L’evoluzione delle galassie II Amata Mercurio INAF – OAC Napoli “Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di noi e la legge morale in noi.” I. Kant “…per quanto mi riguarda, io sono un ragazzo che gioca sulla spiaggia e trova di tanto in tanto una pietra o una conchiglia, più belli del solito, mentre il grande oceano della verità resta sconosciuto dinnanzi a me…” Isaac Newton Res cogitans... ...Res extensa L’uomo percepisce l’energia che pervade l’universo, ma spesso non riusciamo a capirne l’origine. • L’esistenza di una “causa prima” • Il Big Bang • Il problema cosmologico • La materia dell’universo “...se l’universo non avesse avuto un inizio, ci sarebbe stato un periodo di tempo infinito prima di ogni evento...” I. Kant “...se l’universo avesse avuto un inizio, ci sarebbe stato un periodo di tempo infinito prima della sua esistenza...” I. Kant Immanuel Kant Edwin Powell Hubble (1889-1953) (1724-1804) Nel 1926 Hubble fornisce la prova definitiva che le nebulose sono gli “universi isola” di kantiana memoria. Nel 1930 scopre la famosa legge di proporzionalità tra la distanza e la velocità di recessione, detta Legge di Hubble: V = Hd …..ma prima del 1930 1916 La Relatività Generale interpreta la gravità in modo nuovo: non più come una forza misteriosa che agisce a distanza fra corpi massicci, ma come una proprietà dello spazio, il quale risulterebbe deformato per la presenza in esso della materia. Lo spazio, pertanto è più quel contenitore vuoto e inerte entro il quale agiscono gli oggetti materiali, ma diventerebbe esso stesso un prodotto della materia. Se prima di Einstein lo spazio poteva esistere anche senza la materia dopo Einstein, se non ci fosse la materia, non esisterebbe nemmeno lo spazio. Gli oggetti massicci, con il loro peso, deformano lo spazio, provocano delle depressioni entro le quali tendono a scivolare gli oggetti vicini. L'attrazione tra gli oggetti non è prodotta da forze che agiscono a distanza e istantaneamente, come pensava Newton, ma è semplicemente la conseguenza di una particolare configurazione che lo spazio assume a causa della presenza in esso di oggetti massicci. Se lo spazio tridimensionale tende spontaneamente ad incurvarsi, deve disporre di una quarta dimensione entro cui poterlo fare. Einstein pensò al tempo, ma non ad esso in quanto tale, bensì al tempo come vera e propria dimensione spaziale. Questa quarta dimensione tuttavia differisce dalle altre in quanto è caratterizzata da un’unica direzione: essa va solo in avanti. Dalla Relatività Generale, Einstein giunge al suo modello di Universo 1917 Se la materia distorce localmente lo spazio, essa, potrebbe conferire una curvatura generale all'Universo intero, determinandone l'aspetto. Modello di universo statico repulsione attrazione G Dalla Relatività Generale, Einstein giunge al suo modello di Universo 1917 Universo curvo quadridimensionale, illimitato ed infinito, ma con dimensioni misurabili, anche se enormi. Modello di universo statico repulsione attrazione G Si andava facendo strada il convincimento che l'Universo non fosse fisso, immutabile ed eterno, ma che si andasse evolvendo nel tempo. E infatti, proprio nel 1917 Willem de Sitter, dimostrò che una soluzione delle equazioni della Relatività Generale suggeriva la possibilità di un Universo in espansione. Il fisico e matematico russo Aleksandr Friedmann chiarì che le equazioni di Einstein conducevano, in modo spontaneo, ad una struttura inequivocabilmente instabile di Universo come potrebbe essere ad esempio quella di una matita in equilibrio sulla punta. La Teoria della Relatività Generale fornisce dunque gli strumenti matematici per la costruzione di quello che oggi viene definito Modello Standard di Universo. Il fisico russo Alexander Friedmann propone delle equazioni, equivalenti alle equazioni del campo di Einstein applicate al sistema-universo una volta che si sia ipotizzato il principio cosmologico: L'universo è omogeneo e isotropo, su di una scala opportunamente grande. Il Modello Standard, comunemente accettato, è compatibile con le tre soluzioni di Friedmann. In tale modello, l’Universo viene visto come una griglia la cui espansione è descritta da una funzione a(t) detta fattore di scala, che dipende solo dal tempo. Per esempio, se all’epoca attuale t0 la distanza d0 tra due galassie è d0=l, all’epoca t (tt0) la distanza sarà d=a(t)l. Il fattore di scala a(t), e quindi l’evoluzione dell’universo, può avere tre diversi andamenti, ognuno dei quali dipende dal parametro di densità misurato rispetto al valore critico di densità dell’universo: c* 10-29 gr/cm3. = oss. /c * c = (3 H02)/(8G) con H0=75 km s-1 Mpc-1 Alle tre soluzioni di Friedmann corrispondono tre diverse geometrie (modelli) Gli universi “standard” di Friedmann c densità critica c 1 aperto 1 piatto 1 chiuso dimensione dell’universo 1922 aperti chiuso Geometrie non euclidee sferica ora tempo piatta o euclidea iperbolica Alexander Friedmann (1888-1925) UNIVERSO CHIUSO Distanza tra due galassie L’universo è finito ma non ha alcun limite! Big bang Big crunch tempo MODELLO SFERICO (Tot< 1): L’espansione dell’Universo è lenta in modo che l’attrazione gravitazionale tra galassie produca dapprima un rallentamento e poi l’arresto. Il modello prevede una contrazione dell’Universo. All’inizio dell’espansione il raggio è zero (BIG BANG). Alla fine dell’espansione il raggio è zero (BIG CRUNCH). L’Universo ha curvatura positiva (K>0). Lo spazio è sferico, illimitato ma finito. UNIVERSO PIATTO Distanza tra due galassie L’universo è infinito e l’espansione è tale da evitare il suo collasso; è quindi piatto! Big bang tempo MODELLO PIATTO (Tot= 1): L’espansione dell’Universo avviene con una velocità critica, che è quella richiesta per impedirne la contrazione. Il modello prevede un’espansione dell’Universo senza fine, ma sempre più lenta in quanto la velocità relativa tra le galassie diminuisce senza mai annullarsi. All’inizio dell’espansione il raggio è zero (BIG BANG). L’Universo ha curvatura nulla (K=0). Lo spazio è piatto, illimitato ed infinito. UNIVERSO APERTO Distanza tra due galassie L’universo è infinito, in continua espansione e descrive una superficie “a sella”! Big bang tempo MODELLO IPERBOLICO (Tot> 1): L’espansione dell’Universo avviene con una velocità sempre più grande, e la forza di gravità non riuscirà mai ad arrestarla. Il modello prevede un’espansione dell’Universo senza fine, con le galassie che alla fine si espanderanno a velocità costante. All’inizio dell’espansione il raggio è zero (BIG BANG). L’Universo ha curvatura negativa (K<0). Lo spazio ha la forma di una sella, è illimitato ed infinito. Gli universi “standard” di Friedmann c densità critica c 1 aperto 1 piatto 1 chiuso Qualunque sia la soluzione è l’espansione iniziale il primo motore Il grande Scoppio Big Bang l’impulso è tale che il grave sfugge per sempre l’impulso è maggiore, ma non ancora sufficiente l’impulso è insufficiente ed il grave ricade massa M Se la forza di richiamo diminuisce, uno stesso impulso sortisce un effetto maggiore massa m < M Edwin P. Hubble Nel 1929 Hubble, utilizzando il più grande telescopio di quel tempo, il riflettore di due metri e mezzo di Monte Wilson, in California, osservò lo «spostamento verso il rosso» (red shift) delle righe spettrali delle galassie. Questo fenomeno costituiva la prova che quegli ammassi di stelle si stanno allontanando da noi. Hubble notò anche che quanto maggiore era la distanza di una galassia, tanto maggiore era la sua velocità di allontanamento. galassia Questa relazione lineare fra distanza e velocità delle galassie oggi si chiama “legge di Hubble” e può essere espressa nel modo seguente: V = H·d, dove V è la velocità di allontanamento della galassia, d la sua distanza e H una costante di proporzionalità il cui valore ha subito nel tempo numerose correzioni e aggiustamenti. quella galassia. Legge di Hubble Distanza di luminosità ? Quale dei modelli descrive il nostro universo? Informazioni necessarie Attuale velocità di espansione dell’universo Attuale densità media dell’universo Cosa sappiamo • L’universo si espande del 5-10% per miliardo di anni • La massa della materia luminosa + massa della materia oscura = 1/10 della massa della materia necessaria ad arrestare l’espansione dell’universo • Non si può escludere che esista una qualche forma di materia non ancora percepita da noi che sia in grado di aumentare la densità media sino al valore critico. • I dati disponibili indicano che l’universo è in perenne espansione. Qualora dovesse nuovamente contrarsi, ciò avverrà fra circa 10 miliardi di anni, tempo pari cioè al periodo dell’attuale espansione. • La relatività di Einstein può dimostrare che l’universo ha avuto un inizio. Ma è insufficiente per svelarci in che modo ciò sia avvenuto. George Gamow 1948 Il fisico russo George Gamow (allievo di Aleksandr Friedmann), rifugiatosi per motivi politici in Europa, e successivamente trasferitosi negli Stati Uniti, modernizzò e perfezionò la teoria dell'Universo in espansione di Lemaître, che in seguito prese il nome di «modello del Big Bang» George Gamow 1948 Se il big bang si verificò effettivamente, dovrebbe essere possibile rintacciare ancora oggi il residuo delle radiazioni elettromagnetiche di quella gigantesca esplosione. In particolare, 300 mila anni dopo il big bang, quando l'universo era ancora neonato, la sua temperatura si sarebbe abbassata fino a circa 4000 gradi. George Gamow 1948 Ciò avrebbe reso possibile la formazione degli atomi la palla di fuco opaca dai primi momenti sarebbe diventata via via più trasparente, consentendo all'universo di diventare visibile. La luce di quell'epoca,che ancora viaggia a causa dell'espansione dell'universo, si sarebbe potuta osservare sotto forma di particolari onde elettromagnetiche. George Gamow 1948 Gamow suggerì l'esistenza di una radiazione, residuo raffreddato di quello che era stato il globo di fuoco dell'esplosione iniziale, come effetto della continua espansione e del conseguente lento e graduale raffreddamento dell'Universo. George Gamow 1948 Secondo il modello del Big Bang, insieme con l’espansione dello spazio, avrebbe dovuto dilatarsi anche l’onda elettromagnetica, la quale, nei primi istanti di vita dell’Universo doveva essere cortissima e carica di energia, ma l’espansione la rese più lunga fino a farla diventare pari a quella che emergerebbe da un corpo molto freddo (per l’appunto alla temperatura di 3 gradi assoluti, cioè 270 °C sotto zero). Penzias & Wilson 1964 Nel maggio del 1964 quando due ricercatori americani Arno Penzias e Robert Wilson compiendo esperimenti ai laboratori telefonici BELL per la realizzazione di antenne per comunicazioni satellitari captarono interferenze sonore che non si riusciva in alcun modo a spiegare. George Gamow Penzias & Wilson 1964 In particolare captarono delle strane micro onde della lunghezza d'onda di 3.2 cm che giungevano da ogni parte dell'uiverso. George Gamow Penzias & Wilson 1964 Con l'aiuto del fisico Robert Dicke dell'università di Princeton che aveva ripreso la teoria di Gamow e Bethe perfezionandola, si capì finalmente che doveva trattarsi proprio della fatidica radiazione di fondo chiamata anche radiazione fossile prevista dalla teoria del big bang. George Gamow Penzias & Wilson intensità 1964 Dati di COBE rappresentati con un Corpo Nero a T = 2.736° K lunghezza d’onda George Gamow COBE Cosmic Background Explorer Sulla base dell'osservazione della radiazione cosmica di fondo si può quindi ragionevolmente affermare che l'Universo era "nato" molto caldo (Big Bang) e poi si era progressivamente raffreddato sino a raggiungere "oggi" una temperatura di 2.75 ° Kelvin e che, data la sua estrema isotropia, le ipotesi di isotropia ed omogeneità erano certamente valide almeno fino al momento del disaccoppiamento tra radiazione e materia. In un intervallo di tempo variabile tra 1 sec < t Univ. < 3 minuti dall'inizio del Big Bang. la densità e la temperatura si riducono e la quantità di barioni rimane "congelata" (se si esclude il lento decadimento spontaneo dei neutroni). Questo avviene dopo circa 30 secondi dal Big Bang e l'Universo ha dimensioni paragonabili all'anno luce. Dopo 100 secondi diventano efficaci le reazioni nucleari. Protoni e neutroni "fondono" tra loro dando luogo al Deuterio (un isotopo dell'Idrogeno composto da un protone e un neutrone, e il cui simbolo è 2H per indicare appunto la presenza di due particelle), l'Elio 4He (composto da due protoni e due neutroni), l'Elio 3He (un isotopo dell'Elio con due protoni ed un solo neutrone) e il 7Li (un isotopo del Litio con quattro neutroni e tre protoni). A questo punto la trasmutazione degli elementi termina e la materia, comprende quasi totalmente gli elementi leggeri , ovvero i barioni presentano un'abbondanza in massa di circa il 77 % d'Idrogeno ed il 23% di Elio. Del Litio ci sono solo tracce mentre tutti gli elementi pesanti (indicati come "metalli" dagli astrofisici) sono assenti; infatti essi verranno prodotti molto tempo dopo tramite le reazioni nucleari all'interno delle stelle. Non c'è tempo per produrre i "metalli" dal momento che l'espansione riduce in fretta la densità e la temperatura sotto la soglia critica per l'innesco delle reazioni nucleari. Del Litio ci sono solo tracce mentre tutti gli elementi pesanti (indicati come "metalli" dagli astrofisici) sono assenti; infatti essi verranno prodotti molto tempo dopo tramite le reazioni nucleari all'interno delle stelle. Non c'è tempo per produrre i "metalli" dal momento che l'espansione riduce in fretta la densità e la temperatura sotto la soglia critica per l'innesco delle reazioni nucleari. Tutti gli elementi pesanti che conosciamo vennero sintetizzati successivamente all’interno delle stelle, e rimessi in circolazione dalle esplosioni stellari note come supernovae. Benché prodotto in scarsa quantità, gli astronomi sono in grado di misurarne l’abbondanza presente nel gas interstellare in regioni scarsamente "inquinate" dalle successive esplosioni di supernovae. Si può dunque risalire all’abbondanza originale di deuterio e da questa, per quanto detto prima, alla densità di materia ordinaria. Essa risulta essere circa quattro volte superiore a quella luminosa. Valori di : Dalla nucleosintesi Tot~ 10-1 E' noto già da alcuni decenni che la massa delle galassie deve essere molto maggiore – fino a 10 volte – di quella luminosa (cioè stelle e gas). Benché non la si possa vedere direttamente, possiamo dedurre la presenza di questa massa in eccesso dai suoi effetti gravitazionali: le stelle nelle galassie hanno velocità così alte che la gravità dovuta alla loro mutua attrazione non sarebbe sufficiente a trattenerle e le galassie si smembrerebbero rapidamente. Analogamente, le galassie in un ammasso si allontanerebbero velocemente le une dalle altre se a trattenerle non fosse una gravità superiore a quella data dalla loro reciproca attrazione. Pertanto, negli ammassi deve essere presente più materia scura di quella associata alle singole galassie. Inoltre, questa materia "misteriosa" potrebbe trovarsi anche negli spazi tra galassie ed ammassi di galassie. Calcolo della massa M di una galassia all’interno di una data distanza radiale R: vR MR R NGC 1035 G m MR = m VR2 R2 m R NGC 2998 MR = R VR2 G forza centrifuga forza gravitazionale Raggio VR MR VR MR (kpc) (km/s) (1010 MO) (km/s) (1010 MO) G = 6.670 x 10-8 0.5 39 0.018 87 0.088 1.0 65 0.098 102 0.24 2.0 91 0.39 126 0.74 1 pc = 206265 U.A. 3.0 107 0.80 142 1.40 1 U.A. = 1.496x1013 cm 5.0 123 1.80 182 3.90 8.0 135 3.40 204 7.70 1 pc=3.086x1018 cm 20.0 214 21 30.0 214 32 (dyn cm2 g-2) 1 MO = 1.989x1033 g Curva di rotazione Esprime la velocità di rotazione delle stelle all’interno di una galassia in funzione della loro distanza dal centro Si costruisce utilizzando le righe d’emissione (se presenti componente gassosa) e/o d’assorbimento (componente stellare) dello spettro della galassia I() profilo osservato di una riga 0 I(o) profilo in laboratorio della stessa riga La riga osservata sarà spostata per effetto Doppler di rispetto alla riga di laboratorio Parametri cinematici: si derivano dallo studio spettroscopico Componenti di uno spettro: Continuo stellare Righe d’assorbimento (componente stellare) Righe d’emissione (componente gassosa) La fenditura dello spettrografo può essere posta lungo uno qualsiasi degli assi della galassia . Generalmente, viene posta lungo l’asse maggiore che coincide con la linea dei nodi e lungo la quale si ha la massima velocità di rotazione della galassia . vc è la velocità del baricentro della galassia. Ad ogni distanza x dal centro della riga corrisponde un volumetto di stelle dV posto a distanza R dal centro della galassia che si muove con velocità vi e dispersione di velocità i (corrispondente all’allargamento della riga in quel punto). In questo modo è possibile costruire un grafico ponendo in ascissa la distanza dal centro della galassia (posto come origine) ed in ordinata la corrispondente velocità di rotazione media: vi = c(i - c)/c. Un grafico analogo può essere costruito con le dispersioni di velocità i. Tipico profilo delle dispersioni di velocità Curva di rotazione tipica si ha: gas star vgas vc Componente gassosa struttura “fredda” Componente stellare struttura “calda” UGC 2936 [NII] H [NII] dispersione -10” 0 10” 6640 Ǻ blueshift 6650 Ǻ redshift 300 km/s 200 100 0 + Vel. Sist. -100 -200 -300 Radius Dispersione Lungo la fenditura 6640 Ǻ blueshift 6650 Ǻ redshift NGC 5746 M83 NGC 5236 dispersione NGC 4111 Nucleo contro-rotante NGC 3593 Lo spettro può essere realizzato anche attraverso una successione continua di immagini monocromatiche della fenditura. Sia S ( ) lo spettro di una sorgente uniforme attraverso una fenditura infinitamente sottile. Attraverso una fenditura lo spettro é: NGC 891 F ( ; ) s ( ) S ( ) F ( ; ) S (t ) F ( t; )dt Curva di rotazione della Via Lattea all’osservatore linea dei nodi k s e n sono due versori n s i V (r ) n r r V Vlos V s (r ) n r s (r ) s n r (r ) k r sin i (r ) cos sin i z A B i A B V ( R, ) Vsys V ( R) sin i cos 300 Orbita kepleriana 200 100 Sol e Velocità orbitale (km/s) Curva di rotazione della Galassia 20.000 40.000 Distanza dal centro galattico (anni luce) 60.000 Interpretazione della curva di rotazione: vR (c) (a) (b) R0 R Le curve di rotazione delle galassie presentano un andamento come sopra: si possono distinguere le due componenti a e c : tratto (a) : la velocità di rotazione cresce linearmente con la distanza fino ad R0; tratto (c) : per R > R0, al crescere della distanza, la velocità resta costante o diminuisce lievemente. Il tratto (b), per R > R0, corrisponde al moto kepleriano e non è osservato Significato fisico: M R P Nel tratto (a) la galassia si comporta come un corpo rigido: in ogni punto P posto a distanza 0<R<R0 dal centro della galassia si ha equilibrio tra forza di gravità e forza centrifuga la materia esterna a tale punto non esercita alcuna forza su di esso. Nel punto P posto a distanza 0<R<R0 dal centro della galassia sarà: v2/R = G(M/R2) con M = (4/3) q R3 v2 = (4/3) G q R3 R2 posto: K = [(4/3) G q R3 ]1/2 = cost. si ha: v = K R In questo modo è spiegato il tratto (a) della curva di rotazione. Dalla relazione precedente segue: = (3 K2)/(4 G q R3) = cost. la densità all’interno del volume di raggio R = R0 è costante. Un punto P’ posto a distanza R’ > R0 dal centro della galassia si muoverà per effetto della forza esercitata su di esso dalla massa contenuta all’interno dell’ellissoide avente a = R = R0. Per tutti questi punti si dovrebbe osservare un moto kepleriano, un moto la cui velocità decresce al crescere della distanza dal centro del moto secondo la seguente legge: v2/R = G(M/R2) ma: (GM)1/2 = cost v = K’ R-1/2 con K’ = (GM)1/2 = cost. M = cost. In questo tratto non è la densità che resta costante ma è la massa che resta costante M = cost (4/3) G q R3 = K’’ = [(3 K’’)/4 G q] R-3 R-3 nel tratto (b) la densità di massa è una funzione che decresce come il cubo della distanza. Cosa ci dicono le osservazioni: La velocità non decresce in modo kepleriano (v R-2) La velocità resta pressoché costante v2/R = G(M/R2) v2 = (4/3) G q R2 da cui segue: v =cost R-2 nel tratto (b) la densità di massa è una funzione che decresce come il quadrato della distanza In questo tratto la densità decresce meno rapidamente di quanto previsto dal moto kepleriano Presenza di materia oscura che fa crescere il rapporto M(R)/L(R) verso l’esterno. (R) tratto (a) : = cost. (a) (c) (b) R0 tratto (b) : R-3 tratto (c) : R-2 R Il tratto kepleriano (b) della curva di rotazione, corrispondente a v R-2 e R-3, non viene osservato. Dopo il tratto (a) di corpo rigido (v R e = cost.) le velocità di rotazione restano costanti o, in pochi casi, diminuiscono più lentamente ( R-2) rispetto a quanto previsto dal moto kepleriano ( R-3) esiste materia oscura nelle regioni esterne delle galassie Qual è il valore della Problema della densità dell’universo? massa mancante Evoluzione dell’universo Galassie lontane Problema dell’osservazione di template e galassia Stella Galassia Problema dell’osservazione di template e galassia Lo spettro osservato della galassia è la somma degli spettri delle singole stelle che contribuiscono lungo la linea di vista 2 Moto delle stelle Vr vr 2 n(vr ) exp 2 2 r Distribuzione gaussiana Spettro di una stella Si(x) S1(x - ũi) x = ln λ + S2(x - ũi) + otteniamo S3(x - ũi) + ..... G (x) Spettro osservato di una stella con velocità vi=c · zi Si(x - ũi) ũi = ln (1+zi) SN(x - ũi) Spettro di una galassia G (x) = Σi=1N Si(x - ũi) N→∞ G (x) = ∫B(ũ) S(x - ũ) d ũ B(x) ⊗ S(x) B(x) (broadening function) rappresenta la distribuzione di velocità delle stelle lungo la linea di vista: B(x) ∝ exp ( - x2 / 2σ2) σ = dispersione di velocità Determinazione della massa di una galassia ….sostituendo nel teorema del viriale, si ottiene: - GM/<R> = <v>2 Le quantità fisiche presenti in questa espressione, possono essere legate alle quantità osservate: σ2 ∝ <v>2 r ∝ <R> Ottenendo, così, una stima della massa: M = - r σ2 /G Valori di : Dalla dinamica Dalla nucleosintesi Tot~ 10-1 Tot~ 10-1 La nostra Galassia fa parte del Gruppo Locale di cui è il membro più grande insieme alla galassia di Andromeda e ad una trentina di galassie nane. Ebbene, tutte queste galassie – un autentico torrente di stelle – si muovono a 600 km/s verso un punto del cielo ribattezzato il Grande Attrattore; tuttavia, puntando i telescopi in questa direzione non si nota nulla di particolare. Potrebbe dunque esserci un enorme aggregato di materia scura che ci attrae in questa direzione. In generale, il conteggio di galassie in grandi volumi di universo osservabile indicano che la materia scura è circa 30 volte più abbondante di quella luminosa. Si tratta di capire quale sia la natura di questa materia scura. Potrebbe essere composta da una miriade di piccoli oggetti delle dimensioni di pianeti, oppure buchi neri, che risulterebbero del tutto invisibili ai nostri telescopi. In realtà gli astronomi sospettano che la maggior parte della materia scura non sia formata dall’ordinaria materia barionica (protoni e neutroni) ma da qualche forma di materia non ordinaria. Materia scura calda Durante il Big Bang sono state create enormi quantità di neutrini. Benché la loro massa sia molto piccola, il loro numero è tale che immensi "nuvoloni" iniziali di neutrini avrebbero potuto sviluppare una gravità tale da collassare su sé stessi, formando le prime strutture. Essendo molto leggeri, i neutrini si muovono a velocità vicine a quella della luce. In analogia ai gas ordinari, in cui la velocità di agitazione termica determina la temperatura, questo tipo di materia scura viene detta "calda". Materia scura fredda Le attuali teorie sulle particelle elementari prevedono che, nelle condizioni presenti nei primi istanti del Big Bang, si formino particelle genericamente denominate WIMPS (Weakly Interacting Massive Particles). Contrariamente ai neutrini, la reale esistenza di queste particelle non è stata ancora verificata nei laboratori di fisica. A causa della loro massa elevata, infatti, la produzione di tali particelle richiede energie enormi non ancora disponibili negli attuali acceleratori di particelle. Essendo più pesanti dei neutrini, queste particelle si muovono più lentamente, e la materia scura in questo caso viene detta "fredda". Dark matter Not dark matter Nel quadro della materia scura calda, strutture di piccola massa non sono inizialmente in grado di collassare a causa dello "sciamare" dei neutrini in ogni direzione. In questo caso si sarebbero formate dapprima le grandi strutture, quali gli ammassi di galassie. Solo successivamente queste si sarebbero "frammentate" in oggetti più piccoli come le galassie. Questo schema gerarchico viene detto top-down (dall’alto in basso). La materia ordinaria (protoni e neutroni) che compone le galassie che osserviamo è poco abbondante ed esercita una gravità trascurabile. Essa si aggrega non a causa della propria gravità, ma a causa della formazione delle strutture di materia scura verso cui è attratta. Dark matter Not dark matter Nello scenario della materia scura fredda, invece, i WIMPS, più lenti e pesanti, formano dapprima strutture relativamente piccole all’interno delle quali viene attratta la materia ordinaria che dà luogo a piccoli ammassi stellari o galassie nane. Solo successivamente, in un processo detto merging, queste strutture più piccole si attraggono formando galassie ed ammassi di galassie. Merging di galassie vengono effettivamente osservati, ma non sappiamo se si tratta di episodi isolati o di un processo generale che sta alla base della formazione delle galassie più grandi. Questo schema di formazione delle strutture viene detto bottomup (dal basso in alto). Dark matter Not dark matter Le simulazioni numeriche tramite grandi calcolatori mostrano che la materia scura calda, a causa di questa sua caratteristica, è "restia" a collassare in strutture relativamente piccole. Dopo 15-20 miliardi di anni (l’età stimata dell’universo) le simulazioni mostrano una presenza eccessiva di grandi strutture ed una penuria di strutture minori rispetto alle osservazioni dell’universo su larga scala. Al contrario, la materia scura fredda, nonostante alcune difficoltà di cui non ci occupiamo in queste pagine, sembra riprodurre bene la distribuzione osservata di materia luminosa. http://www.galletta.it/gg/conferenze/filmati.htm Dark matter Not dark matter WIMP esotici, come il fotino, sono stati predetti da una teoria detta supersimmetria (SUSY). Questa teoria prevede, per ogni particell,a l’esistenza del suo corrispettivo –ino. Queste particelle, però, hanno vita molto breve e “esistono” solo nell’Universo primordiale. Infatti vivono solo in un Universo governato da altissime energie: 100 GeV. L’Universo, nel raffreddarsi rompe la supersimmetria. Nel nostro Universo, potrebbero ancora sopravvivere, come, per esempio partners del fotone, ma con masse tra 10 e100 volte quella del protone, senza carica, e con un’interazione debolissima con la materia, quindi davvero difficili da rivelare. Dark matter Not dark matter Ci sono forti evidenze in favore di SUSY dagli esperimenti condotti al CERN, che misurano la forza delle interazioni nucleari. Ma, ovviamente, non si arriva alle enormi energie dell’Universo Già energie da10 a15 GeV sono molto più alte di quelle che si possono raggiungere negli esperimenti. Solo SUSY arriva a descrivere le altissime energie, e potrebbe fornire una struttura teorica al problema della inevitabile grande unificazione delle forze. Dark matter Not dark matter Pertanto gli astronomi sono portati a preferire l’ipotesi di una materia scura fredda, nonostante quest’ultima, al contrario dei neutrini, sia solo ipotizzata dalle attuali teorie sulle particelle elementari e non sia stata ancora osservata. I futuri sviluppi nello studio dell’infinitamente piccolo saranno illuminanti per la comprensione dell’infinitamente grande. Dark matter Not dark matter La presenza di materia oscura ha importanti conseguenze sull’evoluzione dell’Universo e della sua struttura. La quantità totale di massa e di energia, infatti, determinano il valore di , e ci dicono se l’Universo è chiuso, piatto o aperto. Gli universi “standard” di Friedmann c densità critica c 1 aperto 1 piatto 1 chiuso Nota: La dinamica dell’Universo non è determinata interamente dalla geometria, in quanto esso non contiene solo materia. Infatti il valore di viene in maggior parte dalla l’energia, in particolare dalla cosiddetta dark energy. Modello di universo repulsione attrazione G Nota: La dinamica dell’Universo non è determinata interamente dalla geometria, in quanto esso non contiene solo materia. Infatti il valore di viene in maggior parte dalla l’energia, in particolare dalla cosiddetta dark energy. Quindi, per capire davvero cosa accade all’universo, dobbiamo calcolare il suo “fattore di espansione per i casi specifici della densità di materia e dell’energia. Valori di : Dalla dinamica Dalla nucleosintesi Dalla teoria dell’inflazione Tot~ 10-1 Tot~ 10-1 Tot= 1 Scenari evolutivi Esistono due scenari che cercano di spiegare i processi di formazione ed evoluzione delle galassie: Scenari evolutivi Collasso monolitico. In questo scenario (Larson, 1974, MNRAS, 166, 585), la formazione delle galassie avviene in un’epoca remota, quando la formazione stellare ha inizio simultaneamente per tutte le galassie. L’evoluzione delle galassie è passiva, cioè è conseguenza dell’evoluzione delle stelle che popolano le galassie. Scenari evolutivi “Merging” gerarchico In questo scenario, sistemi più piccoli che si sono formate in epoche remote, si fondono per formare sistemi sempre più grandi col trascorrere del tempo. L’evoluzione delle galassie è attiva, cioè è conseguenza degli incontri e/o delle fusioni tra galassie. Gli episodi di fusione tra galassie sono osservati sia nell’universo vicino (in misura minore) che nell’universo lontano (in misura maggiore). Scenario del “merging” gerarchico Inizi degli anni ’70: punto di partenza della teoria del “merging” gerarchico per spiegare i processi di formazione delle galassie ellittiche (Toomre& Toomre, 1972, ApJ, 178, 623). Tale teoria si basa sia su dati osservativi che teorici. Secondo questa teoria, le galassie che si osservano (sia ellittiche che spirali) sono il risultato di un processo di assemblaggio a partire da sistemi sempre più piccoli. Scenario del “merging” gerarchico A seconda delle masse coinvolte nei processi di fusione, si possono avere due diversi tipi di “merging”: 1.“Merging” minore: le masse dei sistemi coinvolti sono molto differenti tra di loro (10:1, 100:1, 1000:1, …): il risultato finale sarà la galassia maggiore con i segni del “merging”. 2.“Merging” maggiore: le masse dei sistemi coinvolti sono confrontabili tra di loro (da 1:1 a 5:1): il risultato finale sarà una nuova galassia completamente diversa dalle due hanno dato origine al “merging”. Lo scenario del “merging” gerarchico si basa sul paradigma della “Cold Dark Matter” (CDM). Formazione delle galassie ellittiche Scenario del collasso monolitico: Le galassie ellittiche si sono formate dal collasso di una gigantesca nube di gas; la nube collassa in modo omogeneo, formando le stelle e consumando quasi del tutto il gas presente, dando origine agli oggetti che noi oggi osserviamo (Peebles, 2002; Chiosi & Carraro, 2002); questo spiegherebbe facilmente l’omogeneità delle osservate nelle galassie ellittiche (Jimenéz et al., 1998); proprietà Formazione delle galassie ellittiche Scenario del collasso monolitico: le galassie ellittiche sono sistemi vecchi, che si sono formati a z > 2 e che evolvono passivamente (Peebles, 2002; Chiosi & Carraro, 2002); le galassie ellittiche che si sono formate come conseguenza di un merging sono poche rispetto a quelle “normali”; nello scenario del collasso monolitico, il “merging” non riveste un ruolo chiave nel processo di formazione delle galassie ellittiche. Formazione delle galassie ellittiche Scenario del “merging” gerarchico: le galassie ellittiche sono il risultato di un “merging” maggiore tra due dischi, dopo che il sistema finale si sia completamente rilassato (virializzazione del sistema); le galassie ellittiche possono essere viste come l’ultimo stadio dell’evoluzione delle galassie (Baugh et al., 1996, MNRAS, 283, 1361); le galassie ellittiche sono sistemi relativamente giovani, che si sono formati a z < 2 (Baugh et al., 1996, MNRAS, 283, 1361; van Dokkum et al., 1999, ApJ, 520, L95), mentre le stelle di cui sono composte possono essere più vecchie. Formazione delle galassie ellittiche Esistono evidenze osservative a supporto di entrambi gli scenari: ad alzo z si osservano le così dette Ultra Luminous Infrared Galaxies (ULIG’s) che possono essere sia il risultato di un collasso monolitico, che il risultato di “merging” tra galassie (Genzel et al., 2001, ApJ, 563, 527); è stato osservato che il “merging” tra galassie è più frequente nel passato che nel presente (Burkey et al., 1994, ApJ, 429, L13); c’è un’evoluzione nel numero di sistemi sferoidali osservati nel centro degli ammassi; mentre nel passato si osserva un numero maggiore di sistemi a disco, ad epoche recenti si osserva un numero maggiore di galassie “early-type”, soprattutto nelle regioni centrali degli ammassi l’ambiente svolge un ruolo determinante nell’evoluzione delle galassie. “Ram Pressure Stripping” Si definisce “Ram Pressure Stripping” la perdita del gas presente in una galassia (ISM – Interstellar medium) per effetto della sua interazione col gas caldo presente all’interno di un ammasso (ICM – intercluster medium) . Per una galassia che si muove all’interno di un ammasso, l’effetto che subisce è analogo a quello di un vento che strappa il gas in essa contenuto solo se la sua forza è tale da vincere la forza gravitazionale della galassia che tiene il gas legato a sé. Il risultato finale della “Ram Pressure Stripping” è una galassia che contiene solo una piccola quantità di gas freddo questo processo può alterare in modo drammatico la storia evolutiva di una galassia. Nelle simulazioni che seguono, fatte nel sistema di riferimento solidale con la galassia in movimento, viene rappresentata la variazione della densità del gas in funzione del tempo per una galassia a disco che si muove all’interno di un ammasso ricco, come quello di Coma, ad una velocità di 2000 km/s (Mach 1.9). Il tempo-scala tipico di queste simulazioni è di 108 anni. “Galaxy strangulation” “Galaxy strangulation” rappresenta un altro processo efficiente attraverso il quale le galassie che si trovano all’interno di un ammasso possono perdere il loro gas. Quando una galassia entra in contatto per la prima volta con l’ambiente di un ammasso, il potenziale gravitazionale di quest’ultimo crea effetti mareali che portano alla perdita del gas presente all’interno della galassia. Man mano che questo gas si disperde all’interno dell’ammasso con l’ICM, viene a mancare sempre più il carburante necessario per la formazione stellare all’interno della galassia, che quindi diminuisce fino ad arrestarsi. In poche parole, la formazione stellare cessa perché la galassia, privata del proprio gas, viene strangolata. “Galaxy harassment” All’interno degli ammassi le intererazioni tra galassie sono abbastanza frequenti. Si definisce “galaxy harassment” un passaggio ravvicinato tra due galassie a velocità sostenuta. Il “galaxy harassment” può disturbare o addirittura modificare radicalmente le morfologie delle galassie coinvolte, dando anche luogo a nuovi episodi di formazione stellare. Alcuni effetti prodotti dal “galaxy harassment” da un punto di vista osservativo sono: presenza di galassie asimmetriche; presenza di galassie disturbate; presenza “warps” nelle strutture delle galassie; presenza di barre; presenza di code mareali. “Galaxy harassment” Lo studio di galassie che hanno subito “harassment” è importante per almeno due motivi: 1) gli effetti prodotti dal “galaxy harassment” possono essere usati per determinare la distribuzione della materia, sia oscura che luminosa, per le galassie coinvolte; 2) Il “galaxy harassment” ed altri tipi di interazione possono giocare un ruolo importante nella storia evolutiva delle galassie. Perché studiare le galassie negli ammassi Lo studio delle galassie d’ammasso costituisce un efficace strumento per vincolare i meccanismi che stanno alla base dei processi di formazione ed evoluzione delle galassie attraverso: 1) analisi della LF fornisce informazioni sui processi stellari che avvengono nelle galassie; 2) analisi della relazione “colore – magnitudine”, della relazione “Mg2 - 0”, e dei “gradienti di colore” forniscono informazioni sulle proprietà delle popolazioni stellari nelle galassie in funzione della distanza dal centro, quali: a) età; b) metallicità; c) contenuto di polveri. 3) analisi delle relazioni tra parametri strutturali fornisce informazioni sulle proprietà delle galassie a diversi redshift, sia attraverso lo studio di correlazioni che attraverso l’analisi di come queste quantità dipendano da . Funzione di luminosità delle galassie Introduzione Definizioni: Funzione di luminosità delle galassie la funzione di luminosità (LF) (M)dM rappresenta il numero di galassie per unità di volume e di magnitudine; la quantità (M)dM è proporzionale al numero di galassie che hanno magnitudine assoluta compresa nell’intervallo (M, M+dM); la quantità (M)dMdV = N, rappresenta il numero N di galassie nel volume V; la LF viene normalizzata ponendo: (M)dM = N/V = , dove è il numero di galassie per unità di volume. Proprietà: la LF è un utile strumento per confrontare l’universo reale con quello ottenuto mediante le simulazioni cosmologiche; l’evoluzione della LF con il redshift permette di ottenere informazioni sull’evoluzione delle galassie; gli effetti dell’ambiente sulla LF permettono di discriminare i possibili meccanismi che possono dar luogo alla trasformazione delle galassie. Dipendenza: dalla banda fotometrica. dai parametri strutturali delle galassie; dalla distanza. La LF può essere rappresentata mediante data la funzione di Schechter (Schechter, 1976, ApJ, 203, 297): (M) = 0.4ln(10) *10 0.4 (M* - M) ( + 1) exp[-10 0.4 (M* - M) ] Nella funzione precedente, *, M*, sono tre parametri liberi scelti in modo da interpolare nel modo migliore possibile i dati osservativi. La formula precedente assume un aspetto più semplice se, invece delle magnitudini, si considerano le luminosità. Se si assume che sia (L)dL il numero di galassie con luminosità compresa nell’intervallo (L, L+dL), la LF assume la seguente forma: Dove L* è la luminosità di una galassia avente magnitudine assoluta M*. Nella funzione di Schechter, è la pendenza della LF a basse luminosità; * è il fattore di normalizzazione spaziale, cioè il numero N di galassie per Mpc3; L* (M*) è la luminosità (magnitudine assoluta) corrispondente al cosiddetto “ginocchio” della LF. Dipendenza dei parametri della LF: può dipendere dalla posizione spaziale (campo, ammasso) e dal redshift; ed L* (M*) possono dipendere dal tipo morfologico e dal redshift. , , L* (M*) contribuiscono separatamente alla LF totale. Ci danno informazioni sulla formazione delle galassie. Andamento della LF: 1) il numero di galassie diminuisce “monotonicamente” con il crescere della luminosità; 2) alle magnitudini assolute più deboli, (M) decresce in modo esponenziale fino ad una certa magnitudine caratteristica M*, in prossimità della quale si ha una netta variazione di tendenza. Nelle 3 figure a lato è mostrato come varia la LF al variare dei tre parametri liberi. Esempio di LF in diverse bande fotometriche: LF per galassie dell’universo vicino (z < 0.1) ottenute utilizzando dati della SDSS nelle 5 diverse bande fotometriche della survey. In basso a ciscuna LF è riportata la distribuzione delle magnitudini assolute delle galassie utilizzate per determinare la corrispondente LF. (Blanton et al., 2001, AJ, 121, 2358) Dipendenza della LF dal redshift (dati SDSS): Dai dati della SDSS emerge che non c’è alcuna dipendenza dal redshift (evoluzione temporale) fino a z = 0.15. z = 0.15 z = 0.05 Con i dati della SDSS è stato possibile produrre la LF nell’universo vicino (z < 0.1). Per studiare una possibile evoluzione della LF col redshift è necessario utilizzare osservazioni pù profonde che ci consentano di arrivare a redshift elevati, per es. a z ~ 5. Bisognerà tenere in considerazione il fatto che a redshift così elevati, la radiazione sarà anche “spostata verso il rosso” rispetto a z = 0. Nella tabella che segue viene riportata la banda corrispondente ad un dato redshift, diverso rispetto a quello di riposo: U B V R U B V R I J H K L M (3650 Å) (4450 Å) (5510 Å) (6580 Å) (8060 Å) (12200 Å) (16300 Å) (21900 Å) (34500 Å) (47500 Å) 0 0.22 0.51 0.80 1.21 2.34 3.47 5.00 8.45 12.01 0 0.24 0.48 0.81 1.74 2.66 3.92 6.75 9.67 0 0.19 0.46 1.21 1.96 2.97 5.26 7.62 0 0.22 0.85 1.48 2.33 4.24 6.22 Per esempio, la radiazione emessa nell’UV (3650 Å,) a z = 5 viene vista in banda K (21900 Å) LF a diversi intervalli di z: I dati delle curve a lato sono tutti compatibili con = 1.15. I valori degli altri due parametri e M* evidenziano una chiara evoluzione della LF col redshift. In particolare, M* diminuisce con z: nella banda UV ( = 2800 Å) le galassie, una volta, erano molto più brillanti. Poiché la luminosità UV a = 2800 Å è legata al tasso di formazione stellare della galassia dalla relazione: SFR (M☼ / yr) = 1.27x10-28 L(UV) erg s-1 Hz-1 Le curve sono spostate di 1 dex in ordinata per ogni intervallo di z. è possibile studiare come è variato il tasso di formazione stellare alle varie epoche. (per esempio, Madau et al., 1998, ApJ, 498, 106) Dipendenza della LF dal tipo morfologico LF risultante per galassie di campo di diverso tipo morfologico LF risultante per galassie di ammasso di diverso tipo morfologico E’ possibile derivare la LF per ciascun tipo morfologico. Dipendenza della LF dal tipo morfologico: La LF ottenuta con i dati della “Las Campanas Redshift Survey” è diversa per le galassie i cui spettri non hanno righe di emissione (E – S0) e per le galassie i cui spettri hanno righe di emissione (Sa – Irr) (Lin et al. ApJ, 464, 60) esiste una dipendenza morfologica della LF; LF per diversi tipi morfologici (Jerjen & Tammann, 1997, AA, 321, 713): (Sa – Sc) gaussiana con <MB> = -16.8 + 5 log h e B = 1.4; S0 gaussiana con <MB> = -17.5 + 5 log h e B = 1.1; E gaussiana modificata per tener conto di un eccesso di galassie brillanti, con: <MB> = -16.9 + 5 log h e B = 2.2 se MB < <MB> oppure B = 1.3 se MB > <MB>; Irr grossolanamente con una Schechter con parametri: = -0.3 e MB* = -15 + 5 log h; dE LF simile a quella delle Irr, con parametri: = -1.3 e MB* = -16 + 5 log h; Non è ancora chiaro se esista una LF universale per ciascun tipo morfologico; se dovesse esistere una LF universale per ciascun tipo morfologico, essa dovrebbe contenere informazioni sull’origine della classe di oggetti cui si riferisce; se dovesse esistere una LF universale per ciascuna classe di galassie, essa potrebbe essere utilizzata come indicatore di distanza; l’esistenza o meno di una LF universale per ciascun tipo morfologico resta un problema dell’astronomia extragalattica. LF negli ammassi di galassie Le galassie d’ammasso si trovano in un ambiente completamente diverso dalle galassie di campo per quanto riguarda i processi di formazione ed evoluzione. Diventa interessante confrontare la LF delle galassie di campo con la LF delle galassie appartenenti, per esempio, ad ammassi ricchi. Vantaggi nella determinazione della LF per galassie in ammasso: le galassie dell’ammasso sono distribuite in su una regione limitata di cielo, per cui è più facile ottenere la fotometria; le galassie si trovano tutte alla stessa distanza, per cui basta conoscere la distanza dell’ammasso per ricavare le magnitudini assolute. Problemi: Gli ammassi ricchi sono rari e distanti diventa difficile ottenere la fotometria per le galassie più deboli. Risultati del confronto tra LF di campo e ammasso (banda B): La forma è la stessa (funzione di Schechter) ma cambiano i parametri: * è più grande, a causa della maggiore densità di galassie presenti in un ammasso; M* = -19.5 0.1 + 5 log h è simile al valore delle galassie di campo; = -1.27 0.04 è minore rispetto al valore trovato per le galassie di campo sebbene la magnitudine M* di cut-off sia simile, la pendenza della parte più debole della LF è più ripida per le galassie d’ammasso; la LF non sembra variare molto da ammasso ad ammasso e sembra essere riproducibile, in modo ragionevole, da una semplice funzione di Schechter anche se la presenza di sotto-struture, diverse da ammasso ad ammasso, può rendere complicata la rappresentazione con una semplice funzione di Schechter (Lugger, 1986, ApJ, 303, 535); in molti ammassi, la LF si discosta da una semplice Schechter a causa della presenza di un avvallamento a MB ~ 16 + 5 log h, e ad un eccesso di galassie nella parte più brillante; la presenza di questo eccesso di galassie brillanti negli ammassi era stata evidenziata anche da Schechter nel suo lavoro originale (Schechter, 1976, ApJ, 203, 297); il problema è capire se la presenza di quest’eccesso di galassie brillanti sia una caratteristica di tutti gli ammassi. Evidenza osservativa: Effetti dell’ambiente le galassie “early-type” si trovano più facilmente e con maggiore frequenza negli ammassi piuttosto che come oggetti isolati, al contrario delle galassie “late-type”; esiste una correlazione tra la frazione f(E) di galassie ellittiche presenti in un ammasso e la forma dell’ammasso: gli ammassi con grande f(E) hanno una struttura regolare e simmetrica, con una ellittica gigante al loro centro, mentre ammassi con piccola f(E) presentano un aspetto irregolare (Oemler, 1974, ApJ, 194, 1); all’interno degli ammassi regolari, esiste una segregazione dei tipi morfologici, nota come relazione morfologia-distanza, nel senso che la quantità di spirali, all’interno di un ammasso regolare, diminuisce dall’esterno verso l’interno, fino ad annullarsi nel core. Un andamento opposto si ha per le ellittiche; la segregazione morfologica comporta, come conseguenza, una differenza cinematica tra i diversi tipi morfologici; Evidenza osservativa: Effetti dell’ambiente il fatto che le spirali si trovino preferibilmente all’esterno dell’ammasso significa che seguono orbite più energetiche e quindi, ad una certa distanza dal centro, le loro dispersioni di velocità sono più elevate rispetto a quelle delle ellittiche le spirali sono in fase di caduta verso il core virializzato dell’ammasso. Dressler (1980, ApJ, 236, 351): primo studio sistematico sulla segregazione morfologica su un campione di ~ 6000 galassie in 55 ammassi.Trova che f(Sp) cresce con R e, più in generale, una relazione tra tipo morfologico ed ambiente. Relazione Morfologia - Densità La relazione morfologia-densità è una relazione di tipo osservativo tra il tipo morfologico delle galassie e l’ambiente, definito come il numero di galassie vicine per Mpc3. Dalla relazione morfologia-densità si ricava che le gallasie early-type (ellittiche e S0) si trovano, preferenzialmente, in ambienti molto densi, mentre le galassie late-type (spirali) preferiscono gli ambienti meno densi. Le galassie a spirale sono rare nelle regioni più dense degli ammassi, e si trovano più abbondantemente nelle regioni meno dense o come oggetti isolati. Le galassie early-type abbondano nelle regioni più dense (centro degli ammassi) e si trovano molto di rado nella periferia degli ammassi o come oggetti isolati. Si crede che la relazione morfologia-densità sia una consequenza del fatto che l’evoluzione delle galassie possa essere in qualche modo influenzata dall’ambiente in cui si trovano. In particolare, molte evidenze osservative ci indicano che la formazione stellare all’interno delle galassie viene inibita dagli ambienti molto densi (ammassi). Relazione morfologia-densità per galassie spirali, S0, ed ellittiche. Man mano che si procede da ambienti meno densi ad ambienti più densi la popolazione di galassie dominante cambia da late (spirali) ad early (S0 ed ellittiche). La causa di ciò non è ancora ben nota. Alcuni tra i processi più efficienti che si pensa possano essere la causa dell’inibizione della formazione stellare sono: a) ram pressure stripping; b) galaxy harassment; c) galaxy strangulation. Proprietà generali delle galassie in funzione dell’ambiente (Sorrentino, Delogu & Rifatto, 2006 La luminosità è un parametro cruciale quando si vogliono studiare le proprietà delle galassie in funzione dell’ambiente; in media, un ambiente “sotto-denso” (vuoto) è popolato da galassie più blu rispetto a quelle che si trovano in ambienti molto densi (ammassi); in media, galassie deboli (Mr > -21) sono più blu se si trovano in ambienti “poco densi” rispetto a quando si trovano in ambienti “densi”. La transizione di colore dal blu al rosso, man mano che si passa da ambienti “poco densi” ad ambienti “molto densi” è più pronunciata quando si considerano galassie più deboli (Mr > 21); sebbene la transizione da ambienti “poco densi” ad ambienti “molto densi” sia più pronunciata per le galassie deboli, non sembra che ci sia discontinuità nelle proprietà delle galassie; le variazioni nella distribuzione del colore (u – r) sono legati all’ambiente, alla luminosità ed alla morfologia. Infatti, in media, le galassie “più deboli” (Mr > -21) sono più blu, late-type e si trovano in prevalenza in ambienti “poco densi” rispetto alle galassie più brillanti (Mr < -21) che sono, in media, più rosse, earlytype ed in ambienti prevalentemente “più densi”; non esiste dunque alcuna discontinuità nelle proprietà delle galassie quando si passa da ambienti “poco densi” ad ambienti “molto densi”, al contrario di quanto precedentemente asserito da Peebles (2001, ApJ, 557, 495). Evoluzione del tipo morfologico La relazione morfologia - densità potrebbe essere spiegata come dovuta agli effetti dell’interazione tra galassie. Ma se questa è la spiegazione, perché non si nota alcuna evoluzione di questa relazione da z = 0.5 (circa il 60% dell’età dell’universo) ad oggi? Il problema consiste nel fatto che non è possibile osservare lo stesso ammasso man mano che evolve. Il tempo evolutivo delle galassie all’interno di un ammasso dipende dalla sua densità se si osserva un ammasso ricco ad alto redshift e lo si confronta con un ammasso vicino di analoga ricchezza, in realtà si confrontano ammassi con età evolutiva simile non sorprende il fatto che non si osservi alcuna evoluzione nella relazione morfologia – densità. I tipi morfologici potrebbero dunque evolvere a causa delle interazioni tra galassie, ma la scelta dei campioni di ammassi a redshift diversi non è semplice e quindi rende difficile il confronto. Evoluzione del tipo morfologico (z > 1): Per z > 1 lo studio dell’evoluzione morfologica di una galassia presenta problemi aggiuntivi legati, per esempio, al fatto che bisogna applicare la cosiddetta correzione K morfologica, ossia al fatto che il tipo morfologico di galassie uguali osservate nella stessa banda ma a redshift diversi apparirà diverso. L’esperienza “locale” ci dice che il tipo morfologico di una galassie dipende molto dalla banda d’osservazione: M81: M81: FUV – NUV bande g,r, i (1516 – 2267 Å) (5000 – 7200 Å) GALEX Palomar, 1.5m (2006, astro-ph/6440G) (1996, AJ, 111, 174) Il modo corretto per fare le osservazioni è quello di scegliere una banda (per esempio, B) ed usarla ad ogni redshift. Nel visibile è possibile studiare l’evoluzione della morfologia delle galassie fino a z = 1. Per andare a redshift più alti bisogna ricorrere alle osservazioni nell’IR. Dipendenza della LF dal tipo morfologico (dati SDSS): (Nakamura et al., 2003, AJ, 125, 1682) MDLF nella banda r* per tre classi morfologiche rappresentate da simboli diversi: cerchi vuoti ( E - S0), triangoli pieni (S0a – Sb), e quadrati vuoti (Sbc – Sd). Le corrispondenti LF sono indicate con una linea continua, con una linea a tratti corti e con una linea a punti, rispettivamente. La LF corrispondente alle galassie irregolari è indicata con una linea a tratti e punti, mentre la LF totale è indicata con i simboli a croce ed una linea a tratti lunghi. Gli istrogrammi sottostanti rappresentano la distribuzione in magnitudine delle galassie in ciascun campione. MDLF per galassie early-type e late-type classificate utilizzando l’indice di concentrazione C. I cerchi aperti rappresentano i dati per le galassie early-type (C < 0.35), mentre i triangoli pieni rappresentano i dati relativi alle galassie late-type (C > 0.35), con le corrispondenti LF (linea piena e tratteggiata, rispettivamente). I dati relativi al campione totale sono rappresentati con le croci e la corrispondente LF con una linea a tratti lunghi. Gli istogrammi sottostanti rappresentano le distribuzioni in magnitudini dei campioni di galassie usate. Dipendenza della LF dalla brillanza superficiale e dal colore (dati SDSS): LF per diversi intervalli di brillanza superficiale LF per diversi intervalli del colore (g* - r*) LF nel super ammasso di Shapley (Mercurio et al., 2006, MNRAS, 368, 109): Area di 2 gradi quadrati a z ~ 0.05; campione di galassie completo a B = 22.5 (N = 16588) e R = 22.0 (N = 28008); LF totale la LF non può essere descritta da una semplice funzione di Schechter (S) ma dalla combinazione di una gaussiana (G) per la parte brillante e da una Schechter per la parte più debole; questo risultato è determinato dalla presenza di un avvallamento presente a B ~ 17.5 (R ~ 17.0) e ad una chiara risalita a B e R ~ 18.0 LF relativa all’intera area considerata in banda B (sinistra) e R (destra). Le linee tratteggiata e continua si riferiscono all’interpolazione di una S e di una G+S, rispettivamente Effetti dell’ambiente regioni a bassa densità: la LF deve essere rappresentata mediante una combinazione G+S in entrambe le bande; regioni a densità intermedia: la rappresentazione della LF mediante una combinazione G+S è migliore di una semplice S in entrambe le bande; regioni ad alta densità: la LF può essere rappresentata con una semplice S; la LF varia in modo significativo man mano che si procede da ambienti poco densi ad ambienti molto densi, in entrambe le bande gli effetti dell’ambiente del superammasso sono molto forti nelle regioni poco dense. LF del superammasso di Shapley in banda B (sinistra) e banda R (destra) per tre diversi ambienti: 1) densità elevata (linea nera); 2) densità intermedia (linea rossa); 3) densità bassa (linea blu) LF in banda R per tre diverse regioni di densità. LF in banda B per tre diverse regioni di densità. Dipendenza della LF dalla popolazione di galassie La popolazione di galassie è stata selezionata in base al colore (B - R); la distribuzione delle galassie rosse nelle tre regioni a diversa densità viene descritta meglio dalla LF totale essendo presente un avvallamento a B ~ 17.0; per la popolazione blu la LF è bene rappresentata da una semplice S in tutti gli ambienti considerati questa popolazione non ha ancora interagito con l’ambiente del superammasso. LF per la popolazione di galassie rossa (cerchi aperti – linea tratteggiata) e blu (cerchi pieni – linea continua) nei tre diversi ambienti considerati. Relazione “colore – magnitudine” Il colore di una galassie è correlato alle proprietà delle popolazioni stellari di cui è composta e al contenuto di polveri; una galassia si dice “rossa” o “blu” a seconda che essa emetta più radiazione, e quindi sia più luminosa, nella regione rossa o blu dello spettro; l'interpretazione dei colori delle galassie ellittiche è complicata dalla così detta degenerazione età-metallicità; seguire l’evoluzione dei colori delle galassie permette di capire come evolvono le popolazioni stellari al loro interno, e quindi come cambia la loro storia di formazione stellare; Nel diagramma “colore – magnitudine” (CM) le galassie early-type seguono una relazione ben definita, nel senso che le galassie più luminose sono anche più rosse; lo studio della variazione della pendenza di questa relazione a redshift diversi potrebbe fornire utili informazioni per quanto riguarda la causa dell’arrossamento delle galassie e rompere quindi la degenerazione “etàmetallicità”: bisognerebbe però saper distinguere gli effetti dovuti all’età da quelli dovuti alla metallicità; si osserva che la pendenza resta pressoché costante fino a z ~ 1, mentre varia il punto zero, in accordo con le previsioni dello scenario monolitico (popolazione stellare che evolve passivamente): in ogni caso, i risultati non escludono la possibilità del merging gerarchico come scenario di formazione. Relazione Mg2 - 0 Per studiare le proprietà delle popolazioni stellari delle galassie early-type si può utilizzare l’indice di metallicità Mg2; Mg2 è una quantità che si ricava dalle righe di assorbimento del magnesio, facilmente visibili nello spettro ottico di una galassia ellittica: non misura in modo diretto la quantità di metalli presenti nelle stelle, ma risulta ben correlata con essa. Riga del MgI (5175) anche per la relazione Mg2 - 0 esiste la degenerazione età – metallicità, in quanto sia l’età che la metallicità producono effetti simili sul colore e su Mg2; La linea tratteggiata in figura rappresenta la relazione: Mg2 = 0.20 log 0. I simboli diversi si riferiscono a galassie ellittiche con diverse proprietà cinematiche. Le galassie in cui è evidente la presenza di stelle giovani o di età intermedia sono indicate col nome. (Bender et al., 1993, ApJ, 411, 153) Mg2 e 0 sono due parametri che si riferiscono alla stessa regione centrale dello spettro (~ 2” – 3”); Burstein et al. (1988) hanno dimostrato che esiste una relazione tra il colore (B – V)0 e l’indice di metallicità Mg2; poiché il colore è riferito all’intera galassia mentre l’indice Mg2 è riferito alla regione centrale, il fatto che esista questa relazione significa che le popolazioni stellari del centro della galassia sono rappresentative dell’intero sistema. la conseguenza della relazione precedente è che esiste anche una stretta correlazione tra il colore (B – V)0 e la dispersione di velocità centrale 0. Possibili spiegazioni e interpretazioni delle relazioni precedenti tra proprietà delle popolazioni stellari (colore e indice Mg2) e proprietà strutturali delle galassie ellittiche (0) in: Bender et al., 1993, ApJ, 411, 153. Gradienti di colore Le galassie vicine hanno, in media, gradienti di colore negativo le popolazioni stellari diventano più blu andando verso l’esterno (Peletier et al., 1990, AJ, 100, 1091; Peletier et al., 1990, AA, 233, 62); i gradienti di colore evolvono poco col redshift nelle galassie ellittiche i gradienti di colore delle popolazioni stellari sono una conseguenza dei gradienti di metallicità (Saglia et al., 2000, AA, 360, 911; Tamura & Ohta, 2000, AJ, 120, 533; La Barbera et al., 2002, ApJ, 571, 790; La Barbera et al., 2003, AA, 409, 21), anche se non è da escludere a priori la presenza di un gradiente d’età (Saglia et al., 2000, AA, 360, 911; La Barbera et al., 2003, AA, 409, 21); La presenza dei gradienti di metallicità è compatibile sia con lo scenario del “collasso monolitico” che con lo scenario del “merging gerarchico” per quanto riguarda il processo di formazione delle galassie ellittiche; La Barbera et al. (2004) non trovano alcun gradiente di colore nell’ottico per l’ammasso A2163B (z ~ 0.2), mentre per i colori “ottico – NIR” trovano un gradiente medio di -0.48 0.06 questo risultato è difficilmente spiegabile nell’ambito dello scenario del “collasso monolitico”, mentre trova una migliore spiegazione nell’ambito dello scenario del “merging gerarchico”. Popolazioni stellari Con il termine popolazione stellare si è soliti indicare un insieme di stelle di diversa massa ma che hanno in comune alcune caratteristiche, come l'età (supponendo che tutte le stelle di quella popolazione si siano formate alla stessa epoca) e la composizione chimica. Le galassie sono composte da stelle con proprietà fisiche differenti la distribuzione spettrale della luce di una galassia corrisponde a queste differenti proprietà; dall'evoluzione stellare sappiamo che le proprietà delle stelle dipendono, essenzialmente, dalla loro massa stelle di grande massa hanno una vita breve (~ 108 anni) ed emettono la maggior parte della radiazione nella regione blu dello spettro ( ~ 3000 - 5000 Å); viceversa, stelle di piccola massa hanno una vita lunga (~ 1010 anni) ed emettono la maggior parte della radiazione nella regione rossa dello spettro ( ~ 7000 - 9000 Å); lo spettro di una galassia è la somma degli spettri delle sue stelle le proprietà degli spettri delle galassie si ottengono combinando gli spettri delle stelle di diversa massa di cui sono composte, pesando il contributo delle stelle di una data massa con il numero di queste (sintesi delle popolazioni stellari). Una popolazione stellare giovane è composta, principalmente, da stelle di grande massa e di colore blu: 1) sarà caratterizzata, complessivamente, da un colore blu; 2) poiché le stelle di grande massa vivono per un breve periodo, la loro presenza indica che la popolazione stellare di cui fanno parte è "giovane", cioè è stata formata di recente; 3) le galassie dominate da popolazioni stellari giovani mostrano un colore blu. Disco di galassia a spirale. Lo spettro a fianco mostra la distribuzione spettrale di un disco, particolarmente intensa nella regione blu. Nelle galassie ellittiche, in cui prevale la presenza di una popolazione stellare vecchia, lo spettro sarà dominato dalla radiazione emessa nella regione rossa. Galassia ellittica Spettro tipico di una galassia ellittica, più intenso nella regione rossa. Le proprietà osservate delle galassie dipendono anche dalle proprietà chimiche delle stelle che le compongono; le galassie con stelle ricche di metalli, cioè di elementi piu pesanti dell'idrogeno e dell'elio, dette galassie di "elevata metallicità", mostrano colori rossi; le galassie povere di metalli, dette galassie di "bassa metallicità", mostrano colori blu; la teoria dell'evoluzione stellare permette di calcolare le proprietà (come il colore) di una intera popolazione stellare in funzione di parametri quali l'età e la metallicità; i modelli di sintesi di popolazioni stellari consentono di creare una corrispondenza tra le proprietà fisiche (età e metallicità) delle galassie e le caratteristiche degli spettri luminosi emessi da queste, in particolare dei colori; lo studio delle popolazioni stellari nelle galassie consiste nel misurare le caratteristiche degli spettri emessi dalle galassie e, utilizzando questa corrispondenza, derivare le proprietà fisiche delle popolazioni stesse. Degenerazione età - metallicità Il colore rosso di una galassia può essere dovuto a due effetti: 1) galassia intrinsecamente più ricca di metalli; 2) galassia più vecchia. Infatti, in una galassia “vecchia”, le stelle di seconda generazione si sono formate da un gas arricchito di metalli, residuo dall’esplosione delle stelle di prima generazione, e quindi sono rosse per la metallicità. Analogamente, una galassia “giovane” le cui stelle si sono formate da un gas arricchito di metalli sarà “rossa” per lo stesso effetto. il colore della popolazione stellare è determinato dal colore del punto di “turn-off” della “sequenza principale” (MSTO); due popolazioni, di cui una un po' più vecchia ed una un po' più metallica, hanno lo stesso MSTO e quindi mostrano quasi esattamente lo stesso spettro non è facile capire se la relazione coloremagnitudine sia dovuta ad una differenza in età o in metallicità. Per rompere la degenerazione ci sono diverse tecniche: Si possono osservare le galassie ellittiche lontane, nel momento in cui erano più giovani, rivelando così in modo diretto eventuali differenze di età: il punto delicato consiste nel confrontare osservazioni locali con osservazioni di galassie lontane; per le galassie locali si possono utilizzare i dettagli fini degli spettri, come i rapporti tra alcune righe particolari, che dipendono in modo diverso da età e metallicità (indici di riga): i risultati però dipendono dai modelli utilizzati per interpretare le popolazioni stellari; si possono osservare le galassie nel vicino IR, dove gli effetti di età e metallicità cominciano a distinguersi: anche in questo caso, i risultati vengono interpretati alla luce dei modelli di popolazione stellare. Relazioni tra parametri strutturali Per le galassie esistono relazioni strutturali, analoghe al diagramma HR per le stelle, che le portano ad occupare regioni limitate in un certo spazio dei parametri. A differenza delle stelle però queste relazioni non sono generali ma valgono per classi limitate di galassie, e sono in genere di interpretazione complessa. In particolare, per le ellittiche valgono una serie di relazioni, quali la CM e la Mg2 - 0 che, come visto, permettono di ottenere utili informazione sulle proprietà di queste galassie, nel loro insieme. Una relazione particolare tra parametri delle galassie ellittiche è il così detto “Piano Fondamentale” (Dressler et al., 1987, ApJ, 313, 42; Djorgovski & Davis, 1987, ApJ, 313, 59), che definisce uno spazio 3-D tra i seguenti osservabili: la dispersione centrale di velocità 0, il raggio efficace re, e la brillanza superficiale e. Poiché di questi 3 parametri solo uno (re) dipende dalla distanza, questa relazione può essere utilizzata in modo efficace come “indicatore di distanza”. Queste tre quantità non si dispongono nello spazio in modo casuale, ma definiscono un “piano sottile” che nella banda r di Gunn assume la seguente forma (Jørgensen et al., 1996, MNRAS, 280, 167): log Re = 1.24 log 0 - 0.82 e + ’ L’esistenza del “Piano Fondamentale” (FP) per le galassie ellittiche può essere spiegato in modo semplice a partire dal teorema del Viriale, che permette di ricavare il seguente “Piano Fondamentale teorico”: log Re = 2 log 0 - 0.4 e + log (CrCv) – log (M/L) + dove Cr e Cv sono due costanti di struttura adimensionali e M/L è il rapporto “massa – luminosità” delle galassie. Il piano teorico è leggermente diverso da quello osservato, nel senso che tra i due piani esiste un’inclinazione meglio conosciuta col termine di “tilt del piano fondamentale”. Possibili spiegazioni del “tilt del FP”: 1. le galassie ellittiche sono strutture omologhe ed il rapporto M/L è una funzione della massa M; 2. le galassie ellittiche non sono strutture omologhe Nel caso 1., tutte le galassie ellittiche sono tra di loro simili, sia per quanto riguarda la struttura che la cinematica, per cui i parametri Cr e Cv sono costanti ed il “tilt” è dunque dovuto alla dipendenza del rapporto M/L da M. Nel caso 2., le galassie ellittiche non sono tra di loro simili, per cui i parametri Cr e Cv non sono costanti ed a ciò è da imputare il “tilt” del piano fondamentale. In questo caso, il rapporto M/L è una costante. Altro aspetto importante del FP: pur essendo un piano “sottile”, è presente una dispersione non spiegabile esclusivamente con gli errori di misura sulle grandezze coinvolte questo costituisce ancora un puzzle non risolto del FP. Si crede che il FP sia una conseguenza dei processi di formazione ed evoluzione delle galassie ellittiche; la sua origine fisica non è ancora chiara; se i profili di luminosità e la struttura dinamica delle galassie ellittiche sono tra di loro simili (omologia), allora il teorema del viriale implica che il rapporto M/L sia una funzione di re, <e>, 0. Ma se la funzione che lega M/L con re, <e>, 0 è unica ed è esprimibile con una legge di potenza, allora ci si aspetta una relazione come il piano fondamentale; l’eventuale processo fisico che porta a questa relazione unica tra M/L e re, <e>, 0 non è noto; Proiezioni del piano fondamentale: 1) Relazione di Kormendy: (log re , <e>) Questa relazione ci dice che tanto più le galassie ellittiche sono grandi e luminose, tanto meno sono dense. Essa dovrà essere spiegata dalle teorie di formazione delle galassie. Una possibile interpretazione è che le galassie ellittiche di bassa luminosità si siano formate dissipando più gas rispetto a quanto abbiano fatto le galassie ellittiche giganti. Versione originale della relazione di Kormendy (1977) Per una discussione sulle implicazioni derivanti da una dipendenza della pendenza da z, si veda: La Barbera et al. (2003, ApJ, 595, 127). 2) Relazione Faber-Jackson: (MT , log 0) Maggiore è la dispersione di velocità centrale di una galassia ellittica, maggiore è la sua luminosità: L 04 Questa relazione può essere utilizzata come indicatore di distanza, quando viene confrontata con la stessa relazione ottenuta per galassie di distanza nota. Relazione di Tully-Fisher: Stessa relazione ottenuta per le galassie a spirali, sostituendo alla dispersione centrale la velocità massima di rotazione: L vmax4 3) Relazione di Dressler: (Dn , 0) Questa relazione è equivalente alla Faber-Jackson e alla Tully-Fisher e rappresenta il piano fondamentale visto di “taglio”; si usa la correlazione tra la dispersione di velocità centrale ed il diametro angolare dell’isofota avente una certa brillanza superficiale: per questo motivo può essere considerata come un miglioramento della relazione di Faber-Jackson; la sua calibrazione è più difficoltosa rispetto alla TullyFisher in quanto ci sono solo poche galassie ellittiche giganti vicine; questa relazione è un ulteriore esempio di come il piano fondamentale possa essere utilizzato come indicatore di distanza. Il piano fondamentale come indicatore di distanza L’equazione: log re = log 0 + <e> + lega una quantità che dipende linearmente dalla distanza (re) a quantità che sono indipendenti dalla distanza (0 e <Ie> = L/(2re2)). Misurando re in arcsec (e) e determinandone il valore in kpc tramite l’equazione del piano fondamentale si determina la distanza D della galassia con una precisione del 20% (D = (206265 x re)/e). Una stima indipendente della distanza si ottiene con la legge di Hubble: DH = cz/H0. La differenza tra la velocità di recessione e D, espressa in km/s, ci fornisce la velocità peculiare: vpec = cz - D/H0 I coefficienti del piano fondamentale: Per un sistema in equilibrio vale il teorema del viriale: 2E + U = 0 L’energia cinetica per unità di massa per una galassia ellittica vale: E 02. L’energia potenziale gravitazionale per unità di massa per una galassia ellittica vale: U -GM/r. Per il teorema del viriale deve dunque valere una relazione del tipo: 02 GM/r Essendo: L = c1 <Ie> re M = c2 re 02 L c1 <Ie> = c 2 re 2 0 M re = c2 1 02 1 c1 M/L <Ie> c1 e c2 sono due costanti strutturali che dipendono dalla densità e dalla dinamica della galassia Se: c2/c1 Lb (b = 0 strutture omologhe tutte le galassie ellittiche hanno la stessa struttura dinamica) Se: (a = 0 tutte le galassie ellittiche hanno le stesse popolazioni medie) M/L La re Lb L-a 02 <Ie>-1 = L(b-a) 02 <Ie>-1 (re2 <Ie>) (b-a) 02 <Ie>-1 = re2(b-a) <Ie>(b-a) 02 <Ie>-1 re(1+2a-2b) <Ie>(b-a -1) 02 (1+2a-2b) log re 2 log 0 + (b-a-1) log <Ie> log re [2/(1+2a-2b)] log 0 + [(b-a-1)/(1+2a-2b)] log <Ie> Posto: = [2/(1+2a-2b)] = [(b-a-1)/(1+2a-2b)] i valori: = 1.25 e = - 0.82 si ottengono per a = 0.3 e b = 0. Fine