PROGETTO SCUOLA SICURA
a.s. 2004/2005
REFERENTE: prof. GIOVANNI DIMATTEO
1
INDICE
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
PREMESSA
MOMENTO DI PREVENZIONE
PIANO DI EVACUAZIONE
EVENTI ATTESI E POSSIBILI RISCHI
ISTRUZIONE DI SICUREZZA
CARTOGRAFIA
PREDISPOSIZIONI ED INCARICHI
PERCORSI DI EVACUAZIONE
CHIAMATA DI SOCCORSO
PRIMI ELEMENTI DI SOCCORSO
PRIMO CONTROLLO DELL’INFORTUNATO
L’ASFISSIA
ALTRE CAUSE
RIMOZIONE CORPI ESTRANEI
MANOVRA DI HEIMLICH
LA FOLGORAZIONE
L’ARRESTO CARDIACO
LE LIPOTIMIE
LO SHOCK
LE PUNTURE DI INSETTI
IL COLPO DI CALORE
LE USTIONI
LE FERITE
DISTORSIONI E LUSSAZIONI
IL COMPORTAMENTO DELL'UOMO IN CONDIZIONI DI EMERGENZA
ALLEGATI
2
PREMESSA


L'Istituto Professionale di Stato "F.S. Cabrini " di Taranto, esaminati:
la legge 225 del 1992 con la quale viene istituito il Servizio Nazionale di Protezione Civile, le cui finalità sono la
conversazione dei beni sul territorio e l'incolumità delle popolazioni.
Il Decreto del Ministero Dell'Interno del 26/08/1992 che prevede che ciascun Istituto predisponga un piano di emergenza, ha
elaborato il Progetto
SCUOLA SICURA





Il Progetto si inserisce nel quadro più ampio dei piani di Protezione Civile elaborato dalla Regione,Provincia e Comune ed è
finalizzato ad educare la comunità scolastica alla cultura dell’autoprotezione e della protezione civile, attraverso il
conseguimento di seguenti obiettivi:
essere preparati a situazioni di pericolo;
ridurre i rischi indotti da situazioni di emergenze;
stimolare la fiducia in sé;
educare all’autocontrollo ed a comportamenti razionali e corretti;
sviluppare sentimenti di collaborazione, partecipazione e solidarietà.
Il programma si articola in attività di aula e didattica viva che possono essere così schematizzati:
1. momento di prevenzione;
2. momento di evacuazione o verifica.
3
MOMENTO DI PREVENZIONE
Il momento della prevenzione prevede interventi didattici educativi che puntino all’acquisizione di conoscenze
ed abilità, tali da garantire al discente autonomia ed incolumità in caso di pericolo.
I contenuti verteranno su:
 conoscenza e competenze degli organi preposti alla protezione civile, che studiano le cause, prevengano le
calamità, predispongono e coordinano i soccorsi ed i piani d’interventi;
 conoscenze del territorio: raccolta dati sulle caratteristiche e sui diversi livelli di degrado ambientale;
 ricerca dei possibili rischi: fenomenologia delle calamità naturali (terremoto e frane) o incidentali (incendi);
 conoscenza delle risorse per fronteggiare l’emergenza sia umana (Prefettura, Comando VV.FF, Ministero,
Comune) sia tecnologico (Ditte che dispongono di mezzi, strumento, beni utili all’emergenza) sia economica
(disponibilità finanziaria);
 conoscenza delle fondamentali norme di sicurezza e dei comportamenti sociali da adottare nelle emergenze;
 conoscenza dell’organizzazione del Piano Comunale di protezione civile;
 elaborazione di un piano di emergenza in modo chiaro, completo nel rispetto dei ruoli;
 conoscenza delle attrezzature, mezzi e personale necessari per fronteggiare un’emergenza.
4
PIANO DI EVACUAZIONE
Il piano di evacuazione costituisce il documento operativo, attraverso il quale vengono studiate e pianificate le
operazioni da compiere in caso di emergenza.
Evidenzia le predisposizioni organizzative da realizzare che indica le azioni ed i comportamenti per consentire
un'evacuazione ordinata e tempestiva della popolazione presente nell'edificio. Pertanto, deve tenere conto delle
pecularietà dell'edificio scolastico, della popolazione scolastica, delle pertinenze circostante l'edificio.
5
EVENTI ATTESI E POSSIBILI RISCHI
La possibilità che si verifichi una situazione di pericolo, che renda necessario l'evacuazione dell'intera
popolazione o di una parte di essa dell'edificio scolastico, può manifestarsi per le cause più disparate.
La tipologia degli incidenti ipotizzabili potrebbe essere la seguente:
• incidenti che si sviluppano all'interno della scuola;
• incidenti che si sviluppano nelle vicinanze della scuola;
• terremoto;
• frana;
• inquinamento dovuto a cause interne od esterne alla scuola;
• ogni altra causa che venga ritenuta pericolosa dal Dirigente Scolastico.
6
ISTRUZIONE DI SICUREZZA
In caso di eventi calamitosi od occidentali (incendi, terremoto o frane) è necessario seguire le seguenti
norme di comportamento, al fine della sicurezza individuale e collettiva.
IN CASO DI TERREMOTO
Mantenere la calma;
non precipitarsi fuori dall'aula;
restare in classe e ripararsi sotto il banco e sotto architravi;
allontanarsi dalle finestre, dalle porte con vetri o dagli armadi;
dopo il terremoto, al segnale di evacuazione, abbandonare l'edificio seguendo le norme previste nei
successivi paragrafi.
IN CASO DI INCENDIO
Se l'incendio è fuori dalla classe ed il fumo rende impraticabile le scale ed i corridoi, chiudere bene la
porta e sigillare le fessure con panni possibilmente bagnati.
Se il fumo rende difficoltosa la respirazione, occorre filtrare l'aria attraverso un fazzoletto e sdraiarsi
sul pavimento.
7
CARTOGRAFIA
Le planimetrie (allegati 6, 7, 8, 9) rappresentano le piante dei diversi piani dell'edificio scolastico ed in esse vengono indicati gli itinerari di deflusso
per raggiungere le uscite di sicurezza e le classi confluenti.
Le planimetrie dell'allegato 10 riportano la collocazione topologica degli edifici, con indicata la zona di raccolta.
In ogni classe e nei corridoi verrà affissa la planimetria del piano, con indicato il percorso per raggiungere l'uscita di sicurezza.
Planimetria generale con indicate
le zone di raccolta
8
PREDISPOSIZIONI ED INCARICHI
•
•
•
Affinché un piano funzioni è indispensabile
strutturarlo in maniera tale che, durante l'emergenza
siano chiari i ruoli ed i compiti assegnati.
Per questi motivi nell'ambito del piano vengono
individuati i soggetti che cureranno l'attuazione degli
automatismi di evacuazione, nonché un corretto e
sicuro funzionamento di tutti i dispositivi atti a
prevenire un sinistro.
Nell'ambito di ciascuna classe verranno individuati i
nominativi dei ragazzi a cui attribuire le seguenti
mansioni:
2 ragazzi APRI-FILA (titolare e supplente) con il
compito di aprire le porte e guidare i compagni verso
la zona di raccolta;
2 ragazzi SERRA-FILA con il compito di assistere
eventuali compagni in difficoltà e chiudere la porta
dell'aula dopo aver controllato che nessuno sia rimasto
indietro;
2 ragazzi con il compito di aiutare i disabili ad
abbandonare l'aula ed a raggiungere la zona di
raccolta.
Tali incarichi saranno assegnati sotto le direttive di
un docente della classe ed i nominativi verranno
affissi nelle aule.
9
PERCORSI DI EVACUAZIONE
I singoli percorsi di evacuazione, accuratamente predisposti, saranno ben visualizzati sui muri dei corridoi e delle
scale che immettono direttamente dall'esterno del plesso o verso le scale di emergenza con segnaletica di sicurezza
a norma del D.P.R. n°520 dell'8/06/1982 (frecce e cartelli indicatori).
DIRAMAZIONE DELL'ALLARME
Al fine di segnalare il verificarsi di una situazione di pericolo, il Dirigente Scolastico o il suo sostituto, una volta
avvertito, valuterà l'opportunità di diramare l'ordine di evacuazione.
In caso di situazione di grave pericolo, che richieda l'abbandono immediato dei locali, sarà diramato dal personale
che prima viene a conoscenza dell'evento.
Il segnale di evacuazione sarà diffuso attraverso il campanello, il cui suono dovrà essere ripetuto ad intermittenza.
Allo scopo, comunque, di contenere " l'effetto panico" verrà utilizzato un megafono per la diffusione dell'ordine di
evacuazione.
In caso di inefficienza dell'impianto elettrico, l'ordine di evacuazione verrà emanato da una campana azionata
manualmente.
La scuola dovrà disporre di torce a pila, qualora si rendesse necessario l'evacuazione in orario serale.
10
CHIAMATA DI SOCCORSO
In concomitanza con la diramazione dell'ordine di evacuazione il personale di segreteria
inoltrerà, a mezzo telefono la richiesta di intervento a:
VIGILI DEL FUOCO TEL. 115
CARABINIERI TEL. 112
POLIZIA DI STATO TEL. 113
SOCCORSO TEL.
MEDICO/AMBULANTE TEL.
PROTEZIONE CIVILE TEL.
La chiamata di soccorso verrà effettuata secondo lo schema allegato.
11
PROCEDURE OPERATIVE
a) All'ordine di evacuazione i locali dovranno essere abbandonati con immediatezza mantenendo, per quanto possibile, la
calma. Per garantire libertà di movimento è necessario lasciare sul posto l'equipaggiamento individuale.
b) L'insegnante prenderà il registro di classe e coordinerà le operazioni di evacuazione;
c) gli studenti usciranno dall'aula, al seguito dei compagni APRI-FILA, in fila indiana e tenendosi per mano o poggiando la
mano sulla spalla del compagno che lo precede. Un tale comportamento oltre ad impedire che eventuali alunni spaventati
possano prendere la direzione sbagliata o mettersi a correre, contribuisce ad infondere coraggio.
d) Gli insegnanti di sostegno cureranno le operazioni di sfollamento unicamente degli allievi disabili. I discenti aventi
difficoltà motoria, saranno assistiti direttamente dall'insegnante, oltre che dai due compagni di classe, precedentemente
designati.
e) Le uscite sulla pubblica via saranno presidiate dal personale ATA dei piani designati, su direttive preventivamente
emanate dal Dirigente Scolastico.
L'insegnante responsabile della classe, una volta raggiunta la zona di raccolta, farà pervenire alla direzione delle operazioni,
tramite i ragazzi SERRA-FILA, il modulo di evacuazione con i dati riguardanti: la classe, gli allievi presenti, gli allievi
evacuati, i dispersi, i feriti e le zone di raccolta. Tale modulo dovrà essere firmato dall'alunno serra-fila e dal docente, esso
dovrà essere sempre custodito all'interno del registro.
Il momento di evacuazione è la verifica dell'apprendimento di informazioni sulle problematiche riguardanti l'emergenza e
come fronteggiare situazioni di pericolo, ma soprattutto un'analisi critica dei comportamenti: fiducia in sé, autocontrollo,
solidarietà.
Il piano verrà illustrato e provato periodicamente, conferendo importanza e serietà sia all'aspetto teorico che alle
esercitazioni pratiche.
Al termine dell'evacuazione le singole classi dovranno effettuare sotto la guida degli insegnanti un'analisi dei
comportamenti tenuti, al fine di individuare e rettificare atteggiamenti non idonei emersi durante le prove.
12
PRIMI ELEMENTI DI SOCCORSO
13
Ogni persona può essere di fondamentale aiuto ai suoi colleghi in occasione di eventi traumatici o all'insorgere di patologie
improvvise.
Alcune semplici manovre possono favorire il mantenimento delle funzioni vitali in attesa dell'intervento dei soccorritori
professionali.
IL PRIMO SOCCORSO E’ EFFICACE SE SI RICONOSCONO TEMPESTIVAMENTE:
•
LE CAUSE DELLE LESIONI
•
IL LUOGO DELLE LESIONI
•
LA LESIONE CHE PONE IN IMMEDIATO PERICOLO LA VITA DELL’INFORTUNATO
LA CATENA DEL SOCCORSO
Ogni azione di soccorso nella sua totalità può essere vista come una catena formata da cinque anelli. Ogni anello
corrisponde a una ben precisa fase di intervento.
•
1° ANELLO: prime misure
•
2° ANELLO. Chiamata
•
3° ANELLO: soccorso secondario
•
4° ANELLO: trasporto
•
5° ANELLO: ospedale
14
PRIMO ANELLO
Prime misure: prevenzione ulteriori incidenti
controllo dell’infortunato/i
soccorsi urgenti
Prevenzione ulteriori incidenti:
Il principio fondamentale , da seguire sempre, è:
SALVARE LA VITA SENZA PERDERE LA PROPRIA
Controllo dell’infortunato e soccorsi urgenti
In caso di più infortunati fare una rapida diagnosi delle lesioni riportate allo scopo di accertare le più pericolose.
In generale si dovrà:
a) Intervenire IMMEDIATAMENTE e senza indugi in caso di grave emorragia arteriosa.
b) Valutare lo stato di coscienza. Se l’infortunato è incosciente valutare polso e respiro.
c) In caso di arresto cardiorespiratorio procedere al M.C.E. e R.A.
d) Far allontanare la folla
E’ utile ricordare che l’infortunato che urla o si lamenta non è sempre il più grave. Alle volte chi resta in silenzio può aver
riportato delle lesioni ben più pericolose
15
SECONDO ANELLO
Chiamata:
quando si telefona ricordare di specificare sempre:
il proprio nome e cognome;
cos’è accaduto;
quando è accaduto quanti feriti ci sono e la loro gravità
altre notizie utili.
Non attaccare immediatamente ma attendere sempre la risposta del telefonista.
TERZO ANELLO
Soccorso secondario
In attesa dell’arrivo dei soccorritori qualificati si potrà procedere all’eventuale esecuzione di misure secondarie quali, ad
esempio.:

fasciature di ferite.
•
Immobilizzazione di fratture.
•
Controllo dello stato di shock.
Soccorso psicologico:
•
assistere psicologicamente l’infortunato distogliendolo per quanto possibile dall’accaduto e rivolgendogli parole di
conforto.
16
QUARTO ANELLO
Trasporto
All’arrivo dei soccorsi qualificati si dovrà collaborare alla rimozione degli infortunati, aiutando nelle operazioni di
sollevamento e caricamento sulla barella.
Si forniranno altresì tutte le informazioni richieste ed eventualmente si accompagnerà l’infortunato durante il trasporto fino
all’ospedale.
QUINTO ANELLO
Ospedale
•
pronto soccorso;
•
medici;
•
terapia intensiva, ecc.
Questo anello o fase conclude la catena e non è di stretta del primo soccorritore.
E’ una fase ovviamente molto importante , ma può diventare scarsamente importante o addirittura inutile se le precedenti
fasi non sono state seguite correttamente e completamente.
17
PRIMO CONTROLLO DELL’INFORTUNATO
Il soccorritore che si accinga ad intervenire deve, come prima azione, esaminare la dinamica dell’incidente. Una rapida
analisi della situazione chiarirà se si tratta di un incidente che si potrà definire “traumatico” (incidente stradale, caduta,
ecc.) o “medico” (infarto, come, ecc.)
Il soccorritore dovrà quindi in ordine di importanza:
1. Accertare se vi siano delle gravi emorragie.
In tal caso dovrà provvedere immediatamente al loro tamponamento.
2. Accertare lo stato di coscienza.
Se l’infortunato:
PARLA SPONTANEAMENTE
RISPONDE ALLE DOMANDE
REAGISCE AGLI STIMOLI
E’ COSCIENTE
Se l’infortunato :
NON PARLA SPONTANEAMENTE
NON RISPONDE ALLE DOMANDE
NON RISPONDE AI NOSTRI COMANDI
NON REAGISCE AGLI STIMOLI
E’ INCOSCIENTE
1. Se l’infortunato è cosciente si dovrà accertare la presenza di shock, fratture, ecc. E intervenire di conseguenza.
2. Se l’infortunato è incosciente si dovranno valutare il POLSO e il RESPIRO e agire quindi di conseguenza.
18
L’ASFISSIA
Dicesi ASFISSIA un arresto o una insufficienza della respirazione. Essa insorge per un insufficiente apporto di ossigeno
dall’esterno ai tessuti o per una totale mancanza di esso.
L’asfissia può essere provocata dalle più svariate cause e situazioni che possono schematicamente essere raggruppate nel
seguente modo:
Cause meccaniche o fisiche
L’entrata dell’aria nei polmoni è ostacolata da:
•
acqua, in caso di annegamento;
•
terra o neve, in caso di frana o valanga;
•
corda, in caso di impiccagione;
•
edema della glottide, in caso di punture di insetti;
•
lingua capovolta, in caso di persona incosciente;
•
corpi estranei come alimenti, vomito, dentiere, ecc.
La meccanica respiratoria è alterata in seguito a:
•
trauma cranici,
•
traumi toracici (fratture di costole, inserzione di corpi estranei: coltello, chiodo, ecc.)
I muscoli respiratori del torace sono paralizzati da:
•
Veleni;
•
tetano;
•
poliomielite;
•
folgorazione.
Modificazione dell’aria inspirata
L’aria inspirata non contiene ossigeno sufficiente a causa di:
•
ambiente limitato e povero di ossigeno
•
elevate altitudini
•
presenza di gas tossici, come ossido di carbonio (stufe) o idrogeno solforato (fogne o pozzi neri)
19
ALTRE CAUSE
L’ossigeno non arriva più ai tessuti a causa di:

arresto cardiaco: il sangue non è più spinto dal cuore e quindi l’ossigeno non è trasportato ai tessuto (Sincope bianca);
•
insufficienza cardiaca: il cuore non pompa abbastanza sangue verso i tessuti che restano privi di ossigeno.
DIAGNOSI
Una persona con asfissia è riconoscibile dai seguenti Segni o sintomi caratteristici da verificare sempre:
1. Coscienza
L’asfittico può facilmente essere in uno stato di incoscienza non rispondendo quindi agli stimoli esterni. Per verificare ciò,
porre delle domande all’infortunato oppure afferrare la sua mano: se è cosciente la stringerà istintivamente.
2. I movimenti del torace e dell’addome
Sono assenti
E’ possibile accertarsi di questa assenza slacciando i vestiti, lasciando torace e addome scoperti e appoggiando una mano
alla fine della cassa toracica e una sull’addome: non si noterà alcun movimento delle mani.
Altri metodi per accertarsi che la persona respira o no, sono quelli di avvicinare il proprio orecchio alla bocca
dell’infortunato avvertendo in tal modo l’eventuale fuoriuscita dell’aria, o di accostare uno specchietto o un vetro alla
bocca dell’infortunato notando un appannamento dello stesso se la respirazione è presente.
3. Colorazione della pelle
Il colorito della pelle, e in particolare del volto e delle mani, può essere:
•
Bianco livido dovuto ad arresto cardiaco ( Sincope )
•
Rosso ciliegia dovuto ad intossicazione da ossido di carbonio
•
Violaceo dovuto a ostruzione delle vie aeree superiori per cause meccaniche o fisiche.
4. Attività cardiaca
Il cuore può essersi fermato, nel qualcaso avremo:
•
Assenza di polso radiale o carotideo
•
Dilatazione della pupilla (Midriasi)
20
PRIMO SOCCORSO
Nei casi di asfissia è prima di tutto importante ricordare che una persona può vivere solo poche minuti senza ossigeno per
cui, eccetto alcuni casi (stanza satura di gas, situazioni di pericolo per la vita del soccorritore), si dovrà intervenire
immediatamente e sul posto.
Le fasi da seguire sono:
• ADAGIARE IL SOGGETTO SULLA SCHIENA mettendo sotto le spalle un indumento arrotolato in modo che la testa
sia piegata all’indietro e la lingua non ostruisca così le vie aeree superiori (Ipertensione della testa).
21
RIMOZIONE CORPI ESTRANEI
La penetrazione di un corpo estraneo (biglia, cibo, tappi) nelle vie respiratorie è una situazione piuttosto frequente e
molto spesso drammatica: la vittima è improvvisamente incapace di parlare, tossire, e respirare.
Il tempo per un efficace soccorso è di pochi minuti trascorsi i quali il Sistema Nervoso Centrale viene danneggiato
irreversibilmente a causa della mancanza di ossigeno.
Se si è presenti al momento in cui si verifica l’aspirazione di un corpo estraneo e il soggetto è cosciente, bisognerà
incoraggiarlo a tossire per espellere l’oggetto ed eventualmente cercare di afferrare l’oggetto introducendo un dito in
bocca. Il soccorritore deve prestare molta cura nell’effettuare questa manovra perchè il corpo estraneo potrebbe essere
spinto ancora più profondamente nelle vie aeree.
La percussione della parete posteriore toracica può essere una valida manovra per la rimozione dei corpi estranei.
Il soccorritore deve mettere la vittima in posizione china, tenendogli una mano a sostegno dell’addome. Può essere
utile e meno faticoso aiutarsi con una sedia facendo appoggiare l’addome dell’infortunato sullo schienale e inclinando
verso il basso il suo tronco.
Con la mano destra posta di taglio rispetto alla schiena e con le dita bene aperte, il soccorritore batterà dei colpi in
modo continuo lungo la colonna vertebrale dalla parte inferiore fin verso il collo. Nel caso di bambini molto piccoli si
può ripetere la stessa manovra afferrando saldamente il bambino per i piedi e ponendolo a testa in giù
22
MANOVRA DI HEIMLICH
Il soccorritore si pone alle spalle dell’infortunato e circondandolo con le braccia pone il pugno di una mano sulla parte
superiore dell’addome subito sotto lo sterno e poco sopra l’ombelico.
Poi afferra il pugno con l’altra mano e con forza imprime ripetute pressioni verso l’alto.
Nel caso la vittima si trovi seduta su una sedia si userà la stessa tecnica. Lo schienale della sedia in questo caso farà da
supporto rigido ed aumenterà l’efficacia della manovra.
Se l’infortunato si trova disteso a terra, il soccorritore si inginocchierà a cavalcioni delle gambe dell’infortunato e porrà
le mani una sopra l’altra sull’addome della vittima poco sopra l’ombelico.
Preme poi le mani in direzione della testa dell’infortunato con un colpo rapido, forte e ripetuto.
La stessa tecnica viene usata nel caso si tratti di un bambino piccolo, in questo caso si dovranno usare solo la punta delle
dita affinché la pressione non sia troppo violenta
23
LA FOLGORAZIONE
Fino a qualche anno fa la folgorazione era una delle cause più frequenti di infortuni, soprattutto in certi ambienti di
lavoro.
Attualmente , invece, la diffusione di apparecchi domestici alimentati da corrente elettrica ha portato a un notevole
aumento di incidenti nelle abitazioni, spesse volte molto gravi.
L’ignoranza del rischio elettrico è alla base, molte volte, di tragedie. E’ diffusa infatti la convinzione che la corrente a
125 volt sia meno pericolosa di quella a 220 o 380 volt. Nulla di più sbagliato. Il danno dell’organismo dipende
essenzialmente dall’intensità della corrente, dal tempo di contatto, dal percorso che la corrente fa dentro il nostro
corpo, dalla massa corporea e anche dal sesso (le donne generalmente sono più sensibili degli uomini). Il voltaggio da
questo punto di vista non ha nessuna importanza.
Gli effetti principali che la corrente elettrica produce sul corpo sono:
•
Tetanizzazione (contrattura muscolare): è il caso di una persona che rimane letteralmente “attaccata” ad un filo,
cioè non riesce a togliere la mano o l’arto interessati. In questo caso anche correnti di debole intensità possono
diventare pericolose.
•
Arresto del respiro: correnti di intensità maggiore alla precedente provocano la contrazione dei muscoli respiratori o
la paralisi dei centri nervosi che comandano la respirazione. In questi casi si va incontro ad asfissia e quindi a morte.
•
Fibrillazione cardiaca: la corrente elettrica agisce anche sul funzionamento cardiaco. In questo caso al normale
battito cardiaco di 60/70 battiti al minuto, si sostituisce un tremolio intensissimo del muscolo cardiaco che non
permette al cuore stesso di mandare in circolo il sangue. La persona va incontro a morte.
•
Ustione: correnti di elevata intensità, provocano la necrosi dei tessuti. Queste ustioni, in genere, sono molto profonde
e difficili da guarire.
24
PRIMO SOCCORSO
Il principio “salvare una vita senza perdere se stessi” ha in questo caso il massimo valore.
Bisognerà quindi togliere la corrente se l’interruttore è a portata di mano, altrimenti staccare la vittima dalla corrente con un legno
asciutto o con una corda o un panno asciutto oppure staccare il filo con un lungo bastone . Isolarsi possibilmente da terra poggiando
i piedi su un oggetto asciutto (asse di legno, gomma, tappeto, giornali).
Attenzione soprattutto alle cose umide o bagnate.
Una volta interrotta la corrente, bisognerà accertarsi delle condizioni dell’infortunato.
Verificare la presenza del battito cardiaco e della respirazione che molto probabilmente saranno assenti, intervenire quindi con la
respirazione bocca a bocca ed eventualmente con il massaggio cardiaco, preceduti da alcuni colpi precordiali.
Nel caso la bocca sia chiusa (Trisma) è inutile tentare di aprirla con la forza; generalmente si dà un colpo secco alla parte
superiore del ramo della mandibola (con le dita serrate).
Se anche in questo modo non si riesce ad aprire la bocca si procede con la respirazione bocca-naso e si trasporta al più presto
l’infortunato all’ospedale più vicino.
25
L’ARRESTO CARDIACO
L’arresto cardiaco è l’improvvisa cessazione dell’attività del muscolo cardiaco e può essere provocato da svariate cause tra
le quali:
•
folgorazione;
•
infarto;
•
shock;
•
asfissia;
•
cause accidentali.
26
DIAGNOSI
L’arresto cardiaco di una persona è riconoscibile dai seguenti SEGNI o SINTOMI CARATTERISTICI da verificare sempre :
Coscienza
La persona in arresto cardiaco è incosciente.
Attività cardiaca
L’attività cardiaca è assente. Inattendibile è il polso radiale. I polsi carotideo e femorale sono assenti. Per individuare il polso
carotideo si posizionano le tre dita lunghe sotto l’angolo della mandibola facendole scivolare sul collo tra il muscolo e la trachea
Ricordarsi di palpare l’arteria con la parte piatta del polpastrello e non con la punta delle dita, Attenzione anche a non chiudere
completamente l’arteria.
Respirazione
La respirazione è assente. Le due attività (cardiaca e respiratoria) non possono continuare indipendentemente l’una dall’altra.
Colorazione della pelle
Generalmente pallida ad eccezione delle labbra e delle unghie che possono essere cianotiche.
Pupille
Le pupille sono generalmente Dilatate, Fisse e Non reagenti alla luce.
Tuttavia non bisogna aspettare, per una diagnosi sicura che le pupille si dilatino, perchè questo avviene almeno 1 minuto dopo
l’arresto della circolazione. In alcuni pazienti inoltre, le pupille non si dilatano mai o possono essere già dilatate prima
dell’arresto.
27
PRIMO SOCCORSO
1.
2.
L’utilità della manovra rianimatoria è quella di preservare principalmente il cervello dai danni che possono derivare
dalla mancanza di ossigeno e dall’eccesso di anidride carbonica nel sangue.
La rianimazione deve essere perciò cominciata entro 3-4 minuti dall’arresto cardiaco. Oltre tale termine i danni al
cervello sono irreversibili.
La rianimazione consiste essenzialmente nel MASSAGGIO CARDIACO ESTERNO ( MCE ) che provvede a
ripristinare una minima circolazione sanguigna ( 20-40 % del normale ): il soccorritore cioè si sostituisce all’attività
cardiaca e comprimendo alternativamente il cuore fra sterno e colonna vertebrale, fa circolare indirettamente il sangue.
Nello stesso tempo, dal momento che il M.C.E. non produce ventilazione dei polmoni, sarà assolutamente necessario
mantenere il sangue ossigenato con la respirazione bocca a bocca.
Le fasi da seguire sono:
Colpo precordiale: è un colpo secco e forte dato col pugno chiuso da circa 30 centimetri di altezza sulla metà dello
sterno. Può essere ripetuto alcune volte.
Spesso il colpo è sufficiente a ripristinare il battito cardiaco (controllare il polso carotide dopo ogni colpo).
E’ particolarmente indicato negli arresti cardiaci dovuti a folgorazione, mancanza di ossigeno e nei bambini). Se il
colpo precordiale non sortisce alcun effetto (rilevabile dall’eventuale comparsa del polso carotide) si procede con il
massaggio cardiaco e la respirazione artificiale.
Massaggio cardiaco esterno e respirazione artificiale.
Il cuore occupa uno spazio compreso tra lo sterno e la spina dorsale. Con il MCE lo si comprime tra queste due parti
ossee producendo una circolazione artificiale.
In questo modo quando il cuore è compresso il sangue è spinto fuori dal ventricolo sinistro in tutto il corpo (fino al
cervello) e dal ventricolo destro nei polmoni dove si ossigena.
Quando si sospende la compressione sullo sterno la gabbia toracica grazie alla sua elasticità si espande riprendendo la
sua normale posizione e il cuore può riempirsi nuovamente di sangue.
28
MASSAGGIO CARDIACO ESTERNO E RESPIRAZIONE
ARTIFICIALE


Dove farlo
E’ importantissimo stabilire esattamente il punto del torace su cui effettuare il M.C.E.. Esso va effettuato sulla metà
inferiore dello sterno. Per stabilire esattamente la posizione si può agire così:
si misuri la lunghezza dello sterno (dal suo inizio fino alla cartilagine finale)
lo si divida a metà e si ponga la base del palmo di una mano subito sotto tale metà.
Ricordarsi che il punto così trovato è quello che permette la migliore esecuzione con i minori rischi.
Una compressione troppo alta infatti potrebbe provocare la frattura dello sterno. Una troppo bassa la frattura del
processo xifoideo con possibile trauma al fegato, una laterale, la frattura delle coste con possibile perforazione del
fegato, dei polmoni, dello stomaco e della milza.
Come farlo da soli
E’ assolutamente necessario distendere l’infortunato su un piano rigido possibilmente in posizione Antishock.
Iperstendere la testa , chiudere il naso dell’infortunato ed effettuare 2-3 insufflazioni (per ossigenare il sangue).
Mettersi da un lato, in ginocchio, all’altezza dello sterno dell’infortunato.
Porre la base del palmo di una mano sul punto di compressione e la base dell’altra mano sopra la prima tenendo le
dita ben alzate e discoste dal torace.
Mantenendo le braccia ben tese, portarsi con le spalle perpendicolarmente al di sopra del punto di compressione e
con il peso del proprio corpo (per non stancarsi) comprimere lo sterno di 4-5 centimetri. Quindi rilasciare.
Dopo aver effettuato 15 compressioni spostarsi velocemente alla testa dell’infortunato ed effettuare 2 insufflazioni.
Continuare così alternando massaggi ed insufflazioni.
Le insufflazioni vanno effettuate una volta al secondo per gli adulti, più rapidamente (80-100 al minuto) e con la
pressione delle sole dita per i bambini.
29
Per quanto riguarda un soccorritore, il ritmo sarà quindi 2-15 2-15 .....
Come farlo in due
Un soccorritore si occuperà solo del M.C.E. e l’altro della respirazione artificiale. Il primo si porrà quindi all’altezza dello
sterno dell’infortunato e il secondo all’altezza della testa.
Eseguire tutte le manovre viste nel caso precedente.
Non eseguire mai contemporaneamente M.C.E e R.A. ma sempre alternativamente.
Il ritmo in questo caso è minore del precedente: 1 insufflazione ogni 5 massaggi. Mentre un soccorritore effettua il M.C.E.
l’altro può verificarne la validità tastando, contemporaneamente al massaggio, il polso carotideo: sr il M.C.E. è effettuato
correttamente e con la giusta pressione, si dovrà avvertire chiaramente il battito.
In entrambi i casi (1 o 2 soccorritori) si dovranno interrompere le manovre per pochi secondi ogni 2-3 minuti per
controllare se il polso carotideo è ricomparso; in caso contrario continuare la rianimazione fino a quando ricompare il
polso e proseguire poi eventualmente la respirazione artificiale senza M.C.E. finchè ritorni il respiro spontaneo.
Quando entrambe le funzioni sono riprese, controllare continuamente respiro e polso in quanto non è improbabile un
nuovo arresto.
Ulteriori segni da verificare per stabilire la ripresa spontanea del circolo possono essere la ricomparsa dei riflessi
pupillari e il colorito dell’infortunato che ridiventa normale.
Le manovre rianimatorie vanno continuate a lungo, anche per ore, perlomeno fino a che l’infortunato venga ricoverato o
sopraggiungano soccorsi qualificati.
Nel caso di recupero è indispensabile controllare continuamente l’attività cardiorespiratoria dell’infortunato per
reintervenire tempestivamente in caso di nuovo arresto che in queste situazioni può essere molto probabile.
30
LE PERDITE DI COSCIENZA
•
La perdita di coscienza è la scomparsa della della nozione della propria esistenza e degli oggetti esterni: l’infortunato non
parla e non risponde alle domande, può tuttavia ancora rispondere a certi stimoli più semplici come il pizzicamento
(tentando di retrarre l’arto da cui proviene il dolore) e presentare motilità volontaria; il polso e la respirazione possono
essere presenti o assenti.
Distinguiamo quindi 3 differenti aspetti della perdita di coscienza: le lipotimie, le sincopi e gli stati comatosi.
LE LIPOTIMIE
•
•
Costituiscono il 1° grado della perdita di coscienza: la perdita di coscienza non è completa, il respiro è conservato, il polso è
debole e lento, è presente anche una sudorazione con senso di freddo.
Sintomi premonitori sono la sensazione di malessere, nausea,capogiro, l’aspetto è pallido.
31
PRIMO SOCCORSO
1)
2)
3)
4)
Porre la persona in posizione antishock: disteso con le gambe sollevate.
Se la persona è seduta e non è possibile farla sdraiare farle piegare il busto verso il pavimento ponendogli la
testa tra le ginocchia.
Liberarla da indumenti costrittivi, slacciare ciò che stringe (cravatta, cintura, colletti)
Farla respirare bene; allontanare la gente che preme intorno. Arieggiare l’ambiente. Controllare il battito
cardiaco e respirazione costantemente. Di soliti lo svenimento è un fenomeno passeggero, ma se la persona non
si riprende occorre chiamare un medico.
32
COSA NON SI DEVE FARE
Non dare alcolici da bere (dilatano i vasi e abbassano la pressione arteriosa con il risultato che affluisce ancora meno
sangue al cervello).
Mai dare da bere se è incosciente.
Mai spruzzare acqua fredda sul viso.
Mai dare schiaffi.
Quando si riprende non farlo muovere ma lasciarlo disteso.
1) Mettere il paziente seduto sul letto o su una poltrona con il capo sollevato
2) Mettergli una borsa di ghiaccio in testa
3) Scaldargli i piedi
4) Chiamare il medico
33
LO SHOCK
Lo shock è una sindrome caratterizzata da una sofferenza generale dell’organismo dovuta a una diminuzione dell’arrivo del
sangue alle cellule dei tessuti. Tale diminuzione è conseguente a una CADUTA della PRESSIONE ARTERIOSA .
Lo shock può essere suddiviso in 3 tipi:
•
Shock ipovolemico: dovuto a una diminuzione del volume di sangue e liquidi contenuti nell’organismo.
•
Shock neurogeno: dovuto a una dilatazione dei vasi ( tale tipo di shock diventa pericoloso solo se associato a uno
degli altri due tipi )
•
Shock cardiogeno: dovuto a lesioni cardiache.
SINTOMI
•
Polso debole e frequente;
•
sudorazione su cute fredda;
•
pallore della cute;
•
cianosi alle estremità (dita) e alle labbra;
•
respirazione superficiale e frequente;
•
alterazione della coscienza: prima agitazione poi depressione con sonnolenza;
•
diminuzione o blocco dell’attività urinaria (oliguria o anuria)
Si ha conseguentemente un’evoluzione irreversibile verso il COMA e quindi l’ARRESTO CARDIACO.
34
PRIMO SOCCORSO
Una volta instauratosi, lo shock è difficile da curare perchè evolve irreversibilmente verso il coma e quindi la morte.
Sarà importante quindi cercare di prevenirlo con delle manovre specifiche in tutti quei casi in cui si suppone si possa
instaurare.
Bisognerà quindi:
•
Eliminare, se possibile, la causa che ha provocato lo shock (bloccare l’emorragia, immobilizzare una frattura, ecc..)
•
Slacciare tutti gli indumenti stretti
•
Evitare la dispersione del calore:
•
coprire la vittima isolandola dal terreno;
•
evitare di riscaldarla eccessivamente perchè il calore provoca vasodilatazione e aggrava lo shock
•
Porre l’infortunato in POSIZIONE ANTISHOCK alzando le gambe in modo da far affluire il sangue al cervello.
•
Controllare costantemente respiro e polso.
•
Tranquillizzare l’infortunato e allontanare la folla
•
Evitare movimenti inutili che aggravano lo shock.
•
Non dar da bere alcolici che provocano vasodilatazione e aggravano pericolosamente lo shock.
•
Ospedalizzare rapidamente ma con cautela
La posizione antishock si dovrà assolutamente evitare in caso di traumi cranici.
In caso di traumi vertebrali, fratture del bacino e degli arti inferiori, si può porre l’infortunato su un piano rigido che sarà
quindi sollevato.
Se ciò non fosse possibile si posssono sollevare gli arti superiori.
35
LE PUNTURE DI INSETTI
In Italia non esistono insetti pericolosi al punto da provocare la morte del soggetto. Si tratta per lo più di insetti come le
vespe, le api, i calabroni, le zanzare, le formiche, le pulci, ecc...
La puntura di un insetto può diventare pericolosa quando:
•
il soggetto punto è allergico alle sostanze contenute nel veleno iniettato;
•
la sede della puntura è il viso, la gola, la lingua o la congiuntiva;
•
il numero delle punture è elevato.
SINTOMI
•
Dolore pungente;
•
prurito;
•
arrossamento nella zona della puntura;
•
gonfiore.
36
PRIMO SOCCORSO
•
•
•
•
•
•
Estrarre l’eventuale pungiglione con un ago sterilizzato o con una pinzetta senza premere troppo.
Generalmente è inutile cercare di togliere il pungiglione delle api in quanto sono muniti di particolari uncini.
Lavare con acqua e sapone.
Disinfettare.
Toccare il luogo della puntura con un batuffolo di cotone imbevuto di ammoniaca. (Diluire un cucchiaio di
ammoniaca pura in un bicchiere di acqua)
Applicare eventualmente una pomata antistaminica (Fargan).
Bendare per proteggere da infezioni.
Nel caso di puntura in bocca con conseguente gonfiore del cavo orale e della lingua, appoggiare sulla base della
lingua il manico di un cucchiaio o un bastoncino di legno per favorire la respirazione e trasportare velocemente in
ospedale.
37
IL COLPO DI CALORE
Si verifica in ambienti caldi e scarsamente ventilati.
Normalmente la secrezione del sudore serve a raffreddare il corpo, esso infatti evaporando abbassa la temperatura
corporea; può capitare in ambienti umidi e caldi che esso non possa evaporare: ristagnando provoca un arresto della
sudorazione con conseguente pericoloso innalzamento della temperatura.
38
SINTOMI
•
•
•
•
•
•
Sete intensa;
cute calda (temperatura 40-43 gradi);
volto arrossato;
respiro frequente e affannoso;
torpore;
shock (possibile)
PRIMO SOCCORSO
•
Portare l’infortunato in ambiente fresco.
•
Ventilare l’infortunato.
•
Raffreddare con impacchi e srpuzzi di acqua fresca non gelata.
•
Far bere acqua e sale per evitare lo shock.
•
Controllare il polso e la respirazione.
Importante: la temperatura deve essere abbassata gradualmente per evitare di arrivare al collasso che risulterebbe fatale.
39
LE USTIONI
Le ustioni sono lesioni della cute provocate dall’azione del calore.
Molte e svariate sono le cause che portano a una lesione di questo tipo.
Normalmente le ustioni sono causate da:
•
liquidi bollenti;
•
raggi solari;
•
sostanze chimiche;
•
metalli roventi;
•
fuoco;
•
folgorazione.
Le ustioni si possono dividere semplicemente in ustioni di 1°, 2°, 3° grado.
1° grado: la zona lesa è calda , arrossata e umida. La persona avverte dolore intenso che si riacutizza ad ogni contatto.
E’ paragonabile ad un colpo di sole prolungato.
2° grado: si hanno gli stessi effetti del 1° grado ma in misura più accentuata e grave. Dopo qualche tempo vi è la comparsa
di bolle ( flittene ) contenenti un liquido chiaro ( trasudato ).
3° grado: la lesione è dovuta in genere al contatto diretto con la sorgente di calore. La lesione è molto profonda e tutti gli
strati della cute sono distrutti.
40
FATTORI DI GRAVITÀ DELLE USTIONI
Localizzazione dell’ustione- Le ustioni più gravi sono quelle all’addome, ai genitali, al volto, alla schiena
Età e condizioni fisiche dell’ustionato- Una persona giovane ha molte più possibilità di un anziano di recuperare le
parti ustionate.
3.
Indumenti indossati- Gli indumenti di nailon o di fibre sintetiche bruciando si incollano alla pelle rendendo le lesioni
più profonde.
4.
Estensione e profondità della superficie ustionata-Generalmente un’ustione è tanto più grave quanto più è profonda
ed estesa.
E’ bene ricordare che una lesione superficiale ma molto estesa è, a volte, più grave di una lesione profonda che però interessa
una superficie minore.
Se la superficie interessata supera il 50%, l’infortunato avrà limitata possibilità di sopravvivenza, se è del 30-40% è in condizioni
gravissime ma non disperate, se è del 20% è grave ma sicuramente sopravviverà.
1.
2.
41
PRIMO SOCCORSO
USTIONI DI 1° GRADO
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
Arrestare al più presto l’azione lesiva del calore cioè spegnere l’ustione nel vero senso della parola, con abbondanti
getti di acqua fredda anche sulle parti adiacenti che non appaiono lese.
Eliminare gli abiti che ricoprono l’ustione, ma non quelli a diretto contatto con l’ustione stessa.
Non toccare con le mani le zone ustionate (pericolo di infezione).
Non applicare olio, albume d’uovo, pomate o disinfettanti.
Coprire possibilmente con panni o garze sterili.
Non somministrare bevande alcoliche. Se l’infortunato deve attendere molto tempo prima di essere ospedalizzato
somministrargli una piccola quantità di acqua leggermente salata.
Posizione anti-shock evitando che le zone lese vengano compresse, coprire l’infortunato.
Ospedalizzazione.
42
USTIONI DI 2° GRADO
Lavare abbondantemente con acqua fredda o applicare ghiaccio. Se si agisce tempestivamente si può evitare la comparsa di
bolle. Queste bolle non devono essere assolutamente rotte o bucate poichè potrebbero verificarsi pericolose infezioni.
Se si dovessero rompere tagliare la pelle residua con forbici sterilizzate, spennellare la pelle intorno all’ustione con qualche
disinfettante non colorato e applicare una compressa sterile.
43
LE FERITE
La ferita è un’interruzione di continuità della cute o delle mucose, con eventuale danneggiamento dei tessuti sottostanti.
Una ferita è detta Superficiale se interessa solo i primi strati della cute; è chiamata Profonda se interessa anche i tessuti
sottostanti; si dice Penetrante se l’azione traumatica raggiunge una cavità anatomica (cavo toracico o addominale).
Le ferite possono essere classificate in base al meccanismo traumatico e all’agente penetrante.
Si possono così avere:
•
Abrasioni: l’agente è un corpo tagliente che asporta tangenzialmente i primi strati della cute.
•
Escoriazioni:dovute a un corpo contundente dalla forma irregolare. La ferita ha un aspetto simile a uno strisciamento
di corpo ruvido.
•
Ferite da punta: dovute ad un oggetto perforante acuminato che penetra perpendicolarmente nella cute.
•
Ferite da taglio: l’agente è un corpo tagliente che penetra perpendicolarmente alla superficie cutanea.
•
Ferite lacere: sono l’effetto di un meccanismo di strappo sia della cute sia dei tessuti sottostanti.
•
Ferite lacero-contuse: l’agente provoca una lacerazione della pelle e una compressione che determina un ematoma e
un’ecchimosi.
44
PRIMO SOCCORSO
Nel caso di piccole ferite, in cui il sanguinamento è limitato e generalmente si arresta dopo breve tempo per la coagulazione, la
tecnica da seguire è la seguente
1.
Lavarsi accuratamente le mani con acqua e sapone.
2.
Lavare abbondantemente la ferita con acqua e sapone, procedendo dal centro della ferita verso l’esterno usando garze
o panni puliti, evitando di usare cotone che lascerebbe dei filamenti.
3.
Togliere dalla ferita eventuali corpi estranei e rasare peli o capelli intorno alla zona lesa. Nel caso di ferite piccole e
penetranti è consigliabile far uscire del sangue premendo dolcemente la parte interessata.
4.
Versare sulla ferita l’acqua ossigenata che è particolarmente indicata per la sua duplice azione meccanica e battericida
Meccanica: attraverso la produzione di bollicine d’ossigeno vengono rimosse le piccole impurità i microrganismi
dall’interno della ferita.
Battericida: l’ossigeno è tossico per i batteri del tetano che si sviluppano solo in ambiente povero di ossigeno.
Evitare assolutamente l’uso della tintura di iodio direttamente sulla ferita essendo lesiva per i tessuti.
5.
Ricoprire la ferita ponendo a diretto contatto con essa una o più garze sterili. Al di sopra di esse si pone del cotone
idrofilo che avrà la funzione di assorbire gli eventuali versamenti della ferita senza attaccarsi ad essa. La medicazione
va poi fissata con una fascia di tela o di cotone oppure con dei cerotti.
Una buona medicazione deve avere un’estensione superficiale maggiore della ferita.
I materiali usati devono essere STERILI e devono essere posti in modo da non provocare dolore o fastidio.
Nel caso di ferite gravi è consigliabile:
•
spostare o tagliare gli abiti che la ricoprono;
•
evitare una successiva contaminazione collocando delle compresse sterili o dei panni ben puliti al di sopra della parte
lesa;
•
non sollevare polvere e non respirare sulla ferita;
•
porre l’infortunato in posizione antishock e trasportarlo all’ospedale.
45
DISTORSIONI E LUSSAZIONI
Sono traumi delle articolazioni causati nella maggior parte dei casi, da un falso movimento.
LA DISTORSIONE
Si verifica quando un capo articolare di un osso esce dalla sua sede articolare, ma vi rientra subito. A volte, nelle distorsioni
gravi, possiamo avere lacerazione dei legamenti. La più comune distorsione è quella della caviglia.
I sintomi sono: gonfiore localizzato, dolore nei movimenti che però risultano possibili.
PRIMO SOCCORSO
Fare una fasciatura stretta applicando impacchi freddi e tenere possibilmente l’arto a riposo per qualche giorno.
Nel caso la distorsione si presenti particolarmente dolorosa e ci fosse il sospetto di una frattura, sarà bene trasportare l’infortunato
in ospedale
46
LA LUSSAZIONE
Si verifica quando il capo articolare esce dalla sua articolazione ma successivamente non ritorna a posto.
Anche in questo caso i sintomi sono: dolore acutissimo, impotenza funzionale, intorpidimento e gonfiore ma soprattutto
deformità visibile dell’articolazione stessa. Il soccorritore dovrà astenersi nel modo più assoluto da ogni tentativo di rimettere a
posto l’articolazione. Tra le più frequenti ricordiamo la lussazione della spalla, del dito e del gomito.
PRIMO SOCCORSO
Immobilizzare la parte nella posizione in cui si trova e portare subito in ospedale, infatti la riduzione risulta più facile nelle
prime 12 ore. Importante sottolineare che nel dubbio, il soccorritore dovrà trattare l’infortunato come se fosse fratturato.
47
IL COMPORTAMENTO DELL'UOMO IN
CONDIZIONI DI EMERGENZA
Il panico
In tutti gli edifici con alta concentrazione di persone si possono avere situazioni di emergenza che modificano le condizioni di
agibilità degli spazi ed alterano comportamenti e rapporti interpersonali degli utenti. Ciò causa una reazione che, specialmente
in ambito collettivo, può risultare pericolosa poiché non consente il controllo della situazione creatasi, coinvolgendo un gran
numero di persone e rendendo difficili eventuali operazioni di soccorso. Questi comportamenti sono da tutti conosciuti con il
termine "panico" che identifica il comportamento di persone quando vengono a trovarsi in condizioni di pericolo imminente.
Il panico si manifesta con diversi tipi di reazioni emotive: timore e paura, oppressione, ansia fino ad emozioni convulse e
manifestazioni isteriche, nonché particolari reazioni dell'organismo quali accelerazioni del battito cardiaco, tremore alle gambe,
difficoltà di respirazione, aumento o caduta della pressione arteriosa, giramenti di testa e vertigini.
Tutte queste condizioni possono portare le persone a reagire in modo non controllato e razionale. In una situazione di pericolo,
sia essa presunta o reale, e in presenza di molte persone, il panico può manifestarsi principalmente in due modi:
•
il coinvolgimento delle persone nell'ansia generale, con invocazioni di aiuto, grida, atti di disperazione;
•
l'istinto all'autodifesa con tentativi di fuga che comportano l'esclusione degli altri, anche in forme violente, con
spinte, corse, affermazione dei posti conquistati verso la salvezza.
Allo stesso tempo possono venire compromesse alcune funzioni comportamentali quali l'attenzione, il controllo dei movimenti, la
facoltà di ragionamento. Tutte queste reazioni costituiscono elementi di grave turbativa e pericolo
48
Il comportamento per superarlo
I comportamenti di cui abbiamo parlato possono essere modificati e ricondotti alla normalità se il sistema in cui si evolvono
è preparato e organizzato per far fronte ai pericoli che lo insidiano. Il piano di evacuazione, con il percorso conoscitivo
necessario per la sua realizzazione, può dare un contributo fondamentale in questa direzione consentendo di:
•
essere preparati a situazioni di pericolo;
•
stimolare la fiducia in se stessi;
•
indurre un sufficiente autocontrollo per attuare comportamenti razionali e corretti;
•
controllare la propria emozionalità e saper reagire all'eccitazione collettiva.
In altre parole tende a ridurre i rischi indotti da una condizione di emergenza e facilita le operazioni di allontanamento da
luoghi pericolosi.
49
LA SICUREZZA NEI LABORATORI
I Laboratori frequentemente presenti nelle scuole sono quelli informatici e chimici.
In ogni laboratorio occorrerà per prima cosa vigilare sull'effettiva rispondenza dei locali ai requisiti stabiliti dalla vigente
normativa
Infatti, anche se gli istituti scolastici non possono essere considerati "aziende industriali", molte delle attività svolte nei
laboratori rientrano tra quelle indicate nell'art. 33 del D.P.R. 303/56.
L'art. 33 del decreto legislativo 626 stabilisce le caratteristiche degli ambienti.
Esso dice che i limiti minimi per altezza, cubatura e superficie dei locali chiusi o da destinarsi al lavoro nelle aziende
industriali che occupano più di 5 lavoratori, e in ogni caso in quelle che eseguono le lavorazioni indicate nell'art. 33, sono i
seguenti:
•
altezza netta non inferiore a m.3;
•
cubatura non inferiore a mc. 10 per lavoratore;
•
ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di una superficie di almeno 2 mq.
Vengono inoltre stabilite norme per quanto riguarda:
•
temperature dei locali;
•
illuminazione;
•
pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari.
50
LABORATORI DI INFORMATICA
Tali laboratori presentano fattori di rischio meno immediatamente individuabili.
•
•
•
•
RISCHI
elettrico (cfr. DPR 547);
da uso di videoterminali (disturbi oculo visivi, disturbbi muscolo scheletrici, stress);
da radiazioni ionizzanti.
•
•
•
BONIFICHE
Impianti elettrici a regola d'arte;
Postazioni di lavoro a norma di legge.
51
PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO n. 1
a)
Posture incongrue e movimenti ripetitivi
Il lavoro si svolge in posizione seduta, spesso prolungata in posti di lavoro per lo più arredati casualmente e pertanto non
ergonomici.
Le operazioni di digitazione su tastiera avvengono con movimenti ripetitivi e rapidi delle dita e con le braccia sovente non
appoggiate.
Disturbi cronici alla colonna vertebrale, infiammazioni di muscoli e tendini sono le conseguenze dannose di lavori ripetitivi e
con pause ridotte.
La posizione seduta fissa, mantenuta a lungo facilita la congestione venosa a livello del bacino e quindi infiammazioni e
infezioni vaginali.
b)
Fattori da stress
Sono presenti e variano ampiamente in funzione delle caratteristiche del lavoro.
Il lavoro a tempo pieno di "data entry o di videoscrittura" risultano stressanti perché monotoni e ripetitivi; la centralinista o
l'addetta allo sportello trovano occasione di stress nel contatto col pubblico.
In genere, è nelle costrittività organizzative derivanti da compiti sempre più standardizzati, prescrittivi e poco flessibili che
possono rilevarsi situazioni riconducibili a rischio di fatica mentale.
c)
Qualità dell'aria
La qualità dell'aria negli ambienti di ufficio è influenzata da diversi fattori, quali:
l'aria esterna prelevata deve essere della miglior qualità possibile: spesso si verifica che gli impianti di condizionamento
prelevano l'aria esterna da zone fortemente inquinate (livello strada o garage) o l'impianto non sia dimensiona per la
presenza di più persone (es.pubblico) o di fumatori (anche se si spera che sia finalmente proibito di fumare nei luoghi di
lavoro); presenza di microrganismi: funghi, batteri virus trovano facile terreno di sviluppo negli impianti di
condizionamento non sottoposti ad adeguata manutenzione o da superfici tessili (tendaggi, moquettes,pareti rivestite non
sottoposte a pulizie radicali).
Ne possono derivare affezioni respiratorie (asma, alveoliti,polmoniti, ecc...) inquinanti derivanti dalla presenza di persone,
dall'attività lavorativa, dai materiali di costruzione e di arredo (fumo di tabacco, ozono prodotto dalle fotocopiatrici, fibre di
vetro a volte presenti sulle condutture e nelle controsoffittature).
L'apporto di aria fresca e pulita nell'ambiente deve essere bilanciato al tipo di attività, alle dimensioni dei locali e al numero di
persone ospitate.
52
PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO n. 2
d)
Microclima
I principali problemi possono derivare dalla mancata osservanza di un regime di comfort termico (disagio da caldo o da
freddo), dall'eccessiva secchezza dell'aria (congiuntiviti spesso attribuite all'uso del VDT), dagli spifferi, dalla
disomogeneità termica tra le diverse aree operative e dalla cattiva distribuzione dell'aria condizionata(correnti d'aria
condizionata).
e)
Illuminazione
L'illuminazione può essere inadeguata per quantità e qualità.
Riguardo alla quantità sia la scarsa che l'eccessiva illuminazione possono provocare disturbi e affaticamento delle funzioni
visive.
Su questo problema fare riferimento alla scheda su FATICA VISIVA.
Per quanto riguarda la qualità, a parte la preferenza per l'illuminazione naturale, è importante evitare la presenza di riflessi
ed abbigliamenti, curando al contempo la buona qualità della luce artificiale, il posizionamento dei posti di lavoro rispetto
alle fonti, la manutenzione delle stesse, il tipo e qualità degli arredi (superfici opache, non riflettenti...).
f)
RUMORE
Negli uffici le maggiori fonti di rumore sono costituite dalle macchine da scrivere, dalle stampanti e da altri strumenti di
lavoro (fotocopiatrici, stampanti, centri CED non insonorizzati, telefoni, ecc...) anche per mancati interventi ambientali:
pareti non trattate, mancanza di supporti antivibranti...
I livelli di rumore si mantengono per lo più al di sotto dei valori considerati rischiosi per la funzione uditiva, tuttavia
superano sovente i livelli di 55-65 dBA consigliati per garantire le attività mentali tipiche del lavoro d'ufficio.
Negli uffici open-space (aperti) il problema rumore-distrazione dovute alla presenza di molti soggetti può essere notevole.
53
LABORATORI DI CHIMICA n. 1
I fattori di rischio sono molteplici e variabili.
Essi risultano connessi:
 alle caratteristiche delle sostanze usate;
 a problemi ambientali in relazione alla presenza delle
sostanze. La loro diffusione, in stato solido, liquido o
gassoso può procurare danni diretti o indiretti per la
salute delle persone presenti. Rispetto al primo
problema è necessario ribadire che è indispensabile
la conoscenza delle caratteristiche chimiche, fisiche,
tossiche delle sostanze trattate o comunque utilizzate.
Il D.M. 28 gennaio 1992 prevede una etichettatura e una
scheda di sicurezza di accompagnamento per ogni
preparato pericoloso.
L'etichetta in italiano deve essere posta sull'imballaggio,
visibile indelebile, di formato proporzionato al contenitore.
54
LABORATORI DI CHIMICA n. 2
Le schede di sicurezza dovrebbero contenere:
•
elementi indicatori delle sostanze o preparato (vedi etichetta fissata sull'imballaggio con nome
commerciale e/o chimico);
•
della società responsabile dell'immissione del prodotto;
•
composizione, informazione sugli ingredienti;
•
indicazione dei pericoli per la salute e l'ambiente (R=rischi, S=prudenza);
•
misure di primo soccorso;
•
misure antincendio;
•
misure per la fuoriuscita accidentale;
•
controllo esposizioni protezione individuale;
•
proprietà fisiche e chimiche;
•
stabilità reattiva (possibilità che si verifichino reazioni pericolose esotermiche o degradazione dei
prodotti industriali;
•
informazioni tossicologiche;
•
informazioni ecologiche;
•
considerazioni sullo smaltimento;
•
informazioni sul trasporto;
•
informazioni sulle regolamentazioni;
•
altre informazioni.
55
LABORATORI DI CHIMICA n. 3
Nei laboratori chimici è di fondamentale importanza la corretta realizzazione dell'impianto elettrico che prevede,
prioritariamente, il totale rispetto delle norme.
Essi devono essere realizzati secondo quanto previsto dalle Norme CEI 64-2/A-Appendice F fascicolo 1432 e 64-8 al
fine di prevenire i rischi di esplosione e di incendio dovuti alla presenza contemporanea di concentrazioni pericolose
(gas o vapori infiammabili miscelati con l'aria in determinate condizioni stechiometriche) e di una sorgente di innesco
(avente energia sufficiente).
Gli impianti per il trasporto e l'utilizzazione del gas devono essere realizzate in conformità alle Norme UNI-CIG.
56
LABORATORI DI CHIMICA n. 4
Nei laboratori chimici assume particolare importanza l'arredamento sia per motivi di sicurezza legati
alla pericolosità delle sostanze impiegate e interagenti nelle fasi di sperimentazione che per la presenza
di ragazzi non sempre predisposti a eseguire le ricerche assegnate con le necessarie cautele.
In particolare gli armadi per il contenimento di reagenti dovranno essere di legno e laminato plastico a
circolazione d'aria e dotati di bocchetti di ripresa e tubazioni di aspirazione.
Per il contenimento dei solventi è consigliabile un armadio metallico di sicurezza in lamiera d'acciaio
verniciata con resine epossidiche resistenti ai solventi, dotato di ante a battente con chiusura magnetica
apribile in modo spontaneo in caso di sovrimpressioni interne per effetto di incendio di vapori e dei
solventi.
La parte inferiore dell'armadio dovrà essere in grado di assicurare un contenimento dei solventi in caso
di rottura dei contenitori.
Occorrerà quindi verificare che il posto di lavoro sia stato progettato con requisiti di sicurezza e che le
operazioni vengano svolte con un approccio ergonomico e che siano presenti i necessari dispositivi di
sicurezza e di allarme.
•
Essi dovranno constare almeno di:
•
un rivelatore di fughe di gas collegato ad una valvola di intercettazione automatica del flusso del
gas;
•
un rivelatore di fumi;
•
una doccia di emergenza;
•
una doccia lavaocchi;
•
un pulsante di emergenza per il disinserimento istantaneo della linea di
•
alimentazione elettrica del laboratorio.
57
ALLEGATI
• N.1
•
•
•
•
•
N.2
N.3
N.4
N.5
N.6,7,8,9
• N.10
Specchio numerico della popolazione esistente
(antimeridiane 8.00 – 14.00)
Legenda segnaletica di sicurezza
Assegnazioni incarichi
Modulo messaggio tipo per segnalazione incidente
Modulo di evacuazione
Piante dei piani con indicati i percorsi per raggiungere le
uscite di sicurezza
Planimetria dell’area in cui è ubicata la scuola con indicate
le zone di raccolta
58
ALLEGATO n. 1
SPECCHIO NUMERICO DELLA POPOLAZIONE ESISTENTE
ANNO SCOLASTICO ____________________
POPOLAZIONE PRESENTE______________
(*)
DOCENTI
ALLIEVI
OPERATORI
TOTALE
PIANO TERRA
MAX
____________
MIN
MAX
____________
MIN
MAX
_____________
MIN
MAX
_____________
MIN
PRIMO PIANO
MAX
____________
MIN
MAX
_____________
MIN
MAX
_____________
MIN
MAX
_____________
MIN
__________(**)_
MAX
____________
MIN
MAX
______________
MIN
MAX
_____________
MIN
MAX
_____________
MIN
_________(**)__
MAX
____________
MIN
MAX
______________
MIN
MAX
_____________
MIN
MAX
_____________
MIN
TOTALE
MAX
MAX
MAX
MAX
___________
______________
_____________
_____________
MIN
MIN
MIN
MIN
(*) Specificare la fascia oraria di massima presenza. Se l'attività si svolge anche il pomeriggio va compilato
lo stesso prospetto per le ore pomeridiane.
(**) Specificare anche la presenza in luoghi particolari (Aula Magna, Palestra, ecc...)
59
ALLEGATO n. 2
LEGENDA SEGNALETICA DI SICUREZZA
60
ALLEGATO n. 3
ASSEGNAZIONI INCARICHI
INCARICO
NOMINATIVI (*)
NOTE
1.Emanazione ordine di evacuazione
1.Diffusione ordine di evacuazione
1.Controllo operazioni di evacuazione:
piano terra
primo piano
secondo piano
1.Chiamate soccorso
1.Interruzione erogazione:
Gas
Gasolio
Energia elettrica
Acqua
1.Attivazione e controllo periodico
di estintori e/o idranti:
Piano terra
Primo piano
Secondo piano
1.Controllo quotidiano della praticabilità delle vie
d'uscita
(*) Per ogni incarico va designato un titolare ed almeno un sostituto
61
Allegato n. 4
MESSAGGIO TIPO PER SEGNALAZIONE INCIDENTE
I.P.S.S.E.A.T.P. "F.S.CABRINI"TARANTO
•
VIGILI DEL FUOCO
•
SOCCORSO MEDICO/AMBULANZE
•
CARABINIERI
•
POLIZIA URBANA
•
UFFICIO PROTEZIONE CIVILE
•
ORE___________________________DEL___________________________________________________________
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
NOMINATIVO DI CHI TRASMETTE IL MESSAGGIO_______________________________________________
_____________________________________________________________________________________________
TIPO INCIDENTE______________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________________
DANNI A PERSONE____________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________________
PROVVEDIMENTI ADOTTATI___________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________________
ENTI GIA' INFORMATI DELL'EVENTO___________________________________________________________
________________________________________________________________________ _____________________
62
ALLEGATO n. 5
MODULO DI EVACUAZIONE
SCUOLA______________________________________________________________________
CLASSE______________________________________________________________________
ALLIEVI PRESENTI____________________________________________________________
ALLIEVI EVACUATI___________________________________________________________
FERITI (*)_____________________________________________________________________
DISPERSI (*)___________________________________________________________________
ZONA DI RACCOLTA___________________________________________________________
(*) Segnalazione nominativa.
FIRMA ALUNNO SERRA-FILA
_________________________
FIRMA DOCENTE
_____________
63
ALLEGATO n. 6
DOCUMENTAZIONE CARTOGRAFICA
PALESTRA
USCITA DI
EMERGENZA
VOI SIETE QUI
ESTINTORE
64
Allegato n. 7
segreteria
magazzino
w.c
.
I.F.S.
I.F.S.
INGRESSO
lab.
fotografico
ESTINTORE
archivio
USCITA DI
EMERGENZA
VOI SIETE QUI
PIANO TERRA
65
Allegato n. 8
segreteria
Presidenza
w.c.
lab. chimica 3
F.E.S.R.
lab.
biologico
lab.
chimica
segreteria
ESTINTORE
sala
professori
USCITA DI
EMERGENZA
aula
magna
VOI SIETE QUI
SCALA DI
EMERGENZA
PRIMO PIANO
66
ALLEGATO n. 9
SECONDO PIANO
67
ALLEGATO n. 10
PLANIMETRIA GENERALE DELL’AREA CON INDICATE LE ZONE DI RACCOLTA
68
HANNO COLLABORATO AL PROGETTO I DOCENTI:
Prof. GIOVANNI DIMATTEO
Prof.ssa ANGELA DI TURO
Prof. FELICE IEZZA
Prof. ADALBERTO NAPOLITANO
Prof.ssa VINCENZA RUSSO
Prof.ssa IRENE VOLPI
69
HANNO PARTECIPATO GLI ALLIEVI :
CLASSE 1^B O.C.B
PRISCILLA BASILE
VALENTINA CASSANO
MARIANNA NICOLINI
LIDIA GIANNINI
ROSA FUGGETTI
JACQUELINE PUCCETTI
ANGELO QUERO
CLASSE 1^ A O.C.B.
SARAH DE TOMMASO
MANUELA LOSAVIO
GRAZIA AMATULLI
ERICA DOSI
MARIA GRAZIA DE MAGLIE
GIADA BLASI
LUANA CALORE
CLASSE 2^ E.A.T.
DANIELA GALANTE
VALENTINA GALANTE
CLASSE 1^ B O.G.P.
MARIO LABARILE
CLASSE 2^ C E.A.T.
VALENTINA FOSCO
ANTONIETTA SIMONETTI
ADDOLORATA DONATELLI
DANIELA MONACO
KATIA VILLAPACE
CLASSE 2^B O.G.P.
STEFANIA MONACO
MINDY DE MARCO
DORA GRECO
CLASSE 1^ B E.A.T.
ANTONIO PALAGIANO
70
REALIZZAZIONE MULTIDIMEDIALE
Prof.ssa Severina TRISOLINI
Con la collaborazione del
prof. Giovanni DIMATTEO
e
NICOLA DE MAGLIE
MUSICA : BEETHOVEN SINFONIA n. 9
71
Scarica

Progetto Scuola Sicura - Taranto