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STORIA
La preistoria
Dominazione greca
Dominazione romana
Dominazioni barbariche
Dominazione bizantina
Dominazione araba
Dominazione normanna
Dominazione sveva
Dominazione angioina
Dominazione aragonese
Dominazione spagnola
Il ‘600
Bibliografia
A cura di …
PREISTORIA SICILIANA
• La testimonianza più antica di attività umana risale al Paleolitico inferiore.
• La fase del Neolitico è testimoniata dalla ceramica di Stentinello (Sr) e da quella bie tricromica di Diana (Lipari) 6000 a.C. c.a.
• Dopo il periodo eneolitico (3200 a.C.c.a) caratterizzato dalla sepoltura a fossa, è
attestata una successione di civiltà dell’età del Bronzo, caratterizzate da ceramica
dipinta, da contatti con l’area egea, dall’uso della tomba a grotticella artificiale, da
una progressiva differenziazione sociale e da una organizzazione sempre più
complessa del territorio:
• Età del Bronzo antico 2100 a.C. Facies di Castelluccio
• Età del Bronzo medio 1400 a.C. Facies di Thapsos
• Età del Bronzo tardo 1200 a.C. Facies di Pantalica I
• Nell’XI sec.a.C., l’arrivo di gruppi provenienti dall’Italia continentale, latori di una
cultura materiale caratterizzata dalla sepoltura in fosse o dall’incinerazione, estranea
al contesto locale, sancì l’inizio della prima età del ferro, facies di Pantalica II e di
Pantalica Sud, 1100a.C. c.a.
• Tucidide nel V sec., descrivendo la preistoria della Sicilia (VI,2), dopo aver
accennato a Ciclopi e Lestrigoni, parla dei Sicani, provenienti dall’Iberia, dei Siculi,
giunti dall’Italia, che spinsero i primi verso l’occidente dell’isola, degli Elimi,
discendenti dei Troiani, stanziati nei centri di Erice e di Segesta, e dei Fenici a
Mozia, a Solunto e a Panormo.
CATANIA NELLA PREISTORIA
Le indagini archeologiche del principe Paternò Castello di
Biscari, che riportò alla luce vasellame dell’età del bronzo;
del Basile, che ritrovò materiale vascolare preellenico; e
dell’Orsi, che esaminò sette gallerie naturali di origine
lavica, utilizzate come abitazioni, ritrovando materiale
mescolato di primo (XX-XVI sec. a.C.) e di secondo periodo
siculo (XV-IX sec. a.C.), insieme con i recenti ritrovamenti
sulla collina dell’acropoli, che attestano la frequentazione
dell’area in età neolitica e in età del rame, ci confermano lo
stanziamento di popolazioni pre-greche a Catania.
All’arrivo dei greci nell’VIII secolo, verosimilmente era
stanziale una società tribale sicula, caratterizzata da una
notevole tradizione culturale preellenica.
SICILIA GRECA
La colonizzazione greca della Sicilia, intorno alla metà dell’VIII secolo a.C.,
presentò caratteri nuovi rispetto alle frequentazioni commerciali di età micenea.
I coloni, giunti sotto la guida dell’ecista, occuparono inizialmente il territorio
della costa orientale, lo divisero secondo principi di uguaglianza e
l’organizzarono, introducendo la civiltà urbana, che qui trovò sviluppi originali
e magniloquenti, e trasformando l’isola in una terra di lingua e di cultura
profondamente greca.
La monumentalità delle poleis coloniali fu testimoniata dai superbi luoghi di
aggregazione pubblica e dalla maestosità ed originalità dei templi, le cui vestigia
sono visibili ancora oggi.
Nella dinamica politica siceliota fu centrale l’esperienza della tirannide,
giustificata in nome della difesa della grecità dall’elemento cartaginese, presente
nell’area occidentale dell’isola.
Siracusa, in particolare, con Dionisio I il Grande (405-367 a.C.) e con il primo
basileus, re, di Sicilia Agatocle (317-289 a. C.), ricoprì un posto di spicco tra le
potenze del Mediterraneo, ed ospitò, negli anni, i più importanti nomi della
cultura della grecità.
LA GRECA KATANE
Secondo lo storico Tucidide, Katane venne fondata nel 729 a.C. da coloni calcidesi, guidati
dall’ecista Evarco, nella prima fase della colonizzazione greca della Sicilia.
L’antica acropoli della città greca fu arroccata sulla collina di Montevergine, dove oggi si trova
il monastero dei Benedettini.
All’inizio del VI sec. a.C. ebbe un corpus di severe leggi scritte, ammirato da Aristotele e
adottato da molte poleis, grazie all’azione legislativa di Caronda.
Conquistata nel 476 a.C. dal potente tiranno di Siracusa Ierone, che ne espulse gli abitanti a
Leontinoi, subì un rivolgimento etnico a causa del ripopolamento forzato con elementi di stirpe
dorica, celebrato da Eschilo nella perduta opera Le Etnee ed argomento centrale della Prima
Pitica di Pindaro, e fu rifondata con il nome di Aitna.
Dopo il rientro dei calcidesi esiliati, che scacciarono gli Aitnaioi ad Inessa, nel 461a.C., la città
riprese l’antico nome.
Nel corso della tragica spedizione ateniese in Sicilia, si schierò dalla parte dell’interventista
Alcibiade, che aveva arringato i catanesi nel teatro cittadino.
Conquistata da Dionisio I nel 403, restò nella zona d’influenza siracusana, con la parentesi di
un’occupazione cartaginese nel 396, dopo la sconfitta della flotta di Leptine, fratello di
Dionisio, ad opera dell’ammiraglio punico Magone, e del governo del tiranno osco Mamerco
(351-338), scacciato da Timoleonte, cessando da allora di battere autonomamente moneta, fino
alla prima metà del III sec.a. C.
SICILIA ROMANA
I Romani, dopo aver conquistato la Magna Grecia, sconfiggendo Pirro a Benevento nel 275 a.C., si spinsero
in Sicilia, chiamati dai mercenari italici Mamertini.
Costretto Gerone II di Siracusa ad accettare un trattato di alleanza, entrarono in guerra contro i Cartaginesi
(prima guerra punica 264-241 a.C.), al termine della quale, dopo la battaglia delle Egadi, la Sicilia divenne la
prima provincia romana.
Durante la seconda guerra punica (218-201 a.C.), per punire la defezione di Siracusa, che aveva rotto
l’alleanza dopo la disfatta romana a Canne (216), Marcello assediò per due anni, ostacolato dall’abile difesa
di Archimede, inventore degli specchi ustori, e saccheggiò nel 212 la città aretusea.
Roma organizzò il territorio per assicurarsi un regolare approvvigionamento di grano, senza violente
imposizioni culturali.
La maggior parte delle città siciliane erano decumanae, ossia soggette al pagamento di una decima in natura
della loro produzione; altre avevano lo status di foederatae, godendo di ampia autonomia; alcune erano
immuni e libere; il territorio di sei città prese con la forza divenne ager publicus.
Il pretore che governava l’isola risiedeva a Siracusa, così come uno dei due questori con mansioni finanziarie
(l’altro si trovava al Lilibeo).
Dopo la conquista dell’Egitto (31 a.C.), che assicurava all’Urbe un regolare afflusso di grano, Augusto
pretese tributi in denaro.
In età imperiale fu una provincia importante ed amata, meta dei viaggi degli imperatori. Caratterizzata dalla
piccola e media proprietà nella fascia costiera e dalla presenza di grandi possedimenti imperiali e senatori
(nell’area centro meridionale), si abbellì di lussuose ville di villeggiatura.
Sotto Diocleziano fu aggregata all’Italia Suburbicaria, evento che rafforzò i suoi legami con la penisola.
Dopo il 332 d.C., con il trasferimento dell’annona egiziana a Costantinopoli, ritornò ad essere la fornitrice
primaria di grano a Roma.
CATANIA IN ETÁ ROMANA
Catania venne conquistata nel 263 a.C. dai consoli romani Manlio Valerio Massimo
e Marco Otacilio Crasso, all’inizio della prima guerra punica.
Fu città decumana, sottoposta, cioè, al pagamento di una decima sui prodotti del
suo territorio, imposta da cui fu esonerata per dieci anni in seguito alla disastrosa
eruzione del 122 a.C.
Subì le ruberie di Verre, che si accaparrò argenterie ed arredi sacri dal tempio di
Cerere, con la complicità del proàguro della città, Dionisiarco.
Augusto la innalzò al rango di colonia nel 21 a.C., privilegio consistente
nell’estensione della cittadinanza romana a tutti i cittadini liberi, assegnando la
piana di Catania ad Agrippa, che l’avrebbe amministrata autonomamente fino alla
morte.
L’arrivo dei veterani, l’ampliamento territoriale a sud e l’abbellimento edilizio la
resero prospera e vitale fino al IV secolo, periodo in cui, secondo il poeta Ausonio,
era la tredicesima tra le città dell’impero, a conferma dell’alto tenore di vita dei
suoi cittadini.
La tradizione agiografica data il martirio di Agata, patrona della città, per mano del
governatore Quinziano, nel corso della persecuzione di Decio, nel 251 d.C., e
quello del compatrono Euplio nel 304, durante l’impero di Diocleziano, sotto il
corrector Calvisiano.
DOMINAZIONI BARBARICHE IN SICILIA
Dopo il sacco di Roma del 410, sotto la spinta delle invasioni barbariche, le ricche famiglie
senatorie romane avevano trovato rifugio nei loro latifondi in Sicilia, terra che, nei primi
decenni del V sec., godeva di una sostanziale tranquillità.
Distrutta nel 410, grazie ad una tempesta, la flotta di Alarico, che aveva minacciato
un’invasione dell’isola, le coste siciliane furono interessate periodicamente dalle scorrerie
piratesche dei Vandali. Nel 439 Genserico, partito dalle coste africane, dopo aver espugnato
Lilibeo ed assediato Palermo, si stanziò in Sicilia, esercitando un controllo puramente
militare dell’isola.
Nel 476 i Vandali cedettero i loro possedimenti siciliani ad Odoacre, re degli Eruli, in
cambio di un tributo annuo.
Sconfitto Odoacre, Teodorico governò l’isola dal 491 al 526, senza apportare alcuna
modifica alla proprietà in Sicilia, a differenza delle confische compiute nel resto d’Italia.
La politica dei Goti in Sicilia fu caratterizzata da una fase di ragguardevole prosperità
economica e di mitezza di governo. Furono istallati esigui presidi militari nelle principali
città e vennero incoraggiati gli studi a Roma dei figli dei notabili siracusani. L’avversione
degli elementi cattolici contro il sovrano ariano, tuttavia, emerse in aperta ostilità alla fine
del governo di Teodorico, dando origine a rivolte, a repressioni ed all’elaborazione di
fosche leggende sul re, secondo le quali, l’anima del monarca, rapita da un nero cavallo
demoniaco, sarebbe precipitata nel cratere di Vulcano, ingresso infernale.
DOMINAZIONI BARBARICHE A CATANIA
Dopo le oscure parentesi delle dominazioni dei Vandali e del re degli
Eruli Odoacre, Catania conobbe il governo di Teodorico.
Il sovrano goto, che governò l’isola dal 491 al 526 d.C., fece
costruire le mura della città, concedendo, con una lettera redatta da
Cassiodoro, ai catanesi che ne avessero fatto richiesta, il permesso di
prelevare materiale dall’anfiteatro, ossia i blocchi squadrati di pietra
lavica, da utilizzare per le opere murarie.
Nell’ultimo periodo del regno di Teodorico, fu proprio un vescovo
catanese, il dotto Fortunato, a ricevere l’incarico papale di recarsi a
Costantinopoli (515) per convincere l’imperatore Anastasio I ad
abbandonare l’eresia monofisita di Eutiche.
La dominazione gotica di Catania si concluse nel 535, quando
Belisario, generale di Giustiniano, conquistò in breve tempo la città,
distruggendo anche le mura, nel corso della guerra greco-gotica.
Pantalica
Civiltà di Tapsos
Teatro di Siracusa
Tempio della
Concordia
Agrigento
Tetradramma di Katane
Testa di kouros
Arte musiva
Villa del Casale
Piazza Armerina
Fine III-IV sec.d.C.
Anfiteatro
DOMINAZIONE BIZANTINA
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I Bizantini si erano insediati in
Sicilia nel 535 ed il loro dominio
durò circa tre secoli. Catania, per la
conquista bizantina dell’isola, ebbe
un ruolo di primo piano, perché da
questa città iniziò la cacciata dei
Goti. Ad eccezione dei primi
vent’anni, il resto della dominazione
è da considerare un periodo di
decadimento, dovuto alle lotte
religiose. Nonostante queste lotte
che la tormentarono per anni, la città
si estese; si rifece la cinta muraria
con diverse opere architettoniche,
delle quali rimane ben poco, ad
eccezione della Cappella del
Salvatorello, nel palazzo Bonajuto,
che si trova alla Marina.
Il monumento tipico di questa dominazione resta l’elefante di pietra lavica che
dal 1735, si trova incorporato nella fontana di piazza Duomo. Legata a questo
periodo è la leggenda del mago Eliodoro, che in essa rappresenta il male a cui
si contrappone il vescovo Leone in rappresentanza del bene, il quale alla fine
ebbe la meglio.
DOMINAZIONE ARABA
La dominazione araba a Catania ebbe inizio nell’875, ma già, fin dal settimo secolo,
nel 652 erano riusciti ad impadronirsi di alcuni territori, dai quali furono ricacciati dai
Bizantini che in quel momento dominavano nell’isola. La città di Catania che gli
Arabi, dal nome del suo più singolare monumento, chiamarono la “città dell’elefante”
e che in arabo si chiamò “Balad el fil” o “Medinat el fil”, dopo un lungo periodo di
guerra ora registra un incremento demografico, con la costruzione di nuovi quartieri e
borghi. Gli Arabi suddivisero la Sicilia in tre parti chiamate valli: Val di Mazara, Val
Demone e Val di Noto; Catania apparteneva proprio a quest’ultima. Essi non
lasciarono traccia del loro passaggio nei monumenti cittadini, ma solo nella
toponomastica.
DOMINAZIONE NORMANNA
Nel 1074 i Catanesi acclamarono Ruggero d’Altavilla re di Sicilia col nome di
Ruggero I. Il nome di Catania restò un’astrazione, fino a quando Ruggero non
fondò tra il 1088 ed il 1092, accanto all’antica chiesa di S.Agata, un
monastero che divenne centro propulsore dell’unità culturale e non ricostituì
la antica diocesi di Catania. La ricostituzione della diocesi catanese ebbe un
profondo significato sociale e politico. Non sappiamo quali sono stati
esattamente i motivi che spinsero Ruggero ad attuare quel tipo di politica. Il
punto di partenza era la ricostituzione interna di Catania. Bisognava d’altra
parte ricostruire materialmente e spiritualmente la città e, per risollevare il
popolo dalla miseria, affidò il compito ad un abate normanno di nome
Angerio. Nel 1092 lo stesso Ruggero fu nominato vescovo e signore feudale
di Catania. Catania si avvia verso una rapida ripresa . Il suo porto diventa
importante come quello di Messina, i commerci sono prosperi, la città è
adorna di splendidi palazzi, di moschee. Venne costruita la nuova Cattedrale
(Ecclesia Munita). Il 1169 fu, purtroppo, un anno assai triste per Catania e la
sua provincia , che fu rasa al suolo da un terribile terremoto. Della cattedrale
rimasero solo le absidi.
LA DOMINAZIONE SVEVA:
FEDERICO II
La dominazione sveva in Sicilia iniziò con un matrimonio politico, celebrato tra Enrico VI di
Svevia, figlio dell’imperatore Federico Barbarossa, e Costanza d’Altavilla, figlia di Ruggero II,
ultima erede della dinastia normanna. Enrico conquistò il regno meridionale con estrema
violenza; nel 1197, ad esempio, mise a sacco Catania distruggendo e incendiando anche le chiese.
Dal matrimonio tra Costanza ed Enrico nacque Federico, che dopo la morte prematura dei
genitori fu affidato alla tutela del papa Innocenzo III e visse a Palermo. Nel 1198 divenne re del
Regno di Sicilia per eredità materna; il destino imperiale fu ostacolato in un primo momento dal
papa, che temeva un accerchiamento. Nel 1220 Federico II ricevette a Roma la corona imperiale.
In Sicilia egli dovette affrontare la rivolta dei musulmani. Gli ultimi saraceni di Sicilia avevano
dato vita ad un’entità statale ribelle. Ciò provocò uno scontro durissimo tra saraceni e svevi dal
1221 al 1225, che si concluse con la vittoria dell’imperatore e la deportazione dei musulmani
nelle pianure pugliesi. Nel 1231 Federico II emanò le Costituzioni di Melfi, 200 disposizioni
legislative in materia economica, sociale e fiscale. Le ostilità verso Federico si incrementarono
in seguito all’applicazione di queste leggi in Sicilia orientale. La rivolta colpì le città di Messina,
di Catania, di Siracusa, di Troina. La repressione fu terribile; Catania, ad esempio, fu
saccheggiata il 5 febbraio 1232, e così si ripristinò l’ordine. Dopo la rivolta del ‘31, Federico
ordinò la costruzione di nuovi castelli in Sicilia orientale. Il Castello Ursino a Catania è un
esempio di fortezza-caserma, che evidenzia la forza, l’inespugnabilità dell’impero. Federico II
morì nel 1250. La sua morte fu un regalo per i suoi avversari. Il papato cercò, infatti, un nuovo re
di Sicilia e propose Carlo D’Angiò, fratello del re di Francia.
DOMINAZIONE ANGIOINA
E GUERRA DEL VESPRO
Dopo la morte di Federico II, il papa Innocenzo IV contrappose a Manfredi,
figlio naturale dell’imperatore, Carlo d’Angiò, rappresentante della dinastia
francese. Dopo la battaglia di Benevento (1266), Carlo divenne il nuovo
sovrano del regno di Sicilia. L’arrivo degli Angioini inasprì nell’isola le
tensioni sociali e i malumori politici, che sfociarono nel Vespro, rivolta
popolare palermitana scoppiata la sera del 30(31) marzo 1282. Le ragioni della
rivolta, che da Palermo si diffuse in tutta la Sicilia, furono diverse:
• la perdita della centralità politica dell’isola e di Palermo; la capitale, infatti,
fu trasferita a Napoli;
• l’inasprimento del prelievo fiscale;
• i nuovi rapporti con il regno d’Aragona; nel 1262 la figlia di Manfredi di
Svevia, Costanza, aveva sposato il figlio del re d’Aragona, Pietro, che nel 1276
salì al trono con il nome di Pietro III. I capi della rivolta siciliana si rivolsero al
re aragonese e offrirono a Pietro III la corona di Sicilia (1282). La
conseguenza della guerra del Vespro fu la rottura dell’unità del regno
meridionale, da cui nacque una nuova realtà politica: il regno di Sicilia, dotato
di una propria corona. Si aprì così la dominazione aragonese.
LA DOMINAZIONE ARAGONESE
La rivolta popolare del Vespro, originatasi a Palermo nel 1282 contro il governo di Carlo d’Angiò,
costrinse gli angioini ad abbandonare l’isola. I ceti aristocratici siciliani offrirono la corona al re
d’Aragona Pietro III, il quale promise la successione separata tra il regno aragonese e quello
siciliano. Alla morte di Pietro, infatti, salì al trono d’Aragona il primogenito Alfonso, e il
secondogenito Giacomo prese la corona siciliana. Nel 1291, però, morì Alfonso; Giacomo assunse,
così, la corona aragonese senza lasciare quella siciliana, inviando nell’isola come vicario il fratello
Federico. Il ceto nobiliare in Sicilia, temendo un ritorno al potere degli angioini, propose a
Federico di assumere la corona del regno siciliano. I siciliani convocarono un nuovo parlamento
nel Duomo di Catania e nel 1296 incoronarono Federico. La sua incoronazione determinò una
situazione paradossale tra il re d’Aragona e i siciliani. La soluzione politica fu raggiunta nel 1302
con la pace di Caltabellotta, in cui il papa riconobbe Federico come re della sola isola, ma con
l’intitolazione di re di Trinacria, per distinguere il titolo di re di Sicilia che rimaneva agli angioini.
Federico fu nominato terzo per continuare la tradizione di Federico II . Federico III fu un re
“eletto”, cioè scelto dai ceti dominanti siciliani; quest’ultimi costruirono un regno secondo i loro
interessi e ottennero l’ampliamento dei propri domini e dei propri privilegi. I maggiori nobili
occuparono le più alte cariche del regno. La competizione tra le diverse famiglie crebbe e si
formarono fazioni nel regno: la storia dell’isola del XIV secolo fu una storia di lotte di fazioni. Il
risultato della lotta politica fu una durissima selezione all’interno di questa aristocrazia; alcune
famiglie scomparvero dal panorama della nobiltà. Negli ultimi decenni del Trecento si affermarono
alcune grandi famiglie in Sicilia dotate di grandi patrimoni: gli Alagona, i Ventimiglia, i
Chiaromonte, i Moncada e i Rosso.
LA DOMINAZIONE SPAGNOLA
Alla morte senza eredi maschi del re Federico IV, il re Pietro d’Aragona fece sposare
la regina Maria con il nipote Martino, nel tentativo di unire le due dinastie sotto
l’unica corona aragonese. La nobiltà minore aderì al nuovo sovrano; la nobiltà
maggiore, timorosa di vedersi ridimensionare i privilegi e i domini, si oppose con le
armi a Martino, che, però, riuscì a sconfiggere le resistenze dei ribelli. Alla morte di
Martino (1409), la successione al trono d’Aragona coinvolse un sovrano estraneo
alla dinastia aragonese, il castigliano Ferdinando I, che ereditò anche il titolo
siciliano. Nel 1412 ebbe inizio la dominazione spagnola con Ferdinando I e la Sicilia
passò alla corona di Castiglia. Con la dominazione spagnola, l’isola divenne un
viceregno e iniziò per la Sicilia un lungo periodo di miseria: si trascurò l’agricoltura,
il carico fiscale si fece insopportabile e si verificò uno spostamento dell’asse
economico fuori dal Mediterraneo. A causa di questi fatti, Catania fece un passo
indietro. Nel Quattrocento si consolidò il sistema di governo dei vicerè sotto il
sovrano succeduto a Ferdinando, Alfonso V il Magnanimo. Alfonso accentrò il
potere nelle sue mani, seguito poi dai vicerè e dai baroni, anticipando, così, lo stato
moderno. I vicerè di Alfonso garantirono all’aristocrazia siciliana il consolidamento
e l’estensione dei privilegi. Fu per volere di Alfonso che a Catania fu fondata nel
1434 l’Università, unica sede della Sicilia. In questo periodo furono diverse le visite
dei reali a Catania: nel 1421 venne Alfonso, che ritornò nel 1435.
LA DOMINAZIONE SPAGNOLA:
CARLO V
Alla morte di Alfonso il Magnanimo, avvenuta nel 1458, gli successe Giovanni e a questi il
figlio Ferdinando il Cattolico (1479 - 1516). Nel 1496 l’imperatore asburgico Massimiliano
combinò il matrimonio politico più importante del secolo: fece sposare il figlio Filippo con
Giovanna, la figlia dei sovrani spagnoli (Ferdinando il cattolico e Isabella di Castiglia). Da
questo matrimonio nacque nel 1500 il futuro Carlo V. Quando nel 1516 morì Ferdinando il
cattolico, gli successe il nipote Carlo, poiché la madre fu dichiarata incapace di governare. Carlo
ereditò dalla madre la Castiglia, l’Aragona, la Sicilia e le colonie americane; dal padre l’Austria,
i Paesi Bassi e la possibilità di candidarsi al titolo imperiale. Nel 1516 Carlo detenne la corona
di Spagna. La successione di Carlo non fu accolta positivamente dagli spagnoli, perché il nuovo
sovrano venne considerato un elemento estraneo, in quanto nato ed educato nelle Fiandre.
Nonostante ciò Carlo ottenne, dopo qualche anno, il pieno riconoscimento della sua sovranità
nei domini spagnoli. Solo nel 1518 Carlo fu proclamato re di Sicilia. Un anno dopo morì
Massimiliano d’Asburgo e si aprì la corsa alla candidatura imperiale. Nel 1519 Carlo fu eletto
imperatore. La successione al titolo imperiale gli valse l’ostilità della Francia, che temeva un
accerchiamento. Il re di Francia, cristiano, si alleò allora con i turchi, musulmani, che avevano
costituito un grande impero ad Oriente. Nel 1520 scoppiò una guerra cinquantennale fra Turchia
- Francia e Spagna, che si concluse nel 1571 con la battaglia di Lepanto. Essa segnerà la
spartizione fra Occidente cristiano e Oriente musulmano. La Sicilia nei decenni della guerra
turco - spagnola combattuta nel Mediterraneo, diventò una base militare, il centro strategico militare dello scontro. Si diede inizio, così, ai lavori di fortificazione. Nel 1553 fu completata a
Catania la cinta muraria, la cui costruzione era iniziata nel 1541 per volere di Carlo V.
Un evento rilevante per Catania avvenuto nel 1578, fu il trasferimento in città del
monastero benedettino di San Nicolò l’Arena, la cui fondazione originaria si trovava
nell’area di Nicolosi. I monaci abbandonarono il paesino etneo a causa delle rigide
condizioni climatiche e delle frequenti eruzioni vulcaniche.
LA CONTRORIFORMA
La risposta cattolica alla riforma luterana fu costituita dalla Controriforma, un processo
mediante il quale la Chiesa riorganizzò i suoi riti, le sue strutture. In Sicilia il controllo
degli apparati ecclesiastici era condiviso dalla Chiesa e dallo Stato: i re di Sicilia, infatti,
godevano di ampi poteri sul clero. Il sovrano inoltre, controllava anche l’Inquisizione,
organo istituito per la repressione delle eresie, delle opinioni e degli atti contrari
all’insegnamento cattolico. Per poter aver un maggior controllo sul territorio serviva una
riorganizzazione dall’interno. Con il Concilio di Trento, pertanto, si istituirono le
parrocchie, che dovevano diventare le sedi privilegiate per l’amministrazione dei
sacramenti; la vita religiosa era controllata dal parroco. A Catania, tuttavia, il vescovo
della Cattedrale, Caracciolo, nell’applicare la Controriforma, trovò la resistenza di
avversari decisi ad impedirne l’attuazione; egli rimase l’unico parroco della città. Agli
inizi del ‘600 nacquero nuovi ordini religiosi; tra i più ricchi vi furono i gesuiti;
quest’ordine nacque in Spagna da Ignazio di Loyola, come risposta militare contro le
eresie. La Controriforma fu attuata attraverso:
• strategie repressive;
• maggiore esteriorità nelle pratiche religiose;
• letteratura pedagogica;
• nuovi ordini religiosi.
IL ‘600
Nel ‘600 carestie e pestilenze segnarono l’impotenza amministrativa della dominazione spagnola.
Politicamente anche Catania fu coinvolta e lacerata dalle rivolte popolari che scoppiarono
rispettivamente a Palermo nel 1647 e a Messina nel 1672. Nella seconda metà del secolo, si
susseguirono, con particolare gravità, due eventi naturali:
• l’eruzione dell’Etna del 1669. Le lave venute fuori dai monti Rossi, a nord di Nicolosi, scesero
verso Catania, seppellendo circa venti paesi prima di giungere in città. L’eruzione inferse un colpo
gravissimo a Catania. La lava investì la città da nord e da ovest; furono distrutte le mura difensive, i
resti del Circo Massimo. Il Castello Ursino fu circondato e allontanato dal mare.
• il terremoto del 1693. Gran parte della Sicilia sud-orientale fu distrutta da un potente terremoto,
che uccise circa i due terzi della popolazione. Di Catania non rimasero in piedi che poche cose: il
Castello Ursino, le absidi della Cattedrale, qualche porzione delle mura. Dopo il terremoto si
intervenne subito con un progetto complessivo di ricostruzione, che definì nel ‘700 il “barocco
fiorito catanese”. Si decise di ricostruire sullo stesso luogo per non abbandonare le fortificazioni. Il
vicerè inviò con don Giuseppe Lanza, duca di Camastra, denaro, viveri e soldati per dare inizio
all’opera di ricostruzione. Si delineò un nuovo assetto urbanistico: una linea ideale divise Catania in
due parti, quella ad ovest fu destinata ad accogliere i quartieri popolari; quella ad est concentrò gli
edifici della nobiltà laica ed ecclesiastica. Le strade larghe, interrotte da piazze frequenti e regolari,
costituirono una precauzione antisismica. La ricostruzione determinò la rifioritura settecentesca di
Catania. La città si trasformò per decenni in un cantiere che attraeva nuove maestranze. Fra i più
importanti architetti citiamo i catanesi Alonzo Di Benedetto e Francesco Battaglia, il palermitano
Giovan Battista Vaccarini, Stefano Ittar e tanti altri.
Tra tutti il Vaccarini è quello che ha lasciato il segno più netto, sia per il gran numero di edifici da
lui curati che, per il lungo periodo del suo operare a Catania. Grazie a questo processo ricostruttivo
la città potè superare la crisi dei primi decenni del ‘700, che vide la Sicilia passare dalla
dominazione spagnola, ai Savoia, poi agli austriaci e, infine, alla nuova dinastia borbonica.
BIBLIOGRAFIA
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F. Benigno, G. Giarrizzo, Storia della Sicilia, Laterza 1999
F. Andronico, Catania. Evoluzione storica di una città. Ed. Greco 1993
N. Recupero, Guida di Catania e provincia, Maimone Editore
A cura di …
• Maria Laura La Rosa:
Preistoria, storia greca e romana.
Dominazioni barbariche.
• Maria Grazia Pirracchio:
Dominazione bizantina, araba e normanna
• Mariangela e Daniela Spina:
Dominazione sveva, angioina, aragonese e
spagnola
Scarica

Storia_della_Sicilia_-_Ist._Radice_2003