Introduzione al Vangelo secondo Introduzione – Per necessità didattiche ed esigenze liturgiche, gli Apostoli e i primi araldi del Vangelo ritennero opportuno fissare per iscritto, fra tutte le parole e le gesta di Gesù, quelle che sembravano più adatte a manifestarlo, e particolarmente necessarie per la comunità. Fu così che, nella seconda metà del primo secolo, in diversi ambienti, ad opera di personalità apostoliche o direttamente a contatto con gli apostoli, nacquero i nostri quattro Evangeli. I Vangeli – – – – – – I Vangeli non sono biografie di Gesù e neppure il resoconto circostanziato della Sua vita: sono invece la presentazione del Suo messaggio e delle Sue opere, fatta da discepoli che vivevano in comunità missionarie e liturgiche. Vi sono buone ragioni per ritenere che le rispettive culle siano state le Chiese di Gerusalemme, di Roma, di Acaia e di Efeso secondo la traiettoria della propaganda cristiana primitiva. Nella composizione dei singoli vangeli, ogni evangelista ha una sua prospettiva, segue un suo progetto, disegna un suo ritratto della figura di Cristo, risponde alle esigenze della comunità cui indirizza il suo racconto: Per Matteo si pensa a destinatari di origine ebraica convertiti al cristianesimo, legati alle loro radici, ma spesso in tensione con gli ambienti da cui provenivano. Si connette con l’ambiente giudaico di Gerusalemme, (comunità giudeo / cristiane); Luca si connette con quello dell’Ellade, (comunità pagane convertite da Paolo); Giovanni con quello cosmopolita di Efeso, (comunità più “adulte”) Marco con quello universale di Roma, (comunità di pagani convertite da Pietro). L’APOSTOLO MATTEO – – – Matteo è un nome che viene dall’aramaico MATTAI, forma abbreviata dell’ebraico MATTANYAH che significa DONO DI DIO. Il più noto personaggio biblico è l’autore del primo Evangelo canonico. Nella storia del cristianesimo, il Vangelo di Matteo, è stato senz’altro il vangelo più popolare, più letto e commentato e, anche se quello di Marco è considerato il primo in ordine cronologico. Apostolo, chiamato direttamente da Gesù, Marco lo chiama anche Levi. Eraf figlio di Alfeo. Era gabelliere di professione e venne chiamato da Gesù proprio mentre stava davanti al banco delle imposte. Egli rispose immediatamente all’invito di Gesù (9, 9-13) e anzi diede un banchetto sia per onorare il nuovo Maestro, sia per dire addio alla professione e agli amici che in essa aveva avuto. Siccome egli esercitava la professione a Cafarnao, pare che fosse alle dipendenze di Erode Antìpa, o almeno avesse preso in appalto i dazi di quel territorio: non era certamente un funzionario romano. Nelle liste degli apostoli tiene ora il settimo ora l’ottavo posto. Pare abbia predicato in oriente. Le sue reliquie sono state portate nel territorio di Salerno nel 954 e poi collocate nella cripta della cattedrale. La chiesa latina ne celebra la festa, venerandolo come martire, il 21 settembre. Riferimento – Come gli altri tre, anche il Vangelo che si presenta col nome di Matteo è in realtà anonimo. Non ha una firma, né una dichiarazione di autenticità. Tra gli studiosi, c’è molta diversità di opinioni per stabilire chi sia l’autore del testo, o, meglio, il “redattore finale”. Datazione – Matteo scrisse il primo vangelo, forse tra gli anni 40 e 50, in Palestina, per i cristiani convertiti dal giudaismo, in aramaico, la lingua comune in Palestina ai tempi di Gesù, ma di esso non abbiamo traccia. A noi, invece è giunto il testo greco di Matteo, scritto probabilmente nel decennio che va dal 70 all’80 d.C. Le Fonti – Oggi si preferisce affermare che sia Matteo sia Luca seguono lo stesso schema di Marco, che quindi è più antico; e tutti, per gli insegnamenti di Gesù, si rifanno alla fonte Q (dal tedesco Quelle = Fonte). – Oltre al materiale di Marco e Q, Matteo ne contiene dell’altro suo proprio. Dato che Mc e Q sono fonti scritte, numerosi critici pensano a un terzo documento per il materiale proprio di Matteo. – Non c’è alcuna ragione valida che impedisca di pensare che questo materiale sia consistito in brani sparsi di tradizione orale messi per la prima volta in iscritto da Matteo. I due depositi da cui gli autori hanno attinto TRIPICE TRADIZIONE FONTE “Q” IL Redattore – A chi si deve, dunque, la redazione attuale che noi possediamo? – Tenendo conto delle recenti teorie sulla “storia delle forme”, “storia delle tradizioni”, “storia delle redazioni”, si conclude, da parte degli studiosi, che l’autore del testo potrebbe essere un personaggio autorevole di un’antica comunità giudeo-cristiana della diaspora palestinese o siriana. Forse un rabbino convertitosi al cristianesimo come Paolo. Probabilmente, un giudeo ellenista che appartiene alla seconda o terza generazione cristiana. E’ di lingua greca e cita l’Antico Testamento dalla versione greca dei Settanta. Ha familiarità con la scrittura, attento all’ermeneutica delle scuole del tempo. – Una figura eminente della chiesa giudaico-cristiana. Un pastore d’anime e insieme un teologo, preoccupato delle retta comprensione del messaggio evangelico e della sua attuazione. Un moralista attento, comprensivo, ma anche esigente, severo. Un maestro spirituale che sembra non allentare mai la corda con i suoi discepoli. E’ sintetico, sbrigativo, va subito all’essenziale. Matteo è il tipico uomo di Chiesa, preciso, categorico, cattedratico. – Il primo Vangelo è certo opera di un’unica personalità. I DESTINATARI – La parola di Dio è destinata a tutti gli uomini: di ogni luogo e di ogni tempo. Ma i testi scritti, ispirati, specie del Nuovo Testamento, nascono, come sappiamo, da e per una comunità precisa e per un contesto preciso di persone e di avvenimenti. Molto spesso sono la risposta a problemi insorgenti, riguardanti la vita di fede e della comunità. Per questo risultano differenziati e diversamente qualificati. – La lettera di Paolo ai Romani ha contenuti diversi da quella a Filemone; il testo di Matteo da quello di Luca. – Il testo di Matteo sembra essere prodotto da una comunità, anche più degli altri sinottici. I DESTINATARI – – – – Quale comunità? - Quale l’ambiente vitale in cui nasce il testo? - Quali le caratteristiche del redattore finale? E’ ritenuta più probabile la collocazione della comunità di Matteo nella fascia costiera siropalestinese, in quell’ambiente dove Damasco, Cesarea, Antiochia sono centri culturali rilevanti. Una comunità, dunque, di giudeo-cristiani, oppure giudei della diaspora convertiti. Forse principalmente residente ad Antiochia. Qui infatti Pietro presiedette la comunità che gli riconosceva il primato, qui vennero discusse le relazioni tra ebrei e greci convertiti al cristianesimo, qui si analizzò il rapporto tra il Vangelo e la legge. Pare che la comunità in cui Pietro fosse stato presente fosse un comunità di poveri, di perseguitati dalla sinagoga dopo una rottura ufficiale col giudaismo. Per questo il testo è sempre in polemica con tutte le espressioni giudaiche della Palestina e di Gerusalemme. Forse è già una comunità cristiana in crisi: ci sono falsi profeti, persone arroganti non disposte a perdonare. Altri sono intolleranti verso i più deboli ai quali vorrebbero imporre il loro modo di agire e di credere. C’è chi è talmente preso dalla novità di Gesù da rifiutare tutto l’Antico. E c’è chi è talmente tradizionalista da non riconoscere in Gesù nulla di nuovo rispetto all’antico. Una comunità divisa, insomma, alla quale viene ricordato l’amore ai nemici, l’essere perfetti come il Padre, una misericordia senza fine e la necessità di essere miti e umili di cuore. Con la gioia e la certezza che il Vangelo, la salvezza, il progetto divino sono per tutti gli uomini che, attraverso la fede e il battesimo, possono diventare discepoli di Cristo. Il Linguaggio – E’ l’aspetto caratteristico di ogni scrittore. Nell’opera di Matteo è possibile cogliere il messaggio solo chiarendone il linguaggio, che è personalissimo. – Ben lontano dall’essere uno scrittore ingenuo o un semplice raccoglitore di antiche cronache, Matteo è uno scrittore lucido che persegue uno scopo preciso. Individuare tale scopo è dunque fondamentale per intendere il testo. Egli non pensa a sé e neppure ai posteri, ma al presente, ai fratelli di fede con cui vive. E sono fratelli che provengono da una fede e da una mentalità ebraica. – Il riferimento alle Antiche Scritture è dunque necessario. – Si sono contati, nel Vangelo di Matteo, circa 130 passi in cui si fa riferimento ai testi dell’Antico Testamento. Di questi, 66 sono effettive citazioni e 43 sono quasi letterali. – Il tutto per dimostrare che Gesù è il Messia atteso e che in lui si realizzano, sono portate a compimento le scritture: egli è il compimento. Caratteristiche letterarie – E’ convinzione oggi comune che i ricordi di Gesù, cioè le sue parole e i suoi gesti, non siano stati tramandati meccanicamente, ma raccolti, ordinati, elaborati in base alle esigenze della fede delle diverse comunità cristiane: esigenze pastorali, di culto e altro. – Tutto questo avvenne prima che i diversi evangelisti fissassero i ricordi nei loro scritti, orientandoli e scegliendoli in modo da mettere in luce - a loro volta - il proprio particolare punto di vista: un conto è la prospettiva teologica di Matteo, un conto quella di Marco, un conto quella di Luca. Possiamo dire che i ricordi che risalgono a Gesù, furono tramandati obbedendo a una duplice finalità: 1. alla memoria di Gesù, a cui restano sempre fedeli; 2. alla propria contemporaneità, a cui si rivolgono. Storia e fede, dunque, ricordo e teologia, i due aspetti sono indissolubilmente uniti. – Perciò nel Vangelo noi sentiamo la voce di Gesù, la voce della Tradizione (la predicazione orale degli Apostoli) che l’evangelista ha messo per iscritto, attualizzando a sua volta il messaggio e infine la voce della Chiesa che lo ha predicato. Caratteristiche letterarie – Ma per una lettura attenta dei Vangeli, bisogna tenere presente alcune regole: – Per leggere un brano evangelico è indispensabile ricostruire il sottofondo veterotestamentario, esplicito e implicito, a cui esso fa riferimento. Tale ricostruzione serve per cogliere, da una parte, la continuità di Gesù e, dall’altra, la sua insopprimibile novità. Questo è particolarmente importante per il Vangelo di Matteo. – Occorre inoltre - ed è la seconda regola - studiare il singolo brano alla luce di tutto il contesto evangelico e, dove è possibile, fare il confronto con i testi paralleli degli altri evangelisti. Il confronto è indispensabile per una lettura che voglia essere in grado di cogliere gli interessi particolari di un evangelista, le sue sottolineature, le sue preoccupazioni, il suo disegno teologico e il modo con cui svolge il discorso, la sua originalità nel predicare il mistero di Gesù. – In terzo luogo, occorre collocare il brano nella vita di Gesù e nella vita della successiva comunità. Abbiamo detto, infatti, che le parole di Gesù vissero nella Chiesa, continuamente predicate, riferite e approfondite in base ai bisogni e ai problemi pastorali delle diverse comunità. – Infine, occorre leggere il testo alla luce della nostra vita attuale, così da ripetere, a partire dai nostri problemi e delle nostre situazioni, quello che le comunità di allora hanno fatto a partire dai loro problemi e dalle loro situazioni. Nota Commissione Biblica Nota della Pontificia Commissione Biblica del 1964 in una istruzione riguardante lo studio dei Vangeli – Se il lettore moderno del Vangelo “non pone mente a tutte queste cose che riguardano l’origine e la composizione dei vangeli, e non farà debito uso di quanto di buono gli studi recenti hanno apportato, non potrà … scoprire quale sia l’intenzione degli autori sacri e che cosa abbiano realmente detto” . Caratteristiche dottrinali – Matteo è molto interessato alla dottrina di Gesù. I discorsi sono più numerosi e più ampi degli altri Vangeli. La stessa disposizione della materia sembra seguire un ordine didattico, che fa perno a cinque grandi discorsi: – – – – – il discorso del monte (capp. 5,6 e 7) il discorso della missione (cap. 10) le parabole del regno (cap. 13) il discorso ecclesiale (cap. 18) il discorso escatologico (capp. 24-25). In questo il Vangelo di Matteo si diversifica molto da quello di Marco, il quale riferisce pochi discorsi e preferisce i fatti. Cenno al discorso sulla montagna – È lì, seduto sul monte, ma non è “il nuovo Mosè”: è il Signore. Così viene chiamato Gesù in tutto il Vangelo. Ora, come un giorno Dio dal monte Sion dettò la sua Legge, chiamata poi “La Legge di Mosè”, così oggi i discepoli sentono il loro Signore che dal monte annuncia “La Legge del Regno”, mettendo fine al “Regno della Legge”. Ma prima di spiegare questo, Gesù nelle Beatitudini (5,3-12) ci offre, il suo “autoritratto”, che deve diventare il nostro, perché noi, come ci dice Gesù, dobbiamo essere “sale della terra” e “luce del mondo” in modo che la gente “veda le vostre opere buone e lodi il Padre vostro che è nei cieli” (5,13-16). – Nel suo parlare sulla montagna risuona numerosissime volte la parola “Padre”: Alla parola “Padre” corrisponde la parola “figli”. Sono due parole, che ci spingono a tenere conto di un’altra parola: “fraternità”, anche se non viene usata. Bastano queste indicazioni per capire che tutto il discorso è centrato sulle relazioni interpersonali che partono sempre dal cuore. Come costruire la fraternità (5,21-47) (discorso sulla montagna) – – Dice Gesù: «Avete udito che fu detto agli antichi: “Non uccidere”. Ora, io vi dico: “Chi si adira contro il proprio fratello, chiunque ferisce il proprio fratello con parole, chiunque lo elimina dal proprio cuore, chiunque vive come se l’altro non esistesse, chiunque cerca di eliminarlo dalla società (in una parola di ucciderlo nel proprio cuore e nelle sue relazioni sociali), sarà sottomesso al giudizio e condannato”». E poi: «Se ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te... corri a riconciliarti con il tuo fratello». Il solo ripetersi per quattro volte della parola “fratello” dice che Gesù sta parlando della fraternità all’interno di una comunità di fede; egli ci insegna a costruire fraternità mediante la riconciliazione: “Va’ a riconciliarti con il tuo fratello”. Le sue parole invitano a vivere la fraternità nel profondo del cuore e ciò è possibile se lasciamo che Dio, compiendo le sue profezie, cambi il nostro cuore di pietra in cuore di carne per poter vivere in pienezza la legge dell’amore (Ez 11,19-20; 36,25-29). In Geremia 31,33-34 si legge: «Scriverò la mia legge nel loro cuore... mi dimenticherò del loro peccato». Elemosina, Preghiera e Digiuno (6,2-6.16-18) – Sono solo esempi per evidenziare il modo con cui si deve compiere ogni atto o opera religiosa: non per essere ammirati dagli altri, ma da Dio “che vede nel segreto”, che conosce l’intenzione profonda del nostro agire. Dobbiamo imparare a sentire la gioia di essere continuamente sotto lo sguardo amoroso del Padre ed è a Lui che rivolgiamo la nostra preghiera. Gesù ci insegna la “preghiera dei figli”: il Padre nostro. Non è facile questa preghiera. Il pronome “nostro” ci riporta al senso della fraternità. Perciò se quando la diciamo non c’è in noi lo sforzo di essere fratelli, noi pronunziamo una menzogna. Il senso della fraternità ritorna con: “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo agli altri (6,9-13) e ci porta a un vero distacco dalle ricchezze e a non mettere la nostra fiducia nel denaro che è solo un mezzo di sussistenza e un’occasione di condivisione. Impossibile servire Dio e il denaro (6,19-24). Il cristiano è colui che sa mettere Dio al primo posto. Caratteristiche dottrinali • Ma nonostante questo innegabile interesse per la dottrina di Gesù, Matteo non vuole assolutamente ridurre il Vangelo a una dottrina. Egli è ben consapevole che il Vangelo è innanzitutto una persona e una storia. Ecco perché, dietro la struttura letteraria che fa perno sui cinque discorsi, è visibile la storia di Gesù, identica al racconto di Marco: dalla Galilea alla Giudea, dal battesimo nel Giordano alla passione/risurrezione. Matteo unisce sapientemente racconto e catechesi, storia e dottrina: la dottrina nasce dalla storia di Gesù, la illustra e la commenta. Caratteristiche dottrinali – La catechesi di Matteo spiega una storia il cui unico protagonista è Gesù. Il primo intento dell’evangelista è di mostrarci il significato salvifico della Sua persona e della Sua parola. – Gesù è il Maestro, il nuovo Mosè superiore all’antico, il profeta portatore della parola di Dio ultima e definitiva. In tal modo il giudaesimo è invitato a superarsi perché la parola ultima non è quella di Mosè, né la tradizione dei padri, ma la parola di Gesù. – Ma il Vangelo di Matteo è anche sensibile alla Chiesa e Matteo è l’unico evangelista che mette in bocca a Gesù la parola “ecclesia” (16,18 e 18,17). Ma soprattutto è ecclesiale perché i temi che tratta sono scelti in base alle esigenze della comunità. Caratteristiche dottrinali (continuità con l’A.T.) – Un primo importante problema è la continuità con l’Antico Testamento. Continuità che sembrava messa in questione dal rifiuto che il popolo giudaico ha opposto a Gesù. Matteo si preoccupa continuamente di mostrare che la storia di Gesù e della sua comunità è in armonia con le Scritture, ecco perché l’evangelista cita con frequenza l’Antico Testamento. – Siamo in una comunità giudeo-cristiana degli anni 80, circondata da un giudaesimo che, avendo perso la propria consistenza politica dopo la catastrofe dell’anno 70, si stringe intorno alla Legge e a una rinnovata fedeltà ai principi e alla prassi giudaica. L’evangelista si preoccupa di indicare l’originalità cristiana e le caratteristiche della giustizia evangelica. Ecco perché Matteo sviluppa il suo Vangelo attraverso un continuo dibattito/confronto con la dottrina degli scribi e dei farisei. Caratteristiche dottrinali (problemi interni alla comunità) – Non mancano, infine, i problemi interni alla stessa comunità cristiana. Molte sono le situazioni che necessitano di chiarezza: – come concepire la missione in mezzo ai pagani e come condurla? – Come risolvere, alla luce delle esigenze di Gesù, alcuni casi della vita, quali il matrimonio, le ricchezze, l’autorità? – Che posizione prendere di fronte alle divisioni che affiorano nella stessa comunità, di fronte ai peccati che continuano a riprodursi e agli scandali? – Sono alcuni interrogativi molto concreti che Matteo non passa in alcun modo sotto silenzio. Anche per questo il suo Vangelo ci risulta particolarmente vivo e attuale. IL MESSAGGIO E LA TEOLOGIA DI MATTEO – Il Vangelo di Matteo è il libro della storia di Gesù raccontata o presentata ai fratelli della comunità ecclesiale. Talora è apologia, istruzione religiosa, annuncio iniziale, liturgia. – Per Matteo e la sua comunità il Gesù di Nazaret non è l’uomo di cui si ricordi una vicenda del passato. Egli è invece il nuovo Mosè, il Messia promesso e atteso, colui che ha offerto e continua a offrire la sua vita per la salvezza degli uomini, di tutti gli uomini. – Egli è il Risorto, il Vivente, il Presente, vivo nella storia degli uomini e nella comunità che gli crede e lo accetta: la Chiesa. – “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del tempo” (28,20). “Là, infatti, dove si trovano due o tre radunati nel mio nome, io mi trovo in mezzo a loro” (18,20). “In quanto l’avete fatto anche a uno solo dei più piccoli di questi miei fratelli, l’avete fatto a me” (25,40). “Chi accoglie voi, accoglie me” (10,40). Cristo /Chiesa – Ormai, il Cristo si identifica con la sua Chiesa alla quale ha dato ogni potere e che già battezza nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo: formula ecclesiale e liturgica della fine del primo secolo. La Cristologia di Matteo è strettamente unita alla sua Ecclesiologia, fino quasi a identificarsi. Punto di riferimento determinante è sempre il Padre. Si realizza la sua volontà e si va a Lui sulla linea e l’esempio di Gesù . Pietro e la Chiesa • Pietro, nella Chiesa, ha un valore fondamentale. È la pietra d’angolo della nuova costruzione. A differenza di Marco, l’evangelista Matteo, forse in ricordo dell’antica presenza in comunità dell’apostolo, parla sempre bene di Pietro. Egli è chiamato direttamente da Gesù; a Cafarnao lo ospita abitualmente in casa sua e ne guarisce la suocera. È sempre il primo nella lista dei dodici e dei tre prediletti. A lui Gesù fa la lode più bella (“beato te, Simone, figlio di Giona…”) e conferisce il primato nella Chiesa. Egli si pente amaramente per aver rinnegato il suo Maestro. Verso di lui cammina entusiasta correndo sulle acque. Pietro è debole, ma fedele e ardente d’amore per il suo Gesù. Così deve essere la Chiesa. La Famiglia di Gesù – Gesù Cristo poteva essere umanamente considerato un profeta fallito per la sua scandalosa morte in croce e incomprensione da parte del suo popolo. In realtà, egli è misteriosamente il divino vincitore, il Figlio di Dio, il Salvatore, il Risorto. E tale deve essere la sua Chiesa, potenza di Dio tra gli uomini, con i suoi paradossi, i suoi contrasti, i suoi scandali. Dio con la sua potenza sceglie gli ultimi per collocarli al primo posto. E vuole la sua famiglia formata non da “maestri”, da “padri”., da “ipocriti”, da “sepolcri imbiancati”, da “esibizionisti arroganti”, ma da umili e miti peccatori che si pentono e non temono i nemici, perché non ne hanno. Perché amano il Padre e il suo Cristo, si amano tra di loro e amano tutti. Fondamento della Chiesa • Con lo sguardo sempre rivolto a Gesù, l’evangelista è vivamente attento alla comunità in cui vive e che guida. • La Chiesa, l’assemblea, la comunità non è una semplice associazione o aggregazione di bene intenzionati. Essa nasce dal battesimo e cresce nella celebrazione dell’eucaristia Pasquale; in intima comunione con Cristo fa del bene a tutti, senza distinzione tra buoni e cattivi, giusti o ingiusti. • Ha per fondamento la Parola di Dio con l’esercizio della preghiera (la formula attuale ecclesiale del Padre Nostro è di Matteo), il digiuno, l’aiuto al prossimo. • E pregare non è “dire”, ma “fare” la volontà del Padre, come faceva Gesù. Cristo /Giudice – Un aspetto particolare del Vangelo di Matteo è il “giudizio finale”: di Dio sui credenti (25,14-30) e di Gesù sulle genti (25, 31-46). – Il Cristo è immaginato spesso come il Giudice. Circa sessanta volte in Matteo si parla di giudizio. Un tale aspetto del comportamento di Dio verso gli uomini, già presente nell’Antico Testamento, proveniva forse da influssi delle religioni orientali e particolarmente da quella persiana. – Gesù non è venuto a giudicare o condannare nessuno. Egli è il Salvatore, il Redentore di tutti. È venuto a salvare ciò che era perduto. – Purtroppo, l’uomo può rifiutare la redenzione e la salvezza (libero arbitrio). Insegnamento Cristiano di Matteo – Stupendo è l’insegnamento cristiano di Matteo sulla serenità di chi vive secondo Cristo: “Non affannatevi per la vostra vita … Il Padre vostro celeste sa di che cosa avete bisogno. Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia e tutto il resto vi sarà dato in regalo” (6,25.32-33). Fratelli di Gesù