14. Flussi di lavoro
Cosa è un flusso di lavoro?
Una prima classificazione potrebbe suddividerli in:
Tradizionali: ovvero “dal Pdf al tiff one bit”
Questa definizione ricorda la loro origine e cioè un qualcosa che prende il file di
input (il Pdf) e lo gestisce col massimo degli automatismi – al fine di aumentare
la produttività e minimizzare gli errori – verso una o più finalità di output,
Per la stampa offset la lastra (o meglio la parte digitale che è il tiff one bit).
Ma anche una diversa finalità di output: una stampante digitale da piccolo
formato, un plotter da grande formato, una stampante fotografica
Moderni: alla base della gestione aziendale
Sono il cuore che gestisce la produzione nell’ambito di una più generale gestione
dell’azienda. In questa visione i “tradizionali” sono una parte del Flusso.
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Flussi tradizionali
C’è una definizione univoca?
Possono essere molteplici le definizioni anche perché un flusso di lavoro, di norma, è a sua
volta costituito da tanti piccoli flussi di lavoro nei quali è suddivisa l’attività globale e che
interagiscono tra di loro.
La caratteristica fondamentale di un flusso di lavoro è che un dato non deve essere
ridondante intendendo con ciò che nel sistema deve essere presente una sola volta e ad esso
occorre fare riferimento per tutti gli output.
Prova colore, cianografica digitale e lastra, devono prendere origine dall’unico Pdf presente
nel sistema.
Non sembri una cosa banale: ancora oggi esistono prove colore “off-line” che elaborano
autonomamente il Pdf rischiando pertanto interpretazioni diverse.
La cianografica digitale, fortunatamente, è quasi sempre integrata nel flusso.
L’univocità del dato consente una agevole scelta finale verso una periferica piuttosto che
un’altra causa il mutamento delle condizioni: per esempio una macchina da stampa digitale o
una offset o una macchina offset piuttosto che un’altra nell’ambito della stessa sala stampa.
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Flussi moderni
Tre sigle stanno alla loro base: MIS, JDF, JMF
MIS: (Management Information System), ovvero il sistema informativo gestionale
dal quale partono i preventivi, le acquisizioni ordini che mediante il …
JDF (Job Definition Format) possono impostare la commessa dal punto di vista
tecnico/produttivo e cioè se il lavoro sarà in brossura piuttosto che a punto
metallico, quale preflight sarà opportuno eseguire, la lineatura e la scelta del
profilo di esposizione lastra in base al tipo di carta (e poi alla macchina), ma anche
la movimentazione e approvvigionamento del magazzino carta, la posizioni degli
squadri per pilotare la taglierina, ecc. ecc.
In risposta agli input del JDF, le attrezzature forniranno poi i dati di produzione,
scarti, attese, interventi di riparazione, ecc. ecc. che ritorneranno al MIS attraverso
il JMF (Job Messaging Format).
Nelle pagine che seguono alcuni esempi che mostrano diversi punti di approccio ai
moderni flussi di lavoro.
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Lo schema di Unified Workflow [Kodak]
Kodak ha certamente il patrimonio tecnologico più vasto in termini di copertura.
In questo flusso moderno il Mis occupa una posizione importante, ma non quella centrale.
Naturalmente, data l’angolatura Kodak la posizione centrale la occupa Prinergy, la parte “tradizionale” del flusso.
Tutti gli altri satelliti possono essere pilotati da altrettanti flussi che si integrano o traggono origine da quello centrale.
La parte “tradizionale”: Prinergy [Kodak]
Lo schema di Trueflow [Screen/Samor]
Trueflow di Screen pone invece il Mis al centro e collega ed è collegato al tutto via JDF e JMF
È solo una visione più corretta in termini generali aziendali anche perché in questo schema è presente tutta l’azienda e
non solo la parte di interesse delle tecnologie vendute, ma la sostanza non cambia.
Il flusso tradizionale è, come è giusto che sia, una parte, per quanto imponente e importante delle attività aziendali.
Flusso di lavoro per la stampa offset
Un flusso di lavoro di prestampa è basato su PDF e serve per organizzare la
produzione in prestampa (trapping, prove colore, imposizione) con finalità di
output su lastra, o su pellicola, o su matrice flexo o rotocalco o direttamente su
carta (stampa digitale).
Un flusso di lavoro consente di importare una serie di differenti file di input, ad
esempio, i file di imposizione PJTF (populated portable job ticket format) o JDF
(job definition format).
Un flusso di lavoro moderno prevede l'invio e l’elaborazione di file tramite hot
folder, stampanti virtuali, template o job ticket.
Un Flusso di lavoro ha al suo interno tanti flussi più o meno automatizzati in
funzione delle caratteristiche dello stesso e della costruzione da parte
dell’operatore che può personalizzarlo in modo molto preciso.
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Procedure e automazioni
Prendiamo l’esempio concreto di un lavoro che deve arrivare alla esecuzione di lastre da file Pdf
che il cliente deposita in una specifica cartella di un FTP.
Si tratta di una rivista di 64 pagine autocopertinata ed è un lavoro ripetitivo.
La ripetitività ci consentirà di applicare anche delle automazioni le quali non avrebbero
altrimenti alcun senso pratico.
Il flusso è il seguente:
a. Controllo del Pdf attraverso Preflight e/o strumenti proprietari
b. Imposizione
c. Controllo dell’imposizione
d. Stampa della cianografica
e. Generazione dei Tiff One Bit e invio dati al Ctp
L’esempio è realizzato con Prinergy Evo. Le videate con altri flussi sarebbero diverse, ma la
sostanza non cambia.
Commenteremo i vantaggi e gli svantaggi delle varie opzioni nella pratica operativa.
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Procedura manuale
Apparentemente è la meno adatta, ma non è vero. Se la nostra rivista fosse con foliazione
variabile: 64, 72, 80, 88, 96, 104, ecc. ecc. – e questa è la situazione normale – i flussi automatici
dovrebbero prevedere la creazione di tanti automatismi quante sono le situazioni.
Inoltre certe rigidità degli automatismi a volte costringono l’uscita dal flusso con perdita dei benefici.
Occorre quindi fare una valutazione ben ponderata e, in genere, il risultato è un mix di procedure.
Lavorando completamente in modo manuale il flusso potrebbe essere il seguente:
1. Sul server del flusso si crea una cartella
dove verranno posti i Pdf prelevati dall’FTP.
2. Si prendono detti file e si trascinano sul job
ticket che deve fare la cosiddetta raffinazione.
3. Per i comandi in essa contenuti la raffinazione
fa anche un Preflight, l’eventuale trapping e
l’eventuale conversione di RGB in CMYK .
4. Al termine del lavoro nella cartella troveremo
una nuova cartella dove ci staranno i file
raffinati divisi per pagina.
5. Anche questa suddivisione è una opzione.
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L’imposizione
Prendiamo la struttura delle cartelle dedicate ad un Editore che realizza un certo numero di riviste
dedicate all’arceria, alla caccia e alla pesca.
Come ho segnalato la foliazione cambia. All’interno di ogni foliazione esiste però un valore che merita
la costruzione preventiva delle varie foliazioni (o la loro progressiva memorizzazione).
Si tratta dell’accumulo per il punto metallico. L’accumulo è un dato che dipende dal tipo di carta e
quindi, mentre è di difficile definizione, resta stabile nel tempo in quanto una rivista, notoriamente,
non deve cambiare il tipo di carta da un numero all’altro.
In questo caso è di 2 mm.
Come si vede l’accumulo è previsto tutto verso l’interno.
Questo significa che le pagine centrali saranno ridotte
di 2 mm quella di destra e di 2 mm quella di sinistra con
un totale di 4 mm. Se al centro vi sono elementi passanti
questi saranno tagliati degli stessi 4 mm.
L’entità del taglio è normalmente indicata nelle cianografiche
con uno specifico tratteggio. In Prinergy il taglio è visibile anche nel VPS (Virtual Proofing System) un
software proprietario di grande interesse che analizzeremo nella prossima slide.
Dal programma di imposizione genereremo il Pjtf (populated portable job ticket format), un file
molto leggero dove è indicata l’ubicazione delle pagine nel sistema e la posizione nella stampa.
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Pjtf e Flusso di lavoro
Il Pjtf è un elemento molto importante dei flussi di lavoro.
Se col programma di imposizione noi creassimo un Pdf in caduta macchina limiteremmo
al minimo le funzionalità di un buon flusso di lavoro.
Le versioni light dei Flussi (cioè minime in funzionalità e per questo più economiche)
escono in Pdf imposto e non in Pjtf.
È grazie al Pjtf che possiamo ricreare un output sicuro con la sola modifica delle pagine
che hanno subito correzioni certi che le altre non subiranno modifiche.
ATTENZIONE però se la pagina ha un trim box diverso (caso tipico può essere un Pdf
generato con Xpress con la creazione di un Postscript dal modulo di Stampa piuttosto
che dall’esportazione) il non passaggio attraverso il programma di imposizione che
intercetta i nuovi valori della geometria della pagina può portare alla cattiva collocazione
della stessa nell’imposizione.
Se, come spesso capita, non si fa una nuova cianografica di controllo il danno è
assicurato e comporterà una o tutte queste sventure: rifacimento lastre, un doppio
avviamento e un fermo macchina.
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Pjtf e Virtual Proofing System (VPS)
VPS è una funzione proprietaria che ha lo scopo di
verificare con estrema precisione la cianografica.
Come per tutte le visualizzazioni monitor non è
utilizzabile per una verifica globale. Questa poi, che
visualizza interi fogli di stampa, men che meno.
Vi sono tre ambiti in cui è imbattibile, anche se di due
abbiamo alternative.
1. Controllo della precisione grafismi tra la bianca e la
volta. Abbassando l’opacità della bianca (o della
volta) è possibile vedere come cadono i grafismi
(controllo della posizione dei numeri di pagina).
2. Visualizzazione del trapping automatico mediante
densitometro e accensione e spegnimento delle
separazioni (visualizzabile anche in Acrobat con
Anteprima output)
3. Verifica del numero delle separazioni (pure questa
realizzabile in Acrobat con Anteprima output).
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Pjtf e cianografica, anche a quartini
È sempre il Pjtf che viene utilizzato per stampare la cianografica stesa su un plotter da grande
formato e che riproduce il foglio di stampa e la lastra.
Oggi però per gli stampati di formato simile all’A4 o inferiore, si usa la più comoda uscita in quartini.
Così facendo, una volta stampate, basta prendere le pagine (in formato A3) ripiegarle in due e la
cianografica è fatta con un grande risparmio di tempo oltre a riduzione degli errori per la piega.
Naturalmente questo processo deve avvenire – secondo la regola base che prevede che si debbano
usare gli stessi file di pagina – all’interno del flusso.
Non si deve cioè fare una nuova imposizione e lanciarla su una stampante che utilizza un proprio
Rip. Verrebbero meno ben due certezze:
1. una nuova interpretazione del Pdf e, quindi, in teoria è possibile che sia diversa
2. una diversa – e quindi è possibile che sia discordante – collocazione delle pagine della caduta
macchina
Quasi tutti i Flussi di lavoro hanno al loro interno (anche se come modulo opzionale) software che
rigenera la caduta in automatico con posizione, accumuli ed eventuali segni che consentono un
controllo certo della cianografica anche se è così smontata.
Una necessaria regola pratica esige che ogni foglio della pubblicazione con caratteristiche proprie
debba essere controllato in formato steso (una sola prima volta alla creazione del progetto).
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Pjtf e Pdf/Jpg per controllo remoto
Dalla funzione precedente, con finalità verso un output cartaceo, discendono le
analoghe “cianografiche virtuali” per il controllo in remoto.
Se si dispone di moduli che creano dei Pdf raster io li consiglio.
Quasi tutti i flussi generano Jpeg o Tiff, ma questi vanno bene per poche pagine in
quanto non possono creare un documento multipagina, cosa che è possibile solo con
un Pdf raster (dove cioè il documento di origine è fissato, all’interno del flusso, in
una fotografia e quindi le simulazioni sovrastampe non dipendono dall’attivazione).
La modalità più comoda è la pagina singola in quanto eventuali abbinamenti a doppie
pagine sono quelle della caduta e quindi non a leggibilità naturale.
Invece la singola pagina può essere sfogliata (e stampata) in modo naturale con i
normali strumenti di visualizzazione e stampa di Acrobat (anche a pagine affiancate).
La scelta se lasciare i raffili o meno dipende dal tipi di cliente e di rapporto.
Questi raster, dovrebbero rispettare le separazioni in modo da poter mostrare anche
il trapping al fine di consentire ai clienti professionisti di fare controlli approfonditi.
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Pjtf e Tiff One Bit
E siamo arrivati alla generazione del Tiff One Bit.
Per l’operatore è ancora una volta il semplice trascinamento del Pjtf su una coda piuttosto che
un’altra, coda che riguarderà sostanzialmente la lineatura ed eventualmente il retino e la forma del
punto AM o FM in base al tipo di carta o ad altre considerazioni.
La preparazione della coda invece richiede una certa preparazione anche per quanto riguarda il color
management. Parlando di colore abbiamo accennato alle due ipotesti di lavoro che portano al risultato
di avere una stampa con i corretti dot gain che sono quelli specifici richiesti dalla norma 12647/2.
I metodi riguardano lo svuotamento o l’imbottitura della curva di esposizione in modo che sommato
all’effettivo schiacciamento della specifica macchina da stampa si produca il dot gain voluto.
In questo caso le code interessate sono di esposizione in quanto il file arriva in quella fase secondo lo
standard di riferimento.
L’altro metodo riguarda invece l’uso di lastre lineari perché svuotamento e imbottitura sono
demandate al profilo colore della combinazione macchina da stampa/carta/inchiostri.
In questo caso le code si diversificano in una fase precedente.
Cose da evitare: è certamente più facile svuotare o imbottire una lastra piuttosto che sistemare
meccanicamente un elemento di stampa difettoso. Poiché la difettosità è una situazione instabile è
necessario ricreare la stabilità cosa che si può fare solo sulla macchina da stampa.
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Il caso delle Hot folder [cartelle calde]
Hot folder può essere già la cartella FTP sulla quale gira un programma che prende
i file e li porta nella zona operativa. Raggiunta la zona operativa parte un processo
che è sempre lo stesso indipendentemente dal numero di pagine.
Qui può intervenire l’operatore che prende i file elaborati, li monta manualmente
nell’imposizione e crea un Pjtf che può mettere in una nuova cartella calda dalla
quale parte un nuovo processo che può arrivare alla lastra senza più interventi.
In alternativa è il cliente che può mettere i Pdf in una cartella che contempla anche
il numero delle pagine e quindi può raggiungere la fine delle operazioni senza alcun
ulteriore intervento.
Si tratta più di teoria che non di pratica perché le correzioni, che per questi flussi
non dovrebbero esistere sono invece sempre li ad inceppare gli ingranaggi,
allungare i tempi e a minare tutte le sicurezze di flussi anche ben progettati.
Le cartelle calde quindi vanno usate per flussi minimi che fanno poche cose molto
standardizzate e ripetitive.
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I processi automatizzati
Per ovviare alla aleatorietà delle condizioni reali
di produzioni possono venire in aiuto processi che
hanno dei fermi in attesa di controlli e/o eventi.
Vediamo un caso pratico.
Viene creato un processo nel quale la prima operazione è la raffinazione. Questa
parte immediatamente all’entrata del file nella cartella operativa ?.
Il processo si completa solo quando si raggiunge il numero di pagine previsto.
A questo punto parte ? una imposizione automatica che produce un VPS.
Anche il VPS parte immediatamente senza chiedere autorizzazioni all’operatore ?.
La cianografica invece aspetta N. In questo modo non si buttano materiali se il
controllo del VPS denunciasse anomalie da sistemare.
Avuto l’OK si esegue la ciano mentre la esecuzione delle lastre resta sospesa N.
Ottenuto il visto delle ciano e/o effettuate le correzioni e gli ulteriori controlli verrà
sbloccata anche la creazione dei Tiff One Bit.
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Funzioni e Flussi: confini sfumati
Abbiamo visto, parlando del Pdf, quanto siano oramai diffuse le attività in Acrobat
che erano appannaggio dei Flussi di lavoro “proprietari”.
Ricordo, solo come lista perché ne abbiamo già parlato in precedenza, le principali
funzioni di corredo di un buon flusso.
• Compara documenti
• Merge di documenti
• Visualizzatori delle separazioni
• Editor delle geometrie di pagina
• Creatori e manipolatori di separazioni
• Trapping
• Color management
Ci soffermeremo solo su quelle funzioni che non abbiamo visto specificatamente
previste da Acrobat o da Pitstop.
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Creatori e manipolatori di separazioni
È il caso classico della creazione di una lastra per la vernice (o serigrafia) con riserva.
La realizzazione di una vernice con questi plug-in consente anche la realizzazione di
allargamenti o restringimenti in base alle esigenze tecniche della lavorazione.
Vediamo all’opera il Plate Builder fornito con Prinergy di Kodak.
È stata selezionata la foto ed è stato allargata la separazione (i valori sono anomali ma solo per
mostrare la potenza del software).
Come mostra l’icona, tra la foto e il fondo verde abbiamo previsto 5 mm di allargamento.
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Nella zona foto/ fondo grigio abbiamo
invece previsto solo 1 mm.
E nella zona foto/carta 3 mm.
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Vernice: realizzazione manuale
La realizzazione di una vernice però può essere abbastanza agevole, se non si pongono
obiettivi di allargamento o restringimento, anche col programma di impaginazione.
Una strada esecutiva può essere: creare un livello Vernice: copiarvi tutti gli elementi che
dovranno essere coperti dalla vernice e fare in modo che assumano un unico colore (spot).
Se si tratta di vettori sarà abbastanza agevole.
Se si tratta di bitmap con sagoma non regolare
si può fare in questo modo: si apre la bitmap in
Photoshop, la si trasforma in scala di grigio, si
fa in modo che tutta la sagoma assuma il 100%
(a meno che non si vogliano fare effetti morbidi),
si salva con nome e la si sostituisce nella stessa
posizione della bitmap colorata ma nel box del
livello Vernice. In quanto scala di grigio si colora
col colore (spot) scelto per la vernice.
Per controllare si potrà collocare il nuovo livello sopra agli altri e applicare una opacità parziale:
naturalmente la lastra dovrà poi uscire con un pieno.
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Il trapping
Queste funzioni, altamente professionali, non sono inserite ne in Pitstop ne in Acrobat
(se escludiamo la versione In-Rip che però non fornisce nessuna possibilità di
visualizzazione del risultato ottenuto, e quindi ha un certo rischio e rigidità).
Il trapping (di prestampa, quindi da non con confondere col rifiuto di stampa), è quella
funzione per la quale in corrispondenza del contatto tra due colori il colore più chiaro si
espande sotto quello più scuro, di una entità impostata nei parametri (e che va da
0,05/0,1 mm per la stampa offset fino ad 1 mm o più per la flessografia su plastica), al
fine di evitare che l’eventuale fuori registro produca degli inestetici filetti bianchi.
Prinergy prevede per questa funzione numerosi opzioni commerciali a dimostrare
l’importanza ad essa attribuita.
Abbiamo il trapping automatico (o batch) che è il più usato, un viewer e due livelli di
editor, uno normale e uno advanced.
La logica è molto simile a quella vista per il plate builder e cioè si individuano le zone di
contatto e si stabilisce quale colore si deve creare in quel punto e verso quale direzione
(più chiaro, ma anche più scuro se si vuole) si deve espandere l’abbondanza.
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Il trapping automatico
Se il trapping manuale consente una gestione
molto fine e personalizzata, quello che si usa
maggiormente è quello automatico che ha
raggiunto livelli di sofisticazione elevatissimi.
Ecco il risultato del trapping automatico in una
zona molto delicata tra un fondo vettoriale e una
bitmap che cambia colori ad ogni pixel.
Osservate la posizione dell’Anteprima immagine:
è posta in modo che si vede un canale nero
corrispondente alla parte visibile di un fondo.
Se togliamo la visualizzazione del nero si noterà
che il modulo di trapping ha ricostruito una parte
di immagine sotto il nero (lo si nota per la
maggiore uniformità della bitmap rispetto
all’originale). Ha rispettato le differenze di
cromia: dal basso zone scure, poi zone chiare e
ancora scure in armonia con l’immagine.
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La gestione colore
Chi più chi meno, chi meglio chi peggio, tutti i flussi professionali hanno la possibilità di fare
gestione colore.
Negli anni passati era regola che i tecnici installatori di un Flusso di lavoro
disattivassero il Color management.
Più che per una scelta tecnica – in tutti i casi non condivisibile – si trattava per i più
certamente della incapacità conoscitiva di affrontare tale argomento.
Oggi la situazione dovrebbe essere migliorata. In tutti i casi dai tecnici di queste aziende, che
vendono prodotti altamente professionali, si pretende un adeguato grado di preparazione e
capacità di impostare e insegnare un flusso che dovrebbe almeno prevedere due sottoflussi:
quello con CSM attivato e quello con CSM disattivato.
Se dal punto di vista teorico faccio fatica a pensare ad un flusso con CSM disattivato segnalo
che il 90% dei lavori elaborati nella mia azienda fa parte del primo gruppo (dove comunque è
stata fatta una corretta gestione colore nella preparazione dei documenti elettronici).
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I moduli per lavorare in remoto
Sempre più spesso si stampa in Italia un impianto creato a Parigi, a Dubai o a New York e sempre più
si preparano impianti che saranno stampati e confezionati nell’Europa dell’Est o a Singapore.
La globalizzazione non è solo concorrenza, ma offre nuove opportunità e impone, naturalmente,
nuove regole e nuove modalità operative.
Al termine di questo corso appare evidente che disponiamo di tutti gli strumenti conoscitivi per
prevedere come ci si potrà comportare in produzione.
I flussi più potenti hanno queste funzionalità integrate (seppure in costosi moduli opzionali).
Per lavorare a distanza occorrono sostanzialmente due cose: il visto si stampi sulla ciano che sarà
naturalmente virtuale (abbiamo detto Pdf raster) e che dovrà farsi con una corretta gestione delle
approvazioni, nonché l’approvazione dei colori ottenibile via Soft proof.
I migliori moduli proprietari consentono tempi di risposta accettabili anche in visualizzazione di alte
risoluzioni e lo fanno mandando in rete solo i pixel necessari.
Per quanto riguarda le autorizzazioni alla stampa questa avviene con visualizzazione delle pagine,
singole autorizzazioni che consentono richieste di correzioni cui farà seguito una nuova
visualizzazione fino a quando non ci sarà l’OK definitivo e globale.
Tutte le transazioni avvengono normalmente via chat con memorizzazione sui singoli computer locali
in modo da poter far fede in caso di contestazione.
via
milia, 149
an Lazzaro
tel. [bo]
051/6270076
f ax 051/ 455696
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cicogna
131 40068
40068Ssan
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