Introduzione al Vangelo
secondo
Introduzione
– Per necessità didattiche ed esigenze liturgiche, gli
Apostoli e i primi araldi del Vangelo ritennero
opportuno fissare per iscritto, fra tutte le parole e le
gesta di Gesù, quelle che sembravano più adatte a
manifestarlo, e particolarmente necessarie per la
comunità. Fu così che, nella seconda metà del primo
secolo, in diversi ambienti, ad opera di personalità
apostoliche o direttamente a contatto con gli apostoli,
nacquero i nostri quattro Evangeli.
I Vangeli
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I Vangeli non sono biografie di Gesù e neppure il resoconto
circostanziato della Sua vita: sono invece la presentazione del
Suo messaggio e delle Sue opere, fatta da discepoli che
vivevano in comunità missionarie e liturgiche. Vi sono buone
ragioni per ritenere che le rispettive culle siano state le Chiese
di Gerusalemme, di Roma, di Acaia e di Efeso secondo la
traiettoria della propaganda cristiana primitiva.
Nella composizione dei singoli vangeli, ogni evangelista ha
una sua prospettiva, segue un suo progetto, disegna un suo
ritratto della figura di Cristo, risponde alle esigenze della
comunità cui indirizza il suo racconto:
Per Matteo si pensa a destinatari di origine ebraica convertiti
al cristianesimo, legati alle loro radici, ma spesso in tensione
con gli ambienti da cui provenivano. Si connette con
l’ambiente giudaico di Gerusalemme, (comunità giudeo /
cristiane);
Luca si connette con quello dell’Ellade, (comunità pagane
convertite da Paolo);
Giovanni con quello cosmopolita di Efeso, (comunità più
“adulte”)
Marco con quello universale di Roma, (comunità di pagani
convertite da Pietro).
L’APOSTOLO MATTEO
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Matteo è un nome che viene dall’aramaico MATTAI,
forma abbreviata dell’ebraico MATTANYAH che
significa DONO DI DIO. Il più noto personaggio
biblico è l’autore del primo Evangelo canonico. Nella
storia del cristianesimo, il Vangelo di Matteo, è stato
senz’altro il vangelo più popolare, più letto e
commentato e, anche se quello di Marco è
considerato il primo in ordine cronologico.
Apostolo, chiamato direttamente da Gesù, Marco lo
chiama anche Levi. Eraf figlio di Alfeo. Era
gabelliere di professione e venne chiamato da Gesù
proprio mentre stava davanti al banco delle
imposte. Egli rispose immediatamente all’invito di
Gesù (9, 9-13) e anzi diede un banchetto sia per
onorare il nuovo Maestro, sia per dire addio alla
professione e agli amici che in essa aveva avuto.
Siccome egli esercitava la professione a Cafarnao,
pare che fosse alle dipendenze di Erode Antìpa, o
almeno avesse preso in appalto i dazi di quel
territorio: non era certamente un funzionario
romano. Nelle liste degli apostoli tiene ora il settimo
ora l’ottavo posto. Pare abbia predicato in oriente.
Le sue reliquie sono state portate nel territorio di
Salerno nel 954 e poi collocate nella cripta della
cattedrale. La chiesa latina ne celebra la festa,
venerandolo come martire, il 21 settembre.
Riferimento
– Come gli altri tre, anche il Vangelo che si
presenta col nome di Matteo è in realtà
anonimo. Non ha una firma, né una
dichiarazione di autenticità. Tra gli studiosi,
c’è molta diversità di opinioni per stabilire chi
sia l’autore del testo, o, meglio, il “redattore
finale”.
Datazione
– Matteo scrisse il primo vangelo, forse tra gli
anni 40 e 50, in Palestina, per i cristiani
convertiti dal giudaismo, in aramaico, la lingua
comune in Palestina ai tempi di Gesù, ma di
esso non abbiamo traccia. A noi, invece è
giunto il testo greco di Matteo, scritto
probabilmente nel decennio che va dal 70
all’80 d.C.
Le Fonti
– Oggi si preferisce affermare che sia Matteo sia Luca seguono lo
stesso schema di Marco, che quindi è più antico; e tutti, per gli
insegnamenti di Gesù, si rifanno alla fonte Q (dal tedesco
Quelle = Fonte).
– Oltre al materiale di Marco e Q, Matteo ne contiene dell’altro suo
proprio. Dato che Mc e Q sono fonti scritte, numerosi critici
pensano a un terzo documento per il materiale proprio di Matteo.
– Non c’è alcuna ragione valida che impedisca di pensare che
questo materiale sia consistito in brani sparsi di tradizione orale
messi per la prima volta in iscritto da Matteo.
I due depositi da cui gli autori
hanno attinto
TRIPICE TRADIZIONE
FONTE “Q”
IL Redattore
– A chi si deve, dunque, la redazione attuale che noi possediamo?
– Tenendo conto delle recenti teorie sulla “storia delle forme”, “storia delle
tradizioni”, “storia delle redazioni”, si conclude, da parte degli studiosi, che
l’autore del testo potrebbe essere un personaggio autorevole di un’antica
comunità giudeo-cristiana della diaspora palestinese o siriana. Forse un rabbino
convertitosi al cristianesimo come Paolo. Probabilmente, un giudeo ellenista che
appartiene alla seconda o terza generazione cristiana. E’ di lingua greca e cita
l’Antico Testamento dalla versione greca dei Settanta. Ha familiarità con la
scrittura, attento all’ermeneutica delle scuole del tempo.
– Una figura eminente della chiesa giudaico-cristiana. Un pastore d’anime e
insieme un teologo, preoccupato delle retta comprensione del messaggio
evangelico e della sua attuazione. Un moralista attento, comprensivo, ma anche
esigente, severo. Un maestro spirituale che sembra non allentare mai la corda
con i suoi discepoli. E’ sintetico, sbrigativo, va subito all’essenziale. Matteo è il
tipico uomo di Chiesa, preciso, categorico, cattedratico.
– Il primo Vangelo è certo opera di un’unica personalità.
I DESTINATARI
– La parola di Dio è destinata a tutti gli uomini: di ogni luogo e di
ogni tempo. Ma i testi scritti, ispirati, specie del Nuovo
Testamento, nascono, come sappiamo, da e per una comunità
precisa e per un contesto preciso di persone e di avvenimenti.
Molto spesso sono la risposta a problemi insorgenti, riguardanti
la vita di fede e della comunità. Per questo risultano differenziati
e diversamente qualificati.
– La lettera di Paolo ai Romani ha contenuti diversi da quella a
Filemone; il testo di Matteo da quello di Luca.
– Il testo di Matteo sembra essere prodotto da una comunità,
anche più degli altri sinottici.
I DESTINATARI
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Quale comunità? - Quale l’ambiente vitale in cui nasce il testo? - Quali le caratteristiche del
redattore finale?
E’ ritenuta più probabile la collocazione della comunità di Matteo nella fascia costiera siropalestinese, in quell’ambiente dove Damasco, Cesarea, Antiochia sono centri culturali
rilevanti. Una comunità, dunque, di giudeo-cristiani, oppure giudei della diaspora convertiti.
Forse principalmente residente ad Antiochia. Qui infatti Pietro presiedette la comunità che gli
riconosceva il primato, qui vennero discusse le relazioni tra ebrei e greci convertiti al
cristianesimo, qui si analizzò il rapporto tra il Vangelo e la legge. Pare che la comunità in cui
Pietro fosse stato presente fosse un comunità di poveri, di perseguitati dalla sinagoga dopo
una rottura ufficiale col giudaismo. Per questo il testo è sempre in polemica con tutte le
espressioni giudaiche della Palestina e di Gerusalemme.
Forse è già una comunità cristiana in crisi: ci sono falsi profeti, persone arroganti non
disposte a perdonare. Altri sono intolleranti verso i più deboli ai quali vorrebbero imporre il
loro modo di agire e di credere. C’è chi è talmente preso dalla novità di Gesù da rifiutare tutto
l’Antico. E c’è chi è talmente tradizionalista da non riconoscere in Gesù nulla di nuovo
rispetto all’antico.
Una comunità divisa, insomma, alla quale viene ricordato l’amore ai nemici, l’essere perfetti
come il Padre, una misericordia senza fine e la necessità di essere miti e umili di cuore. Con
la gioia e la certezza che il Vangelo, la salvezza, il progetto divino sono per tutti gli uomini
che, attraverso la fede e il battesimo, possono diventare discepoli di Cristo.
Il Linguaggio
– E’ l’aspetto caratteristico di ogni scrittore. Nell’opera di Matteo è
possibile cogliere il messaggio solo chiarendone il linguaggio, che è
personalissimo.
– Ben lontano dall’essere uno scrittore ingenuo o un semplice raccoglitore
di antiche cronache, Matteo è uno scrittore lucido che persegue uno
scopo preciso. Individuare tale scopo è dunque fondamentale per
intendere il testo. Egli non pensa a sé e neppure ai posteri, ma al
presente, ai fratelli di fede con cui vive. E sono fratelli che provengono
da una fede e da una mentalità ebraica.
– Il riferimento alle Antiche Scritture è dunque necessario.
– Si sono contati, nel Vangelo di Matteo, circa 130 passi in cui si fa
riferimento ai testi dell’Antico Testamento. Di questi, 66 sono effettive
citazioni e 43 sono quasi letterali.
– Il tutto per dimostrare che Gesù è il Messia atteso e che in lui si
realizzano, sono portate a compimento le scritture:
egli è il compimento.
Caratteristiche letterarie
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E’ convinzione oggi comune che i ricordi di Gesù, cioè le sue parole e i suoi
gesti, non siano stati tramandati meccanicamente, ma raccolti, ordinati,
elaborati in base alle esigenze della fede delle diverse comunità cristiane:
esigenze pastorali, di culto e altro.
– Tutto questo avvenne prima che i diversi evangelisti fissassero i ricordi nei
loro scritti, orientandoli e scegliendoli in modo da mettere in luce - a loro
volta - il proprio particolare punto di vista: un conto è la prospettiva
teologica di Matteo, un conto quella di Marco, un conto quella di Luca.
Possiamo dire che i ricordi che risalgono a Gesù, furono tramandati
obbedendo a una duplice finalità:
1. alla memoria di Gesù, a cui restano sempre fedeli;
2. alla propria contemporaneità, a cui si rivolgono.
Storia e fede, dunque, ricordo e teologia, i due aspetti sono
indissolubilmente uniti.
– Perciò nel Vangelo noi sentiamo la voce di Gesù, la voce della Tradizione
(la predicazione orale degli Apostoli) che l’evangelista ha messo per
iscritto, attualizzando a sua volta il messaggio e infine la voce della Chiesa
che lo ha predicato.
Caratteristiche letterarie
– Ma per una lettura attenta dei Vangeli, bisogna tenere presente alcune regole:
– Per leggere un brano evangelico è indispensabile ricostruire il sottofondo
veterotestamentario, esplicito e implicito, a cui esso fa riferimento. Tale
ricostruzione serve per cogliere, da una parte, la continuità di Gesù e, dall’altra,
la sua insopprimibile novità. Questo è particolarmente importante per il Vangelo
di Matteo.
– Occorre inoltre - ed è la seconda regola - studiare il singolo brano alla luce di
tutto il contesto evangelico e, dove è possibile, fare il confronto con i testi
paralleli degli altri evangelisti. Il confronto è indispensabile per una lettura che
voglia essere in grado di cogliere gli interessi particolari di un evangelista, le sue
sottolineature, le sue preoccupazioni, il suo disegno teologico e il modo con cui
svolge il discorso, la sua originalità nel predicare il mistero di Gesù.
– In terzo luogo, occorre collocare il brano nella vita di Gesù e nella vita della
successiva comunità. Abbiamo detto, infatti, che le parole di Gesù vissero nella
Chiesa, continuamente predicate, riferite e approfondite in base ai bisogni e ai
problemi pastorali delle diverse comunità.
– Infine, occorre leggere il testo alla luce della nostra vita attuale, così da ripetere,
a partire dai nostri problemi e delle nostre situazioni, quello che le comunità di
allora hanno fatto a partire dai loro problemi e dalle loro situazioni.
Nota Commissione Biblica
Nota della Pontificia Commissione Biblica del 1964
in una istruzione riguardante lo studio dei Vangeli
– Se il lettore moderno del Vangelo “non pone mente a
tutte queste cose che riguardano l’origine e la
composizione dei vangeli, e non farà debito uso di
quanto di buono gli studi recenti hanno apportato, non
potrà … scoprire quale sia l’intenzione degli autori
sacri e che cosa abbiano realmente detto” .
Caratteristiche dottrinali
– Matteo è molto interessato alla dottrina di Gesù. I discorsi sono
più numerosi e più ampi degli altri Vangeli. La stessa
disposizione della materia sembra seguire un ordine didattico,
che fa perno a cinque grandi discorsi:
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il discorso del monte (capp. 5,6 e 7)
il discorso della missione (cap. 10)
le parabole del regno (cap. 13)
il discorso ecclesiale (cap. 18)
il discorso escatologico (capp. 24-25).
In questo il Vangelo di Matteo si diversifica molto da quello di
Marco, il quale riferisce pochi discorsi e preferisce i fatti.
Cenno al discorso sulla montagna
– È lì, seduto sul monte, ma non è “il nuovo Mosè”: è il Signore. Così viene
chiamato Gesù in tutto il Vangelo. Ora, come un giorno Dio dal monte Sion dettò
la sua Legge, chiamata poi “La Legge di Mosè”, così oggi i discepoli sentono il
loro Signore che dal monte annuncia “La Legge del Regno”, mettendo fine al
“Regno della Legge”.
Ma prima di spiegare questo, Gesù nelle Beatitudini (5,3-12) ci offre, il suo
“autoritratto”, che deve diventare il nostro, perché noi, come ci dice Gesù,
dobbiamo essere “sale della terra” e “luce del mondo” in modo che la gente
“veda le vostre opere buone e lodi il Padre vostro che è nei cieli” (5,13-16).
– Nel suo parlare sulla montagna risuona numerosissime volte la parola “Padre”:
Alla parola “Padre” corrisponde la parola “figli”. Sono due parole, che ci spingono
a tenere conto di un’altra parola: “fraternità”, anche se non viene usata. Bastano
queste indicazioni per capire che tutto il discorso è centrato sulle relazioni
interpersonali che partono sempre dal cuore.
Come costruire la fraternità (5,21-47)
(discorso sulla montagna)
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Dice Gesù: «Avete udito che fu detto agli antichi:
“Non uccidere”. Ora, io vi dico: “Chi si adira contro il
proprio fratello, chiunque ferisce il proprio fratello con
parole, chiunque lo elimina dal proprio cuore,
chiunque vive come se l’altro non esistesse,
chiunque cerca di eliminarlo dalla società (in una
parola di ucciderlo nel proprio cuore e nelle sue
relazioni sociali), sarà sottomesso al giudizio e
condannato”».
E poi: «Se ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa
contro di te... corri a riconciliarti con il tuo fratello». Il
solo ripetersi per quattro volte della parola “fratello”
dice che Gesù sta parlando della fraternità all’interno
di una comunità di fede; egli ci insegna a costruire
fraternità mediante la riconciliazione: “Va’ a
riconciliarti con il tuo fratello”. Le sue parole invitano a
vivere la fraternità nel profondo del cuore e ciò è
possibile se lasciamo che Dio, compiendo le sue
profezie, cambi il nostro cuore di pietra in cuore di
carne per poter vivere in pienezza la legge dell’amore
(Ez 11,19-20; 36,25-29). In Geremia 31,33-34 si
legge: «Scriverò la mia legge nel loro cuore... mi
dimenticherò del loro peccato».
Elemosina, Preghiera e Digiuno
(6,2-6.16-18)
– Sono solo esempi per evidenziare il modo con cui si deve compiere
ogni atto o opera religiosa: non per essere ammirati dagli altri, ma da
Dio “che vede nel segreto”, che conosce l’intenzione profonda del
nostro agire. Dobbiamo imparare a sentire la gioia di essere
continuamente sotto lo sguardo amoroso del Padre ed è a Lui che
rivolgiamo la nostra preghiera.
Gesù ci insegna la “preghiera dei figli”: il Padre nostro. Non è facile
questa preghiera. Il pronome “nostro” ci riporta al senso della fraternità.
Perciò se quando la diciamo non c’è in noi lo sforzo di essere fratelli, noi
pronunziamo una menzogna. Il senso della fraternità ritorna con: “rimetti
a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo agli altri (6,9-13) e ci porta a
un vero distacco dalle ricchezze e a non mettere la nostra fiducia nel
denaro che è solo un mezzo di sussistenza e un’occasione di
condivisione. Impossibile servire Dio e il denaro (6,19-24). Il cristiano è
colui che sa mettere Dio al primo posto.
Caratteristiche dottrinali
• Ma nonostante questo innegabile interesse per la
dottrina di Gesù, Matteo non vuole assolutamente ridurre
il Vangelo a una dottrina. Egli è ben consapevole che il
Vangelo è innanzitutto una persona e una storia. Ecco
perché, dietro la struttura letteraria che fa perno sui
cinque discorsi, è visibile la storia di Gesù, identica al
racconto di Marco: dalla Galilea alla Giudea, dal
battesimo nel Giordano alla passione/risurrezione.
Matteo unisce sapientemente racconto e catechesi,
storia e dottrina: la dottrina nasce dalla storia di Gesù, la
illustra e la commenta.
Caratteristiche dottrinali
– La catechesi di Matteo spiega una storia il cui unico protagonista
è Gesù. Il primo intento dell’evangelista è di mostrarci il
significato salvifico della Sua persona e della Sua parola.
– Gesù è il Maestro, il nuovo Mosè superiore all’antico, il profeta
portatore della parola di Dio ultima e definitiva. In tal modo il
giudaesimo è invitato a superarsi perché la parola ultima non è
quella di Mosè, né la tradizione dei padri, ma la parola di Gesù.
– Ma il Vangelo di Matteo è anche sensibile alla Chiesa e Matteo è
l’unico evangelista che mette in bocca a Gesù la parola
“ecclesia” (16,18 e 18,17). Ma soprattutto è ecclesiale perché i
temi che tratta sono scelti in base alle esigenze della comunità.
Caratteristiche dottrinali
(continuità con l’A.T.)
– Un primo importante problema è la continuità con l’Antico
Testamento. Continuità che sembrava messa in questione dal
rifiuto che il popolo giudaico ha opposto a Gesù. Matteo si
preoccupa continuamente di mostrare che la storia di Gesù e
della sua comunità è in armonia con le Scritture, ecco perché
l’evangelista cita con frequenza l’Antico Testamento.
– Siamo in una comunità giudeo-cristiana degli anni 80, circondata
da un giudaesimo che, avendo perso la propria consistenza
politica dopo la catastrofe dell’anno 70, si stringe intorno alla
Legge e a una rinnovata fedeltà ai principi e alla prassi giudaica.
L’evangelista si preoccupa di indicare l’originalità cristiana e le
caratteristiche della giustizia evangelica. Ecco perché Matteo
sviluppa il suo Vangelo attraverso un continuo dibattito/confronto
con la dottrina degli scribi e dei farisei.
Caratteristiche dottrinali
(problemi interni alla comunità)
– Non mancano, infine, i problemi interni alla stessa comunità
cristiana. Molte sono le situazioni che necessitano di chiarezza:
– come concepire la missione in mezzo ai pagani e come
condurla?
– Come risolvere, alla luce delle esigenze di Gesù, alcuni casi
della vita, quali il matrimonio, le ricchezze, l’autorità?
– Che posizione prendere di fronte alle divisioni che affiorano nella
stessa comunità, di fronte ai peccati che continuano a riprodursi
e agli scandali?
– Sono alcuni interrogativi molto concreti che Matteo non passa in
alcun modo sotto silenzio. Anche per questo il suo Vangelo ci
risulta particolarmente vivo e attuale.
IL MESSAGGIO E LA TEOLOGIA
DI MATTEO
– Il Vangelo di Matteo è il libro della storia di Gesù raccontata o
presentata ai fratelli della comunità ecclesiale. Talora è apologia,
istruzione religiosa, annuncio iniziale, liturgia.
– Per Matteo e la sua comunità il Gesù di Nazaret non è l’uomo di
cui si ricordi una vicenda del passato. Egli è invece il nuovo
Mosè, il Messia promesso e atteso, colui che ha offerto e
continua a offrire la sua vita per la salvezza degli uomini, di tutti
gli uomini.
– Egli è il Risorto, il Vivente, il Presente, vivo nella storia degli
uomini e nella comunità che gli crede e lo accetta: la Chiesa.
– “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del tempo” (28,20). “Là,
infatti, dove si trovano due o tre radunati nel mio nome, io mi
trovo in mezzo a loro” (18,20). “In quanto l’avete fatto anche a
uno solo dei più piccoli di questi miei fratelli, l’avete fatto a me”
(25,40). “Chi accoglie voi, accoglie me” (10,40).
Cristo /Chiesa
– Ormai, il Cristo si identifica con la sua Chiesa
alla quale ha dato ogni potere e che già
battezza nel nome del Padre, del Figlio e
dello Spirito Santo: formula ecclesiale e
liturgica della fine del primo secolo. La
Cristologia di Matteo è strettamente unita alla
sua Ecclesiologia, fino quasi a identificarsi.
Punto di riferimento determinante è sempre il
Padre. Si realizza la sua volontà e si va a Lui
sulla linea e l’esempio di Gesù .
Pietro e la Chiesa
• Pietro, nella Chiesa, ha un valore fondamentale. È la
pietra d’angolo della nuova costruzione. A differenza di
Marco, l’evangelista Matteo, forse in ricordo dell’antica
presenza in comunità dell’apostolo, parla sempre bene
di Pietro. Egli è chiamato direttamente da Gesù; a
Cafarnao lo ospita abitualmente in casa sua e ne
guarisce la suocera. È sempre il primo nella lista dei
dodici e dei tre prediletti. A lui Gesù fa la lode più bella
(“beato te, Simone, figlio di Giona…”) e conferisce il
primato nella Chiesa. Egli si pente amaramente per aver
rinnegato il suo Maestro. Verso di lui cammina
entusiasta correndo sulle acque. Pietro è debole, ma
fedele e ardente d’amore per il suo Gesù. Così deve
essere la Chiesa.
La Famiglia di Gesù
– Gesù Cristo poteva essere umanamente considerato un profeta
fallito per la sua scandalosa morte in croce e incomprensione da
parte del suo popolo. In realtà, egli è misteriosamente il divino
vincitore, il Figlio di Dio, il Salvatore, il Risorto. E tale deve
essere la sua Chiesa, potenza di Dio tra gli uomini, con i suoi
paradossi, i suoi contrasti, i suoi scandali. Dio con la sua
potenza sceglie gli ultimi per collocarli al primo posto. E vuole la
sua famiglia formata non da “maestri”, da “padri”., da “ipocriti”,
da “sepolcri imbiancati”, da “esibizionisti arroganti”, ma da umili e
miti peccatori che si pentono e non temono i nemici, perché non
ne hanno. Perché amano il Padre e il suo Cristo, si amano tra di
loro e amano tutti.
Fondamento della Chiesa
• Con lo sguardo sempre rivolto a Gesù, l’evangelista è
vivamente attento alla comunità in cui vive e che guida.
• La Chiesa, l’assemblea, la comunità non è una semplice
associazione o aggregazione di bene intenzionati. Essa
nasce dal battesimo e cresce nella celebrazione
dell’eucaristia Pasquale; in intima comunione con Cristo
fa del bene a tutti, senza distinzione tra buoni e cattivi,
giusti o ingiusti.
• Ha per fondamento la Parola di Dio con l’esercizio della
preghiera (la formula attuale ecclesiale del Padre Nostro
è di Matteo), il digiuno, l’aiuto al prossimo.
• E pregare non è “dire”, ma “fare” la volontà del Padre,
come faceva Gesù.
Cristo /Giudice
– Un aspetto particolare del Vangelo di Matteo è il “giudizio finale”:
di Dio sui credenti (25,14-30) e di Gesù sulle genti (25, 31-46).
– Il Cristo è immaginato spesso come il Giudice. Circa sessanta
volte in Matteo si parla di giudizio. Un tale aspetto del
comportamento di Dio verso gli uomini, già presente nell’Antico
Testamento, proveniva forse da influssi delle religioni orientali e
particolarmente da quella persiana.
– Gesù non è venuto a giudicare o condannare nessuno. Egli è il
Salvatore, il Redentore di tutti. È venuto a salvare ciò che era
perduto.
– Purtroppo, l’uomo può rifiutare la redenzione e la salvezza
(libero arbitrio).
Insegnamento Cristiano di Matteo
– Stupendo è l’insegnamento cristiano di
Matteo sulla serenità di chi vive secondo
Cristo: “Non affannatevi per la vostra vita … Il
Padre vostro celeste sa di che cosa avete
bisogno. Cercate prima il Regno di Dio e la
sua giustizia e tutto il resto vi sarà dato in
regalo” (6,25.32-33).
Fratelli di Gesù
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Introduzione al Vangelo secondo Matteo