Mafagàla!
Che bombata il lessico!
Un percorso di arricchimento lessicale in classe 2°
Alessandra Baldi – scuola primaria G. Mameli Mezzana S. Giuliano Terme (PI)
Il nostro percorso prende avvio dai dialoghi che i
bambini raccolgono a casa, nel gioco
dell’«ACCHIAPPADIALOGHI».
Nei dialoghi portati a scuola da Chiara e Margherita
compaiono queste due strane parole: bombata e
mafagàla.
Che tipo di competenze lessicali possiedono i
bambini della mia classe?
Il contesto della classe:
Classe seconda, composta da 21 bambini.
Riguardo alle loro competenze linguistiche gradualmente emerge
che:
• Alcuni bambini utilizzano un bagaglio lessicale povero e
limitato.
• Sono fortemente influenzati, anche nella produzione scritta,
dal parlato, con le sue forme dialettali.
• Due bambini in particolare compiono frequenti e persistenti
errori ortografici.
• Quattro bambini sono - o sono stati - impegnati in percorsi di
riabilitazione logopedica per un ritardo nel linguaggio.
Come posso, all’interno del percorso sui dialoghi, ritagliare
specifiche occasioni di arricchimento e riflessione lessicale?
Perché un lavoro di approfondimento lessicale può aiutare
chi ha difficoltà nella correttezza ortografica?
Possiamo così fornire ai bambini un bagaglio/magazzino
lessicale a cui attingere nel momento della decodifica
(lettura) delle parole (favorendo la via «diretta»).
La parola - già presente nella memoria a lungo termine viene riconosciuta nella sua forma ortografica, con il suo
significato, il suono e l’immagine che evoca e non più
decodificata lettera per lettera.
(Boschi, Bigozzi, Limberti, Lessico e ortografia, Erickson, Trento, 1999)
Tipo di attività svolta in classe:
1. Denominazione
2. Sinonimia/antonimia
3. Denotazione/connotazione e spostamenti di significato
4. Varietà della lingua (regionali e sociali)
5. Contestualizzazione (capacità di inferire)
Prendendo spunto
dall’argomento del
dialogo, le macchine e la
velocità, propongo un
primo percorso di
approfondimento:
1. DENOMINAZIONE
Guardiamo in classe un
episodio della serie «Le
avventure di Chuck and
friends», La corsa di Rally.
Come si chiamano le varie
parti della macchina?
Impariamo termini specifici.
Utilizziamo i termini individuati insieme per esercizi di
consolidamento e in testi descrittivi:




Due marmitte
Tre luci arancioni
Camioncino della spazzatura
Carrozzeria verde
Chi è Roudy? Che cosa ha?
Roudy è …………………………..…………………
Ha ………….……….…………………………………
……………………………………………………………
……………………………………………………………
Utilizziamo i termini individuati insieme per esercizi di
consolidamento e in testi descrittivi:




Due
marmitte
Camion
dei pompieri
Tre
luci
arancioni
Grosse ruote
Camioncino
Lunga scala della spazzatura
Carrozzeria
verde
Idrante
Chi è Roudy? Che cosa ha?
Chi è Boomer? Che cosa ha?
Roudy è …………………………..…………………
Boomer è …………………………..…………………
Ha ………….……….…………………………………
Ha ………….……….…………………………………
……………………………………………………………
……………………………………………………………
……………………………………………………………
……………………………………………………………
Utilizziamo i termini individuati insieme per esercizi di
consolidamento e in testi descrittivi:
2. ANTINOMIE E SINONIMIE
In seguito l’episodio del cartone
animato viene utilizzato per
comprendere il concetto di
«contrario»: ci esercitiamo a cercare
parole di significato OPPOSTO,
soprattutto tra le categorie dei verbi e
degli aggettivi.
I termini vengono individuati
ascoltando i dialoghi del cartone
animato (CHUCK dice che è felice di
rivedere il fratello) oppure ricavandoli
dal contesto narrativo (i bambini
notano che CHUCK è gentile perché
aiuta il suo amico BIGGS ad uscire dal
pantano).
3. DENOTAZIONE/CONNOTAZIONE E SPOSTAMENTO DI SIGNIFICATO
4. GERGO
Il termine bombata ha fatto
sorridere i bambini, non capiscono
bene che cosa voglia dire. Chiara
spiega che è un termine inventato
dal fratello Pietro, per dire che la
Cinquecento è una macchina
particolarmente veloce e potente.
Ci chiediamo allora che cosa voglia
dire Pietro con bombata.
Notiamo che anche Chuck, con suo fratello e con gli amici, parla
usando parole inventate e particolari. Le ricerchiamo nei dialoghi
del cartone animato:
PER TUTTI I PISTONI!
SU CON I PARAURTI!
AMICI DI VECCHIO TRAINO!
COME TI BUTTA FRATELLO?
PARAFANGO! SEI CRESCIUTO UN
BOTTO!
ECC…
Perché parlano così?
Perché sono amici e se lo dicono per diventare ancora più amici.
(Eleonora)
Sono modi di dire. (Tommaso D.)
Per dirsi che sono amici e rimarranno sempre amici. (Davide)
E noi usiamo mai espressioni simili? Con chi? Perché?
Con gli amici, con i genitori, zii, nonni, insegnanti…
Questa tipologia di lessico è legata alla sfera degli affetti (ti parlo
così perché siamo amici o perché ti voglio bene).
4. DIALETTI E VARIETÀ REGIONALI
Un giorno peschiamo dalla scatola dei dialoghi questo di
Eleonora. Si scopre poi che il dialogo, incompleto e
frammentario, è pure una conversazione telefonica.
Dopo il solito lavoro di
analisi, di riscrittura e di
correzione sul quaderno,
iniziamo a riflettere sui
termini raccolti da
Eleonora e cerchiamo di
inferire alcuni significati
(verbo avere).
Nonostante questo lavoro il nostro dialogo resta misterioso.
Eleonora confessa di non essere riuscita a raccogliere molte altre
parole perché la mamma parlava in dialetto napoletano. I
bambini si chiedono che cosa sia il dialetto (all’inizio confuso con
una lingua straniera.)
Vediamo se in altri dialoghi ci sono altre frasi o parole in dialetto:
Invito quindi i bambini a raccogliere altre frasi in dialetto,
chiedendo a genitori o nonni.
Individuate le parole in dialetto facciamo queste riflessioni:
• Ogni dialetto usa delle parole particolari.
• In alcuni di questi dialetti le parole non sono facili da capire perché
molto diverse dall’italiano (siciliano, biellese, comasco…). Il pisano
invece si comprende meglio.
• Ci sono delle regole che riusciamo a riconoscere: nel pisano non
diciamo mai la parte finale del verbo e non diciamo la «C» in alcune
parole. Nel siciliano usiamo tanto la vocale U.
5. INFERENZE
Dopo qualche settimana si svolge l’uscita al mercato. In un dialogo incontriamo ancora
termini appartenenti alle varietà regionali, ma soprattutto è un’ottima occasione per
ricavare, riflettendo sulle parole a nostra disposizione, informazioni importanti: a quale
banco ci troviamo? Come faccio a riconoscere le parole del venditore e quelle del
compratore?
A QUALE BANCO CI TROVIAMO?
Siamo al banco della carne perché dice pecora e mucca. (Lorenzo)
Siamo al banco del formaggio perché dice pecora e dalla pecora si fa il pecorino. (Diego)
Dice spicchio, e mangio uno spicchio di formaggio. (Deianira)
Secondo me è formaggio perché dice di assaggiarlo e la carne cruda non si può assaggiare.
(Tommaso).
A QUALE BANCO CI TROVIAMO?
Siamo al banco della carne perché dice pecora e mucca. (Lorenzo)
Siamo al banco del formaggio perché dice pecora e dalla pecora si fa il pecorino. (Diego)
Dice spicchio, e mangio uno spicchio di formaggio. (Deianira)
Secondo me è formaggio perché dice di assaggiarlo e la carne cruda non si può assaggiare.
(Tommaso).
A QUALE BANCO CI TROVIAMO?
Siamo al banco della carne perché dice pecora e mucca. (Lorenzo)
Siamo al banco del formaggio perché dice pecora e dalla pecora si fa il pecorino. (Diego)
Dice spicchio, e mangio uno spicchio di formaggio. (Deianira)
Secondo me è formaggio perché dice di assaggiarlo e la carne cruda non si può assaggiare.
(Tommaso).
SONO PAROLE DEL VENDITORE O DEL
COMPRATORE?
Sono del compratore perché chiede
quanto costa. (Tommaso)
Sono del compratore perché dice
quanto ne vuole. (Tommaso)
Sono del compratore perché chiede se
lo deve tenere in frigo. (Deianira).
A QUALE BANCO CI TROVIAMO?
Siamo al banco della carne perché dice pecora e mucca. (Lorenzo)
Siamo al banco del formaggio perché dice pecora e dalla pecora si fa il pecorino. (Diego)
Dice spicchio, e mangio uno spicchio di formaggio. (Deianira)
Secondo me è formaggio perché dice di assaggiarlo e la carne cruda non si può assaggiare.
(Tommaso).
SONO PAROLE DEL VENDITORE O DEL
COMPRATORE?
Sono del compratore perché chiede
quanto costa. (Tommaso)
Sono del compratore perché dice
quanto ne vuole. (Tommaso)
Sono del compratore perché chiede se
lo deve tenere in frigo. (Deianira).
A QUALE BANCO CI TROVIAMO?
Siamo al banco della carne perché dice pecora e mucca. (Lorenzo)
Siamo al banco del formaggio perché dice pecora e dalla pecora si fa il pecorino. (Diego)
Dice spicchio, e mangio uno spicchio di formaggio. (Deianira)
Secondo me è formaggio perché dice di assaggiarlo e la carne cruda non si può assaggiare.
(Tommaso).
SONO PAROLE DEL VENDITORE O DEL
COMPRATORE?
Sono del compratore perché chiede
quanto costa. (Tommaso)
Sono del compratore perché dice
quanto ne vuole. (Tommaso)
Sono del compratore perché chiede se
lo deve tenere in frigo. (Deianira).
Sono del venditore perché dice il
prezzo. (Giacomo)
Sono del venditore perché spiega che è
di mucca e solo lui può saperlo.
(Lorenzo)
Sono del venditore perché dice di
assaggiarlo perché lo vuole vendere.
(Lorenzo)
Il dialogo viene riscritto, corretto e ricostruito. I bambini notano subito che sia il
venditore che il compratore usano parole pisane (cocio, tene’, der su’ olino…).
Guardiamo un video che ci mostra un mercato parigino. Invito i bambini a
soffermare la loro attenzione sulle azioni che compiono le persone e scriviamo
insieme le «azioni del mercato» (denominazione).
Esiste un mercato in cui si vende una merce singolare: racconto in classe
la storia di Giovanna e del fratello Tommaso (ORSENNA, La grammatica è
una canzone dolce, Salani) e scopriamo insieme il mercato delle PAROLE:
Quattro bancarelle strette circondavano una piazza. I clienti si accostavano solo
mormorando. Lanciavano a destra e sinistra occhiate inquiete, come chi ha dei segreti da
nascondere.
«Vi presento il mercato delle parole» disse il signor Enrico. «È qui che faccio acquisti. Qui
troverete tutto quello che vi serve.»
E si avvicinò alla prima botteguccia, che uno striscione penzolante indicava come
L’AMICO DEI POETI E DELLE CANZONI
Buffo amico quel bottegaio: un gigante magro, dall’aria addormentata e che non
proponeva niente. Soltanto un vecchio libro smangiato. Per il resto, il suo scaffale era vuoto.
Dopo i convenevoli d’uso, il Signor Enrico fece le ordinazioni.
«Il mio ritornello non mi dà pace, non avresti una rima con “dolce” e una con “mamma”?»
Mentre loro contrattavano, io me la filai verso la bottega a sinistra.
AL VOCABOLARIO DELL’AMORE
Un signore chiese al commesso:
«Ecco. Mia moglie non sopporta più i miei “ti amo”. Dopo tanti anni dovrei variare. Mi dice
che devo inventare qualcos’altro.
«Facile! Potrebbe dirle: “mi rodo per te”»
«No, ha paura dei topi.»
«Ho una scuffia per te.»
«Cosa vuol dire?»
«Sono così innamorato che mi sento tutto sottosopra. Come una barca che si è ribaltata…»
«Proverò questa. Se non funziona gliela riporto!»
E se noi ci trovassimo in un mercato del genere cosa potremmo
vendere?
Utilizzando come modello il testo di appoggio ogni bambino
descrive la «bancarella delle parole gentili e coccolose».
In questa bottega lavora un gentiluomo gentile, amichevole e
generoso. Ha una maglietta turchese, ha i pantaloni verdi
chiaro, ha il giacchetto rosso fuoco e le scarpe marroni. Le
parole sono ritagliate a forma di cuori di carta rossa e sono
dentro degli scatoloni di colori diversi a seconda
dell’importanza.
Un giorno arriva alla bancarella una coppia di innamorati e
chiede:
«Mi può dare una parola per farmi tanti amici?»
Il venditore risponde:
«Sì, te la do, se non funziona gliene do un’altra!»
(Francesco)
In questa bottega lavora un
gentiluomo gentile,
amichevole e generoso. Il suo
vestito è molto elegante,
nero e rosso. Le parole sono
scritte in un petalo di un
fiore. Un giorno arriva alla
bancarella un bambino che
chiede:
« A casa mia oggi viene
Tommaso Di Beo a giocare a
Nintendo e poi si va giù a
giocare con la bicicletta. Mi
dai una parola se litighiamo?»
«Cosa ti devo dare per far
pace con Tommaso Di Beo?»
«Mi dispiace tanto.»
(Mirko)
Conclusioni
Nelle Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del
primo ciclo di istruzione (G.U.,5 febbraio 2013) si specifica con forza che la
scuola ha il compito di aiutare gli alunni ad espandere il proprio patrimonio
lessicale, denunciando anche un «progressivo impoverimento del lessico».
Nello specifico la scuola deve spendersi per:
• consolidare il vocabolario di base (vocaboli di base e di alto uso) degli
alunni
• insegnare a riconoscere le diverse varietà linguistiche
• insegnare a selezionare vocaboli adeguati al contesto comunicativo
Tutto questo deve avvenire in «stretto rapporto con l’uso vivo e reale della
lingua, non attraverso forme di apprendimento meccanico e mnemonico»,
anche tenendo conto di «espressioni locali, “di strada”, gergali e dei molti
modi di dire» legati alle esperienze e alla vita reale dei bambini.
Margherita cercando una parola che possa sostituirne una
«poco gentile» detta dalla mamma, inventa la sua mafagàla!
Finché ci sarà uno che
conosce duemila parole e un
altro che ne conosce
duecento, questi sarà
oppresso dal primo. La
parola ci fa uguali.
L’arte dello scrivere è l’arte di cavar parole.
La scuola deve prima far «espandere e
consolidare» il patrimonio lessicale,
perché gli alunni riescano poi a
«selezionare», «scegliere» i vocaboli sia
per la loro forza espressiva, sia per la loro
adeguatezza ai contesti.
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