Terzo Mondo,
decolonizzazione,
neocolonialismo.
• Dopo la Seconda Guerra
Mondiale nascono circa un
centinaio di nuovi stati,
risultato delle spinte
all’indipendenza dei paesi
colonizzati.
• I nuovi stati si trovano in
grosse difficoltà: miseria,
corruzione, mancanza di
cultura di governo, di una
classe dirigente, di identità
nazionale.
Sono noti il meccanismo di
sfruttamento delle colonie e le
sue conseguenze:
- prelevamento di materie prime a
basso costo (salari bassissimi alla
manodopera locale);
- rivendita di manufatti a prezzi
imposti alla popolazione locale;
- sistemi sociali basati su
ineguaglianza e soprusi;
- totale soggiogamento dei
colonizzati alla potenza e alla
cultura dei colonizzatori;
- mancanza di una borghesia locale
in grado di sostituirsi ai
dominatori.
• Una volta ottenuta
l’indipendenza, molti paesi si
trovano alle prese con divisioni
interne e/o conflitti etnici.
• Per ridare ai paesi la fisionomia di
una patria, bisogna ricostruire
istituzioni economiche e politiche.
Le strade possibili sono due:
1)restaurare il passato culturale
(con il rischio di rinunciare alla
modernizzazione);
2)continuare a usare la lingua e la
cultura tecnico-materiale degli excolonizzatori e consegnarsi al
neocolonialismo.
L’Africa
• Negli anni ‘60 gli imperi
coloniali africani crollarono
con relativa facilità: solo nel
1960 nacquero ben 17 stati
nuovi.
• Gli inglesi e i francesi
riconobbero l’indipendenza
delle colonie (tranne l’Algeria:
vedi oltre), i belgi lasciarono il
Congo, i portoghesi l’Angola e
il Mozambico negli anni ‘70.
• I nuovi stati si trovarono in un mare
di miseria, corruzione, degrado,
conflitti etnici, sfruttamento
incontrollato delle risorse:
- il Congo, ricco di diamanti, oro,
rame e uranio venne dilaniato in
una guerra civile in cui entravano
conflitti etnici e interessi economici
delle potenze europee;
- in Nigeria ci fu la secessione del
Biafra, la regione più ricca di
petrolio (’67-’70);
- l’Angola fu teatro di una guerra
civile più che ventennale per il
controllo dei diamanti e del petrolio
(’75-’02).
Patrice Lumumba (1925-1961) leader del
partito nazionalista congolese e primo
premier della Repubblica Democratica
del Congo.
Arrestato dai militari in seguito ad un
colpo di stato pilotato dai belgi, fu
assassinato nel gennaio del ’61.
Le potenze ex coloniali, intervenendo
in queste situazioni conflittuali,
crearono nuovi legami di
dipendenza “neocoloniali”:
condizionamenti creati dagli
investimenti, dai prestiti, dalla
rateazione dei rimborsi.
Questi rapporti alimentarono, a loro
volta, fedeltà politiche, protezioni,
interventi militari per riportare la
pace o favorire una delle parti in
lotta: le vecchie potenze coloniali
non subivano quasi nessun danno
dalla perdita della sovranità
politica sulle colonie.
Il caso del Sudafrica
Il Sudafrica rappresentava un caso
particolare: aveva sì ottenuto
l’indipendenza, ma le leve del
potere e della ricchezza erano
ancora in mano ad una comunità di
bianchi.
Dopo la seconda guerra mondiale fu
istituito per legge l’apartheid, una
segregazione totale fra le diverse
comunità etniche regolamentata
minuziosamente:
• la separazione dei bianchi dai neri
nelle zone abitate da entrambi (per
esempio rispetto all’uso di mezzi e
strutture pubbliche);
• l’istituzione dei bantustan, i
territori in cui molti neri furono
costretti a trasferirsi.
Solo nel 1990, con la mediazione del
presidente bianco De Clerk e di Nelson
Mandela (imprigionato per 25 anni),
leader dell’ANC, si è avviata la
transizione alla democrazia in Sudafrica
e al governo della maggioranza nera,
evitando il bagno di sangue che tutti
temevano.
La guerra d’Algeria
Primo dei paesi arabi ad essere
colonizzato (1830), l’Algeria in più
un secolo era profondamente
francesizzata: un milione di pieds
noirs (contadini poveri francesi)
avevano la proprietà delle migliori
terre algerine, mentre nove milioni
di algerini erano privi di diritti
politici e sottoposti al controllo
militare francese.
Dal 1954 al 1962 venne combattuta
une vera e propria guerra di
liberazione che vedeva opporsi il
FLN algerino e i paracadutisti del
generale Massu: vennero
commesse da entrambe le parti
atrocità, torture, massacri e
attentati.
La stessa opinione pubblica francese
si divise: la destra sosteneva i
coloni, la sinistra criticava il
mancato rispetto al di là del
Mediterraneo dei valori di libertà e
uguaglianza scaturiti dall’89.
Le alternative non erano semplici:
concedere la totale indipendenza
significava o rimpatriare più di un
milione di persone da collocare
nella società civile o lasciare i pieds
noirs in balìa della vendetta degli
algerini.
Come spesso accaduto nella loro
storia, i Francesi decisero di
affidare la questione all’uomo
forte:
il generale De Gaulle, già leader
della resistenza antinazista
francese, fu proclamato
Presidente, con il compito
preciso di porre fine alla guerra.
La proposta federalista di De Gaulle trovò
però l’opposizione dello stesso esercito
e del generale Massu, che diede vita
all’OAS (un’organizzazione terroristica
clandestina): il FLN riuscì a vincere e nel
1962 si arrivò alla pace con il rimpatrio
dei coloni francesi.
Fino al 1970 il paese fu tormentato da
guerre civili e colpi di stato; dagli anni
’90 è in corso una strisciante guerra
civile tra il governo militare e il FIS
islamico
Franz Fanon:
i dannati della terra
Medico, neurochirurgo e
neuropsichiatra, nato in Martinica
nel 1925, Franz Fanon dal ’53
lavora in un ospedale in Algeria,
dove è testimone dell’inizio della
guerra di liberazione.
Sospettato di collusione con il FLN,
denunciò nel suo celebre libro I
dannati della terra (1961) la
“sistematica disumanizzazione”
dell’arabo da parte dei francesi.
La tesi fondamentale del libro è che
la decolonizzazione, intesa come
processo storico di sostituzione di
una “specie” di uomini (i
colonizzatori) con un’altra “specie”
di uomini (i colonizzati), è un
programma di disordine assoluto,
privo di fasi di transizione.
La decolonizzazione è violenza, in quanto
incontro di due forze ontologicamente
antagoniste.
Il mondo colonizzato è manicheo, scisso in
due: vi è un’esclusione reciproca tra
europeo e africano, tra colono e
colonizzato che deriva dal fatto che il
colono è sempre uno straniero (per citare
Camus) che fa del colonizzato
un'incarnazione del male assoluto, privo
di etica e di valori.
Pertanto, la violenza deve diventare
metodo di lotta politica, e ciò è tanto più
comprensibile giacché la
decolonizzazione avviene in un contesto,
quello della guerra fredda, che è
“violenza pacificata”.
La violenza “disintossica” il colonizzato, lo
libera dalla depressione, dal senso di
inferiorità, dalla mistificazione in cui ha
vissuto.
Joseph Conrad:
il cuore di tenebra della civiltà
In Heart of darkness (1902) Conrad giudica
e denuncia l’imperialismo europeo di
fine '800: personaggio-chiave e simbolo
della logica occidentalistica del potere è
l'agente della Compagnia, Kurtz, "faro"
della civiltà, l'uomo venuto in Africa con
grandiosi piani di colonizzazione e nobili
idee di progresso e sviluppo; emissario
della scienza e del sapere europeo,
incarna la luce che deve illuminare la
tenebra della wilderness (la natura
selvaggia e impenetrabile), il bene che
deve redimere il male. Ma Kurtz,
nell'appropriarsi della natura, la
distrugge, ne distrugge gli uomini
riconducendoli a sé, all'identità della
propria civiltà: la macchina imperialista
procede e si ingigantisce eliminando ciò
che è altro da sé.
La cosiddetta "missione
civilizzatrice" europea (le tre C:
commercio, cristianizzazione,
civilizzazione) nasconde sotto i
valori del progresso e della civiltà
nient'altro che rapina e violenza:
prodotta storicamente da questi
due fattori, l'Europa imperialista
li riproduce altrove. La civiltà è,
appunto, il cuore di tenebra che
oscura il blank space (la macchia
bianca) africano - e, per
estensione, non-europeo rendendolo a place of darkness:
l'oscurità che è dentro la nostra
stessa civiltà.
Quando Marlow incontra finalmente
Kurtz, si trova di fronte ad un folle, ad
un uomo che, avendo scoperto l'orrore,
è ormai ben al di là del bene e del male:
la follia di Kurtz, sembra dirci Conrad,
sta ad indicare che la ragione
occidentale ha fallito, non potendo più
arrogarsi il diritto di dire e
rappresentare una realtà che non gli
appartiene, né esercitare il proprio
potere su un mondo "Altro" e
inconoscibile.
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