcone e
Paolo Borsellino
Uomini –simbolo:
rappresentano con il loro
sacrificio i valori e le virtù
contro il male della mafia.
La Mafia di Totò Riina, Giovanni Brusca e Bernardo Provenzano,
coperta dalle zone d’ombre e dagli intrecci politico-affaristici mai
emersi fino in fondo, liquida la Prima Repubblica con l’assassinio di
Giovanni Falcone il 23 maggio del 1992.
simone squintani, 3^O, 2011-2012
«… Si muore
generalmente perché si è
soli o perché si è entrati
in un gioco troppo
grande. Si muore spesso
perché non si dispone
delle necessarie alleanze,
perché si è privi di
sostegno. In Sicilia la
mafia colpisce i servitori
dello Stato che lo Stato
non è riuscito a
proteggere ».
G. Falcone
simone squintani, 3^O, 2011-2012
simone squintani, 3^O, 2011-2012
“La mafia non è affatto
invincibile, è un fatto
umano e come tutti i fatti
umani ha un inizio e avrà
anche una fine.
Piuttosto bisogna rendersi
conto che è un fenomeno
terribilmente serio e molto
grave e che si può vincere
non pretendendo eroismo da
inermi cittadini ma
impegnando in questa
battaglia tutte le forze
migliori delle istituzioni”.
(Giovanni Falcone)
simone squintani, 3^O, 2011-2012
Dopo 20 anni si continua
ancora a ricordarlo, si continua
ancora a parlare del suo lavoro
e di quanto sia stato «uomo
esempio», un eroe moderno
difficile da eguagliare ma
sicuramente da imitare. Gli eroi
non sono quelli che fanno
qualcosa di eccezionale, ma sono
quelli che fanno il loro dovere
fino in fondo: “Questa è la base di
tutta la moralità umana”.
simone squintani, 3^O, 2011-2012
“Un uomo fa quello che
è suo dovere fare, quali
che siano le
conseguenze personali,
quali che siano gli
ostacoli, i pericoli o le
pressioni.
Questa è la base di
tutta la moralità
umana.”
(J. F. Kennedy; citazione che
Giovanni Falcone amava spesso
riferire)
simone squintani, 3^O, 2011-2012
“Dobbiamo
andare avanti
non più
confidando
sull’impegno
straordinario di
pochi,
ma col doveroso
impegno
ordinario di
tutti”
simone squintani, 3^O, 2011-2012
Non dobbiamo
dimenticare l'esempio
dell'uomo che più di
tutti ha dimostrato che
la mafia può essere
sconfitta.
Il 23 maggio 2012 sarà il
ventesimo anniversario della
strage di Capaci e noi
vogliamo ricordarlo, noi
vogliamo sapere…perché i
mafiosi avevano davvero
paura di lui per ideare una
Non ci si può tirare indietro. Nessuno deve farlo. strage di tale portata.
Né i magistrati, né la polizia. E nemmeno noi
ragazzi. Dobbiamo sapere, dobbiamo conoscere
il fenomeno mafioso.
Così noi la sconfiggiamo, la mafia, parlandone.
simone squintani, 3^O, 2011-2012
- «Il coraggioso
muore una volta, il
codardo cento volte al
giorno».
- “Chi tace e chi piega
la testa muore ogni
volta che lo fa, chi
parla e chi cammina a
testa alta muore una
volta sola”.
simone squintani, 3^O, 2011-2012
La morte di
Falcone e di
Borsellino non è
stata dunque
inutile. La loro
vita spesa nella
lotta all’illegalità
è rimasta nella
memoria di tutti.
Il loro esempio
è monito alle
generazioni
future per
“non
dimenticare”.
simone squintani, 3^O, 2011-2012
Blowin’ in the wind
Bob Dylan,1963, cantata da Joan Baez
Quante strade deve percorrere un
uomo
Prima che lo si possa chiamare uomo?
Sì, e quanti mari deve sorvolare una
bianca colomba
Prima che possa riposare nella
sabbia?
Sì, e quante volte le palle di cannone
dovranno volare
Prima che siano per sempre bandite?
La risposta, amico, sta soffiando nel
vento
Quante volte un uomo deve guardare
verso l'alto
Prima che riesca a vedere il cielo?
Sì, e quante orecchie deve avere un
uomo
Prima che possa ascoltare la gente
piangere?
Sì, e quante morti ci vorranno perché
egli sappia
Che troppe persone sono morte?
La risposta, amico, sta soffiando nel
vento
Quanti anni può esistere una
montagna
Prima di essere spazzata fino al
mare?
Sì, e quanti anni la gente deve vivere
Prima che possa essere finalmente
libera?
Sì, e quante volte un uomo può
voltare la testa
Fingendo di non vedere?
La risposta, amico, sta soffiando nel
vento
simone squintani, 3^O, 2011-2012
«Takes more than guns to kill a man,I never died…»
I
I dreamed I saw Joe Hill last night,
American traditional ballad
simone squintani, 3^O, 2011-2012
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