BREVE STORIA
DELLA PRECETTORIA
DI S. ANTONIO DI RANVERSO
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Claudia Sponton – Piano di diffusione delle Lavagne Interattive Multimediali- 2009/2010 – Scuola Secondaria di I grado Giacomo Jaquerio – Buttigliera Alta - TO
La Precettoria di
S. Antonio di Ranverso, posta
sulla via Francigena della Valle
di Susa, prende il nome dal santo
protettore della chiesa, S.
Antonio Abate e dal
fiumiciattolo (Rivus Inversus)
situato vicino al complesso.
Mappa tratta da
“Castelnuovo-Sergi, Arte e
storia nel Medioevo –
Tempi e Spazi , Einaudi
editore, 2002”
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Il complesso comprende numerose costruzioni:
la chiesa,
un ospedale, il monastero, alcune abitazioni
e numerosi edifici ad uso agricolo.
Immagine da Google Earth
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La Precettoria è nata verso la fine del XII secolo, come succursale della casa madre,
l’abbazia di S. Antonio, situata vicino a Vienne, in Val d’ Isère (Francia)
Mappa tratta da “CastelnuovoSergi, Arte e storia nel Medioevo –
Tempi e Spazi , Einaudi editore,
2002”
Immagine da Internet
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Immagini tratte da Internet
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A pochi metri dal nartece della chiesa si trova un masso erratico, non raro nei
dintorni di Torino. Il suo centro è sormontato da una stele, con in cima scolpito il
simbolo TAU. Questo segno stava forse a indicare il termine taumaturgo
(guaritore) o, più semplicemente, una stampella o una croce.
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I monaci Antoniani, riconoscibili dal simbolo TAU cucito sulla spalla sinistra del
saio nero, gestivano la Precettoria.
Essi, prima ancora di
pregare, ospitavano
i pellegrini e
curavano la gente.
Scorcio dell’ospedale
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In quel periodo era molto diffusa tra i contadini l’ usanza di fare il pane
con la segale;
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Immagini da Internet: Ondadurto.splinder.com., Regione Piemonte Regione.vda.it, Equoterra
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Purtroppo la segale poteva contenere chicchi velenosi e i monaci Antoniani
provvedevano a curare coloro che ne mangiavano e si ammalavano di ergotismo.
L’ergotismo è un’intossicazione
dovuta a un fungo (Claviceps
purpurea) parassita di alcune
graminacee, comunemente noto
come segale cornuta. Coloro che
mangiavano il pane fatto con la
farina di segale contaminata dal
fungo erano colpiti da gravi
intossicazioni, che provocavano
disturbi digestivi e circolatori.
L’intossicazione causava la comparsa di malesseri sempre più
gravi e, se non curata, conduceva alla morte per cancrena.
Gli ammalati guarivano grazie al fatto che i monaci, oltre alle cure,
somministravano loro cibi diversi e non contaminati dal fungo. Poco
alla volta l’intossicazione spariva e i pazienti potevano ritornare alle
loro case.
Agraria.org.
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I monaci curavano anche la lebbra e
un’altra grave malattia, l’ Herpes
zoster, detto “fuoco di S. Antonio”, i cui
sintomi venivano solitamente confusi
con quelli dell’ergotismo, a causa delle
scarse conoscenze mediche del tempo.
Il termine "herpes zoster" deriva da due
parole greche, "serpente" e "cintura", che
descrivono in modo molto appropriato una
malattia dolorosa, come un serpente di
fuoco che si annida all'interno del corpo e
che a volte ha strascichi lunghi e invalidanti.
È chiamato anche fuoco di Sant'Antonio
perché Sant'Antonio era considerato, nella
tradizione, colui che combatteva il demonio
che appariva sotto forma di serpente. Il
fuoco di Sant'Antonio è causato da un
virus, lo stesso che provoca la varicella.
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Gli Antoniani nel corso della loro storia conobbero una
grandissima espansione territoriale, con circa mille
fondazioni, delle quali un centinaio in Italia.
Tra il XVII e il XVIII secolo, grazie al miglioramento delle condizioni igieniche e a
un’alimentazione più ricca, le grandi epidemie cessarono progressivamente e iniziò
quindi per gli Antoniani un periodo di decadenza, che ebbe il culmine con la
soppressione dell'ordine nel 1776 da parte di Papa Pio VI.
I monaci Antoniani superstiti passarono all'ordine dei Cavalieri di Malta e la proprietà di
tutto il complesso venne affidata all'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro (Ordine
Mauriziano) che ne ha curato e cura tuttora la conservazione ed il restauro.
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B.introduzione storia