LA CARTELLA CLINICA: VALORE GIURIDICO E IMPLICAZIONI MEDICO LEGALI La cartella clinica costituisce una verbalizzazione, ossia una registrazione delle notizie riguardanti il soggetto ricoverato il cui fine ultimo si identifica nella tutela della salute del pz. Dunque essa rappresenta il mezzo più fedele in grado di documentare il decorso clinico di ogni degente, delle decisioni assunte, degli interventi effettuati e quindi del comportamento della struttura ospedaliera. Inoltre essa è la base per la corretta valorizzazione dell’attività da un punto di vista economico anche in considerazione dell’introduzione nel SSN dei Drg. Essa rappresenta infine un importante veicolo di comunicazione verso l’esterno (medici di base, assicurazioni, ASL ecc.) ed uno strumento scientifico e didattico per lo studio e formazione professionale oltre che una preziosa fonte documentale per le ricerche di carattere storico. Secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato la cartella clinica costituisce un atto pubblico di fede privilegiata con valore probatorio contrastabile solo con querela di falso, anche se le attestazioni della cartella clinica, ancorché riguardanti fatti avvenuti in presenza di un pubblico ufficiale o da lui stesso compiuti non costituiscono prova piena a favore di chi le ha redatte, in base al principio secondo il quale nessuno può precostituire prova a favore di se stesso. (Corte di Cassazione 27/9/99 n° 10695) Per l’insieme di questi elementi la cartella clinica riveste un notevole ruolo documentativo e rispetto alle diverse finalità possiamo distinguere due definizioni specifiche : Sanitaria: la c.c. rappresenta una raccolta di notizie riguardanti il pz nei riferimenti anamnestici, obiettivi, terapeutici e dietetici, raccolte dai medici curanti e destinate soprattutto alla diagnosi ed alla cura; subordinatamente allo studio, alla ricerca scientifica ed all’insegnamento. Giuridica: la c.c. costituisce un atto pubblico di fede privilegiata in quanto: 1. proviene da un pubblico ufficiale o da un dipendente incaricato di un pubblico servizio nell’esercizio delle sue funzioni; 2. trattasi di documento originale che costituisce la fonte prima ed autonoma di quanto in essa contenuta; 3. i fatti e le attestazioni di scienza che in essa figurano hanno rilevanza giuridica perché produttivi del diritto del pz di essere assistito e dello Stato di assisterlo. COMPILAZIONE La cartella clinica deve contenere tutti gli elementi per una piena valutazione dell’attività svolta durante il ricovero, in quanto essa costituisce un atto ufficiale a garantire la certezza di una serie di vicende. Alla compilazione della c.c. concorrono quanti, ciascuno per la parte di propria competenza e funzione, hanno contatti con il pz. Una c.c. compilata correttamente deve raccogliere in ordine cronologico tutti i dati anagrafici, anamenstici, clinici, diagnostici e terapeutici, tutte le prescrizioni ed ogni altra notizia ritenuta rilevante per la salute del pz. DOCUMENTI ANNESSI ALLA CARTELLA CLINICA Foglio di accettazione/rapporto P.S. Copia dei referti inviati all’Autorità Giudiziaria Copia denuncia di malattia infettiva/notifica infezioni ospedaliere Scheda di dimissione ospedaliera (SDO) Certificato di assistenza al parto La scheda infermieristica La scheda ostetrica Il modulo di consenso informato (giuridicamente prescritto in caso di emotrasfusioni e terapie sperimentali, indispensabile per ogni intervento diagnostico-curativo invasivo) Una breve relazione sull’informazione data al pz sulle proposte diagnostiche e terapeutiche, sulle prospettive, le eventuali alternative, i rischi e i benefici ragionevolmente attesi. La relazione dovrà essere firmata dal medico che direttamente ha impartito l’informazione, mentre il pz potrà verbalizzare eventuali osservazioni Copia del riscontro diagnostico in caso di decesso del pz Copia della lettera di dimissione al pz I referti di tutte le indagini di laboratorio e strumentali La diaria Gli esami con i relativi referti effettuati in dimissione protetta ed in preospedalizzazione Eventuali comunicazioni al Tribunale dei Minori La scheda anestesiologica Eventuali comunicazioni del Giudice di Sorveglianza nel caso di pz provenienti dagli Istituti carcerari T.S.O. Consulenze specialistiche effettuate Descrizione dell’intervento chirurgico eseguito. La completezza del documento deve riguardare ogni sua parte, senza arbitrarie omissioni. Infatti nel corso di indagine in tema di responsabilità Professionale, ogni annotazione od omissione assume importanza sia come elemento costitutivo della colpa, sia nella formulazione di un giudizio complessivo sulla qualità dell’assistenza sanitaria prestata. I principali requisiti della c.c. sono rappresentati dalla VERIDICITA’, COMPLETEZZA, PRECISIONE E CHIAREZZA. Per completezza e precisione si intende la effettiva e completa trascrizione di ciò che si è obbiettivato, in modo tale da riprodurre la “fotografia dell’evolversi della malattia”. Tale completezza richiede che ogni singola annotazione riportata in cartella sia firmata, rendendo così possibile l’attribuzione ai singoli operatori intervenuti nell’attività eseguita. La Corte di Cassazione sancisce come ogni atto, esperito sul pz, sia esso diagnostico o terapeutico, debba essere trascritto nella c.c. contestualmente alla sua esecuzione. Pertanto la c.c. acquista carattere di definitivo in relazione ad ogni singola annotazione ed esce dalla disponibilità del suo autore nel momento stesso in cui la singola annotazione viene registrata con la conseguenza ulteriore che, all’infuori di errori materiali, le modifiche e le aggiunte integrano un falso punibile, anche se il soggetto abbia agito per ristabilire la verità, perché violano le garanzie di certezza accordate agli atti pubblici. In sostanza la c.c. è IMMODIFICABILE e IRRETRATTABILE. I dati contenuti nelle c.c. non possono essere cancellati, ma è ammessa una loro rettifica o integrazione. In caso di correzioni da eseguire è necessario circoscrivere l’errore tra due parentesi, numerarlo e riportare a piè di pagina il numero con la dicitura “leggasi:” scrivere la correzione apportata, quindi apporre firma, data e timbro. “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che indebitamente rifiuta, omette o ritarda un atto dell’ufficio o del servizio è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 2 milioni di lire” (art. 328 c. p.). In ambito civilistico una irregolare compilazione della c.c. da cui sia derivato un danno ingiusto si sostanzia nell’obbligo di risarcimento ai sensi dell’art. 2043 c.c. (risarcimento per fatto illecito). La responsabilità penale è sempre personale, mentre quella civile riguarda non solo il primario (culpa in vigilando) ma chiunque abbia contribuito alla compilazione della cartella clinica. EFFICACIA PROBATORIA DELLA C. C. In caso di procedimento giudiziario, il giudice deve ritenere vere le circostanze attestate nell’atto pubblico (c.c.) e non può basare la propria decisione su una versione dei fatti in contrasto con quella documentata nell’atto predetto. In sede civile, perché tale forma probatoria possa essere contrastata, occorre che la parte privata intenti la “querela di falso”, ossia un particolare procedimento penale al fine di accertare la falsità del documento. Secondo una delle poche pronunce in materia, quanto riportato nelle certificazioni di ordine sanitario fa fede fino a querela di falso solo per quello che “il sanitario, pubblico ufficiale, attesta di aver compiuto o di essere avvenuto in sua presenza”, mentre ciò che non attiene ai fatti (per es. la formulazione di giudizi diagnostici) non rientra nella tutela dell’efficacia probatoria dell’atto pubblico. CONSENSO INFORMATO Ogni intervento diagnostico e terapeutico invasivo o rischioso deve essere preceduto dal consenso del pz. Il pz deve pertanto esprimere parere favorevole al trattamento sanitario, senza subire pressioni esterne da parte dei sanitari o dei familiari. Egli deve essere adeguatamente informato sulle modalità di esecuzione, sui benefici, sugli effetti collaterali e sui rischi ragionevolmente prevedibili, oltre che sull’esistenza di valide alternative terapeutiche. L’informazione costituisce una parte essenziale del progetto terapeutico, dovendo esistere anche a prescindere dalla finalità di ottenere il consenso. Nel caso in cui il pz sia incapace di intendere e di volere, l’espressione del consenso non è necessaria, purché si tratti di trattamenti dai quali dipenda la salvaguardia della vita o che, se rinviati o non eseguiti, cagionerebbero un danno irreversibile. Il consenso deve essere dato naturalmente prima dell’inizio del trattamento terapeutico. Esso è revocabile in ogni momento (sempre che il soggetto sia capace di intendere e di volere e, salvo in tale ipotesi, i casi di stato di necessità, quando ad es. l’interruzione repentina del trattamento possa provocare gravissimi rischi per il pz). Destinatario del consenso è evidentemente il medico che effettua la particolare prestazione che di volta in volta viene programmata. Si ritiene, tuttavia, che il consenso dato ad un medico senza particolari limitazioni valga a rendere lecito l’intervento anche ad un altro medico, dotato dello stesso grado di capacità o di specializzazione (non sarebbe cioè “fungibile” un consenso dato ad uno specialista rispetto all’opera prestata da un medico generico). Tuttavia, se il pz specifica che il consenso viene rilasciato a condizione che il trattamento sia posto in essere da un determinato medico, esso varrà esclusivamente per quest’ultimo. Secondo la recente dottrina, il medico dovrà illustrare in termini comprensibili: La condizione patologica in atto; Le scelte programmate tanto ai fini diagnostici che terapeutici; I rischi connessi all’attuazione dei mezzi diagnostici-terapeutici prescelti, prospettando -ove ci fossero- le eventuali alternative possibili; I risultati prevedibili di ciascuna scelta; Gli effetti collaterali, le menomazioni e le mutilazioni inevitabili; Le percentuali di rischio connesse, in particolare in relazione alla sopravvivenza. Particolarmente delicata è poi la questione relativa alla possibilità che il medico limiti l’informazione al pz che debba affrontare un intervento chirurgico particolarmente rischioso ed, al tempo stesso, imprescindibile. Affinchè il consenso sia legittimamente prestato deve essere reso personalmente, deve essere consapevole e deve contenere precisi riferimenti al caso di specie, così da non far incorrere chi lo presta in errori di valutazione. I prossimi congiunti non possono pertanto prestare il consenso in luogo dell’interessato, dovendosi ritenere che, in mancanza della sussistenza di un pericolo di gravi danni per il pz, sia da mantenere fermo il principio della prestazione personale: dovrà così attendersi che quest’ultimo riacquisti la capacità per prestarlo validamente. Al contrario, ove si verificassero le condizioni di pericolo di gravi danni, il medico dovrà intervenire indipendentemente da quanto affermino i congiunti. Se si tratta di minore o interdetto, il consenso dovrà essere prestato dal legale rappresentante. Il consenso, inoltre dovrebbe essere sempre scritto, non in quanto la formulazione orale sia incompatibile con i principi su esposti, ma perché in tal modo il sanitario sarebbe in grado di dimostrare agevolmente la sussistenza del consenso stesso. Ne discende l’opportunità e della sua formulazione scritta e del suo sistematico inserimento nella cartella clinica. Spesso, peraltro, il pz viene invitato a fornire il proprio consenso firmando moduli prestampati che non possono soddisfare di volta in volta le specifiche esigenze del caso, e che spesso, data la loro incompletezza, non contengono – come al contrario sarebbe auspicabile – i precisi riferimenti al tipo d’informazione e alle caretteristiche dell’intervento, ovvero riportano formule liberatorie di responsabilità nei confronti dell’ente ospedaliero prive di fondamento giuridico e per questo foriere di inutili incomprensioni. DISSENSO In caso di mancato consenso al trattamento terapeutico il medico si trova di fronte a problemi legati al vuoto normativo tuttora esistente. Esistono in proposito due orientamenti dottrinali, una dicotomia che discende direttamente dalla effettiva ambiguità della norma costituzionale. Da un lato, si sostiene che l’ordinamento non possa consentire comportamenti suicidari; dall’altro, in riferimento agli artt. 13 e 32 della Costituzione, si evidenzia come il bene salute abbia una rilevanza eminentemente personale, tollerando limitazioni nei soli casi previsti dalla legge in materia ad es. di tutela della salute pubblica (TSO). Pertanto, a fronte del valido dissenso di un pz in normale stato di capacità, il medico dovrebbe astenersi da alcun intervento. E’ evidente che una tale problematica sta alla base dell’attuale dibattito anche in tema di eutanasia. Pare più che mai opportuno, in presenza degli accennati divergenti approdi dottrinali i quali pongono a proprio fondamento le medesime disposizioni costituzionali, che il legislatore intervenga a disciplinare compiutamente la materia, anche per limitare l’attuale disorientamento degli esercenti la professione medica. Se il medico interviene senza il preventivo consenso, egli è in ogni caso responsabile di lesioni personali ovvero, in caso di esito mortale, di omicidio preterintenzionale. DIRITTO ALL’ANONIMATO La legge 685/75 prevede che il pz si può avvalere della facoltà di mantenere l’anonimato. In tale evenienza andranno riportati nella parte anagrafica della c.c. solo le iniziali del cognome e nome, l’anno di nascita e la provincia di residenza. Le generalità complete, derivate da un valido documento d’identità, andranno rilevate a cura del sanitario, trascritte ed inserite in una busta sulla quale, dopo la chiusura, verrà apposto il numero nosologico della cartella. La busta chiusa verrà infine consegnata al Direttore Sanitario. RESPONSABILITA’ Secondo il DPR n. 128 del 27.3.69 il primario (oggi Direttore di U. O.) è responsabile della regolare compilazione delle cartelle cliniche, dei registri nosologici e della loro conservazione, fino alla consegna all’archivio centrale. La responsabilità del primario è più propriamente una corresponsabilità, in quanto l’obbligo giuridico del primario è quello di vigilare che la compilazione delle cartelle sia sostanzialmente e formalmente regolare. Per questo a carico del primario si può ipotizzare una responsabilità indiretta per culpa in vigilando, con l’obbligo al risarcimento del danno nel caso in cui dall’irregolare compilazione della cartella ne siano derivate delle conseguenze nocive al paziente. Il DPR n. 225 del 14.3.74 rammenta che è precipuo compito anche dell’infermiere professionale di conservare tutta la documentazione clinica sino al momento della consegna agli archivi centrali, oltre che la possibilità di annotare sulle schede cliniche gli abituali rilievi di competenza (temperatura, polso, respiro, pressione ecc.) al pari di quanto, limitatamente alle proprie competenze, può fare l’infermiere generico. CONSERVAZIONE E ARCHIVIAZIONE La direzione sanitaria deve essere fornita di un archivio clinico, e tra i compiti del direttore sanitario vi è anche quello di vigilare sull’archivio delle cartelle cliniche e di ogni altra certificazione sanitaria riguardante i malati assistiti in ospedale. Va ricordato come in caso di smarrimento o di distruzione o comunque di cattiva gestione delle cartelle cliniche, la responsabilità di tali evenienze è imputabile all’Amministrazione dell’Ospedale in senso civilistico, mentre la persona fisica responsabile direttamente della conservazione può incorrere in responsabilità di natura penale. Il Direttore di ogni U. O., individuato dall’Azienda quale incaricato, può delegare a propri collaboratori (medici o infermieri) il compito di curare la diligente custodia della cartella clinica e l’osservanza delle misure minime di sicurezza stabilite dal D.L. 318/99 (legge sulla privacy). MATRICE DELLE RESPONSABILITA’ R = responsabile azione C = collaboratore A = approvazione DIRETTORE SANITARIO ASL DIRETTORE SANITARIO P.O. REVISIONE PROCEDURA PREDISPOSIZ MODELLI A R R COMPILAZIONE CARTELLA ARCHIVIO REPARTO MEDICI UU. OO. CAPOSALA UU. OO. INFERMIERI UU. OO. C C C FOTOCOPIA E RILASCIO R UFFICIO ARCH./ RILASCIO DIRETTORI UU. OO. ARCHIVIO CENTRALE R C R C C C R R Il Direttore dell’Unità Operativa, in riferimento ai pz ricoverati nel proprio reparto, è responsabile della regolare compilazione delle cartelle cliniche, dei registri nosologici e della loro conservazione, fino alla consegna all’archivio centrale, che deve avvenire generalmente nel più breve tempo possibile. Il capo sala è responsabile della conservazione delle cartelle cliniche fino alla loro consegna all’archivio centrale. Il Direttore Sanitario è responsabile della custodia della documentazione clinica dal momento cui questa perviene all’archivio centrale. “deve essere redatta chiaramente, con puntualità e diligenza, nel rispetto delle regole della buona pratica clinica e contenere, oltre ad ogni dato obiettivo relativo alle condizioni patologiche del pz ed al suo decorso clinico, le attività diagnosticoterapeutiche praticate” (art. 23 capo IV codice La cartella clinica di Deontologia Medica) Inoltre il medico deve, nell’interresse esclusivo della persona assistita, mettere la documentazione clinica in suo possesso a disposizione della stessa o dei medici e istituzioni da essa indicati per iscritto (art. 21 capo IV codice di Deontologia Medica). NORME DI SICUREZZA E PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI Al termine della giornata lavorativa ed in caso di assenza temporanea dal posto di lavoro (pausa pranzo, riunioni, ecc.) è necessario: 1. Riporre tutta la documentazione contenente dati personali negli armadi, nelle cassettiere personali o negli archivi all’uopo preposti; 2. Spegnere i terminali, i PC e le stampanti; 3. Impedire l’accesso a PC e terminali attraverso l’impiego di password e, ove previsto, dell’apposita serratura di disattivazione; 4. Custodire le chiavi delle serrature di disattivazione; 5. Custodire le chiavi delle serrature dei mobili, uffici e PC in posizione non evidenti o facilmente identificabili da estranei CONSERVAZIONE E ARCHIVIAZIONE I coordinatori infermieristici devono istituire un registro sul quale annotare le cartelle cliniche consegnate all’archivio centrale con data e firma del ricevente. Qualora una cartella clinica (o qualsiasi altra documentazione sanitaria: radiografie, ECG ecc.) sia smarrita prima della consegna alla Direz. Sanitaria è fatto obbligo al Responsabile medico dell’U.O. di effettuare la denuncia di smarrimento presso gli Organi di Polizia e consegnare copia delle denuncia alla Direz. Sanitaria. Il DPR 1409/63 prevede che le cartelle cliniche siano conservate ILLIMITATAMENTE, per almeno 40 anni in un archivio corrente e successivamente in una sezione separata di archivio istituita dalla struttura sanitaria. La chiusura della cartella deve avvenire al momento della dimissione della persona. Il sistema di controlli interni coinvolge il Direttore di U.O. il cui compito è quello di verificare la corretta compilazione e tenuta della cartella clinica sotto ogni profilo; in particolare al momento della chiusura deve essere fatto un controllo accurato del suo contenuto. La Direzione Sanitaria effettua un controllo della completezza del contenuto minimo standard della cartella e delle informazioni essenziali (diagnosi, codici nosologici, firme dei medici) nonché dei requisiti di compilazione. Dopo tale controllo la cartella viene controfirmata dal Direttore Sanitario. La cartella clinica priva della firma del Responsabile dell’U.O. costituisce un atto incompleto. LETTERA DI DIMISSIONE La lettera di dimissione ospedaliera rappresenta un documento sanitario di particolare rilevanza, essa deve contenere la diagnosi di dimissione e l’elenco di tutte le più importanti attività cliniche effettuate durante il ricovero, nonché un resoconto di tutte le operazioni effettuate. Al fine di garantire la chiarezza secondo quanto previsto dagli standard del Min. della Sanità la medesima deve essere compilata e redatta in forma dattiloscritta e consegnata al momento della dimissione al pz o al legale rappresentante, preferibilmente in busta chiusa indirizzata al medico curante, che deve assumere la responsabilità della cura. Copia della lettera di dimissione va allegata alla cartella clinica del paziente. SEGRETO C.P. ART. 622 VIOLAZIONE DEL SEGRETO PROFESSIONALE C.P. ART. 326 VIOLAZIONE DEL SEGRETO D’UFFICIO GIURAMENTO D’IPPOCRATE NUOVO CODICE DI DEONTOLOGIA MEDICA (ART. 9-10-11) LEGGE 31/12/96 N° 675 SULLA TUTELA DELLA PRIVACY LA CARTELLA CLINICA PUO’ ESSERE RILASCIATA: 1) AL DIRETTO INTERRESATO 2) AL TUTORE O A CHI ESERCITA LA PATRIA POTESTA’ IN CASO DI MINORE O INCAPACE 3) A PERSONA FORNITA DI DELEGA (IVI COMPRESO IL MEDICO CURANTE) LA CARTELLA CLINICA NON PUO’ ESSERE RILASCIATA: 1) A TERZI SE NON MUNITI DI DELEGA (COMPRESI IL CONIUGE O I PARENTI STRETTI) 2) AL MEDICO CURANTE SENZA L’AUTORIZZAZIONE DEL PAZIENTE 4) ALL’AUTORITA’ GIUDIZIARIA 3) AI PATRONATI 5) AGLI ENTI PREVIDENZIALI (INALIL, INPS ecc.) 4) AI MINISTERI E ALL’AUTORITA’ DI P.S. SOLO LE NOTIZIE A SEGUITO DI PRECISI QUESITI DI ORDINE SANITARIO 6) AL S.S.N. 7) AGLI EREDI LEGITTIMI CON RISERVA PER DETERMINATE NOTIZIE 8) AI MEDICI A SCOPO SCIENTIFICO-STATISTICO PURCHE’ SIA MANTENUTO L’ANONIMATO L’illegittima divulgazione del contenuto della cartella clinica può condurre a conseguenze di ordine penale per la violazione del segreto professionale o di quello d’ufficio e a censure a carico del proprio ordine o collegio professionale per violazione del segreto professionale. Il paziente ha diritto di avere, ogni volta che lo desideri, piena visione e copia della cartella clinica, ma non può farsi consegnare l’originale e portarselo a casa. UNA CARTELLA CLINICA SCIATTA, CARENTE DI DATI, LACUNOSA, VANIFICA LA SUA FINALITA’ E OFFRE UNA PESSIMA IMMAGINE DELLA STRUTTURA SANITARIA DA CUI PROVIENE.