di Naomi Sparacia, Camilla Vanelli, Alberto Benatti, Christian Angel Ginelli 4°A – Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci”, Gallarate CONCETTI FONDAMENTALI PRESSIONE: Considerata una forza F che agisce perpendicolarmente a una superficie S, sulla quale è uniformemente distribuita, definiamo pressione il rapporto tra la forza e la superficie: F pressione S le unità di misura della pressione sono: N m 2 pascal ( Pa) PRESSIONE ATMOSFERICA: pressione esercitata dal peso dell’aria atmosferica, uguale in condizioni normali e al livello del mare alla pressione idrostatica di una colonna di mercurio alta 76 cm e al livello del mare, cioè a 1,013 x 10 5Pa = 1013mBar. Questa pressione talvolta è chiamata atmosfera (atm) DENSITA’: La densità di una sostanza è definita come il rapporto tra massa e volume. ACCELLERAZIONE DI GRAVITA’: Accelerazione dei gravi nel vuoto durante la caduta libera dovuta all’attrazione terrestre. Alle nostre latitudine l’accelerazione di gravità, costante per tutti i gravi, è uguale a 9,8 LEGGE DI STEVIN Consideriamo un recipiente cilindrico di area di base S riempito con un liquido (per esempio acqua) fino ad un'altezza pari ad h e vogliamo trovare la pressione che il liquido esercita sul fondo del recipiente. La pressione è pari al rapporto fra il peso del liquido fratto la superficie del cilindro, ovvero : PF S Siccome il volume del liquido (essendo il recipiente cilindrico) è dato da V = S·h , ricaviamo : P dShg S Ricaviamo perciò : dove m è la massa del liquido contenuto nel recipiente e g è l'accelerazione di gravità. Esprimiamo ora la massa del liquido in funzione della sua densità. Siccome : (dove V è il volume del liquido) si ha : per cui, sostituendo, otteniamo: Siccome il volume del liquido (essendo il recipiente cilindrico) è dato da V = S·h , ricaviamo : che, semplificata dividendo numeratore e denominatore per S , fornisce infine Questa è al legge di Stevin (1548 - 1620). Essa esprime la pressione che un liquido esercita sul fondo di un recipiente in funzione della densità del liquido, dell'accelerazione di gravità e dell'altezza del liquido. La pressione risulta essere direttamente proporzionale alla densità ed all'altezza del liquido. Vasi comunicanti Il principio dei vasi comunicanti è quel principio fisico secondo il quale un liquido contenuto in due contenitori comunicanti tra loro raggiunge lo stesso livello. L'acqua come tutti i liquidi, non ha una forma propria ma assume la forma del recipiente che la contiene. Per questo motivo, se si versa un liquido in vasi tra loro in comunicazione anche se di forma diversa (purché di diametro non molto piccolo per evitare che intervengano altri principi fisici come il fenomeno della capillarità), esso si dispone allo stesso livello in ognuno dei contenitori stessi. Un paradosso idrostatico è un paradosso proprio dell’idrostatica. Esso è conseguenza diretta della Legge di Stevin; nel caso della nostra esperienza il paradosso idrostatico consiste in quanto segue: se la sezione dei canaletti che costituiscono i vasi comunicanti è diversa perché allora la pressione esercitata sul fondo è la stessa? Questo fenomeno si spiega facendo ricorso alla legge di Stevin. Montaggio dell’esperienza Abbiamo riempito un beaker con dell’acqua e l’abbiamo versata nei vasi comunicanti, notando magno cum stupore che in tutti i canali l’acqua era allo stesso livello, nonostante la diversità di forme e volumi dei canaletti: ci siamo quindi chiesti come possa essere la stessa la pressione esercitata sul fondo. CONCLUSIONI e osservazioni Per spiegare il paradosso idrostatico siamo ricorsi alla legge di Stevin: Il principio di Pascal afferma che la pressione in un fluido si esercita uniformemente in tutte le direzioni, quindi anche contro le pareti del canaletto (in direzione perpendicolare a esse). Dalla terza legge della dinamica sappiamo che le pareti del canaletto esercitano a loro volta una forza di reazione sul liquido, in direzione perpendicolare alle pareti stesse. Dunque in questo caso la forza esercitata dal canaletto sul liquido ha un componente verticale (diretto verso l’alto) che controbilancia il peso del liquido sulle pareti. La porzione di liquido che esercita pressione sulla base del canaletto è solo quella parte di acqua di diametro uguale a quello di base; pertanto la pressione esercitata dall’acqua sulla base è la stessa per tutti i canaletti. Materiale utilizzato Acqua Beuta Bacinella Candela Brocca per riempire la bacinella con l’acqua PREMESSA TEORICA Torricelli nacque a Faenza, da famiglia modesta, il 15 ottobre del 1608. La sua istruzione fu curata dallo zio, Don Jacopo padre camaldolese. A 19 anni Torricelli si trasferì a Roma dove trascorse 15 anni presso la scuola dell'abate Benedetto Castelli, amico di Galileo. Fra il 1632 e il 1641 fu attento studioso del moto. Nel 1642, il granduca di Toscana Ferdinando II dei Medici lo nominò matematico del Granducato e Lettore di Matematica all'università di Pisa. La nomina segnò per Torricelli l'inizio di un'intensa attività scientifica, nel corso della quale condusse anche il famoso esperimento sulla misura della pressione atmosferica. L’aria è un fluido,il primo a misurare la pressione atmosferica fu Evangelista Torricelli: egli proseguì numerosi esperimenti per dimostrare che la pressione atmosferica è costante. riempie di mercurio un tubo di vetro della lunghezza di circa un metro, con una delle estremità chiusa. Dopo il riempimento, l'altra estremità del tubo viene chiusa con un dito. Quindi il tubo viene rovesciato ed immerso per qualche centimetro dentro una bacinella contenente mercurio. A questo punto il dito viene tolto ed il mercurio scende dal tubo fino ad una altezza di circa 76 cm dal bordo superiore della bacinella. Dunque, Torricelli afferma giustamente che la spinta che tiene sollevato il mercurio è quella dell'aria esterna al tubo Montaggio dell’esperienza Riempita in parte la bacinella con dell’acqua, vi abbiamo posto al centro una candela accesa, e abbiamo posto sopra di essa una beuta affinché non potesse passare l’aria: man mano che la candela si spegneva, essa risucchiava al suo interno l’acqua della bacinella: perché?? CONCLUSIONI e osservazioni Poc’anzi ci stavamo chiedendo il perché dell’accaduto; ebbene, tra poco sarà svelato l’arcano: la fiamma della candela ha bruciato l’ossigeno rimasto nella beuta producendo biossido di carbonio ( detta anidride carbonica fra i comuni mortali) , che tuttavia è solubile in acqua, sicché l’acqua ha cominciato a salire lungo la beuta per colmare il vuoto che si andava creando per la mancanza di ossigeno e di CO2 . MATERIALE UTILIZZATO Cilindro di plastica beakerino dello stesso volume del cilindro, in plastica trasparente graduata dinamometro due beaker da 500 ml acqua/acqua e sale Bilancia analitica Il corpo immerso nel liquido subisce una forza dal basso verso l’alto. La forza la si può ricavare dalla formula: p F / S Da cui ricaviamo: F PS Essendo P gh troviamo : F f ghA F f gVsolido F gm f F Peso f Possiamo quindi dedurre che il peso del fluido è uguale a quello del cilindro immerso Un corpo immerso in un fluido riceve una spinta dal basso verso l’alto pari al peso del volume del fluido spostato. questa spinta è chiamata forza o spinta IDROSTATICA e più il fluido è denso più la spinta è forte. g f Vcil gcilVcil Se la densità del fluido è maggiore di quella del corpo esso galleggia se è uguale fluttua se è minore va a fondo. Breve excursus su archimede Fu matematico, fisico, inventore di grandissima genialità. I suoi studi e le sue scoperte ebbero enorme importanza nella storia della scienza. Nacque a Siracusa, in Sicilia, nel 287 avanti Cristo, ma compì i suoi studi ad Alessandria, con i seguaci di Euclide. La sua fama è legata soprattutto alle sue scoperte nel campo della geometria e dell'idrostatica, una scienza che studia l'equilibrio dei fluidi. In meccanica creò la vite senza fine, la carrucola mobile, le ruote dentate. Si deve a lui la teoria della leva che lo portò a pronunciare la famosa frase «Datemi un punto d'appoggio e vi solleverò il mondo». Il celebre 'principio di Archimede', da cui derivò la legge sul peso specifico dei corpi, sarebbe stato scoperto dallo scienziato in circostanze singolari. Gerone, re di Siracusa, sospettava che l'orefice che gli aveva fornito la corona, invece di oro massiccio avesse usato una mistura d'oro e d'argento. Il sospettoso re incaricò Archimede, suo amico personale, di scoprire la frode senza però intaccare la corona. Fu così çhe Archimede diede inizio a una serie di ricerche e di studi che lo condussero a porre le basi dell'idrostatica. Uomo di scienza e di studi, Archimede venne costretto, suo malgrado, a trasformarsi in inventore d'armi quando Siracusa entrò in guerra con Roma. La lotta sarebbe stata impari e il risultato a favore dei Romani scontato, se Archimede, su continue pressioni di Gerone, non avesse creato delle macchine militari perfette. Catapulte che lanciavano pietre enormi contro le navi lontane; uncini di ferro che aggregavano le navi più vicine e le sconquassavano; massi che venivano spinti dalla cima delle colline, mediante il sistema della leva, e cadevano sugli invasori; feritoie dalle quali partivano, con un effetto che oggi chiameremmo a mitraglia, nugoli di frecce; specchi dì bronzo che, concentrando i raggi del sole, bruciavano a distanza (ma forse è una leggenda) le navi nemiche: furono queste le macchine da guerra che tennero in scacco i Romani, di gran lunga più potenti, per tre anni. Con la testa fra le nuvole. A questi studi militari Archimede si dedicò soltanto per accontentare il suo amico re. Il suo campo, come lo definiremmo oggi, era quello della ricerca pura e anche nel comportamento Archimede era il prototipo dello scienziato. Trascurato nella persona, oltremodo distratto, si dice che a volte dimenticasse persino di mangiare. Quando gli si presentava alla mente un problema particolarmente urgente, con la punta del dito si disegnava sul corpo, unto d'olio, i dati del problema. Singolare fu il modo in cui giunse a una delle sue più importanti scoperte: «Ogni corpo immerso in un liquido è sottoposto a una spinta verticale diretta dal basso verso l'alto uguale al peso del liquido che esso sposta». Enunciato per sommi capi, è questo il famoso principio di Archimede, una delle basi dell'idrostatica in particolare, e dell'intera storia della scienza in generale. Archimede giunse a tale fondamentale intuizione mentre, facendo il bagno, si rese conto che il suo corpo, nell'acqua sembrava più leggero. Questo fatto, elaborato dall'istintiva fulmineità del suo genio, gli permise di giungere immediatamente all'intuizione, se non alla formulazione, del suo principio. La classica scintilla che balena in una frazione di secondo e che illumina di sé tutti i secoli a venire. Narrano le cronache del tempo che il distrattissimo Archimede, preso da improvviso entusiasmo per la scoperta, uscisse nudo di casa e corresse per le vie di Siracusa, tra gli sguardi attoniti dei suoi concittadini, gridando «Eureka! Eureka!» (Ho trovato! Ho trovato!). Proprio la sua distrazione fu causa della sua morte. Durante il saccheggio di Siracusa il console Marcello, comandante delle truppe romane, grande ammiratore del genio di Archimede, aveva dato ordine che venisse risparmiata la vita all'uomo che, con le sue continue invenzioni, per tre anni aveva bloccato e semidistrutto la sua flotta. PREMESSA TEORICA (Vedere le premesse teoriche delle tre esperienze precedenti) Il principio di Archimede afferma che un corpo immerso totalmente o parzialmente in un fluido riceve una spinta verso l’alto d’intensità uguale al peso del fluido spostato dal corpo. Lo scatto qui accanto rappresenta lo strumento principe per la misura delle forze: il dinamometro. Si tratta di un semplice strumento che applica la legge di Hooke sull'elasticità: le deformazioni della molla sono direttamente proporzionali agli sforzi applicati. Come si vede in questa immagine, il dinamometro in questione è costituito da un cilindro esterno trasparente e da uno interno, nel quale scorre la molla. Quest'ultimo cilindro di colore dorato è tarato direttamente in grammi peso, facilmente leggibili a seconda del numero di taccature che emerge dal bordo inferiore. Archimede, incurante di quanto stava succedendo attorno a lui, era intento ai suoi studi, completamente chiuso nel suo mondo di ricerca e di pensiero. Quando un soldato romano gli si avvicinò e gli chiese chi fosse, Archimede non gli rispose. Molto probabilmente non lo aveva sentito. Allora il soldato, irritato, non avendolo riconosciuto, lo uccise. Era l'anno 212 avanti Cristo. Marcello, addolorato per la morte del genio, gli fece tributare solenni onoranze funebri. Indi, come perenne tributo alla sua mente prodigiosa, gli fece erigere una tomba sulla quale, secondo il volere dello stesso Archimede, venne posta una sfera inscritta in un cilindro con i numeri che regolano i rapporti fra questi due solidi. Il monumento esiste ancora.Delle opere di Archimede ricordiamo: «Della sfera e del cilindro», «Dell'equilibrio dei piani e loro centro di gravità », «Misura del cerchio», «Arenario», «Sui corpi galleggianti». IL DIAVOLETTO DI CARTESIO Il diavoletto di Cartesio è una fialetta di murano con una bolla d’aria al suo interno; è stato chiamato diavoletto poiché la fialetta che ultilizzò Cartesio (o Blaise Pascal secondo i cugini d’oltralpe). E’ possibile comprimere la bolla d’aria al suo interno grazie alla coda bucata. Il principio di Archimede è una conseguenza della legge di Pascal e di quella di Stevin. Consideriamo un blocchetto che ha la forma di un parallelepipedo con base di area S e altezza h. Esso è immerso in un liquido di densità d, con la faccia superiore a profondità h1 e quella inferiore alla quota h2 = l+ h1. Il peso dell’acqua esercita sulle varie facce del blocchetto una pressione che aumenta con la profondità. Montaggio dell’esperienza Abbiamo trovato il diavoletto già immerso nell’acqua, e la beuta era già stata provvista del tappo-membrana elastica necessario per lo svolgimento dell’esperienza. Premendo il tappo e spingendolo, il diavoletto si riempie d’acqua (l’aria è infatti comprimibile, a differenza dell’acqua) e per il cambiamento di densità finisce sul fondo della beuta; riportando il tappo nella posizione originaria la pressione esercitata sull’aria del diavoletto viene eliminata, l’acqua è espulsa dal diavoletto ed esso torna in superficie (è scontato che regolando il tappo potremmo portare il diavoletto in qualsiasi posizione). CONCLUSIONI e osservazioni L’esperienza sopra descritta ci ha permesso di constatare la veridicità qualitativa del principio di Archimede: infatti esso afferma che un corpo galleggia su un fluido se la sua densità è minore di quella del fluido, affonda se la sua densità è maggiore, rimane in equilibrio, completamente immerso, a qualsiasi profondità se la sua densità è uguale a quella del fluido. E’ proprio ciò che è accaduto con il nostro diavoletto. MONTAGGIO DELL’ESPERIENZA Peso il cilindro di plastica nera dentro e fuori dall’acqua (contenuta nel beaker da 500 ml), poi sottraggo il valore minore a quello maggiore e ottengo la spinta idrostatica; trovo quindi la massa del volume d’acqua contenuta nel beakerino trasparente riempito fino all’orlo, tenendo conto del menisco prodotto dall’acqua (la massa ottenuta sottraendo il peso della tara del piccolo recipiente al peso del recipiente pieno d’acqua fino all’orlo, come appena detto); la porto poi in kg e considerando cinque cifre significative moltiplico per 9,8 (dacché la spinta idrostatica trovata è in Newton) e trovo il peso del volume d’acqua del beakerino in Newton; Ora confronto la spinta idrostatica con il peso ottenuto e dovrebbero coincidere. Ripeto poi l’esperienza in modo identico utilizzando tuttavia un altro beakerone da 500 ml, tuttavia qusta volta con acqua e sale, per vedere cosa cambia. Dati e loro elaborazione (just h2o) Peso del cilindro fuori dall’acqua: Peso della tara del beakerino dallo stesso volume del cilindro: Peso del cilindro nell’acqua: (6,52 0,01) g (0,13 0,01) N Peso del beakerino con acqua: (0,42 0,01) N Spinta idrostatica: (0,29 0,02) N (35,87 0,01) g Massa del volume d’acqua: (29,35 0,02) g 29,35 g = 0,02935 Kg 0,02935 x 9,8 = 0, 28763 N Quest’ultimo può essere arrotondato a 0,29 giacché 7 > 5, oppure posso calcolare lo scarto percentuale tra questo peso in newton e la spinta idrostatica di prima: 0,29 0,28763 100 0,8% 0,29 Dati e loro elaborazione (h2o and naci) Peso del cilindro fuori dall’acqua e sale: (0,42 0,01) N (6,52 0,01) g Peso del cilindro nell’acqua e sale: (0,12 0,01) N Peso del beakerino con acqua e sale: (37,43 0,01) g Spinta idrostatica: (0,30 0,02) N Peso della tara del beakerino dallo stesso volume del cilindro: Massa del volume d’acqua e sale: (30,91 0,02) g 30,91 g = 0,03091 Kg 0,03091 x 9,8 = 0,302918 N Calcoliamo quindi lo scarto percentuale che intercorre fra la nuova spinta idrostatica e quest’ultimo valore: 0,302918 0,30 100 0,96% 0,302918 Conclusioni e osservazioni Confrontando prima la spinta percentuale e il peso del volume d’acqua di elaborazione dei dati H2O, quindi la spinta percentuale e il peso del volume d’acqua di elaborazione dei dati H2O e NaCl, è emerso che ciascuna delle due coppie differisce solo per uno scarto percentuale molto piccolo: il PRINICIPIO DI ARCHIMEDE PUO’ PERTANTO DIRSI VERIFICATO SPERIMENTALMENTE!!!