La metafora: teorie classiche
Le tradizionali definizioni della metafora possono essere riassunte nell’idea
che si tratti di una “sostituzione di una parola con un’altra il cui senso
letterale ha una qualche somiglianza con il senso letterale della parola
sostituita”.
Questa definizione si ricollega all’altra, classica, di similitudo brevior
(‘paragone abbreviato’, Quintiliano): “Giovanni è un leone” < coraggioso
come un leone.
Si tratta tuttavia di una concezione semplicistica, che non spiega la maggior parte delle
metafore: la riduzione proposta tradizionalmente, così, è inapplicabile a metafore
convenzionali come “Giovanni è un pozzo di scienza” < ? Giovanni ha un sapere
profondo come un pozzo?, ? Il sapere è profondo come un pozzo? ecc. (vedremo
come in questa metafora sia implicata una organizzazione strutturale dell’esperienza
molto più generale, definibile in termini di orientamento).
I rapporti tra metafora e paragone, che in effetti compaiono in molte definizioni della
metafora (anche in quella cognitivo-esperienziale, implicita nella formula nei termini
di) non sono riducibili alle dimensioni degli enunciati né alla presenza/assenza
di una marca esplicita di confronto (la congiunzione come). Secondo Bertinetto “la
differenza fra similitudine e metafora si regge su presupposti pragmatico-cognitivi in
senso stretto. La prima figura è fondata sulla percezione statica delle affinità (e delle
differenze) che legano due entità mentre la seconda si basa su un meccanismo di
natura eminentemente dinamica, che produce una qualche forma di fusione, o per
meglio dire compresenza, tra i due enti raffrontati”.
La metafora: teorie linguistico-strutturali
Nella prospettiva strutturale (o di una semantica a “tratti”) il processo metaforico viene
inteso come intersezione di proprietà semantiche o tratti fra significati lessicali:
secondo il Gruppo di Liegi la metafora “è una figura che mette un semema o
insieme di tratti semantici al posto di un altro” attraverso un’operazione di
“soppressione-aggiunzione di tratti semantici o sémi”. Oltre a non considerare
l’aspetto eminentemente cognitivo che caratterizza il processo metaforico, tuttavia
– insistendo prevalentemente sulla natura linguistica di questa “figura” e sull’effetto
estetico o stilistico che consegue alla sua applicazione – questo approccio si
caratterizza per una concezione ancora “sostanzialistica” del significato, descritto in
termini di comparazione fra similarità isolate, preesistenti e riconducibili a tratti
inerenti che continua a prestare a cose e concetti lo statuto di realtà
ontologiche.
La posizione di Eco, da questo punto di vista, rappresenta un deciso passo in avanti
perché sostiene: 1) la necessità di considerare testualmente i processi metaforici,
non riducibili mai a semplici operazioni su parole singole; 2) l’inutilità di formulare
distinzioni troppo rigide o assolute fra proprietà essenziali o dizionariali (o
concettuali) e proprietà enciclopediche: anche secondo Eco però la metafora è in
definitiva una sostituzione fra sememi sulla base di un’identità parziale fra proprietà
che tuttavia possono essere anche inferenzialmente e conoscitivamente lontane
ma connesse da strutture (anche) narrative: perciò “è possibile utilizzare la
metafora come estensione della conoscenza così come è possibile utilizzare
l’inferenza sillogistica come estensione della conoscenza” (Fabbri).
La metafora: teorie linguistico-strutturali (segue)
Un esempio di come si possa costruire un’interpretazione della metafora in base a tale
approccio è dato dal kenning o ‘indovinello’ islandese citato da Eco /la casa degli
uccelli/, che ‘sostituisce’ /aria/. Una rappresentazione ridotta delle strutture
semantiche di /casa/ e /uccelli/, cui si aggiunge quella di /aria/ prevede lo schema
seguente, costruito su una semantica a casi (F = forma; A = agente; M = materia; P
= purpose o ‘scopo, funzione’):
/casa/  F solido
chiuso
coperto…
A cultura… M terra
P riparo…
(inorganico)…
/uccelli/  F alati… A cultura… M terra
P volare nell’aria…
(organico)…
/aria/ 
F informe A natura… M aria…
aperta…
P non riparo…
Vista l’opposizione quasi totale fra semi nella comparazione casa/aria, cosa c’è di
simile? Il riferimento al nodo degli ‘elementi’ (aria, acqua, terra, fuoco), con
successiva sovrapposizione di frames o sceneggiature (rifugio/abitazione chiuso vs
aperto) che oppongono uomini a uccelli. Per Eco si tratta di una metafora ‘buona’,
‘difficile’ o ‘aperta’ perché costringe a un lavoro cognitivo che è anche estetico (=
basato sull’esperienza) e figurativo (= metaforico).
La metafora per Lakoff e Johnson: Metaphors we live by
“La metafora è diffusa ovunque nel linguaggio quotidiano, e non solo nel
linguaggio ma anche nel pensiero e nell’azione: il nostro comune sistema
concettuale, in base al quale pensiamo e agiamo, è essenzialmente di
natura metaforica”.
Con questa tesi, nel 1980, gli autori inaugurano una prospettiva completamente
innovativa nello studio della metafora. Sostenendo che i processi di pensiero e le
attività conoscitive sono essenzialmente metaforici, essi continuano a prender per
buono il fatto che “l’essenza della metafora è comprendere e vivere un tipo di cosa in
termini di un’altra” ma connettono questo processo alla comprensione della realtà da
parte del soggetto, che dà significato alla propria esperienza, basandosi su di un
sistema concettuale non universale ma culturale in parte convenzionale (ovvero
incorporato nella lingua) e in parte prodotto di un’attività che conduce alla creazione
di nuove metafore come modi nuovi di pensare a una determinata cosa (e di
conoscerla): “le assunzioni culturali, i valori, le attitudini non sono un rivestimento
concettuale che noi possiamo a nostra scelta sovrimporre o meno all’esperienza.
Sarebbe più corretto dire che tutta la nostra esperienza è completamente culturale e
che noi facciamo esperienza del nostro ‘mondo’ in modo tale che la nostra cultura è
già presente persino nell’esperienza stessa”.
Metafore strutturali
La natura metaforica dei concetti che strutturano le nostre attività quotidiane
emerge, per Lakoff e Johnson, nelle metafore dette strutturali in cui un
concetto è metaforicamente strutturato nei termini di un altro. Un esempio,che
evidenzia la sistematicità dei concetti metaforici, è IL TEMPO È DENARO:
Stai facendomi perdere tempo / in questo modo risparmieremo alcune ore / questo imprevisto
mi è costato un’ora / ho esaurito il tempo a mia disposizione / bisogna pianificare il tempo /
non stai usando il tuo tempo in modo proficuo… ecc.
Nella nostra cultura il tempo, poiché è denaro, è anche UNA RISORSA LIMITATA
e UNA MERCE PREGIATA, entrambi concetti implicati sistematicamente fra
loro (dal più specifico al più generico). Naturalmente questo modo di
comprendere la realtà, concentrando l’attenzione su un aspetto di un dato
concetto (in semantica strutturale si direbbe su alcuni semi del complesso e
non chiuso semema) può impedire di mettere a fuoco altri aspetti considerati
incompatibili con la metafora.
Così ad esempio la strutturazione metaforica implicata dalla metafora concettuale
IL TEMPO È DENARO non è totale ma solo parziale: “se fosse totale, un
concetto coinciderebbe completamente con un altro, e non sarebbe soltanto
compreso nei termini di un altro. Così il tempo non è in tutto e per tutto
denaro: se spendiamo il nostro tempo cercando di fare qualcosa e non ci
riusciamo, non possiamo ‘letteralmente’ avere indietro il nostro tempo.
Metafore di orientamento
Le metafore di orientamento hanno un ruolo essenziale perché organizzano un
intero sistema di concetti in termini di un altro. Sono chiamate così perché
molte hanno a che vedere con l’orientamento spaziale: ‘su-giù’, ‘dentro-fuori’,
‘davanti-dietro’, ‘profondo-superficiale’, ‘centrale-periferico’. Non si tratta di
orientamenti metaforici arbitrari, perché hanno una base nella nostra esperienza
fisica e culturale (anche se possono variare da cultura a cultura). Ecco come la
metafora SU-GIÙ organizza una fitta serie di concetti metaforici derivati
dall’esperienza fisica; ne elenchiamo alcuni:
CONTENTO È SU, TRISTE È GIÙ (mi sento su di morale; mi sento giù), PIÙ È SU, MENO È
GIÙ (le mie entrate sono salite lo scorso anno; è al di sotto del limite di età), BUONO È SU,
CATTIVO È GIÙ (ho un’alta opinione di te; hai fatto un lavoro di basso livello), LA VIRTÙ È
SU, LA DEPRAVAZIONE È GIÙ (è un uomo di alta moralità; questo è uno scherzo di bassa
lega).
Per Lakoff e Johnson, insomma, “la maggior parte dei nostri concetti fondamentali sono
organizzati in termini di una o più metafore spaziali”; “vi è una sistematicità interna a ogni
metafora spaziale”, che definisce un sistema coerente (internamente ed esternamente) ma
non un numero isolato di espressioni casuali; “le metafore spaziali sono radicate
nell’esperienza fisica e culturale, dunque non sono arbitrariamente costruite”; in alcuni casi la
spazializzazione è parte integrante del concetto, così che sia difficile immaginare una
metafora alternativa (ad es. nella nostra società il concetto di elevata condizione sociale);
infine i concetti considerati puramente intellettuali (ad es. Quelli di una teoria scientifica)
sono quasi sempre basati su metafore che hanno una base fisica e/o culturale: “particelle ad
alta energia”; “funzioni di alto livello”.
La dimensione della spazialità attraversa la nostra esperienza in molti modi diversi, e dà dunque
luogo a molte diverse metafore (ad es. L’IGNOTO È SU, IL NOTO È GIÙ non è sempre
coerente con BUONO È SU, CATTIVO È GIÙ: qualcosa è nell’aria, un ragionamento terra
terra, le mie opinioni si sono sedimentate)
Metafore ontologiche
La nostra esperienza degli oggetti fisici e delle sostanze fornisce un’ulteriore base
per la comprensione, selezionando parti della nostra esperienza e
considerandole come unità discrete o uniformi. Queste metafore ontologici
servono a vari scopi, che si riflettono nella varietà di metafore di cui ci serviamo.
Ad esempio vedendo l’esperienza dell’aumento dei prezzi come un’entità
possiamo riferisci ad essa come a qualcosa che agisce o su cui possiamo agire:
L’INFLAZIONE È UN’ENTITÀ L’inflazione sta abbassando il nostro livello di vita (combinata con
metafora di orientamento); abbiamo bisogno di combattere l’inflazione. Possiamo perciò
quantificare e agire rispetto all’inflazione perché la “vediamo come” un’entità.
Altre due metafore ontologiche particolarmente significative sono LA MENTE È UNA
MACCHINA e LA MENTE È UN OGGETTO FRAGILE, che contribuiscono a selezionare
due differenti modelli metaforici di cosa sia la mente: un’idea della mente come dotata di
stati, di un meccanismo interno, di un funzionamento e di una fonte di energia (la mia testa
oggi non funziona; sono un po’ arrugginito; abbiamo riflettuto molto sul problema e stiamo
perdendo energia); e un’idea della mente che fa riferimento alla maggiore o minore forza
psicologica (ha un io molto fragile/solido; ha ceduto sotto li peso dell’interrogatorio;
quell’esperienza lo ha distrutto). È tuttavia possibile trovare un ambito di esperienze che
posso essere concepite nei termini di entrambe le metafore, anche se non focalizzano
esattamente lo stesso aspetto dell’esperienza mentale: è esaurito / è andato a pezzi.
Usiamo inoltre metafore ontologiche per comprendere eventi e azioni (concepiti metaforicamente
come oggetti: eri alla gara?), attività (concepite come sostanze: non avevo più molto scatto),
stati (concepiti come contenitori: ormai è fuori dalla gara).
Metonimia e apparenti contraddizioni metaforiche
Metafora e metonimia sono due diversi tipi di processi, e una metonimia ci permette di usare
(referenzialmente) un’entità al posto di un’altra per legami di reciproca dipendenza (causa/effetto,
contenente/contenuto ecc., come in “si bevve una intera bottiglia”). La sineddoche, in particolare,
esprime un dato contenuto con una parola la cui denotazione è diversa ma connessa a quello da
una relazione di quantità (parte per il tutto, singolare per il plurale ecc.), come in “abbiamo
bisogno di due braccia robuste per la nostra squadra” (= una persona forte). Ma anche la
metonimia presenta un aspetto conoscitivo perché ad esempio per la sineddoche la scelta della
parte è strettamente determinata dall’aspetto del tutto su cui ci concentriamo (ad es. “buoni
cervelli” vs “buone braccia”).
Ci sono contraddizioni o incoerenze nelle espressioni metaforiche? Lakoff e Johnson analizzano il
caso del modo di organizzare metaforicamente il tempo a partire dalla metafora IL TEMPO È UN
OGGETTO CHE SI MUOVE. Il futuro, in base a questa metafora, è di fonte a noi e si muove
verso di noi (guardare in faccia il futuro; gli avvenimenti a venire; le settimane che abbiamo
davanti ecc.); ma quando usiamo le espressioni precedente e seguente orientiamo il tempo
rispetto al tempo stesso (la prossima settimana, la settimana seguente).
il passato è alle spalle  EGO  il futuro è dinanzi a noi
vs
nelle settimane seguenti  TEMPO  la settimana precedente.
Che si tratti di una contraddizione solo apparente è dimostrato dal fatto che le metafore possono
essere combinate assieme, ad esempio in Davanti a noi stavano le settimane seguenti.
Le metafore possono combinarsi assieme avendo una implicazione principale in comune, come
sottocategorie di un’unica categoria principale, ad es. L’AMORE È UN VIAGGIO (cfr. cammino
accidentato, vicolo cieco vs essere su un binario morto vs andare a picco, essere alla deriva).
Strutturazione metaforica e casi isolati (catacresi)
Mentre tutti i casi una metafora comprende una i sono molti concetti strutturati
metaforicamente in modo sistematico, in nessun caso si utilizza “tutto”: ad es. la
metafora LE TEORIE SONO COSTRUZIONI consente di usare alcune espressioni
appartenenti all’ambito delle costruzioni (relative alla fondamenta e alla struttura
esterna) ma non altre (ad es. stanze, scale ecc.). Tuttavia espressioni che si
servissero di queste parti sarebbero pur sempre metafore “figurate” esteticamente
valide e potenziali modi nuovi di pensare a una determinata cosa: potremmo
formulare, ad es., accanto alle espressioni convenzionali (sentite come letterali) quali
“ho costruito una solida teoria” o “la sua teoria ha salde fondamenta”, un’espressione
nuova come “la sua teoria ha decine di piccole stanze e lunghi e tortuosi corridoi”.
Vi sono però anche espressioni metaforiche isolate, asistematiche e spesso risultato di processi
solitamente detti ‘morti’: i piedi della montagna, il collo della bottiglia, la gamba del tavolo ecc. In
questi casi, una sola parte è utilizzata a partire dalla metafora LA MONTAGNA / LA BOTTIGLIA
/ IL TAVOLO È UNA PERSONA; ma non è detto che sia necessariamente così ed è sempre
possibile rendere maggiormente sistematiche tali metafore che dunque sono parte di processi
“vivi” perché si tratta di metafore con cui viviamo: in alcune lingue si parla del naso della
montagna, talora gli alpinisti parlano di spalle (per indicare una cresta vicino alla cima) e si può
combattere la montagna sino a venire uccisi da essa; allo stesso modo per alcune bottiglie non è
improprio dire che hanno una pancia, ecc.
Inoltre noi in genere elaboriamo concettualmente il non fisico nei termini del fisico, cioè quel che è
meno chiaramente delineato nei termini di ciò che è più chiaramente delineato: ed es.
Mario è in cucina / Mario è in Marina / Mario è in uno stato di ebbrezza riferiscono di tre ambiti di
esperienza (spaziale, sociale, emotiva) di cui solo il primo è derivato direttamente dall’esperienza
spaziale mentre gli altri sono metaforici (I GRUPPI SOCIALI SONO CONTENITORI,
L’EMOZIONE È UN CONTENITORE).
Coerenze complesse attraverso metafore
Quando due metafore soddisfano con successo due scopi, le sovrapposizioni nei
reciproci scopi corrisponderanno a implicazioni metaforiche in comune e
corrispondenze fra le metafore da esse stabilite. Così nel caso di un’argomentazione
le tre metafore del VIAGGIO, del CONTENITORE e della COSTRUZIONE mettono in
rilievo aspetti in parte coincidenti.
VIAGGIO
contenuto
progresso
linearità
evidenza
CONTENITORE
contenuto
progresso
importanza
forza
chiarezza
COSTRUZIONE
contenuto
progresso
importanza
forza
struttura
- fino a questo punto non abbiamo fatto molta strada; questo è un argomento circolare; abbiamo
bisogno di andare oltre su questo punto, per vedere chiaramente cosa è implicato;
- nella vostra argomentazione ci sono tutte le idee giuste, ma non è ancora trasparente; queste idee
formano il nucleo solido dell’argomentazione;
abbiamo le basi dell’argomentazione, ora ci serve una solida intelaiatura; abbiamo così costruito
la maggior parte dell’argomentazione.
Quando si introduce poi l’orientamento metaforico di profondità questo corrisponde all’importanza
nelle metafore basate su COSTRUZIONE e CONTENITORE, alla mancanza di ovvietà nella
metafora del VIAGGIO: siamo entrati più in profondità in molti argomenti; non avete ancora
raggiunto i punti più profondi, il nucleo dell’argomentazione.
La sovrapposizione fra le strutture metaforiche, infine, permette metafore “miste” come
Finora
abbiamo costruito
il nucleo dell’argomentazione
VIAGGIO
COSTRUZIONE
CONTENITORE
Teorie alternative: astrazione, omonimia
Le strategie alternative utilizzate da logici e linguisti per descrivere i concetti metaforici
sono l’astrazione e l’omonimia.
L’astrazione postula l’esistenza di un significato astratto, neutro rispetto ai suoi usi: “egli
ha puntellato il muro” ed “egli ha puntellato il suo argomento” sono semplici casi
speciali di uno stesso concetto molto astratto. Non è chiaro, tuttavia, quale singolo
concetto astratto potrebbe combinare assieme concetti molto diversi; senza contare
che finirebbe per considerare non orientata un relazione metaforica (che è invece
evidentemente asimmetrica, radicata nei concetti più chiaramente delineati fondati
sulla nostra esperienza); non riuscirebbe a dar conto della sistematicità delle metafore
(posto che non le considera tali), né delle estensioni metaforiche ‘creative’.
L’omonimia sostiene che una stessa parola (diciamo puntello1 e puntello2) veicola due
concetti diversi e indipendenti totalmente irrelati (omonimia forte) o simili per qualche
aspetto (omonimia debole, che in questo caso finisce per avvicinarsi all’astrazione,
posto che l’aspetto comune può essere solo un’astratta similarità). Questa soluzione
non dà ragione delle relazioni nei sistemi di concetti metaforici, che sarebbero
accidentali; anche nella sua forma debole, essa nega la direzionalità della metafora;
inoltre spiegare in termini di similarità intrinseca le corrispondenze metaforiche non è
praticamente possibile, posto che non si tratta di similarità oggettive ma di similarità
create: nel caso delle metafore convenzionali (di orientamento, ontologiche e
strutturali) prodotte sulla base di correlazioni che percepiamo nella nostra esperienza,
nel caso di alcune metafore di tipo strutturale sono basate su similarità che a loro volta
derivano da metafore di orientamento e ontologiche: LE IDEE SONO CIBO, così, si basa
su LE IDEE SONO OGGETTI (ontologica) e LA MENTE È UN CONTENITORE (ontologica e
di orientamento).
Presentazione campagna
“Leggere è il cibo della mente: passaparola!” è lo slogan della nuova campagna promossa dal Dipartimento
per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri per invitare gli italiani ad avvicinarsi
alla lettura (2009).
La campagna, articolata in uno spot video, uno spot radio, pubblicità stampa, web ed affissioni, mira a
sensibilizzare i cittadini sull’importanza di promuovere e incentivare la lettura in tutte le sue forme e ad ogni
età, quale strumento insostituibile capace di diffondere la conoscenza, la crescita e lo sviluppo della
personalità di ogni individuo ed in particolare dei bambini e dei ragazzi.
Lo spot TV, della durata di 45 secondi, ha come obiettivo proprio quello di spronare soprattutto le nuove
generazioni a considerare la lettura non più come un obbligo ma come un piacere capace di arricchire la
vita, con una particolare attenzione sull’importanza di testimoniare agli altri questo valore.
Le immagini si aprono mostrando una bimba seduta che legge un giornalino, che improvvisamente si alza e
raggiunge un bambino poco distante, anche lui intento a leggere: dopo avergli dato il suo giornalino, gli
bisbiglia qualcosa all’orecchio e poi a voce più alta gli dice: “Passaparola!”. Il bambino raggiunge una
ragazza che sta leggendo un libro, e a sua volta dopo averle bisbigliato all’orecchio le dice: “Passaparola!”.
E così via, il circolo virtuoso coinvolge anche un giovane uomo, una donna ed infine un’anziana signora, la
quale finalmente svela agli spettatori il significato del misterioso bisbiglio, che altro non è che lo slogan della
campagna: “Leggere è il cibo della mente: passaparola!”.
Lo spot andrà in onda dal 2 al 15 Luglio e dal dal 21 al 30 di ottobre sulle reti radiotelevisive RAI e sulle
principali emittenti radiofoniche e televisive locali. La campagna stampa, anch’essa pianificata per il mese
di Luglio, è articolata in due uscite sui principali quotidiani nazionali e stampa free-press ed un’uscita sui
principali quotidiani politici, regionali, mensili e settimanali.
È infine prevista una campagna web dal 6 al 12 Luglio sui principali quotidiani e periodici online e sui più
significativi siti di social networking.
Definizione, categorizzazione e verità
La teoria esperienziale, inoltre, induce a vedere fenomeni come definizione,
categorizzazione e verità in termini diversi dal solito: essa rifiuta l’idea oggettivista di
una definizione come comma di proprietà intrinseche o necessarie e sufficienti,
privilegiando proprietà interazionali che hanno a che vedere con la percezione, l’attività
motoria, gli scopi, la funzione ecc. (ad es. nel caso di una pistola falsa, che nega
proprietà funzionali e la storia della funzione).
Anche le categorie, di conseguenza, sono definite in termini di maggiore o migliore
somiglianza con un’entità considerata prototipica, e una somiglianza di famiglia. Le
categorie in tal modo hanno confini sfumati, sono illimitate e possono essere estese in
vari modi: metafore e “barriere” (espressioni come per eccellenza, a rigor di termini,
liberamente parlando, tecnicamente) sono dispositivi sistematici per definire
ulteriormente un concetto e modificarne l’ambito di applicabilità.
Anche il concetto di verità viene ripensato rispetto ai suoi tradizionali riferimenti filosofici:
non esiste la verità assoluta e incondizionata (propria di una posizione oggettivista),
perché la verità è sempre relativa a un sistema concettuale; le metafore, da questo
punto di vista, non solo possono essere vere ma addirittura sono tutte vere (perché la
loro capacità di falsificare ipotesi possibili dà accesso a nuove vie di ricerca scientifica).
Una frase come “c’è nebbia davanti alla montagna”, in cui proiettiamo su ‘cose’ del
mondo naturale confini e superfici delineandoli con precisione (un banco di nebbia
come un’entità, la montagna come un’entità con orientamento davanti-dietro): può
esser vera relativamente alla nostra comprensione del mondo. Una frase qualunque
sarà vera in relazione a certi fini, e alle proprietà messe in rilievo della categorie
utilizzate, che sono definite da prototipi e modificabili nel contesto.
Definizione, categorizzazione e verità (segue)
Quando comprendiamo come vera una frase del tipo l’inflazione è salita, comprendiamo la
situazione attraverso una duplice proiezione metaforica (ontologica e di orientamento),
che ci dà modo di comprendere la frase e farla corrispondere alla comprensione della
situazione. La sola differenza rispetto a espressioni non metaforiche è che “la
proiezione metaforica richiede che un tipi di cose venga compreso nei termini di un
altro tipo di cose, cioè implica due diversi tipi di cose, mentre la proiezione non
metaforica ne implica solo un tipo”.
“L’idea che le metafore possono creare la realtà va contro la maggior parte delle
tradizionali teorie sulla metafora. … è piuttosto ragionevole assumere che le parole, da
sole, non cambiano la realtà. Ma i cambiamenti nel nostro sistema concettuale
cambiano ciò che è reale per noi e influiscono sul modo in cui percepiamo il mondo e
agiamo in base a queste percezioni. […]”. La convinzione che ciò che è reale è
totalmente esterno e indipendente da come gli esseri umani concettualizzano il mondo
[…] esclude gli aspetti umani della realtà che variano da cultura a cultura. “I sistemi
concettuali delle varie culture dipendono in parte dagli ambienti fisici in cui esse si sono
sviluppate. […] Ciò che è reale per un individuo in quanto membro di una cultura è il
prodotto sia della sua realtà sociale che del modo in cui quest’ultima modella la sua
esperienza del mondo fisico. Dal momento che gran parte della nostra realtà sociale è
compresa in termini metaforici, e che la nostra concezione del mondo fisico è
parzialmente metaforica, la metafora gioca un ruolo molto significativo nel determinare
ciò che è reale per noi”.
Oggettivismo, soggettivismo, esperienzialismo
In base al mito dell’oggettivismo, vi è una realtà oggettiva e indipendente da noi che ne facciamo
esperienza, della quale possiamo dire cose che sono oggettivamente, assolutamente e
incondizionatamente vere o false. Le parole chiamate a esprimere i nostri concetti hanno significati
fissi, e la metafora come altri usi “figurati” del linguaggio dovrebbero essere evitati perché poco
chiari e non oggettivi.
Quanto al soggettivismo, esso sottolinea come nelle nostre vite l’aspetto più importante sia dato da
sensazioni puramente soggettive, che al pari dell’arte e del linguaggio dell’immaginazione
trascendono l’oggettività per esprimere, metaforicamente, gli aspetti unici e più significativi della
nostra esperienza. L’oggettività da questo punto di vista può essere disumana.
La sintesi basata sull’esperienza supera la “paura della metafora” (che è paura del soggettivismo).
Essa sostiene che la metafora è fonte di conoscenza, essendo espressione di una razionalità
immaginativa; mostra infatti come verità e oggettività siano relative alla comprensione (ovvero al
sistema concettuale, fondato sulle e verificato dalle nostre esperienze e da quelle di altri membri
della cultura cui apparteniamo). Verità e oggettività non sono mai assolute ma relative.
Concretamente, la posizione oggettivista in base alla quale le frasi sono oggetti astratti con strutture
intrinseche e il loro significato può essere ottenuto dal significato delle sue parti e dalla struttura
della frase viene superata: come il soggettivismo, l’esperienzialismo pensa che il significato sia
sempre per qualcuno, ma sostiene che la comprensione immaginativa sia non autonoma,
dipendente dall’uso e al tempo stesso vincolata alla nostra esperienza del reale.
Nella prospettiva dell’oggettivista, una metafora è sempre espressione di un significato indiretto o del
parlante (nel senso di Grice, contrapposto al significato dell’enunciato o oggettivo); ma questo
approccio dà per scontato che noi comprendiamo molte delle formulazioni metaforiche come
espressioni di significati indiretti: ma ciò 1) esclude l’esistenza di concetti metaforici; 2) considera la
metafora solo una questione di linguaggio; 3) esclude l’esistenza di metafore convenzionali o
letterali (perché per definizione significato diretto e inteso differiscono); 4) afferma che la metafora
mette in luce solo similarità oggettive basate su proprietà intrinseche.
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