Pari opportunità Donna-Uomo Etnie Ricchi-Poveri Diritti Umani La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dell’ONU riconosce due tipi di diritti: i diritti civili e politici, gradualmente affermatisi attraverso la storia del pensiero e delle istituzioni democratiche, e i diritti economici, sociali e culturali, la cui importanza è stata riconosciuta più di recente, nel momento in cui ci si rese conto che senza l’affermazione reale di questi ultimi, il godimento dei diritti civili e politici rimaneva puramente formale. I “Diritti di Seconda Generazione” includono il diritto alla sicurezza sociale, al lavoro, al riposo,alla protezione della maternità e dell’infanzia, all’istruzione e alla vita culturale, in sostanza definiscono uno standard di vita accettabile. Evoluzione storica Lotta Miglioramento Evoluzione storica Mesopotamia Grecia Classica Roma Antica Medioevo Civiltà Mesopotamica La donna aveva una posizione molto elevata nella società,era presente anche il matriarcato. Con l’ascesa delle monarchie militari persero il loro prestigio: le donne non potevano uscire dalle case e vedere nessun uomo oltre al marito. Grecia Classica ( V-IV secolo ) La donna veniva rispettata ma c’erano numerose contraddizioni: DONNA RICCA DONNA POVERA Era tenuta Era costretta a In casa. lavorare e quindi aveva una certa libertà. ANALOGIE : • Non avevano diritti politici. • Non erano oggetto di legislazione giuridica: una donna non era colpevole del reato di adulterio, a differenza dell’ uomo perché ritenuta “oggetto”del reato. • Durante i Giochi Olimpici non potevano avvicinarsi al perimetro esterno del santuario, come pena la morte. • Non potevano nemmeno assistere a manifestazioni pubbliche e praticare qualsiasi attività pubblica. Roma Antica La donna fu considerata quasi al pari dell’uomo. Aveva: • Pari obblighi al marito nei confronti dei figli • La possibilità di accompagnare il marito ad una festa, però doveva mangiare seduta e non sdraiata come gli uomini Non aveva: • La possibilità di accesso alle magistrature pubbliche • Nel campo del diritto privato la “patria potestas” e di conseguenza la capacità di adottare • La possibilità di poter far testamento Medioevo Avvento del Cristianesimo Impose la sottomissione della donna all’uomo, ma la considerò importante per la crescita spirituale dei figli Avvento dei barbari Franchi e Longobardi La condizione della donna peggiora:essa è oggetto nelle mani del padre, finchè questi non decida di venderla ad un uomo Con l’ inquisizione Alcune donne vennero ritenute rappresentanti del Diavolo sulla Terra,le cosiddette streghe, capaci di trarre in inganno l’uomo spingendolo al peccato in qualsiasi modo. Dopo il 1000 (avvento del dolce stil novo) La donna viene angelicata e considerata un tramite tra Dio e l’uomo. Lotta -1792 : Un antesignana del movimento, più emancipazionista che femminista, fu Olympia de Gouges che con la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina del 1792 pose i suoi contemporanei di fronte al ruolo negato nello spazio pubblico alle donne ma finì ghigliottinata. -1800: Il femminismo divenne un movimento organizzato nel diciannovesimo secolo, come effetto di una più diffusa consapevolezza dell'ingiusto trattamento riservato alle donne e del diffondersi dei movimenti di riforma sociale. Il socialista utopista Charles Fourier coniò il termine féminisme nel 1837. Già nel 1803, egli aveva affermato che l'espansione dei diritti delle donne fosse il principio fondamentale di ogni progresso sociale. Si diffonde in Inghilterra il movimento delle suffragette,ossia appartenenti al movimento di emancipazione femminile nato per ottenere il diritto di voto. Lo scopo era quello di: • poter insegnare nelle scuole superiori • ottenere uguaglianza nei diritti civili • svolgere le stesse professioni degli uomini • godere del diritto di voto Esse agiscono diffondendo le proprie idee attraverso comizi,scritte sui muri o con cartelli con slogan del tipo “votes for woman” o contenenti esaltazioni per la promotrice della rivolta. Queste manifestazioni erano represse con la violenza delle forze dell’ordine e con l’ arresto di molte militanti femministe. Miglioramento Ottennero in ogni modo ciò per cui lottavano e vinsero cosi’ la loro battaglia • 1970: Introduzione del divorzio • 1975: Modifica del diritto di famiglia • Istituzione di consultori familiari • Legge sulle pari opportunità • Liberalizzazione dei contraccettivi • Approvazione della legge che regola l’aborto • Costituzione dei Centri antiviolenza e alle Case delle donne. Leggi approvate a difesa della donna negli ultimi anni • • • • • • • • L. n. 903/77 sulla parità di trattamento tra uomo e donna in materia di lavoro L. n. 379/90 e L. n. 546/87 sulla tutela della maternità delle lavoratrici autonome e delle libere professioniste L. n. 215/92, sulle azioni positive per l’imprenditoria femminile L. n. 81/93, che prevede che negli Statuti Comunali e Provinciali siano stabilite norme per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte, negli organismi collegiali, negli enti, nelle aziende e istituzioni da essi dipendenti L. n. 66/96 contro la violenza sessuale L. n. 269/98, che contiene le norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale a danno di minori, intesi come nuove forme di riduzione in schiavitù L. Costituzionale n. 1/03, in modifica all’art. 51 della Costituzione, sul principio di pari opportunità nell’accesso alle assemblee elettive e agli uffici pubblici (“a tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”) D.lgs. n. 216/03, per l’attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro La normativa dell’Unione Europea in tema di lavoro: • n. 7/78 sulla parità in materia di sicurezza sociale • n. 613/86 sulla parità nell’esercizio di un’attività autonoma (professioniste) • n. 85/92 sul miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici • n. 81/97 sul lavoro part-time, n. 80/97 sull’onere della prova nei casi di discriminazione basata sul sesso Modifica dell'art. 51 della Costituzione Il20 febbraio 2003, è stata definitivamente approvata, dopo un iter durato un anno, la modifica dell'art. 51 della Costituzione, promessa dal Ministro per le Pari Opportunità, On.le Stefania Prestigiacomo. L'art.51 della Costituzione oggi così recita: "Tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini". In Europa la rappresentanza femminile in Parlamento è aumentata notevolmente: dal 1987 si è verificato un incremento in Austria del 4,5%, in Belgio dell’ 11,3% e in Francia del 4,1%. Inoltre attualmente molte cariche politiche sono detenute da donne. ARGENTINA Presidente Cristina Cristina Fernandez de Kirchner USA Segretario di Stato Condoleeza Rice GERMANIA Cancelliere Angela Merkel INDIA - Pratibha Patil, presidente FINLANDIA - Tarja Kaarina Halonen, presidente FILIPPINE - Maria Gloria Macapagal Arroyo, presidente il 20 gennaio 2001. LIBERIA - Ellen Johnson Sirleaf, presidente CILE - Michelle Bachelet,. SVIZZERA - Micheline Calmy Rey IRLANDA presidente Mary McAleese In tutto il mondo numerose associazioni ONG, come Non c’è pace senza giustizia, Aidos e Pangea si stanno adoperando per migliorare le situazioni delle donne. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità 130 milioni di donne e bambine nel mondo hanno subito la barbarie della mutilazione genitale femminile e 2 milioni ogni anno rischiano di subirla. “StopFgm”, la campagna internazionale che si batte contro questa pratica, è condotta dalle Ong Non c’è Pace Senza Giustizia e da Aidos (Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo), che da vent’anni è impegnata su questo fronte. Protagoniste della campagna sono soprattutto le militanti anti-mutilazione arabe e africane in prima persona coinvolte e toccate da questo fenomeno e la campagna si propone proprio di essere un veicolo operativo in grado di accelerare il raggiungimento dell’obiettivo che è quello di arrivare alla completa eradicazione del fenomeno.Sulla scia della Conferenza del Cairo, nel luglio 2003, è stato approvato a Maputo il Protocollo sui Diritti delle Donne Africane che, all’articolo 5, specifica che le pratiche definite tradizionali e gravemente lesive per donne e bambine, in particolare le MGF, dovrebbero essere proibite e condannate. Le attività della campagna “StopFgm” per il 2004/2006 saranno incentrate proprio sulla ratifica del Protocollo di Maputo da parte del maggior numero di Paesi possibile affinché entri in vigore e sia operativo quanto prima. I progetti di PANGEA • Progetto Sharma in Nepal • Progetto Jamila in Afghanistan • Progetto Makita in Congo La campagna del Ministero per i diritti e le pari opportunità • Spot Antiviolenza Homepage Dal marzo 2005 la Fondazione Pangea Onlus sostiene le spese di avvio e di gestione di 5 centri donna in quattro distretti del Paese (Jhapa, Panchtar, Dang, Sindupalchok). Le aree interessate sono prettamente agricole e povere. Oggi, grazie ai Centri donna, è più facile ritrovarsi, lavorare e ampliare le attività di educazione, sensibilizzazione e formazione professionale. Per ogni Centro sono state selezionate tre donne referenti del progetto e formate alla gestione dello stesso e all’aiuto della altre donne. A seguito di un’attenta inchiesta e analisi del territorio, nel marzo 2006 abbiamo avviato i primi progetti di microcredito per 35 donne, integrando un credito al loro risparmio. Il Centro donna è il referente per i gruppi di risparmio e per l’attività di gestione del credito tra le donne. Le donne ora sono rispettate all’interno dei loro villaggi perché finalmente qualcuno ha creduto in loro. Da marzo 2003 la Fondazione Pangea Onlus opera a Kabul, dove ha attivato un circuito di microfinanza in collaborazione con alcune ONG locali femminili. A fine 2005 le donne coinvolte erano oltre 251 donne, tutte con abilità lavorative o idee di microimpresa e con l’intenzione di ricostruire la vita loro e quella del loro nucleo familiare. Ogni due mesi si tiene un corso di animazione e sensibilizzazione alle problematiche femminili e sui diritti. Ogni beneficiaria può frequentare un corso di aritmetica per gestire la contabilità della propria attività autonomamente. Se è analfabeta può frequentare, nei centri delle ONG partner supportati da Pangea, i corsi di alfabetizzazione, diritti umani, igiene e sanità, oltre che di formazione professionale e, alla fine del percorso educativo, può accedere a un microcredito. Pangea lavora per reinserire le beneficiarie nel tessuto economico e sociale, aiutandole così a risollevarsi dallo stato di indigenza e di assenza di diritti in cui si trovano. L'indipendenza economica è uno dei maggiori stimoli per chi cerca di riprendere il controllo della propria vita. Inoltre alle beneficiarie è garantita una formazione specifica sulla salute riproduttiva e cure sanitarie gratuite fino a un costo massimo che si stabilisce di volta in volta a seconda del bisogno. La Fondazione Pangea Onlus sostiene un centro di formazione femminile per donne indigenti, ragazze madri, malate di HIV e condannate per stregoneria. Il centro è gestito dalla Fondazione Esengo, una piccola realtà locale creata da vedove del quartiere di Kimbanseke, a Kinshasa. Il progetto ha un duplice scopo. Da un lato Pangea mira a rendere il centro autosostenibile, affinché in futuro sia in grado di coprire autonomamente i costi dell’attività, dagli stipendi degli insegnanti al materiale didattico, alle spese per il mantenimento dei bambini orfani e stregoni ospitati nel vicino centro diurno. Dall’altra, si intende formare circa 130 donne che, dopo aver seguito un corso triennale di alfabetizzazione e di sartoria, accederanno a microcrediti per avviare un loro atelier singolarmente o in consorzio. Al termine del progetto la Fondazione Esengo avrà ricevuto la formazione necessaria che le permetterà di gestire il centro in maniera autonoma e sarà in grado di generare reddito per finanziare le attività che riguardano le donne e i bambini con l’agricoltura, l’allevamento e la produzione di spirulina. Evoluzione storica Lotta Miglioramento Evoluzione storica • Antichità • Medioevo • Illuminismo • Romanticismo • Nazismo Antichità Nei tempi antichi gli uomini potevano essere perseguitati per motivi religiosi, politici, sociali, culturali, ma non lo sono mai stati per motivi biologici. I greci e i romani, più che legare il sangue alla razza, legavano il concetto di cittadinanza (che rendeva giuridicamente liberi) a quello di civiltà (che rendeva superiori nello "spirito"). La cittadinanza era un privilegio sociale, politico e giuridico, non certo biologico. In virtù di questo privilegio il cittadino poteva guardare con disprezzo le altre culture e civiltà. In Grecia Aristotele giustificava la schiavitù dicendo che "per natura" alcuni comandavano e altri obbedivano (schiavi cioè si nasce non si diventa), ma questa differenza era -secondo lui- determinata dal "caso" e comunque non comportava l'eliminazione fisica dello schiavo. I "barbari" (altro concetto razzista, che tarda a morire) erano considerati tali, dai greci e dai romani, per motivi culturali non biologici (anzi, sul piano biologico, molti li consideravano superiori, perché più robusti fisicamente dei latini). Medioevo Nel Medioevo i cattolici europei si consideravano superiori a tutte le altre popolazioni del mondo non solo per motivi culturali ma anche e soprattutto per motivi religiosi: di qui il disprezzo e le persecuzioni di ebrei, musulmani, eretici, pagani (incluse le guerre all'interno dello stesso cristianesimo, fra cattolici e ortodossi, fra cattolici e protestanti). Naturalmente vi furono anche dei cattolici - come ad es. Bartolomeo de Las Casas- che sostennero l'uguaglianza degli uomini, a prescindere dalle loro differenze etniche o religiose. D'altra parte gli stessi vangeli erano chiaramente orientati verso l'uguaglianza universale degli uomini. Illuminismo Il disprezzo biologico non è che una sofisticazione usata per giustificare meglio quello culturale. Nel XVIII sec. si formò una vera e propria ideologia razzista. Essa partiva dalla differenza dei tratti somatici e del colore della pelle per affermare una differenza di carattere biologico ereditario e quindi una inferiorità intellettuale e morale, oltre che genetica. In quel periodo sono stati scritti molti libri. Il più noto e famoso è senz'altro "Il Trattato della tolleranza", vale a dire il simbolo dell'Illuminismo. Del suo autore, Voltaire, tutti non sono a conoscenza che ricavava ingenti somme di denaro con i soldi investiti nell'import-export degli schiavi neri dell'Africa all'America. Degli ebrei, che egli metteva sullo stesso piano dei neri, dichiarava: "Quello ebraico, è il più abominevole popolo della terra: ignorante e barbaro, da lungo tempo accoppia la più sordida avarizia alla più odiosa superstizione Romanticismo • • Nel XIX sec. si passa a interpretare la storia come una competizione tra razze forti e razze deboli. Le teorie relative alla superiorità e inferiorità razziale trovarono la loro espressione sistematica solo verso la metà del diciannovesimo secolo e si divisero in due correnti principali: prima ci fu il tentativo di giustificare, su un piano scientifico, l’istituzione della schiavitù dei negri da parte degli Americani (tra i quali J.C. Nott e C.R. Gliddon), seguiti, in Inghilterra, dai sostenitori del movimento anti-abolizionista, tra cui il suo stesso promotore James Hunt. successivamente, in Europa, comparvero le opere del conte Gobineau in Francia e di H. S. Chamberlain in Germania. Il conte Joseph Arthur Gobineau, nel suo Saggio sull’ineguaglianza delle razze umane (1853– 1855) espose l’idea che la razza superiore fosse rappresentata dai tedeschi, che riteneva essere i discendenti più puri di un popolo mitico, gli ariani. Cercando la causa della decadenza delle civiltà, riteneva di averla individuata nelle mescolanze etniche, che avrebbero ridotto la vitalità della razza aumentandone la corruzione. Nazismo Queste tesi furono adottate dal nazismo, che mirò all'eliminazione fisica delle cd. "razze inferiori", ivi incluse alcune categorie sociali (ebrei, slavi, zingari, zigani, pazzi, handicappati, omosessuali...). Ciò però non vuol dire che il nazismo credesse (nei suoi ranghi intellettuali) nel valore scientifico di queste tesi, che è peraltro indimostrabile, in quanto non siamo in grado di risalire alla formazione originaria delle presunte "razze". Il nazismo si era appropriato di queste tesi perché gli tornavano utili per sconvolgere l'assetto del mondo. Per quanto riguarda il fascismo italiano, Mussolini non solo non ha mai creduto al concetto biologico di "razza" (né lo riteneva utile per affermare il proprio nazionalismo), ma era anche convinto che proprio dalla fusione delle razze potevano nascere individui migliori. Questo tuttavia non gli impedì di considerare gli slavi e i neri come dei popoli sottosviluppati da sottomettere. Lotta • Guerra di secessione • Apartheid • Stati Uniti anni ’60 • Stati Uniti anni ‘70 Guerra di secessione Alcune avvisaglie della lotta per la risoluzione del problema delle discriminazione etniche furono gli ideali che portarono allo scoppio della guerra civile americana, combattuta tra il 1861 e il 1865, causata dal problema dell'abolizione della schiavitù. La questione era stata regolata, da principio, con la possibilità per i singoli stati di abolire o meno tale istituto. L'elezione di Abramo Lincoln, favorevole all'abolizione, alla presidenza degli Stati Uniti, fece precipitare il conflitto nel quale si trovarono di fronte i ventiquattro stati del nord contro gli undici del sud i quali proclamarono la secessione e si costituirono in confederazione. Nel dicembre 1861 la Carolina del Sud abbandonò l'unione dichiarandosi indipendente, seguita dagli altri stati del sud. Le ostilità furono aperte dall'attacco al forte Sumter. Nei primi due anni di guerra (1861-1863) le sorti furono favorevoli ai sudisti, ma dopo l'affidamento dell'esercito nordista al generale Grant, le vittorie di Vicksburg, la presa di New Orleans e di Savannah (a opera di Sherman) sovvertirono la situazione. La caduta di Richmond portò alla resa del generale sudista Robert Lee e alla pace di Appomattox (9 aprile 1965) che mise fine alla guerra di secessione americana. Apartheid • • Sembra che il termine "apartheid" sia stato usato in senso politico per la prima volta nel 1917 dal primo ministro sudafricano Jan Smuts. L'apartheid aveva due manifestazioni: la separazione dei bianchi dai neri nelle zone abitate da entrambi (per esempio rispetto all'uso di mezzi e strutture pubbliche) l'istituzione dei bantustan, i territori semi-indipendenti in cui molti neri furono costretti a trasferirsi. In Sudafrica, mentre i neri e i meticci costituivano l'80% circa della popolazione, i bianchi si dividevano in coloni di origine inglese e afrikaner. Gli afrikaner che costituivano la maggioranza della popolazione bianca, erano da sempre favorevoli ad una politica razzista.Con le elezioni del 1924 vennero introdotti nel paese i primi elementi di segregazione razziale. Durante la seconda guerra mondiale un gruppo di intellettuali afrikaner influenzati dal nazismo completò la teorizzazione del progetto dell'apartheid. La filosofia dell'apartheid affermava di voler dare ai vari gruppi razziali la possibilità di condurre il proprio sviluppo sociale in armonia con le proprie tradizioni. Nel 1956 la politica di apartheid fu estesa a tutti i cittadini di colore compresi gli asiatici. Negli anni '60 3,5 milioni di neri, chiamati Bantù, furono sfrattati con la forza dalle loro case e reinsediati nelle "homeland del sud". I neri furono privati di ogni diritto politico e civile. Potevano frequentare solo l'istituzione di scuole agricole e commerciali speciali. I negozi dovevano servire tutti i clienti bianchi prima dei neri. Dovevano avere speciali passaporti interni per muoversi nelle zone bianche, pena l'arresto o peggio. In un primo tempo sia neri che bianchi, organizzarono proteste contro l'apartheid, che venivano puntualmente soffocate con brutalità dalle forze di sicurezza governative. Stati uniti anni ‘60 Fino a metà degli anni '60 in molti stati degli USA erano in vigore leggi che discriminavano duramente i neri, negando loro i più elementari diritti civili. La lotta dei neri d'America per l'emancipazione, per l'affermazione dalla propria dignità e delle proprie origini fu uno dei grandi episodi della storia degli anni Sessanta. Nell'immediato dopoguerra uno dei problemi più scottanti negli Stati Uniti è quello della segregazione razziale. Bianchi e neri sono divisi in ogni attività quotidiana della società civile La decisione emanata dalla Corte Suprema il 17 maggio 1954 nel caso Brown contro il Ministero dell'Istruzione resta una delle sentenze più significative del XX secolo; in quell'occasione viene dichiarato: " ...nulla è più importante per la nostra democrazia della decisione unanime della Corte Suprema degli Stati Uniti d'America che la segregazione razziale viola lo spirito della nostra costituzione." Nonostante ciò molti degli stati del Sud perseverano nella pratica della segregazione. La resistenza pacifica del reverendo M.L.King e della comunità di Montgomery non solo aveva causato l'emanazione di quella sentenza, ma aveva anche dimostrato che il boicottaggio era un valido ed efficace strumento di lotta. La linea di pensiero del reverendo Martin Luther King Jr. arriva ormai ovunque ed è molto sentita e condivisa in tutta la nazione, il suo credo nel valore e nell'efficacia della resistenza passiva come forma di protesta sociale, spinge alla ribellione la maggior parte della popolazione di colore. Nel 1960 a Greensboro, nella Carolina del nord, quattro studenti entrano in un supermercatino dove, dopo aver acquistato alcuni articoli, chiedono un caffé al banco, naturalmente la risposta è un netto rifiuto, come di consuetudine, ma loro se ne stanno lì, seduti, fino alla chiusura del negozio; nasce così il sit-in che diviene una forma efficace di protesta contro la segregazione e la discriminazione, basti pensare che immediatamente dopo questo avvenimento la tattica del sit-in viene adottata in ben 15 città di 5 stati del sud. Il movimento verso l'emancipazione della popolazione di colore viene sostenuto dal Presidente allora in carica, John Fitzgerald Kennedy, il quale, nell'aprile del '63, chiede al Congresso di emanare leggi che garantiscano ai cittadini uguale accesso ai servizi e alle strutture pubbliche e private e che non sia permessa la discriminazione nelle assunzioni da parte di imprese e istituzioni federali. Il messaggio del 19 giugno 1963 del presidente Kennedy alla nazione non ha solo un valore storico ma è una pietra miliare nel cammino degli Stati Uniti verso l'uguaglianza. Nell'aprile '63, M.L.King organizza una marcia di protesta di 40 giorni nella quale vengono arrestate più di 2500 persone di colore. Il 28 agosto del '63 vi è una marcia memorabile su Washington contro la discriminazione razziale alla quale partecipano tutte le maggiori associazioni di colore e non , studenti universitari, cittadini qualunque, star del cinema e della canzone, ministri; in quell'occasione ogni attività viene sospesa. L'America guarda l'avvenimento alla televisione, ma tutto il mondo ne viene a conoscenza tramite quotidiani e riviste. Quando il Presidente Kennedy viene assassinato il 22 novembre 1963 molti leaders del movimento nero temono che il cammino verso l'uguaglianza e la giustizia subirà un fase di arresto. Stati Uniti anni ‘70 Gli anni '66,'67'e '68 vedono molte ribellioni violente causate dalle condizioni di vita nei ghetti: i neri vogliono un lavoro, case decenti e scuole migliori . Martin Luther King viene assassinato a Memphis il 4 aprile 1968, la sua scomparsa non è solo un evento storico drammatico e deprecabile che sembra indicare la fine di una ribellione non-violenta, ma mostrò, come nel caso dell'assassinio di J.F.Kennedy e del senatore Robert Kennedy, allora candidato alla presidenza, a quanto gli uomini potevano giungere per impedire che si realizzassero quegli ideali di giustizia ed uguaglianza fondamentali per una società democratica. In quegli stessi anni l' indagine Kerner, finanziata dal governo, rivela che il paese si sta dirigendo sempre di più verso due società distinte, separate e diseguali: quella dei bianchi e quella dei neri. I Black Muslims e il Black Power non vogliono l'integrazione pacifica, ma la distinzione netta, i neri non hanno trovato una valida alternativa alla violenza come mezzo per raggiungere dei giusti ideali e il senso di frustrazione che ne è derivato li conduce all'ostilità nei confronti delle istituzioni e del governo. Il processo di desegregazione tuttavia procede incessantemente e con risultati positivi. Nell'arco di 20 anni (dal '50 al '70) molte cose sono cambiate per la gente di colore, il Civil Rights Act ha stabilito dei punti di riferimento inamovibili per la lotta all'uguaglianza e alle pari opportunità. Miglioramento • Dichiarazione universale dei popoli indigeni 4 luglio 1976 • Dichiarazione sulla razza e pregiudizi razziali • Civil Rights (1964) e Voting Rights Act (1965) Homepage 27 novembre 1978 Dichiarazione universale dei popoli indigeni 4 luglio 1976 SEZIONE I - DIRITTO ALL'ESISTENZA Articolo 1 Ogni popolo ha diritto all'esistenza. Articolo 2 Ogni popolo ha diritto al rispetto della propria identità nazionale e culturale. Articolo 3 Ogni popolo ha il diritto di conservare pacificamente il proprio territorio e di ritornarvi in caso di espulsione. Articolo 4 Nessuno, per ragioni di identità nazionale o culturale, può essere oggetto di massacro, tortura, persecuzione, deportazione, espulsione, o essere sottoposto a condizioni di vita tali da compromettere l'identità o l'integrità del popolo a cui appartiene. SEZIONE VI - DIRITTI DELLE MINORANZE Articolo 19 Quando un popolo rappresenta una minoranza nell'ambito di uno stato, ha il diritto al rispetto della propria identità, delle tradizioni, della lingua,del patrimonio culturale. Articolo 20 I membri della minoranza devono godere senza discriminazione degli stessi diritti che spettano agli altri cittadini devono partecipare in condizioni di uguaglianza alla vita pubblica. Articolo 21 L'esercizio di tali diritti deve realizzarsi nel rispetto degli interessi della comunità presa nel suo insieme e non può autorizzare lesioni all'integrità territoriale e dell'unità politica dello stato, quando questi si comporti in conformità con tutti i principi enunciati nella presente Dichiarazione. Dichiarazione sulla razza e pregiudizi razziale Articolo 1 1)Tutti gli esseri umani appartengono alla stessa specie e provengono dallo stesso ceppo. Essi nascono uguali in dignità e diritti e fanno tutti parte integrante dell'umanità. 2)Tutti gli individui e tutti i gruppi hanno diritto di essere diversi, di ritenersi e di essere accertati come tali. Nondimeno la diversità delle forme di vita e il diritto alla differenza non possono in alcun caso costituire un pretesto per i pregiudizi razziali, non possono legittimare, né in linea di diritto né di fatto, qualsiasi comportamento discriminatorio né servire da presupposto alla politica dell'apartheid, che costituisce la forma estrema del razzismo. 3) L'identità di origine non può condizionare la facoltà degli esseri umani di vivere diversamente, così come non lo possono le differenze basate sulla diversità delle culture, dell'ambiente e della storia, né può ledere il diritto di mantenere la propria identità culturale. 4) Tutti i popoli del mondo sono dotati delle stesse facoltà che permettono loro di raggiungere la pienezza dello sviluppo intellettuale, tecnico, sociale, economico, culturale e politico. 5) Le differenze tra le realizzazioni dei diversi popoli sono determinate da fattori geografici, storici, politici, economici, sociali e culturali. Queste diversità non possono, in alcun modo, costituire un pretesto per una qualsivoglia gerarchizzazione delle nazioni e dei popoli. Articolo 2 1) Ogni teoria che, sostenendo la superiorità o l'inferiorità intrinseca di gruppi razziali etnici, assegna agli uni il diritto di dominare o eliminare gli altri, presunti inferiori, o che fonda criteri di valore su una differenza razziale, non ha alcun fondamento scientifico ed è contraria ai principi morali ed etici dell'umanità. 2) Rientrano nel concetto di razzismo le ideologie razziste, i comportamenti basati sui pregiudizi razziali, i comportamenti discriminatori, le disposizioni strutturali e le prassi istituzionalizzate che determinano la disuguaglianza razziale, come l'idea fallace che le relazioni discriminatorie tra gruppi sono moralmente e scientificamente giustificabili; esso si esprime in disposizioni legislative o regolamenti e in prassi discriminatorie, ed anche in credenze e comportamenti antisociali; esso intralcia lo sviluppo delle sue vittime, perverte coloro che agiscono con criteri razziali; crea divisioni all'interno delle nazioni, costituisce un ostacolo per la cooperazione internazionale e crea tensioni politiche tra i popoli; esso è contrario ai principi fondamentali del diritto internazionale e, di conseguenza, turba gravemente la pace e la sicurezza internazionali. 3) Il pregiudizio razziale, legato storicamente a ineguaglianze di potere, che si rafforzano in ragione delle differenze economiche e sociali tra gli individui e i gruppi umani, e che tende ancor oggi a giustificare tali ineguaglianze, è totalmente ingiustificato. Articolo 3 E’ incompatibile con le esigenze di un ordine internazionale giusto e garante del rispetto dei diritti dell'uomo ogni distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l'origine etnica o nazionale o sull'intolleranza religiosa motivata da considerazioni razziste, che distrugge o compromette l'uguaglianza sovrana degli Stati e il diritto dei popoli all'autodeterminazione o che limita in modo arbitrario o discriminatorio il diritto allo sviluppo integrale di ogni essere e gruppo umano; questo diritto implica un accesso, in condizioni di assoluta uguaglianza, ai mezzi che favoriscono il progresso e il pieno sviluppo collettivo e individuale nel rispetto dei valori di civiltà e delle culture nazionali e universali. Articolo 4 1) Ogni intralcio al libero e pieno sviluppo degli esseri umani e alla libera comunicazione tra di essi, basato su considerazioni razziali o etniche, è contrario al principio di uguaglianza in dignità e diritti; esso è inammissibile. 2) Una delle violazioni più gravi di questo principio è costituita dall'apartheid che, come il genocidio, è un crimine contro l'umanità che turba gravemente la pace e la sicurezza internazionale. 3) Altre politiche e prassi di segregazione e discriminazione razziali costituiscono crimini contro la coscienza e la dignità dell'umanità e possono condurre a tensioni politiche e turbare gravemente la pace e la sicurezza internazionali. Civil Rights 1964 (Legge sui diritti civili, 1964). Pacchetto di leggi approvato negli Stati uniti allo scopo di porre fine alle discriminazioni basate su razza, colore della pelle, religione e nazionalità d'origine. È ritenuta la legge più importante in materia di diritti civili dall'epoca della Ricostruzione. Garantì: il diritto di voto attraverso l'abolizione dei prerequisiti necessari all'iscrizione nelle liste elettorali; proibì la discriminazione e la segregazione negli uffici pubblici, nelle scuole, nei sindacati, nei luoghi di produzione e scambio interstatali o federali. Abolì inoltre la discriminazione su base sessuale, promosse la desegregazione delle scuole pubbliche, l'equa distribuzione dei fondi pubblici secondo il principio della non discriminazione e l'istituzione della Commissione dei diritti civili per le pari opportunità. Proposta dal presidente J.F. Kennedy, la legge fu varata dal successore L.B. Johnson. Diede luogo, per lungo tempo, a violenti scontri e venne subito sottoposta a giudizio di costituzionalità. Voting Rights Act 1965 Il Voting Rights Act (1965) è stata una legge che ha permesso ai cittadini con il colore della pelle scura degli Stati Uniti d'America, di poter votare alle elezioni che si svolgevano nel paese. Evoluzione storica Lotta Miglioramento Homepage Evoluzione storica Età Romana Medioevo XVI-XVIII secolo Età Romana La situazione dei poveri nel mondo antico romano divenne particolarmente grave in coincidenza con la crisi dell'Impero. Fino ad allora le stesse classi sociali più ricche avevano provveduto ad attenuare le condizioni dei poveri allo scopo di evitare Sommovimenti sociali: periodiche elargizioni di beni, soprattutto alimentari, riuscivano così a conservare l'ordine sociale. Già in Epoca repubblicana la plebe era riuscita ad ottenere la difesa dei loro diritti mediante la creazione di un'apposita magistratura a loro riservata, quella dei tribuni della plebe che avrebbe dovuto proteggere coloro che come unica fonte di reddito avevano la loro prole, i proletari. Gli individui più disagiati erano un ceto cittadino parassitario che il sistema economico romano basato sulla produzione schiavistica permetteva di sostenere. Nell'età di Diocleziano il regime fiscale colpì pesantemente le campagne in modo particolare i coloni che cominciarono ad abbandonarle per fuggire dall'oppressione delle tasse. Il mondo contadino comincia ad essere afflitto pesantemente da miseria e malattie. L'oppressione fiscale fu la causa del brigantaggio di contadini poveri e di rivolte, come quelle delle Bagaudae in Gallia e Spagna, per ribellarsi allo Stato e alla Chiesa cattolica che li perseguitava per la loro adesione all'eresia donatista. In questo periodo nasce la figura del patronus ,un capo militare che in cambio del sostentamento dato ai soldati protegge i villaggi contadini dall'esattore delle tasse. Medioevo • • • Nel XII secolo la condizione di povero incomincia ad essere distinta tra coloro che avevano scelto la povertà come un mezzo per arrivare a Dio, i pauperes cum Petro, com'erano i frati mendicanti di San Francesco, e quelli che erano poveri per necessità, i pauperes cum Lazaro, dei quali si dovevano occupare la Chiesa e i buoni cristiani. La distinzione tra la condizione di povero e malato incomincia a definirsi nel periodo che va dal XIII al XIV secolo. Jacquerie è un termine francese usato per indicare un'insurrezione contadina spontanea priva di una preparazione politica e rivolta, di norma, contro il nemico più immediato; spesso il castello del signore locale o l'ufficio di registro catastale e tributario. Il termine prende il nome dall'espressione Jacques bonhomme, l'appellativo canzonatorio con il quale i nobili e i proprietari terrieri si rivolgevano ai contadini. In maniera più specifica indica l'insurrezione contadina iniziata il 28 maggio 1358 e conclusasi il 10 giugno dello stesso anno. Il bersaglio principale, in un paese devastato dalla guerra dei Cent'anni e dalle bande armate reduci dalla battaglia di Poitiers (1356), sembrò essere non tanto il nobile in quanto tale, bensì la sua incapacità di svolgere uno dei compiti fondamentali connessi al suo rango: quello di combattere con successo per difendere i laboratores. La Guerra dei contadini fu una rivolta popolare nell'Europa medioevale, più precisamente nel Sacro Romano Impero, che si svolse tra il 1524 e il 1526. La guerra consistette di un insieme di rivolte economiche e religiose, da parte di contadini, abitanti delle città e nobili. Il movimento non possedeva un programma comune. La guerra fu in parte un'espressione della sollevazione religiosa nota come riforma protestante. XVI secolo • Sacro romano Impero del XVI secolo. I principi svolgevano il ruolo di principali centralizzatori dei loro territori, avevano il diritto di imporre tasse e prendere a prestito denaro in base ai loro bisogni. I costi crescenti dell'amministrazione e della struttura militare costrinsero i principi ad alzare il costo della vita dei propri sudditi. La nobiltà minore e il clero non pagavano tasse ed erano spesso dalla parte del principe. Molte città godevano di privilegi che le proteggevano dalle tasse e quindi il grosso del fardello gravava sui contadini. I principi spesso tentavano di costringere alla servitù i contadini liberi, attraverso una tassazione sempre più pesante e soffocante. I contadini non potevano fare molto più che resistere passivamente. Anche allora, il principe aveva il controllo assoluto su tutti i suoi servi e i loro possedimenti e poteva punirli come riteneva più opportuno. Prendevano tutte le decisioni amministrative e usavano le finanze a loro piacimento. Potevano ricavare entrate dai loro contadini in ogni modo possibile. Pedaggi arbitrari su strade, ponti e porte, potevano essere istituiti a piacere. Essi revocarono gradualmente le terre comuni e resero illegale per un contadino, pescare o far legna in quella che era una volta terra di tutti. I contadini erano cittadini senza terra e senza diritti, una testimonianza del decadimento della società feudale. Gli scopi delle loro rivolte erano richieste di completa parità sociale con le altre classi sociali. Essi sostenevano tutti i restanti strati della società, non solo attraverso la tassazione diretta, ma con la produzione agricola e l'allevamento del bestiame. Il contadino era proprietà di qualunque persona di cui egli fosse suddito. Il contadino e tutte le cose ad esso associate erano soggetti a qualsiasi capriccio delle classi più abbienti. Nel '500 si è calcolato che nell'Europa occidentale circa un quinto della popolazione era costituito da poveri: l'incremento demografico, lo sviluppo delle manifatture, in specie quelle tessili, la rivoluzione dei prezzi aveva determinato l'avvento di una moltitudine di poveri e sbandati in modo particolare nelle campagne. Ad aggravare le condizioni di vita subentravano poi i tre flagelli della peste, della guerra e della carestia che spingevano queste masse di disperati a trovare soccorso nelle città. Ad aumentare le ansie dei cittadini si aggiungeva poi lo sbandamento dei soldati mercenari che ora, con la creazione dell'esercito permanente negli stati assoluti, non trovano più chi li assoldi generando, in misura prima sconosciuta, masse disperse di poveri e vagabondi, banditi e rivoltosi. Le istituzioni cittadine cominciano allora a distinguere tra la povertà "vera" da quella "falsa" comprendendo nella prima i malati, coloro che non potevano più mantenersi per motivi fisici, i ragazzi e i bambini abbandonati dalle famiglie, i vecchi che non potevano più lavorare ma che avendo lavorato in passato; a questi si aggiungeva la moltitudine dei poveri occasionali che ricevevano l'elemosina saltuariamente, costituita da lavoratori che attraversavano periodi di povertà dovuti soprattutto ai debiti che non riuscivano a saldare. Tra questa massa di marginali una figura che emerge è quella del mendicante. Vi erano poi i poveri organizzati in "compagnie" come quelle dei ciechi e degli storpi riconosciute dall'assistenza pubblica. I mendicanti non avevano nessun tipo di potere, non pagavano le tasse, erano esclusi dalle corporazioni e dalle confraternite. Le istituzioni nel XVI secolo iniziarono a emanare leggi che colpivano i falsi mendicanti includendo in questa categoria i vagabondi. Le autorità cittadine e statali reagirono con metodi repressivi cercando di eliminare la presenza dei poveri nelle città, eliminando la possibilità del loro continuo vagabondare e incanalando in forme controllabili quelle masse di accattoni che potevano divenire un serio pericolo di rivolte ogniqualvolta vi fosse una carestia o un aumento dei prezzi dei beni alimentari. Dalla carità medioevale ormai nel Cinquecento si è persa ogni traccia: gli ospedali aperti senza troppe distinzioni ai malati e ai miserabili diventano istituti d'internamento coattivo e, quando questo non basta, i poveri vengono a forza arruolati negli eserciti o divengono rematori nelle galere XVII secolo Nel '600 continua la configurazione dell'ospedale non come istituzione di cura per i malati ma struttura per l'isolamento e l'internamento. Già in Inghilterra nel 1576 una legge di Elisabetta I istituiva degli stabilimenti, le "Houses of correction", che miravano alla "punizione dei vagabondi e al sollievo dei poveri" istituite come case di lavoro (workhouse) come mezzo per la repressione della mendicità. Sull'esempio inglese fece altrettanto la Svizzera che nel 1631 a Berna (nel 1637 a Zurigo) aprì come un nuovo reparto dell'ospedale generale una casa di correzione e per il lavoro forzato. Così anche in Francia tipico è il caso dell' "Hospital General" di Parigi fondato nel 1656 che Michel Foucault definisce il terzo stato della repressione. Questi istituti diffusi in Europa tra la fine del '500 e gli inizi del '600 volevano associare l'assistenza ai poveri ed insieme la funzione di rieducazione al lavoro per conseguire un rinnovamento morale e una redditività economica, considerata base di una ipotetica integrazione sociale dei mendicanti, da raggiungere con la privazione della libertà e una rigida disciplina che prevedeva sanzioni e punizioni corporali per i trasgressori. L'ospedale è divenuto luogo di repressione per il povero "cattivo", il ribelle alle regoli sociali, ma anche di beneficenza per il povero "buono" sottomesso all'ordine sociale. Una politica di vera e propria segregazione dei poveri, avviata già alla fine del XVI secolo, si affermerà quindi soprattutto nel XVII secolo, e ad un punto tale che il Seicento sarà appunto definito il secolo della "grande reclusione". L'inutilità sociale del povero determina la sua condanna ed esclusione dalla società, la povertà è considerata una colpa contro l'ordine pubblico. XVIII secolo La politica d'internamento sistematico diffusa tra gli stati europei appare nel '700 inumana e dannosa sul piano sanitario. Viene finalmente contestata dai filosofi illuministi e abbandonata. Ci si avvicina alla concezione attuale della povertà considerata come una disfunzione della società. Il fattore economico viene identificato come causa principale della povertà anche se quello morale non é del tutto messo da parte. Si propone come soluzione dell'indigenza l'applicazione del principio della redistribuzione della ricchezza: siamo però ancora lontani da una concezione dello stato assistenziale poiché l'intervento laico delle strutture statali è indirizzato non a tutta la popolazione ma solo a certe categorie come le vedove, gli orfani...i poveri "buoni" e "meritevoli". Fu abolito il lavoro forzato nelle manifatture ospedaliere e furono istituiti i depots de mendicité (depositi di mendicità) dove erano internati i vagabondi e i mendicanti mentre negli ospedali generali venivano ricoverati i poveri di ogni genere. Nei dépôts ai mendicanti era offerto un ricovero provvisorio in attesa che li reclamasse la famiglia o un qualche datore di lavoro. Tutti i detenuti erano obbligati a lavorare dall'alba al tramonto. La rivoluzione del 1789 mise fine anche ai depositi di mendicità segnando la conclusione dell'epoca della "grande reclusione". Prima la società aveva esaltato la funzione del lavoro come una forma di educazione e socializzazione. Ora il lavoro viene esaltato nel sistema industriale come sinonimo di riscatto e elevazione sociale ma nella realtà il lavoro operaio diviene una forma di mantenimento e talora di aggravamento della povertà. Lotta: Karl Marx • Manifesto del partito comunista 1848 • Il marxismo Manifesto del partito comunista « La storia di ogni società esistita fino a questo momento, è storia di lotte di classi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in breve, oppressori e oppressi, furono continuamente in reciproco contrasto, e condussero una lotta ininterrotta, ora latente ora aperta; lotta che ogni volta è finita o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la comune rovina delle classi in lotta. Nelle epoche passate della storia troviamo quasi dappertutto una completa articolazione della società in differenti ordini, una molteplice graduazione delle posizioni sociali. In Roma antica abbiamo patrizi, cavalieri, plebei, schiavi; nel medioevo signori feudali, vassalli, membri delle corporazioni, garzoni, servi della gleba, e, per di più, anche particolari graduazioni in quasi ognuna di queste classi. La società civile moderna, sorta dal tramonto della società feudale, non ha eliminato gli antagonismi fra le classi. Essa ha soltanto sostituito alle antiche, nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta. La nostra epoca, l'epoca della borghesia, si distingue però dalle altre per aver semplificato gli antagonismi di classe. L'intera società si va scindendo sempre più in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente contrapposte l'una all'altra: borghesia e proletariato. » Il marxismo Il tema della povertà comincia nel corso dell’ 800 ad essere associato a quello dell'industrialismo. Coerentemente con la sua visione non meccanicistica della realtà e la sua volontà di non formulare un'ideologia che preveda il futuro, il filosofo tedesco non teorizza esplicitamente le caratteristiche della futura società comunista, ma da soltanto indicazioni sulla fase di transizione verso essa e la delinea come ipotesi. Innanzitutto Marx definisce l'importanza della rivoluzione del proletariato: se il capitalismo cadesse solo perché contraddittorio la storia si risolverebbe in un processo meccanicista. Invece il proletariato deve prendere coscienza della sua forza e, attraverso una rivoluzione violenta, deve abbattere il sistema corrente. Con la caduta della borghesia, andranno ad estinguersi tutte le sue espressioni, quindi lo Stato, la cultura e la morale borghesi, e le religioni,… Ma prima della nuova società ci sarà un periodo di passaggio durante il quale la classe rivoluzionaria si sostituirà semplicemente a quella capitalista, edificando la dittatura del proletariato, ancora caratterizzata dal dualismo di classe. Durante questo periodo andranno smantellati tutti i residui del precedente sistema, e infine, con la socializzazione dei mezzi di produzione e l'abolizione della proprietà privata, si avrà il comunismo autentico, e spariranno allora feticismo e alienazione, gli individui non saranno più asserviti ad un lavoro diviso e potranno realizzare uno "sviluppo omnilaterale", accrescendo insieme le forze produttive sociali. Allora ci sarà il ritorno dell'uomo alla sua realtà sociale. l filosofo tedesco inizia con il considerare la produzione dei mezzi di sussistenza attività fondamentale dell'uomo, nonché prima azione storica specificamente umana. Sulla base di questa attività ne individua altre tre: la creazione e la soddisfazione di nuovi bisogni, la riproduzione (quindi la famiglia) ed infine la cooperazione fra più individui. Sorge solo ora la coscienza: al contrario di tanti altri, Marx non delinea la coscienza come presupposto dell'uomo, seppur riconoscendogli un ruolo fondamentale nella vita, ma come prodotto sociale che si sviluppa in relazione all'evoluzione dei mezzi di produzione e a tutto quello che esse comportano, in una parola alle forze produttive. La coscienza si manifesta quindi in diverse forme a seconda del processo storico. Ma solo con la successiva divisione tra lavoro manuale e mentale la coscienza può automatizzarsi dal mondo, dando luogo alle forme culturali conosciute. La totalità dell'essere sociale va dunque indagata dalla sfera produttiva. Questa separazione fra coscienza e condizioni materiali dà luogo all'"ideologia", l'ideologia svolge un ruolo essenziale, siccome corrisponde all'esigenza delle classi dominanti in un dato periodo storico di presentarsi come classe universale, portatrice quindi di valori universali espressi appunto nell'ideologia. Essa è ogni forma di rappresentazione teorica inconsapevole della propria condizione storico-materiale; le idee sono quindi separate dalle proprie radici storiche e universalizzate. Il materialismo storico si presenta come fortemente anti-ideologico; tutta la dottrina socialista marxista è definita dal suo autore non ideologica, poiché vuole mantenere le proprie radici realistiche e storiche. Con le idee di Marx ha inizio una nuova tipologia di rivolta popolare, per meglio dire proletaria, poiché i lavoratori si riuniscono in gruppi organizzati, che hanno il compito di creare “coscienza di classe”. Questo significa che ogni operaio consideri la sua situazione di povertà e miseria non come una condizione solo sua, e quindi individuale, bensì come espressione dell’intera classe proletaria. Miglioramento • Suffragio universale Ma oggi… • • • • • Povertà Discriminazione sanitaria Figli accasati Contratti a tempo determinato Caro vita Homepage Suffragio universale • Italia: 1946 Voto universale per uomini e donne, che abbiano compiuto la maggiore età (inizialmente i 21 anni e sucessivamente i 18 anni). La prima occasione di voto sono le ormai celeberrime elezioni del giugno 1946, atte a scegliere la Monarchia o la Repubblica e ad eleggere l'Assemblea costituente. • • Francia: 1946 Suffragio universale (maschile e femminile) Stati Uniti d’America: 1776 Suffragio universale ma con svariate restrizioni. Basta fare una considerazione: discriminazioni di carattere censitario, di carattere razziale hanno continuato a sussistere negli Stati Uniti fino ai giorni nostri. Sono soltanto del 1966 due sentenze della Corte Suprema, che dichiarano incostituzionali sia i test per accertare i gradi di cultura e di alfabetizzazione per l'ammissione ai diritti politici, sia i requisiti che chiedevano il pagamento di una tassa per essere ammessi al diritto di voto, cioè le ultime discriminazioni, che si opponevano all'esercizio pieno del suffragio universale sono scomparse in America semplicemente nel decennio che va dagli anni Sessanta agli anni Settanta • Regno Unito: 1918 suffragio universale (maschile e femminile) Povertà La primordiale caratteristica degli USA e dell'Europa è stata che nel corso della loro storia si sono dedicate a saccheggiare le ricchezze di altre nazioni del mondo per arricchirsi e sviluppare i rispettivi paesi, al tempo stesso in cui le loro vittime si impoverivano. Il colonialismo europeo imposto all'Africa, all'Asia e all'America Latina permise agli oppressori di accumulare abbondanti capitali che favorirono le loro economie, mentre il nascente impero nordamericano seguiva quei passi e, come il vecchio continente, creava compagnie transnazionali che drenavano (e ancora lo fanno) le ricchezze di paesi terzi. Nonostante questo ladrocinio accade che negli Stati Uniti esistono attualmente 36,5 milioni di poveri, e nei paesi dell'Unione Europea la cifra arriva a 78 milioni di persone. Le politiche neoliberiste e di esclusione sociale hanno fatto sì che in queste ricche nazioni, una immensa quantità di abitanti si trovino trascurati e reietti. Nell'UE la povertà stimata sulla base dei redditi inferiori ai due dollari al giorno colpisce il 21% della popolazione, mentre il 5% soffre a causa dell'insicurezza alimentare, ha sottolineato Jacques Diouf, direttore generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Agricoltura e l'Alimentazione (FAO). Per il direttore generale della FAO tra i fattori che hanno contribuito all'aumento della povertà negli ultimi quindici anni, compaiono l'eliminazione dei sistemi di pianificazione centralizzata e l'arrivo dell'economia neoliberista, la diminuzione dei programmi sociali a beneficio delle privatizzazioni e la disoccupazione. Dati dell'ufficio statistico dell'UE, Eurostat, rivelano che un 16% della popolazione europea vive male o sopravvive all'ombra dell'immagine idilliaca che le autorità comunitarie proiettano all'esterno. Come sempre accade in questi casi, i gruppi sociali più minacciati dalla povertà nella UE sono i disoccupati, i genitori soli (soprattutto le donne), gli anziani, gli immigrati e le minoranze etniche. Ad esempio, gli immigrati, la cui manodopera è fondamentale in questi paesi per l'attività agricola ed i servizi, devono affrontare numerose barriere nel momento di integrarsi nel paese, soprattutto in cinque aree: impiego, casa, salute, istruzione e partecipazione alla vita pubblica. Subiscono ogni forma di discriminazione: non possono accedere a numerosi posti di lavoro nelle imprese, il salario è molto minore di quello dei cittadini, non hanno diritto alla sicurezza sociale, devono vivere in determinate aree e abitazioni, tra molte altre limitazioni. Negli USA la situazione è peggiore. Le cifre dell'ufficio statistico rivelano che uno ogni otto abitanti vive sotto la soglia di povertà, il che equivale a 36,5 milioni di persone. La disattenzione si fa più evidente tra i bambini e i minorenni di 18 anni: il 17,4%, ossia, 12,8 milioni, si trovano in questo indice funesto. L'ufficio di statistica aggiunge che nel paese ci sono 5.000.000 in più di poveri rispetto a sei anni fa, e che il reddito medio è di mille dollari in meno a quello del 2.000, senza contare la forte svalutazione che il dollaro ha avuto negli ultimi tempi. Il New York Times afferma che l'unico segmento della popolazione i cui redditi nel 2006 erano superiori a quelli del 2000 erano il 5% delle famiglie più ricche; inoltre “i proventi della crescita economica della nazione nel passato lustro sono fluiti quasi esclusivamente ai ricchi e agli estremamente ricchi, lasciando poco agli altri”. Cliccare sull’immagine per la visione del video Discriminazione sanitaria 47 milioni di Statunitensi mancano di assistenza medica, e pertanto non hanno diritto di ammalarsi. Questo indice è aumentato di 2.200.000 tra il 2005 e il 2006, e continuerà a crescere per via degli elevati costi della salute, dello scarso sostegno da parte del governo ai programmi sociali, e alla riduzione o eliminazione di benefici che le imprese offrivano in passato ai propri dipendenti. Peggio ancora, il numero di minorenni senza sicurezza medica è aumentato di 700.000 tra il 2005 e il 2006 per raggiungere un totale di 8,7 milioni di bambini. I minorenni costituiscono il 25% della popolazione, ma il 35% sono poveri. Una legge recentemente proposta al Congresso per fornire ai milioni di bambini l'assistenza medica incontrò il veto presidenziale. L'iniziativa consisteva nel gravare con maggiori imposte sigari e bevande alcoliche per trovare la copertura finanziaria al programma. Bush ha sostenuto che le compagnie di assicurazione sarebbero state danneggiate dato che i cittadini avrebbero usufruito dei servizi offerti dallo Stato che avrebbe dovuto sostenere enormi spese. In conclusione, la povertà negli Stati Uniti e in alcuni paesi dell'Unione Europea dilaga nonostante la propaganda a favore della bontà del sistema neoliberista e di privatizzazioni. Un cittadino degli Stati Uniti spende, in media, 4.187 dollari ogni anno per garantirsi la propria salute. Un tedesco, 2.713 dollari. Un cittadino dell’Etiopia ogni anno spende, in media, 4 dollari. In Germania tutti hanno accesso al sistema sanitario nazionale. Negli Stati Uniti 40 milioni di poveri, più o meno il 15% della popolazione, ne sono sostanzialmente esclusi. In Etiopia, tranne una ristretta élite, nessuno ha accesso a un sistema sanitario che assicuri almeno le prestazioni minime. In Sierra Leone l’età media della popolazione non supera i 39 anni. In Svizzera l’età media supera gli 82 anni. In alcuni quartieri ricchi di New York e delle grandi metropoli americane l’aspettativa di vita sfiora gli 85 anni. In alcuni quartieri poveri di quelle medesime città l’aspettativa di vita supera di poco i 40 anni. In Occidente malaria e tubercolosi, le malattie dei poveri, sono sostanzialmente sparite. Nel Terzo Mondo mietono almeno 5 milioni di vittime ogni anno. In nessuna parte del mondo dall’Aids si guarisce. Ma in Occidente la malattia può essere curata, nell’Africa sub-sahariana l’Aids sta spazzando via un’intera generazione. Il quadro statistico proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) è chiaro fino alla brutalità: un adulto povero di età compresa tra 15 e 59 anni ha dieci volte più probabilità di morire in questa fascia di età di un coetaneo ricco. Un bambino povero di età compresa tra 0 e 4 anni ha 100 volte più probabilità di morire in questa fascia di età di un coetaneo ricco. Una donna povera ha 300 volte più probabilità di morire mentre dà alla luce un figlio di una partoriente ricca. Il 60% degli 11 milioni di decessi tra i bambini sotto i cinque anni nel Terzo Mondo è causata dalla denutrizione, ovvero direttamente dalla povertà. D’altra parte, l’intero sistema biomedico mondiale è sempre più tarato verso le esigenze dei paesi ricchi. Meno del 10% della spesa in ricerca medica al mondo è indirizzata verso la cura di malattie che interessano il 90% della popolazione mondiale. A investire in ricerca sono i paesi ricchi. E i ricchi investono quasi unicamente per risolvere i propri problemi di salute. Dei 1233 nuovi farmaci immessi sul mercato tra il 1975 e il 1999 solo 13 riguardano malattie tropicali. Sulla spinta della necessità di far quadrare i bilanci pubblici, la salute viene trasformata da diritto in merce e l’ammalato da paziente a consumatore. La nuova filosofia si impone negli Stati Uniti e conquista le grandi istituzioni finanziarie globali: la Banca Mondiale e il Fondo monetario internazionale. L’assistenza sanitaria in molti paesi subisce una drastica riduzione. Negli anni ’90 questa riduzione diventa drammatica anche nei paesi ex comunisti. Nel Kirgizistan il 50% delle persone che si rivolgono a un ospedale vengono respinte perché non hanno di come pagare. In Russia l’età media dei maschi crolla da 65 a 58 anni. Persino nei paesi ancora formalmente comunisti, ma esposti alle richieste della Banca Mondiale, le condizioni sanitarie peggiorano. In Vietnam il 60% delle famiglie povere è costretto a indebitarsi: per un terzo di quelle famiglie la causa principale dell’indebitamento risiede nell’accesso al sistema sanitario. A Phnom Penh, in Cambogia, il 20% dei pazienti si rivolge agli usurai per potersi curare. È stato calcolato che in India il 70% della spesa per farmaci è non necessaria. Negli Stati Uniti Video 1 (cliccare sull’immagine per la visione) : Bush ha posto il veto sulla legge che intendeva estendere l’assistenza sanitaria ai bambini poveri, il ‘Children’s Health Insurance Program’ (Chip) garantisce la copertura sanitaria solo ai bambini indigenti, attualmente 6,6 milioni di minori, ma ne esclude altri 4 milioni leggermente più fortunati che comunque non riuscirebbero a pagarsi un’assicurazione sanitaria. Video 2 (cliccare sull’immagine per la visione). Il film “John Q” di Nick Cassavetes con Denzel Washington estremizza le possibili conseguenze derivanti dalla precaria situazione assicurativa negli Usa. Il figlio di John Q ha bisogno urgente di un cuore nuovo, ma i medici che lo hanno in cura non possono metterlo in lista per il trapianto perchè sprovvisto di un'assicurazione. Così John Q si vede costretto a tenere in ostaggio la stanza d'emergenza dell'ospedale affinchè venga disposto un cuore per suo figlio. Figli accasati I figli oggi sono “mammoni” per necessità. 7 giovani precari su 10 vivono in famiglia perché hanno difficoltà a costruirsi una vita autonoma. Il 70% dei giovani precari italiani , con cui si intende la fascia che arriva fino ai 34 anni, vive in casa con i genitori; ma la causa non è certo da ricercare nella loro volontà. Gli “under 34” non riescono a trovare un lavoro a tempo indeterminato, neanche i laureati, e decisivi sono anche gli elevati costi degli affitti nelle grande città. Per i giovani tra i 30 e i 34 anni restare a casa è un fenomeno in crescita: erano il 19,9% nel 1995, sono il 29,5% nel 2005. la percentuale di persone che vivono sotto la soglia di povertà tra i giovani precari è superiore alla media generale, 3,7% contro 13,1%, e coinvolge ben 1.678.000 persone. La percentuale di persone tra i 20 e i 34 anni che è a capo di un nucleo familiare, anche solo composto da due persone, è solo di 22,7%. Contratti a tempo determinato Un grave problema per i giovani è, nel mondo del lavoro, la difficoltà nel trovare un contratto a tempo indeterminato. Si può stipulare un contratto a termine solo se giustificato, altrimenti l’assunzione diviene a tempo indeterminato. Ci deve essere un motivo preciso per mettere un termine al contratto di lavoro. La legge del 2001, che prevede il decreto legislativo n. 368/2001, consente l’apposizione del limite solo per ragioni oggettive di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. In tali sole ipotesi, la legge consente una deroga al principio della normalità del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Purtroppo le imprese e le aziende molto spesso non rispettano questo decreto legge. Caro vita A causa del crescente aumento del caro vita, ci sono dei ricchi sempre più ricchi, dei poveri sempre più poveri e una classe media che ha ormai sorpassato da tempo la soglia di vivibilità, finendo nel baratro del “non riesco ad arrivare alla fine del mese”. Ci sono giovani che hanno un lavoro ma non riescono ad acquistare la prima casa, giovani che hanno acquistato la prima casa ma ora non riescono più a pagarla, adulti divorziati che non riescono a star dietro alle spese di mantenimento, anziani che non arrivano alla fine del mese con la misera pensione e anziani che non arrivano nemmeno a metà mese a causa di quella pensione. Tutta la popolazione in generale è più povera. Meno soldi uguale meno consumi, meno consumi uguale povertà amplificata, povertà amplificata uguale inizio del declino. Con i soli redditi di lavoro la famiglia media italiana non riesce ad arrivare alla fine del mese. I prezzi sono una delle due lame della forbice tra le quali si trova stretta la famiglia italiana, l’altra lama è rappresentata dal reddito che la famiglia riesce a conseguire. Come migliorarlo Per prevenire e arginare l’ascesa incontrollata dei prezzi , le associazioni dei consumatori si mobilitano e invitano il governo a non rimanere passivo. E’ necessario, secondo loro, fronteggiare l’emergenza prezzi e porre un freno al caro vita. Occorre quindi puntare alla concorrenza e alla liberalizzazione attraverso un sistema di misure che agisca direttamente sulla distribuzione: apertura domenicale e festiva dei negozi, sblocco dei saldi, liberalizzazione degli orari e la collocazione di impianti di distribuzione del carburante negli spazi interni a centri commerciali. Puntano il dito contro il caro petrolio, dove la speculazione si è verificata in particolar modo sul gasolio (+23%) e meno sulla benzina (+11%), ma anche sull’aumento degli affitti e delle tasse. Bibliografia www.it.wikipedia.org www.pariopportunita.gov.it www.pangeaonlus.org www.www.peacelink.it “La conoscenza storica” di De Bernardi e Guarracino “La comunicazione filosofica” di Massaro A cura di: •Gabriele Caruso •Sara Gerini •Elisa Raffaelli •Veronica Socionovo •Marco Tagliavento