Monsignor Antonio Bello nasce ad Alessano in provincia
di Lecce il 18 marzo 1935. È ordinato sacerdote nel 1957 e
il 10 agosto 1982 viene eletto vescovo della diocesi di
Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi (Ba) dal 1982 fino alla
sua morte prematura a causa di un tumore il 20 aprile
1993.
Dal 1985 ricoprì la carica di presidente nazionale di Pax
Christi; fu da allora un predicatore instancabile della Pace;
colpì l'opinione pubblica con la sua marcia per la pace verso
Sarajevo in pieno conflitto ed in uno stato di salute ormai reso
precario dalla malattia.
Amava definirsi il "vescovo con il grembiule" alludendo a quel
gesto di amore servizievole che Gesù mostrò la sera del
Giovedì santo lavando i piedi ai suoi discepoli; la sua vita fu
tutta protesa al bisogno dei fratelli.
Il suo palazzo vescovile ospitava chiunque bussasse alla sua
porta e con la sua vecchia utilitaria lo si poteva incontrare nei
quartieri più poveri di Molfetta aiutando chiunque avesse
bisogno. È stato sempre uno scrittore molto letto, per l'efficacia
delle sue parole; dalle sue pagine vibra l'eco della profezia che
sa consolare e scuotere, incoraggiare e muovere alla speranza
credenti e non credenti.
Il mondo ha bisogno di voi per cambiare, per ribaltare la logica corrente che è
logica di violenza, di guerra, di dominio, di sopraffazione.
Il mondo ha bisogno di giovani critici.
Vedete! Gesù Cristo ha disarmato per sempre gli eserciti quando ha detto: "Rimetti
la spada nel fodero, perché chi di spada ferisce, di spada perisce". Ma noi cristiani
non siamo stati capaci di fare entrare nelle coscienze questo insegnamento di
Gesù.
Diventate voi la coscienza critica del mondo. Diventate sovversivi.
Non fidatevi dei cristiani "autentici" che non incidono la crosta della civiltà.
Fidatevi dei cristiani "autentici sovversivi" come San Francesco d'Assisi che ai
soldati schierati per le crociate sconsigliava di partire.
Il cristiano autentico è sempre un sovversivo; uno che va controcorrente non per
posa ma perché sa che il vangelo non è omologabile alla mentalità corrente.
E verranno i tempi in cui non ci saranno più né spade e né lance, né Tornado e né
aviogetti, né missili e né antimissili. Verranno quei tempi. E non saremo più
allucinati da questi spettacoli di morte!
Non so se li ricordate, se li avete letti in qualche vostra antologia quei versi di
Neruda in cui egli si chiede cosa sia la vita. Tunnel oscuro - dice - tra due vaghe
chiarità o nastro d'argento su due abissi d'oscurità? …Perché la vita non può
essere un nastro d'argento tra due vaghe chiarità, tra due splendori?
Non potrebbe essere così la vostra vita?
Vi auguro davvero che voi la vita possiate interpretarla in questo modo bellissimo.
Se vi dicono che afferrate le nuvole, che battete l'aria, che non siete pratici,
prendetelo come un complimento. Non fate riduzioni sui sogni. Non praticate
sconti sull'utopia. Se dentro vi canta un grande amore per Gesù Cristo e vi date da
fare per vivere il Vangelo, la gente si chiederà: " Ma cosa si cela negli occhi così
pieni di stupore di costoro?"
Chi sono gli operatori della pace? Sono i tecnici delle condutture; gli impiantisti
delle reti idrauliche; gli esperti delle rubinetterie. Sono coloro che, servendosi di
tecniche diversificate, si studiano di portare l'acqua della pace nella fitta trama dello
spazio e del tempo, in tutte le case degli uomini, nel tessuto sociale della città, nei
luoghi dove la gente si aggrega e fioriscono le convivenze. Qui è bene sottolineare
una cosa. L'acqua è una : quella della pace. Le tecniche di conduzione, invece,
cioè le mediazioni politiche, sono diverse. E diverse sono anche le ditte appaltatrici
delle condutture, ed è giusto che sia così. L'importante è che queste tecniche siano
serie, intendano servire l'uomo e facciano giungere l'acqua agli utenti.
Senza inquinarla. Se lungo il percorso si introduce del veleno, non si serve la
causa della pace.
Senza manipolarla. Se nell'acqua si inseriscono additivi chimici, magari a fin di
bene, ma derivanti dalle proprie impostazioni ideologiche, non si serve la causa
della pace.
Senza disperderla. Se lungo le tubature si aprano falle, per imperizia o per
superficialità o per mancanza di studio o per difetti tecnici di fondo, non si serve la
causa della pace.
Senza trattenerla. Se nei tecnici prevale il calcolo, e si costruiscono le condutture
in modo tale che vengano favoriti interessi di parte, e l'acqua, invece che diventare
beni di tutti, viene fatta ristagnare per l'irrigazione dei propri appezzamenti, non si
serve la causa della pace.
Senza accaparrarsela. Se gli esperti della condutture si ritengono loro i padroni
dell'acqua e non i ministri, i depositari incensurabili di questo bene di cui essi
devono sentirsi solo i canalizzatori, non si serve la causa della pace.
Senza farsela pagare. Se i titolari della rete idrica si servono delle loro
strumentazioni per razionare astutamente le dosi e schiavizzare la gente
prendendola per sete, non si serve la causa della pace. Si serve la causa della
pace quando l'impegno appassionato dei politici sarà rivolto a che le città vengano
allagate di giustizia, le case siano sommerse sai fiumi di rettitudine e le strade
cedano sotto una alluvione di solidarietà, secondo quello splendido versetto del
profeta Amos: "Fate in modo che il diritto scorra come acqua di sorgente, e la
giustizia come un torrente sempre in piena“.
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Don Tonino Bello