La Liguria appare in questo periodo retta a Marca, dipendente dal marchese Oberto, investito dal re Berengario; ma Genova nella successiva divisione divenne un “comitato” a sé, retto più che altro prima dal Vescovo e poi da un ordinamento comunale proprio, che trasse origine dall’associazione mercantile “Compagna”. L’attività civica si svolgeva attorno alla Chiesa di San Lorenzo, divenuta quasi l’Arengo ed il simbolo dell’ unità cittadina. La “Compagna”, formata in massima parte da gente di mare, assorbì tutti i poteri pubblici esercitati prima dal Vescovo, partecipando all’Amministrazione del “Comune genovese” mediante i suoi “consoli”, che erano scelti fra i nobili. Il Comune, pur riconoscendo la teorica autorità dell’ Imperatore, custodiva e gelosamente difendeva le sue autonomie ed i suoi privilegi, come si vide quando l’annalista Caffaro seppe difendere di fronte al Barbarossa i diritti di Genova e l’imperatore rinunciò ad ogni atto bellico, accontentandosi di un tributo. Genova voleva liberare i mari dalle piraterie degli Arabi, che molestavano i suoi rapporti mercantili, perciò estese la sua influenza sulle isole mediterranee, conquistò colonie e, a causa di ciò, entrò in concorrenza con Pisa. Siccome Benedetto VIII aveva promesso la Corsica e la Sardegna a chi avesse sconfitto i Saraceni, la Corsica fu assegnata ai Genovesi e la Sardegna ai Pisani. Le due repubbliche non diedero requie ai Saraceni, finché nel secolo XII riuscirono a stabilire il loro dominio marittimo su tutto il bacino tirrenico. Il periodo delle Crociate fu molto importante per lo sviluppo di Genova. Da queste fortunate spedizioni, essa trasse immense ricchezze ed un esteso impero coloniale; ma ne derivò anche rivalità con Pisa e Venezia, che sfociò poi in sanguinose guerre. Alla I Crociata partecipò Guglielmo Embriaco, che dall’Oriente portò il Sacro Catino (il leggendario Sacro Graal) e le ceneri del Battista. Nonostante le rischiose e vittoriose imprese coloniali, la città non ebbe mai lunghi periodi di pace interna, nemmeno quando rinunciò ai Consoli e mise a capo su tutti un Podestà forestiero (1191). La nobiltà si divise in due fazioni che, dal secolo XIII fino al secolo XVI , provocarono, salvo brevi intervalli, lunghe lotte. Per merito della ricca borghesia, si tentò di superare i dissidi interni eleggendo un magistrato, chiamato “Capitano del popolo” e questa carica fu, nel 1257, assegnata a Guglielmo Boccanegra di ricca famiglia di mercanti. Per il nuovo governo fu costruito il Palazzo di S. Giorgio. La potenza di Pisa finì nelle acque della Meloria, durante una battaglia navale combattuta nel 1284, ma quella di Venezia fu solo temporaneamente abbattuta nella battaglia di Curzola (1298), nel corso della quale l’ammiraglio Lamba Doria fece prigioniero Marco Polo, poi rinchiuso in palazzo San Giorgio, dove dettò il suo famoso “Milione”. Durante questo florido periodo Genova si rinnovò, si abbellì di chiese e palazzi e vide rifiorire i suoi commerci. Caduto l’ impero latino d’ Oriente, favorevole ai Veneziani, i possedimenti coloniali genovesi si estesero per numero e per importanza. Genova possedeva nel Mar Nero Pera a Costantinopoli, colonie in Armenia, in Siria, nelle isole dell’Egeo, sulle coste dell’Africa e della Spagna. Alcune di queste colonie erano date in feudo a famiglie della nobiltà genovese, anche se la suprema signoria restò prima alla Repubblica, poi al Banco di S. Giorgio. Nel XIV sec. fu costituita la prima Maona, società per azioni che prese il nome di “Giustiniani” e fu formata da famiglie genovesi per l’amministrazione e lo sfruttamento commerciale delle colonie (Smirne e Chio). Questo ricco e vasto dominio fu a poco a poco perduto da Genova. Le lotte interne, invece, rifiorirono e divennero fonte di conseguenze più gravi, quando la scissione prese il nome da Guelfi (Fieschi e Grimaldi) e Ghibellini (Doria, Spinola), da partiti cioè che, oltrepassando le mura cittadine, potevano provocare o giustificare dannosi interventi stranieri. Difatti la Repubblica, di fronte all’imperatore Arrigo VII, non seppe più difendere i propri diritti come di fronte al Barbarossa. Nel 1339 il partito popolaresco aveva tentato di liberare Genova dai pericoli, affidando il governo a un Doge, che fu scelto nella persona di Simone Boccanegra. Non mancarono le congiure contro questo regime, che si difese con energia, non tralasciando di prender parte alle lotte contro gli infedeli, che subirono una grande sconfitta ad Algesiras, per merito dell’ammiraglio Egidio, fratello del Doge. Questi, rattristato dalle continue insidie, si dimise nel 1344 e si allontanò da Genova. Le sorti della Repubblica divennero sempre peggiori. Dopo varie vicende, Genova subì da parte dei Veneziani una grave sconfitta a Chioggia che non ebbe tutte le conseguenze che si potevano temere solo per l’intervento pacificatore di Amedeo VI, il Conte Verde, che dettò la pace di Torino.