Giuseppe de alteriis classe 2d La fanciulla Giuditta per salvare la propria città di Betulia, assediata dalle truppe assire di Nabucodonosor, si reca nella notte nella tenda del condottiero nemico Oloferne e dopo averlo fatto ubriacare lo decapita, lasciando l'esercito avversario senza guida e costringendolo alla ritirata. L'episodio era popolare nelle raffigurazioni artistiche fin dal Medioevo poiché, alla pari del David, simboleggiava la vittoria della virtù sul vizio e sulla mancanza di Dio. Vi si poteva leggere uno scontro personificato tra la virtù cardinale dell' Humiltas che vince il peccato di Superbia. Donatello 1453 Michelangelo 1509 Caravaggio 1599 Gentileschi 1612-1620 Giuditta e Oloferne è una statua bronzea (altezza 236 cm senza zoccolo) realizzata da Donatello sul finire della sua carriera, tra il 1453 e il 1457. Dal 1988 è conservata nella Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio a Firenze. Se Donatello era stato il primo dopo gli antichi a concepire sculture autonome e libere dalle strutture architettoniche (con il David o tutt'al più il monumento al Gattamelata), con la Giuditta concepì per la prima volta un gruppo di figure idealmente e materialmente tridimensionale. torna all' inizio Michelangelo, Giuditta e Oloferne 1509, affresco della cappella Sistina, Roma, città del vaticano torna all' inizio Giuditta e Oloferne è un dipinto ad olio su tela di cm 145 x 195 realizzato nel 1599 dal pittore italiano Caravaggio. È conservato alla Galleria nazionale di arte antica di Roma torna all' inizio La Giuditta e Oloferne esiste in due esemplari: uno, più tardo e di dimensioni più importanti, realizzato agli inizi degli anni Venti del Seicento e conservato nella Galleria degli Uffizi, e un altro dipinto intorno al 1612 e conservato a Napoli nel Museo Nazionale di Capodimont e. Per capire le ragioni di una così grande carica di violenza, è necessario richiamare l'infelice vicenda biografica di Artemisia Gentileschi, che più tardi ispirò anche romanzieri e registi. Figlia del pittore Orazio, la giovane, nel 1611 (all'età di diciotto anni) si trovava ad aiutare il padre nella realizzazione degli affreschi di Palazzo Pallavicini Rospigliosi a Roma, quando fu stuprata dal pittore Agostino Tassi, all'epoca collaboratore di Orazio Gentileschi. La pittrice si ritrae in Giuditta e nel volto di Oloferne si riconosce il pittore che l’ha stuprata. torna all' inizio