Neve a Vignanello Quella mattina era diversa dalle altre, il biancore della luce riflessa sulla coltre di neve, già si notava attraverso le fessure delle tapparelle che almeno a casa mia, non hanno mai chiuso alle perfezione. Imbottiti all’ inverosimile, (e spesso anche più del dovuto), da mamme premurose poco avvezze, vista la nostra latitudine alle precipitazioni nevose, finalmente scendevamo sotto casa. Ed allora per una sorta d’ istinto solitamente sopito in noi, sembrava che quello fosse stato da sempre il nostro elemento naturale, le nostre piccole mani di bambini si riempivano di quella strana sostanza che aveva colorato di bianco tutto l’ orizzonte, e con naturalezza si portavano alla bocca per saggiarne quel sapore, che apparentemente squisito ai nostri palati, in realtà la neve non possiede. Non si è mai saputo chi fosse a lanciare la prima palla, ma quel gesto era l’ inizio di una guerra epica, ma fortunatamente incruente che riusciva a protrarsi senza sosta decine e decine di minuti. Sfogato così l’ entusiasmo iniziale, erano poi le velleità artistiche a prendere il sopravento, pupazzi di neve di ogni dimensione spuntavano ovunque, dei ciottoli prendevano il posto degli occhi e delle carote assumevano la forma di improbabili nasi da fare invidia a quello di Pinocchio. Non ancora paghi e sazi di quella energia che nei bambini diventa se opportunamente stimolati una fonte pressoché inesauribile, passavamo alla costruzione dei più disparati tipi di slittino che si potevano fare : dal sacco in nylon di solito utilizzato per contenere il concime, elemento facilmente reperibile in qualsiasi magazzino di un paese agricolo come il mio, a delle vere e proprie slitte, che quando eravamo più grandini riuscivamo a costruire con vecchie tavole ricurve di botti dismesse e prelevate da qualche cantina, un attimo prima che finissero bruciate in un camino. Quando finalmente e dopo diversi richiami delle rispettive madri ritornavamo a casa, eravamo fradici, stanchissimi ma soddisfatti di quella magia discesa dal cielo che nel solo arco di una giornata aveva trasformato il nostro paesaggio reso triste e spoglio dalla stagione invernale, in una località alpina, che almeno a quei tempi, quasi nessuno di noi era riuscito a vedere se non in televisione. .