Da “il profeta”
di
Kahlil
gibran
Allora si fece avanti un muratore e disse
maestro
Parlaci della casa
Nella vostra immaginazione
provate a costruire una capanna nel
deserto,
prima di edificare una casa dentro le mura
della città.
Così come voi rincasate al crepuscolo,
altrettanto fa il nomade che è in voi,
sempre esule e solo.
La casa è il vostro stesso corpo che vi contiene.
Essa cresce nel sole e dorme nella quiete della notte,
e non è mai senza sogni.
Non sogna forse la vostra casa?
E sognando non abbandona la città
per il bosco o la sommità della collina?
Vorrei riunire nella mia mano le vostre case,
e come il seminatore disperderle in prati e foreste.
Vorrei che le vostre strade fossero valli
e verdi sentieri i vostri viali,
affinché poteste cercarvi l’un l’altro tra le vigne
e ritrovarvi con indosso l’abito odoroso di terra.
La vostra dimora non sarà l’àncora,
ma l’albero della nave.
Non sarà la pelle lucente che ricopre la ferita,
ma la palpebra a difesa del suo occhio.
Non ripiegherete le ali per attraversare le porte,
né chinerete la testa per non urtare la volta,
né tratterrete il respiro per paura che le mura
s’incrinino e crollino.
Non dimorerete mai in
sepolcri
edificati dai morti per i vivi.
E sebbene magnifica e
splendida sia,
la vostra casa non custodirà i
vostri segreti
né darà riparo alle vostre
avidità.
Tutto ciò che in voi è
sconfinato
risiede nella dimora del cielo,
la cui porta è la foschia del
mattino
e le finestre sono i canti e i
silenzi della notte.
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