Il 27 gennaio 1945 fu liberato il
campo di sterminio di Auschwitz.
Altri ebrei di tutta Europa vennero
uccisi nelle settimane seguenti, ma
la data della liberazione di quel
campo è stata scelta dall’Italia, con
una legge del 2000, per ricordare il
genocidio del popolo ebraico: la
Shoah.
Durante la seconda guerra mondiale, milioni di uomini,
donne e bambini sono stati prima perseguitati con le leggi
razziali e poi deportati nei lager da dove, solo in pochi
sono tornati.
il 27 gennaio 1945 le Forze Alleate liberarono dai tedeschi
uno dei più terribili campi di concentramento: Auschwitz.
Al di là di quel cancello, oltre la scritta «Arbeit macht frei»
(Il lavoro rende liberi), apparve l’inferno. Il mondo vide
per la prima volta quel che era successo e comprese la
realtà dello sterminio.
Una pagina nera della nostra storia da non dimenticare.
Col passare degli anni i testimoni di quella terribile
esperienza non potranno più raccontarla e noi potremmo
dimenticarla. Invece, la memoria delle storie di tutte
quelle persone ci deve aiutare a costruire un futuro
migliore. Un futuro in cui quelle atrocità non si ripetano
mai più!
Tante piccole vittime
Molti bambini nei
campi di
sterminio furono
utilizzati come
cavie per inutili
esperimenti
pseudoscientifici.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
Birnbaum, Lelka, 12 anni, polacca
De Simone, Sergio, 7 anni, italiano
Goldinger, Surcis, 11 anni, polacca
Herszberg, Riwka, 7 anni, polacca
Hornemann, Alexander, 8 anni, olandese
Hornemann, Eduard, 12 anni, olandese
James, Marek, 6 anni, polacco
Junglieb, W., 12 anni, jugoslavo
Klygermann, Lea, 8 anni, polacca
Kohn, Georges-André, 12 anni, francese
Mania Altmann, 5 anni, nata nel ghetto di Radom
Mekler, Bluma, 11 anni, polacca
Morgenstern, Jacqueline, 12 anni francese
Reichenbaum, Eduard, 10 anni, polacco
Steinbaum, Marek, 10 anni, polacco
Wassermann, H., 8 anni, polacca
Witónska, Eleonora, 5 anni, polacca
Witónski, Roman, 7 anni, polacco
Zeller, Roman, 12 anni, polacco
Zylberberg, Ruchla, 9 anni, polacca
"Chi vuole vedere la mamma
faccia un passo avanti”
Con questo inganno il dottor Josef Mengele, “l'angelo della
morte”, selezionò 20 bambini ebrei, tra i 5 e i 12 anni, 10 maschi e 10
femmine per mandarli dal campo di sterminio di Auschwitz a quello di
Neuengamme. Lì un altro medico nazista, Kurt Heissmeyer, aveva richiesto
cavie umane per esperimenti sulla tubercolosi. Iniziò così la tragica vicenda
di queste piccole vittime, provenienti da: Francia, Olanda, Jugoslavia, Italia e
Polonia. Dopo aver subito dolorosi e inutili esperimenti medici, i bambini
vennero impiccati nei sotterranei di una scuola di Amburgo il 20 aprile 1945.
Oggi la scuola tedesca ospita un giardino di rose bianche dedicato alle
piccole vittime e ogni anno viene organizzata una cerimonia
commemorativa in loro onore. La lapide nel roseto reca la seguente scritta:
"QUI SOSTA IN SILENZIO, MA QUANDO TI ALLONTANI PARLA"
Josef Mengele Kurt Heissmeyer
Mania Altmann
Marek James
Sergio De Simone
Jacqueline Morgenstern
5 anni, polacca
6 anni, polacco
7 anni, italiano
12 anni, francese
"Chi vuole vedere la mamma
faccia un passo avanti"
Tra i 20 bambini uccisi c'era anche un
piccolo italiano, Sergio de Simone,
nato a Napoli il 29 novembre 1937.
Dopo l'entrata in vigore delle leggi
razziali del governo Mussolini, la
mamma di Sergio si rifugiò nella casa di
famiglia in Istria, ma venne tradita da
un delatore. Dalla Risiera di San Sabba
a Trieste, Sergio fu deportato ad
Auschwitz con la mamma, la nonna, la
zia e due cuginette.
Mussolini strinse i rapporti con la Germania nazista, firmando nel
1936 un patto di alleanza militare: l’asse Roma - Berlino. In seguito,
per dimostrare la sua fedeltà all’alleato tedesco, nel 1938 fece
approvare anche in Italia le leggi razziali, che limitarono fortemente
le libertà individuali dei cittadini italiani di origine ebraica. Questi
furono esclusi dai pubblici impieghi, scacciati dalle scuole e gli fu
negato di potersi sposare con cittadini italiani non ebrei. Fino
all’inizio della Seconda guerra mondiale, i provvedimenti contro gli
ebrei restarono senza accoglienza, solo più tardi anche in Italia gli
ebrei iniziarono ad esser catturati e deportati nei campi di
concentramento.
Dalla fine del 1941 nel ghetto di
Terezin vissero gli ebrei cecoslovacchi
destinati al campo di sterminio di
Auschitz. Tra di loro vi furono 15.000
bambini e ragazzi, dei quali ne
sopravvissero circa cento. Del loro
passaggio a Terezin rimane una
commovente testimonianza: alcune
migliaia di disegni e qualche decina di
poesie. Da tali documenti traspare
una precoce maturità di pensiero, la
straziante consapevolezza di un
inesorabile destino e, soprattutto, il
disperato desiderio di vita delle
giovani vittime. Nella maggior parte
dei versi, toccanti per la vicenda
umana che sottintendono, sono
presenti valori poetici autentici, che
sorprendono per l’alto livello formale
e la straordinaria capacità espressiva.
Pavel era un ragazzo ebreo che fu rinchiuso nella
fortezza ghetto di Terezin (Repubblica Ceca),
utilizzata dalla Gestapo come campo di
concentramento per 144 mila ebrei, di questi 33 mila
morirono per le disumane condizioni di vita. Circa
88 mila prigionieri furono poi deportati dai nazisti in
vari campi di sterminio. Pavel fu uno di loro e ad
Auschwitz trovò la morte, poco prima di morire,
scrisse la poesia "La farfalla", nella quale immortalò il
senso della sua gioventù negata.
L'ultima, proprio l'ultima,
di un giallo così intenso,
così assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
così gialla, così gialla!
L'ultima, volava in alto leggera,
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà già la mia settima settimana di ghetto:
i miei mi hanno ritrovato qui
e qui mi chiamano i fiori di ruta
e il bianco candeliere di castagno nel cortile.
Ma qui non ho rivisto nessuna farfalla.
Quella dell'altra volta fu l'ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto.
Doris Weiserova
(1932 – 1944)
E’ piccolo il giardino
profumato di rose,
è stretto il sentiero
dove corre il bambino:
un bambino grazioso
come un bocciolo che si apre:
quando il bocciolo si aprirà
il bambino non ci sarà.
Franta Bass
(1930 – 1944)
La condizione dei bambini di Terezin
I bambini vivevano in case separate, in stanze che ospitavano gruppi dai 15 ai 40
bambini, affidati ad adulti che si offrivano. Si trattava di perlopiù di insegnanti
rimossi dal loro ruolo a causa delle leggi razziali. In ogni casa, accanto agli
educatori, c'era un medico e un‘infermiera, ma la loro presenza era vanificata
dalla mancanza di medicine e di strumenti. Insegnare era vietato, chiunque fosse
stato scoperto sarebbe finito ad Auschwitz. Tuttavia gli insegnanti, riscrivendo a
memoria i libri di testo, fornivano le nozioni di base di matematica e
grammatica, avvicinavano i bambini alla letteratura, alla musica, al teatro e al
disegno. Si sostituivano ai parenti, che spesso erano già stati deportati,
preoccupandosi che i bambini avessero cibo e abiti. Consapevoli del loro
destino, vivevano nella paura continua di essere scoperti e mandati ad Auschwitz
con il primo trasporto in partenza. Intanto i bambini scrivevano, disegnavano,
dipingevano ciò che accadeva intorno a loro, ma anche ciò che immaginavano,
ciò che desideravano: il piatto della magra zuppa quotidiana, l'SS con il frustino,
l'ultimo compleanno, una grossa torta, una passeggiata a Praga o la visita al
circo. L'ispiratrice della maggior parte dei disegni fu un'artista e pedagogista,
Friedl Dicker-Brandeis. Nel ghetto pagava con la sua razione di pane la carta e i
colori per i bambini e li sosteneva liberandoli dalla paura con l'arteterapia.
Friedl Dicker-Brandeis
UNA VITA PER L’ARTE E L’INSEGNAMENTO
Arteterapeuta ante litteram, artista viennese
della Bauhaus, dopo la deportazione a
Terezin nel ’42, dedica il suo talento
artistico e umano ai bambini. Muore nel
campo di sterminio di Auschwitz, con i
bambini di Terezín, il 6 ottobre 1944.
Edita Pollakova, 9 anni, muore il 4
ottobre del 1944 ad Auschwitz.
Il treno di deportazione arriva a
Terezin.
Doris Zdekauerova, nata il 15/7/32
e morta il 16/4/44 ad Auschwitz
Arnost Jilovsky, nato il 31/7/31
e morto il 23/10/44 ad Auschwitz
Pavel Sonnenschein, nato il 9/3/31
e morto il 23/10/44 ad Auschwitz
Ronald Parges, nato il 11/5/34
e morto il 8/10/44 ad Auschwitz
Ilana Grünfeldovà, nata il 20/5/35
e morta nel 1944 ad Auschwitz
Margit
Gerstmanova,
nata
il 18/5/31
e morta
il 18/5/44
ad Auschwitz
E. Taussigova, nata il 28/10/34
e morta il 16/10/44 ad Auschwitz
Eva, nata il 14/1/33
e morta il 10/4/44 ad Auschwitz
Gertruda Kestlerova, nata il 16/3/1932
e morta il 23/10/1944 ad Auschwitz
Durante la seconda guerra mondiale in
Francia operavano delle organizzazioni per
salvare bambini e ragazzi ebrei scampati alla
deportazione. Nell’aprile 1943 Miron e
Sabine Zlatin crearono a Izieu (80 Km ca. da
Lione) una colonia che arrivò ad ospitare un
centinaio di bambini ebrei orfani. Dopo l'8
settembre 1943 la zona, fino ad allora
occupata dagli italiani, cadde sotto il
controllo tedesco e, il 6 aprile 1944, con una
retata ordinata dalla Gestapo di Lione, 44 tra
bambini e ragazzi e 7 educatori furono
arrestati. 42 bambini e 5adulti furono
deportati ad Auschwitz e, al loro arrivo,
inviati alle camere a gas; 2 adolescenti e il
direttore Miron Zlatin, invece, furono
deportati in Estonia e lì fucilati. Di tutto il
gruppo sopravvisse, solo Sabine Zlatin,
scampata miracolosamente al rastrellamento,
che dedicò il resto della sua vita a mantenere
viva la memoria di quel crimine orrendo,
trasformando la casa in un museo della
memoria, in cui sono custodite le lettere che i
bambini scrivevano ai loro genitori perduti.
C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
“Schulze Monaco”
c’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald
più in là c’è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald
servivano a far coperte per soldati
non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas
c’è un paio di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald
erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono
c’è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.
Scarica

L`Olocausto dei bambini