Presentazione in PowerPoint di un argomento per ciascuna delle seguenti materie, realizzato dall’alunno: Fabio De Matteis frequentante la classe: 5 et/D data: 26/06/2004 Letteratura Storia Inglese Elettronica analogica Telecomunicazioni Sistemi automatici TDP S I S T E M I Realizzazione di un semaforo semplice e di un incrocio semaforico pilotato con linguaggio Visual Basic 6.0 e utilizzo della porta Centronics S I S T E M I Output dell’interfaccia Centronics pilotata con Visual Basic 6.0 Output del VB 6.0 sul monitor S I S T E M I L’esercitazione richiedeva di comandare un semplice semaforo, simulato da tre diodi LED (rosso, giallo, verde) con software in Visual Basic. I tre diodi Led sono collegati, tramite resistenza da 220, rispettivamente alle uscite DATA1, DATA2 e DATA3 del registro dati di indirizzo 888 dell’interfaccia Centronics. Sul monitor, dopo aver avviato il programma realizzato, si visualizzeranno tre lampade con cinque caselle di testo e dei pulsanti che comanderanno il semaforo sia sul monitor che sull’uscita Centronics del PC. Nelle tre caselle di testo è possibile inserire il tempo, espresso in secondi, d’accensione della lampada. I cinque pulsanti che sono stati inseriti servono rispettivamente a : Ciclo giorno: questo da la partenza al semaforo facendolo iniziare con la successione rosso, verde, giallo e si ripeterà fino a quando non cliccliamo stop. Ciclo notte: questo da la partenza al semaforo facendo lampeggiare la lampada gialla simulando il ciclo notturno di un semaforo urbano. Stop/Spento: questo ferma e fa visualizzare tutte e tre le lampade spente. S I S T E M I Test: questo fa visualizzare tutte le lampade accese. Esci: questo pulsante ci permette di uscire dall’esecuzione del programma. Per poter pilotare la Centronics tramite questo software è necessario inserire nel codice di tale programma un’istruzione che varia in base al sistema operativo: Per Windows 95, 98, ME si scrive: per l’attivazione del verde: OUT 888,1; per l’attivazione del giallo: OUT 888, 2; per l’attivazione del rosso: OUT 888, 4. Per Windows 2000 e XP si scrive: 1DlPortWritePortUchar (888, ?) Per creare con la Centronics formulata Colore l’interfacciamento Codice binario N decimale Istruzione in è VBstata 6.0 per Windows ’95, D3 D2 D1 la ’98, ME seguente tabella: Verde 0 0 1 1 Out 888, 1 Giallo 0 1 0 2 Out 888, 2 Rosso 1 0 0 4 Out 888, 4 Spento 0 0 0 0 Out 888, 0 Test 1 1 1 7 Out 888, 7 S I S T E M I Fasi per la realizzazione del semaforo con il programma Vb 6.0 Per avviare il programma eseguire le seguenti operazioni: Start / Programmi / Microsoft Visual Basic 6.0 / Microsoft Visual Basic 6.0 S I S T E M I Apparirà la seguente maschera dove noi sceglieremo EXE standard selezionando l’icona e cliccando apri. S I S T E M I Dopo aver cliccato apri ci troveremo nell’ambiente VB ovvero il form meglio conosciuto come foglio di lavoro. Inseriremo dalla tabella degli strumenti a sinistra: •3shape •3 text box •5 timer •5 button •2 label Curando l’aspetto grafico e opzionale degli oggetti inseriti nel form si otterrà la seguente grafica: S I S T E M I Scrittura del codice per il funzionamento del programma: Private Sub Form_Load() Shape_verde.BackStyle = 0 Shape_giallo.BackStyle = 0 Shape_rosso.BackStyle = 0 Timer_rosso.Enabled = False Timer_giallo.Enabled = False Timer_verde.Enabled = False Timer_Notte1.Enabled = False Timer_Notte2.Enabled = False Out 888, 0 End Sub Private Sub CicloGiorno_Click() Shape_verde.BackStyle = 1 Shape_giallo.BackStyle = 0 Shape_rosso.BackStyle = 0 Timer_verde.Interval = Val(Text_verde) * 1000 Timer_verde.Enabled = True Out 888, 1 End Sub S I S T E M I Private Sub Timer_verde_Timer() Timer_verde.Enabled = False Shape_verde.BackStyle = 0 Shape_giallo.BackStyle = 1 Timer_giallo.Interval= al(Text_giallo) * 1000 Timer_giallo.Enabled = True Out 888, 2 End Sub Private Sub Timer_giallo_Timer() Timer_giallo.Enabled = False Shape_giallo.BackStyle = 0 Shape_rosso.BackStyle = 1 Timer_rosso.Interval = Val(Text_rosso) * 1000 Timer_rosso.Enabled = True Out 888, 4 End Sub Private Sub Timer_rosso_Timer() Timer_rosso.Enabled = False Shape_rosso.BackStyle = 0 Shape_verde.BackStyle = 1 Timer_verde.Interval = Val(Text_verde) * 1000 Timer_verde.Enabled = True Out 888, 1 End Sub S I S T E M I Private Sub Test_Click() Shape_rosso.BackStyle = 1 Timer_rosso.Enabled = False Shape_giallo.BackStyle = 1 Timer_giallo.Enabled = False Shape_verde.BackStyle = 1 Timer_verde.Enabled = False Timer_Notte1.Enabled = False Timer_Notte2.Enabled = False Out 888, 7 End Sub Private Sub Timer_Notte1_Timer() Shape_rosso.BackStyle = 0 Timer_rosso.Enabled = False Shape_verde.BackStyle = 0 Timer_verde.Enabled = False Timer_Notte1.Enabled = False Shape_giallo.BackStyle = 0 Timer_Notte2.Interval Val(Text_giallo) * 1000 Timer_Notte2.Enabled = True Out 888, 0 End Sub = S I S T E M I Private Sub Timer_Notte2_Timer() Shape_rosso.BackStyle = 0 Timer_rosso.Enabled = False Shape_verde.BackStyle = 0 Timer_verde.Enabled = False Timer_Notte2.Enabled = False Shape_giallo.BackStyle = 1 Timer_Notte1.Interval Val(Text_giallo) * 1000 Timer_Notte1.Enabled = True Out 888, 2 End Sub Private Sub Ciclo_Notte_Click() Shape_rosso.BackStyle = 0 Timer_rosso.Enabled = False Shape_verde.BackStyle = 0 Timer_verde.Enabled = False Shape_giallo.BackStyle = 1 Timer_Notte1.Interval Val(Text_giallo) * 1000 Timer_Notte1.Enabled = True Out 888, 2 End Sub = = S I S T E M I Private Sub Stop_Click() Shape_verde.BackStyle = 0 Shape_giallo.BackStyle = 0 Shape_rosso.BackStyle = 0 Timer_rosso.Enabled = False Timer_giallo.Enabled = False Timer_verde.Enabled = False Timer_Notte1.Enabled = False Timer_Notte2.Enabled = False Out 888, 0 End Sub Private Sub Command1_Click() Out 888,0 End End Sub S I S T E M I Il programma consiste in dieci subroutine. La prima Form_Load(), si attiva al caricamento del programma e consente di visualizzare il semaforo spento. La seconda CicloGiorno_Click() che si unisce alla terza e alla quarta a permette di attivare il ciclo giorno. La quinta Test_Click() permette di visualizzare tutte e tre le lampada accese. L’ottava CicloNotte_Click() che si unisce alla settima e alla nona permette di visualizzare il ciclo notturno di un semaforo urbano. La decima Stop_Click() permette di fermare i cicli attivati e fa visualizzare tutte le lampade accese. L’undicesima istruzione Command1_Click() permette di uscire direttamente dall’esecuzione del programma. S I S T E M I IMPIANTO SEMAFORICO APPLICATO AD UN INCROCIO Dopo aver programmato un semaforo singolo, si è passati a programmare un incrocio semaforico seguendo la stessa logica. S I S T E M I Come si può notare dalla figura sopra riportata, questo incrocio è formato da tre strade principali dove solo la strada 3 può avere solo il verde pieno, mentre le strade 1 e 2 possono avere sia il verde pieno che la svolta a destra. Inoltre c’è anche un senso unico figurato con le strisce gialle dove nel senso opposto possono circolare solo Bus e Taxi. Per la creazione di questo programma è stata scritta una tabella dove c’è anche l’interfacciamento con la Centronic: Si è deciso di imporre la seguente sequenza nel ciclo giorno: 1.Verde pieno sulla strada 1; verde destra e rosso sulla strada 2; rosso sulla strada 3. 2.Giallo sulla strada 1; verde destra e rosso sulla strada 2; rosso sulla strada 3. 3.Rosso e verde destra sulla strada 1; verde pieno sulla strada 2; rosso sulla strada 3. 4.Verde destra e rosso sulla strada 1; giallo sulla strada 2; rosso sulla strada 3. 5.Rosso sulla strada 1 e 2; verde pieno sulla strada 3. 6.Rosso sulla strada 1 e 2; giallo sulla strada 3. S I S T E M I Strada 1 Strada 2 Strada 3 Sequenza VGRD VGRD VGR Indirizzo 888 Indirizzo 890 Valore da inviare sulla 888 1 1000 0011 001 10000100 1 132 2 1100 0011 001 11000100 1 196 3 0011 1000 001 00110000 1 48 4 0011 1100 001 00111000 1 56 5 0010 0010 100 00100110 0 38 6 0010 0010 110 00100111 0 39 ABCD EFGH ILM S I S T E M I Dalla tabella si nota che il verde della strada 1 coincide con il verde destra della strada 2 e viceversa. In tal caso si possono utilizzare delle linee di uscita che escono da 11 a 9. I componenti inseriti nel form sono stati i seguenti i quali hanno subito delle variazioni nella tabella delle proprietà. •Image11 •CommandButton5 •Timer8 Dopo aver curato l’aspetto grafico del form si è passati alla scrittura del codice per il funzionamento del programma: N. B. : non sono state inserite le istruzioni per il pilotaggio della centronics. Private Sub Stop_Click() ImageA.Visible = False ImageB.Visible = False ImageC.Visible = False ImageD.Visible = False ImageE.Visible = False ImageF.Visible = False ImageG.Visible = False ImageH.Visible = False ImageI.Visible = False ImageL.Visible = False S I S T E M I ImageL.Visible = False ImageM.Visible = False Timer_A.Enabled = False Timer_B.Enabled = False Timer_C.Enabled = False Timer_D.Enabled = False Timer_E.Enabled = False Timer_F.Enabled = False Ciclo_Notte_A.Enabled = False Ciclo_Notte_B.Enabled = False End Sub Private Sub Test_Click() ImageA.Visible = True ImageB.Visible = True ImageC.Visible = True ImageD.Visible = True ImageE.Visible = True ImageF.Visible = True ImageG.Visible = True ImageH.Visible = True ImageI.Visible = True ImageL.Visible = True ImageM.Visible = True S I S T E M I Timer_A.Enabled = False Timer_B.Enabled = False Timer_C.Enabled = False Timer_D.Enabled = False Timer_E.Enabled = False Timer_F.Enabled = False Ciclo_Notte_A.Enabled = False Ciclo_Notte_B.Enabled = False End Sub Private Sub Timer_A_Timer() Timer_A.Enabled = False ImageA.Visible = False ImageB.Visible = True ImageC.Visible = False ImageD.Visible = False ImageE.Visible = False ImageF.Visible = False ImageG.Visible = True ImageH.Visible = True ImageI.Visible = False ImageL.Visible = False ImageM.Visible = True Timer_B.Interval = 5000 S I S T E M I End Sub Timer_B.Interval = 5000 Timer_B.Enabled = True Private Sub Timer_B_Timer() Timer_B.Enabled = False ImageA.Visible = False ImageB.Visible = False ImageC.Visible = True ImageD.Visible = True ImageE.Visible = True ImageF.Visible = False ImageG.Visible = False ImageH.Visible = False ImageI.Visible = False ImageL.Visible = False ImageM.Visible = True Timer_C.Interval = 5000 Timer_C.Enabled = True End Sub Private Sub Timer_C_Timer() Timer_C.Enabled = False ImageA.Visible = False S I S T E M I ImageC.Visible = True ImageD.Visible = True ImageE.Visible = False ImageF.Visible = True ImageG.Visible = False ImageH.Visible = False ImageI.Visible = False ImageL.Visible = False ImageM.Visible = True Timer_D.Interval = 5000 Timer_D.Enabled = True End Sub Private Sub Timer_D_Timer() Timer_D.Enabled = False ImageA.Visible = False ImageB.Visible = False ImageC.Visible = True ImageD.Visible = False ImageE.Visible = False ImageF.Visible = False ImageG.Visible = True ImageH.Visible = False ImageI.Visible = True S I S T E M I ImageL.Visible = False ImageM.Visible = False Timer_E.Interval = 5000 Timer_E.Enabled = True End Sub Private Sub Timer_E_Timer() Timer_E.Enabled = False ImageA.Visible = False ImageB.Visible = False ImageC.Visible = True ImageD.Visible = False ImageE.Visible = False ImageF.Visible = False ImageG.Visible = True ImageH.Visible = False ImageI.Visible = False ImageL.Visible = True ImageM.Visible = False Timer_F.Interval = 5000 Timer_F.Enabled = True End Sub Private Sub Timer_F_Timer() S I S T E M I Timer_F.Enabled = False ImageB.Visible = False ImageC.Visible = False ImageD.Visible = False ImageE.Visible = False ImageF.Visible = False ImageI.Visible = False ImageL.Visible = False ImageA.Visible = True ImageG.Visible = True ImageH.Visible = True ImageM.Visible = True Timer_A.Interval = 5000 Timer_A.Enabled = True End Sub S I S T E M I Cenni teorici sull’interfaccia Centronics E’ una interfaccia parallela ad 8 bit di tipo asincrona usata soprattutto per collegare un computer ad una stampante parallela. Il connettore sul retro del computer è di tipo D a 25 poli femmina. Su un PC possono prendere posto fino a 3 interfacce parallele denominate LPT1, LPT2 e LPT3 (Line Printer Terminal). Ciascuna delle 3 LPT presenta 3 indirizzi contigui destinate alle periferiche di I/O. L’indirizzo base della LPT1 è 888, gli altri due indirizzi sono 889 e 890. Ind.base Ind.base+1 Ind.base+2 LPT1 888 889 890 LPT2 632 633 634 LPT3 956 957 958 Il registro base di indirizzo 888, denominato registro dati, contiene 8 bit di uscita dal PC. Il registro di indirizzo successivo 889, noto come registro di stato, è accessibile solo dall’esterno e solamente per 5 dei suoi 8 bit. È detto registro di stato perché ciascuna delle 5 linee individua un particolare stato in cui si trova la stampante. Il registro di indirizzo 890, noto come registro di controllo, rende disponibili solo 4 bit di uscita. S I Registro dati (indirizzo 888) : linee di uscita DATA8...DATA1, di indirizzo 888, situate tra i pin S Le 9....2, sono memorizzate, cioè rappresentano i bit di uscita di T altrettanti flip-flop. LINEE DAT DATA DATA DATA DAT DATA DATA DATA E A8 7 6 5 A4 3 2 1 7 6 5 4 3 2 M PIN 9 8 di stato (indirizzo 889): I Registro L’interfaccia Centronics possiede 5 linee di ingresso all’indirizzo 889 con i seguenti valori e logiche di funzionamento: _____ BUSY ACK PAPER OUT SELECTED ERROR (pin (pin (pin (pin (pin 11) 10) 12) 13) 15) vale vale vale vale vale 128 64 32 16 8 se è al livello basso se è al livello alto se è al livello alto se è al livello alto se è al livello alto (logica negativa). (logica positiva). (logica positiva). (logica positiva). (logica positiva). S LINEE BUSY ACK PAPER SELECTED ERROR 1 1 1 OUT I PIN 11 10 12 13 15 S I rimanenti 3 bit meno significativi del byte di ingresso non sono sul connettore e sono poste, internamente all’interfaccia, T accessibili al livello alto. a disposizione 5 bit (32 combinazioni) è possibile acquisire, E Avendo via software in una variabile A, un valore compreso tra 0 e 31. Ciò si realizza con i seguenti passaggi: M ____ A = A XOR 128 (per complementare il bit applicato su BUSY); I A = A - 7 (per azzerare i tre bit meno significativi : operazione, comunque, A=A/ 8 non necessaria); (per lo scorrimento a destra di 3 posizioni). L'algoritmo di acquisizione in linguaggio QBASIC risulta, pertanto: A = ((INP(889) XOR 128) - 7 ) / 8 In questo modo la parola di ingresso A assume un valore compreso tra 0 e 31. S I S T E M I STB, AF e SI Registro di controllo (indirizzo 890): L’indirizzo Centronics 890 rende disponibile in uscita altri 4 bit di cui tre attivi in logica negativa ed una in logica positiva : ___ _____ STB = STROBE (pin 1) vale 1 se è al livello basso (logica negativa). __ __________ AF = AUTOFEED (pin 14) vale 2 se è al livello basso (logica negativa). IP = INIZIALIZE PRINTER (pin 16) vale 4 se è al livello alto (logica positiva). __ _____________ SI = SELECT INPUT (pin 17) vale 8 se è al livello basso (logica negativa). IRQE = ABILITA INTERRUPT Ind. 890 Linee bit7 bit6 bit5 vale 16 se è al livello alto (logica positiva) ma non è disponibile fisicamente. bit4 bit3 bit2 bit1 bit0 IRQE SI IP AF STB Pin 17 16 14 1 Se si intende trasmettere una parola a 4 bit con valore compreso tra 0 e 15 e con i bit attivi in logica positiva, occorre commutare (XOR con 1 logico) i bit e lasciare inalterato (XOR con zero logico) il bit IP : S I S T E M I OUT 890, A XOR 11 A3 A2 A1 A0 A nel PC 1 0 1 1 11 A3 A2 A1 A0 A XOR 11 A3 A2 A1 A0 A in uscita T D P CONTROLLO DELLA VELOCITA’ E VERSO DI ROTAZIONE DI UN MOTORE IN C. C. UTILIZZANDO LA TECNICA PWM T D P Schema elettrico T D P Principio di funzionamento del circuito ASTABILE PWM (NE 555) CIRCUITO DI LOGICA (IC 4011 – IC 4069) DRIVER (T1- T2 – T3 – T4) ATTUATORE (motore in C.C.) T D P 1 ° blocco Il multivibratore astabile PWM è realizzato tramite l’ausilio del timer NE 555. Esso fornisce in uscita un treno di impulsi aventi ampiezza all’ incirca uguale all’alimentazione, tempo di carica tH e tempo di scarica tL. Il periodo T dell’impulso rimane costante ma è possibile variare il tempo di carica e il tempo di scarica attraversa il potenziometro R1, per questo motivo prende il nome PWM Pulse Wide Modulation (modulazione della larghezza dell’impulso). I tempi di carica e scarica sono analiticamente cosi misurabili: tH 0,69 ( R1 R2 R10 ) C1 t L 0,69 ( R3 R10 ) C1 T D P Multivibratore astabile NE 555N T D P 2°blocco Il secondo blocco del circuito è formato dal circuito di logica, realizzato con porte NOT (IC 4069) e porte NAND (IC 4011). Queste hanno il compito di attivare o disattivare le basi dei quattro transistor collegati a ponte. Circuito di logica T D P 3°blocco Il terzo blocco del circuito è formato dal Driver ovvero il circuito di potenza formato dai quattro transistor collegati a ponte Driver I quattro transistor sono di due tipi: T1 e T2 sono di tipo PNP; mentre T3 e T4 sono di tipo NPN. T D P 4°blocco Il quarto blocco del circuito è formato dall’attuatore che sarà il motore in corrente continua. Nello schema elettrico sono presenti solo le uscite che saranno collegati all’attuatore. T D P Spiegazione sul funzionamento del circuito Per la spiegazione del circuito è stata realizzata una tabella e degli schemi per facilitare la comprensione del funzionamento; inoltre si ragionerà con i valori 1 se è valore alto e 0 se è valore basso Caso U/D Q IC1A IC1B IC2A IC2B IC2C Mot. A 1 1 0 1 0 0 1 1 B 1 0 1 1 0 0 0 0 C 0 1 1 0 1 1 0 1 D 0 0 1 1 1 0 0 0 T D P Caso A T D P Caso B T D P Caso C T D P Caso D T D P Tramite il programma Electronics Workbench è stato possibile visualizzare il treno di impulso in uscita al timer NE 555. T D P REALIZZAZIONE DEL MASTER AL POSITIVO, TRAMITE IL PROGRAMMA EAGLE 4.09, E DELLA BASETTA CON MONTAGGIO DEI COMPONENTI E COLLAUDO 1. Per l’avvio del programma eseguire le seguenti operazioni: • Start; • Programmi; • EAGLE layout Editor 4.09; • Eagle 4.09. T D P Dopo aver eseguito le operazioni riportate sopra è stata ottenuta la seguente maschera: T D P 2. 3. 4. Creazione del nuovo progetto Eseguire le seguenti operazioni: • File; • New; • Project; • Dare un nome al progetto. Creazione dello schematics Eseguire le seguenti operazioni: • File; • New; • Schematics. Salvataggio del file schematics Eseguire le seguenti operazioni: • File; • Save as… • Digitare il nome che si vuole attribuire al file schematics. N.B.: il file sarà salvato nella cartella del nuovo progetto, la quale si trova nella cartella dei progetti situata nella cartella del programma eagle 4.09. T D P 5. Disegno del circuito Eseguire le seguenti operazioni: • Cliccare una volta sull’icona Add situata nella barra degli strumenti a sinistra dello schermo; • Dopo aver ottenuto la maschera della libreria dei componenti, scegliere il componente desiderato nella sottolibreria e cliccare OK; • Dopo aver posizionato tutti i componenti sul form ovvero il foglio di lavoro dello schematics eseguire i collegamenti utilizzando lo strumento Net situato nella barra degli strumenti a sinistra dello schermo. In caso di errore utilizzare lo strumento Delete. Utilizzando gli strumenti Name e Value è possibile attribuire il nome e il giusto valore al componente. 6. Lancio del board: creazione delle piste.Eseguire le seguenti operazioni: • Cliccare sull’icona Board per iniziare la fase della creazione delle piste ottenendo la seguente maschera dove bisogna posizionare i componenti scelti nel riquadro bianco il quale simula la grandezza della basetta; T D P • • Per spostare i componenti sul riquadro utilizzare lo strumento Move e se è necessario ruotarlo o cliccare con il tasto destro del mouse oppure utilizzare lo strumento Rotate; Dopo aver messo i componenti nel riquadro bisogna fare il default ovvero bisogna stabilire le misure delle piste e delle piazzole dei componenti, per fare questo cliccare sull’icona DRC; T D P • Dopo aver fatto il default si passa al lancio della formazione delle piste, per fare questo cliccare sull’icona auto; appare una maschera la quale chiede il settaggio dell’autorouter e nel generale bisogna deselezionare Top e azionare Button (questo indica la creazione delle piste solo su un lato cioè botton), successivamente cliccare su OK e partirà la creazione delle piste; • Se per caso la predisposizione dei componenti crea difficoltà al programma nella creazione delle piste è possibile rilanciarlo dopo aver cliccato sull’ icona Repup, dopo sul semaforo verde e aver scelto Yes, e aver fatto lo spostamento del componente non collegato, cioè dopo aver trovato una posizione ottimale per la creazione delle piste; • Se per caso anche dopo aver dato nuovamente il comando il programma non trova la soluzione è possibile intervenire con il comando Move e cercare di trovare manualmente la soluzione spostando eventualmente le piste; • Dopo aver trovato la soluzione bisogna rimpicciolire il circuito per quanto è possibile. Le figure, riportate nella pagina seguente, vi mostrano il lato componenti e il lato piste del circuito realizzato in laboratorio: T D P N.B.: la figure sopra riportata non è in scala reale T D P N.B.: la figure sopra riportata non è in scala reale T D P Le operazioni svolte per la realizzazione della basetta sono: • • • • • • Creazione del master al positivo; Applicazione del master sulla basetta; Impressione del “sandwich” creato con il master e il pezzo di basetta nel bromografo per circa 3 minuti; Incisione delle piste immergendo la basetta prima nella soda caustica per eliminare il fotoresist e successivamente nel cloruro ferrico; Lavaggio della basetta con acqua semplice; Foratura della basetta. Dopo aver realizzato la basetta, è stata effettuata la saldatura dei componenti ed il collaudo. T D P Cenni teorici sul motore in corrente continua Le macchine rotanti si dividono in: Motori in corrente continua Sistemi con l’induttore fisso sullo statore Sistema indotto costituito dagli avvolgimenti rotorici sul rotore Motori asincroni trifasi Motori sincroni I motori in corrente continua sono costituiti da un sistema ad induttore fisso spazzialmente sistemato sullo statore. Tale sistema induttore crea il campo magnetico responsabile del funzionamento del motore. C’è inoltre un sistema indotto mobile che si trova sul rotore che subisce l’azione di tale campo magnetico. Nel sistema indotto sono sistemati gli avvolgimenti di indotto situati in apposite cavità chiamate cave di rotore. T D P Lo statore costituisce il sistema induttore preposto alla creazione del flusso magnetico. Il rotore è la parte mobile ed è costituito da un corpo cilindrico alla periferica del quale sono praticate delle scalanature in cui si dispongono conduttori di indotto che, subiscono l’azione del corpo magnetico. T D P La funzione del collettore e delle spazzole nei motori in corrente continua è quella di trasferire la corrente da una sorgente di alimentazione fissa ai conduttori di indotto, i quali ruotano solidamente con il rotore. Per tanto le parti mobili del rotore sono: l’albero, il collettore, il rotore, i conduttori di indotto. La struttura fissa è costituita dalle spazzole le quali poggiano sul collettore con una certa pressione sulle lamelle del collettore. Queste sono di materiale metallo più grafite. T D P Principio di funzionamento B= è il vettore di induzione magnetica I = corrente nel conduttore L = lunghezza del conduttore A F lB I F B I sen l 90 F B I l T D P La spira è messa in rotazione poiché quando essa è percorsa da corrente continua il campo magnetico generato dalla stessa interagisce con quello costante tra le espansioni polari. Cm F B B I l b sen I sen Si ha la Cm massima quando le due forze si trovano in parallelo tra di loro ma di verso opposto. E L E T T R O N I C A ESERCITAZIONE DI LABORATORIO: REALIZZAZIONE DI UN GENERATOPRE DI ONDE QUADRE E TRIANGOLARI CON ANALIZZAZIONE DELLE DUE ONDE OTTENUTE E L E T T R O N I C A Prerequisiti: Materiali: scelta degli strumenti in funzione delle caratteristiche dei parametri elettrici e del valore degli stessi; conoscere le caratteristiche del diodo 1N4148 e dell’operazionale LF356; conoscere e saper utilizzare un reostato e l’oscilloscopio. n°1 amplificatore operazionale LF356; n°2 diodi 1N4148; n°4 resistenze di con i rispettivi valori : 10K, 10K, 200K, 100K; n°2 resistenze variabili di 100K; n°1 condensatore C da 10nF; alimentazione duale a ±15V; oscilloscopio. E L E T T R O N I C A SVOLGIMENTO DELL’ESERICTAZIONE Dopo aver montato il circuito, è stato alimentato con alimentazione 15V. E’ stato posto il canale 1 dell’oscilloscopio sul morsetto VO1 dove è possibile prelevare l’onda quadra; mentre il canale 2 dell’oscilloscopio è stato posto sul morsetto VO2 dove è possibile prelevare l’onda triangolare. La prima misura è stata svolta portando il valore dei due potenziometri al minimo facendo subentrare le due resistenze Rf. Dall’oscilloscopio sono stati presi i seguenti valori: Onda quadra Onda rettangolare Ampiezza ±14V T1 = T2 100 µsec T 200 µsec Ampiezza ± 7V T1 = T2 100 µsec T 200 µsec E L E T T R O N I C A Ecco la forma d’onda visualizzata all’oscilloscopio : La seconda misura è stata svolta portando il valore dei due potenziometri al massimo facendo subentrare sia la resistenza variabile che quella fissa. Dall’oscilloscopio sono stati presi i seguenti valori riportati nella prossima diapositiva: E L E T T R O N I C A Onda quadra Onda rettangolare Ampiezza ±14V T1 = T2 1,2 msec T 1,2 msec Ampiezza ± 7V T1 = T2 1,2 msec T 2,4 msec Ecco la forma d’onda visualizzata all’oscilloscopio : E L E T T R O N I C A La terza misura è stata svolta portando il potenziometro Rv” al minimo facendo subentrare solo la resistenza fissa; mentre nell’altro ramo, quello di carica, sono state poste entrambe due le resistenze con quella variabile al massimo valore. Dall’oscilloscopio sono stati presi i seguenti valori: Onda quadra Onda rettangolare Ampiezza ±14V T1 0,3 msec T2 1,1 msec T 1,4 msec Ampiezza ±7V T1 0,3 msec T2 1,1 msec T 1,4 msec E L E T T R O N I C A Ecco la forma d’onda visualizzata all’oscilloscopio : E L E T T R O N I C A La quarta misura è stata svolta portando il potenziometro Rv’ al minimo facendo subentrare solo la resistenza fissa; mentre nell’altro ramo, quello di scarica, sono state poste entrambe due le resistenze con quella variabile al massimo valore. Dall’oscilloscopio sono stati presi i seguenti valori: Onda quadra Onda rettangolare Ampiezza ±14V T1 1,1 msec T2 0,3 msec T 1,4 msec Ampiezza ±7V T1 1,1 msec T2 0,3 msec T 1,4 msec E L E T T R O N I C A Ecco la forma d’onda visualizzata all’oscilloscopio E L E T T R O N I C A CENNI TEORICI SUL FUNZIONAMENTO DEL CIRCUITO Il primo A.O. genera un’onda quadra la quale pilota il secondo A.O. Il generatore di onde quadre (prima parte del circuito) è un comparatore con isterisi non invertente. L’uscita dell’integratore (seconda parte del circuito) a sua volta pilota il comparatore. Il punto Vp si calcola applicando il principio di Milmann: V1 V2 R2 R1 Vp 1 1 R1 R2 Quando il punto VO1 da un’ onda quadra positiva, nel punto VO2 abbiamo una rampa decrescente, per tanto il punto Vp è di valor negativo fino a quando il punto Vp dell’operazionale 1 non diventa uguale al moretto Vn per cui avviene la commutazione. Quando il punto VO1 da un’onda quadra negativa, nel punto VO2 abbiamo una rampa crescente per tanto il punto Vp è positivo fino a quando non raggiunge il morsetto Vn in quanto il condensatore C inizia a caricarsi per cui avviene la commutazione. L’ampiezza dell’onda triangolare dipende molto dai valori di R1 e R2 e anche da Vcc ma in minoranza. E L E T T R O N I C A STUDIO DEL GENERATORE DI ONDE QUADRE E TRIANGOLARI MEDIANTE IL PROGRAMMA DESIGNLAB 8– PSPICE 2.0 Simulazione: E’ stata effettuata la simulazione del generatore di onde quadre rettangolari.Per realizzare questo bisogna svolgere le seguenti fasi: 1. Disegno dello schema elettrico. 2. Edit dei componenti. 3. Salvataggio dello schema con un file di estensione .sch. 4. Setup della simulazione. 5. Simulazione e visualizzazione del grafico della risposta del generatore di onde quadre e rettangolari. 2.1 Disegno dello schema elettrico per la simulazione E L E T T R O N I C A Avviare il programma operazioni: 1. Start; 2. Programmi; 3. DesignLab 8 Eval; 4. Schematics. di simulazione eseguendo le seguenti E L E T T R O N I C A Dopo il caricamento del programma di simulazione si può iniziare il disegno dello schema elettrico. Per l’inserimento dei componenti necessari per la simulazione eseguire le seguenti operazioni: 1. Draw; 2. Get New Part… Si otterrà la seguente maschera E L E T T R O N I C A Per • • • • disegnare l’operazionale LF356 procedere come segue: : Selezionare Draw / Get New Part…(oppure CTRL+G); Digitare LF356 nella finestra di dialogo Part Name; Cliccare Place&Close oppure dalla tastiera Invio; Cliccare il tasto sinistro e poi il destro del mouse per posizionare il componente e annullare la libreria. Per disegnare le resistenze R1,R2,, 2Rf: • Selezionare Draw / Get New Part…(oppure CTRL+G); • Digitare R nell’apposita finestra di dialogo; • Cliccare Place&Close o premere dalla tastiera Invio; • Cliccare il tasto sinistro e poi il destro del mouse per posizionare il componente e annullare la libreria. Per disegnare le resistenze variabili Rv: per problemi di programmazioni no è stato possibile inserire le Resistenze variabili ma sono state poste due resistenze classiche con valore di 100K; Per disegnare i diodi D1 e D2: • Selezionare Draw / Get New Part…(oppure CTRL+G); • Digitare D1N4148 nell’apposita finestra di dialogo; • Cliccare Place&Close o premere dalla tastiera Invio; • Cliccare il tasto sinistro e poi il destro del mouse per posizionare il componente e annullare la libreria. E L E T T R O N I C A Per • • • • disegnare il condensatore C: Selezionare Draw / Get New Part…(oppure CTRL+G); Digitare C nell’apposita finestra di dialogo; Cliccare Place&Close o premere dalla tastiera Invio; Cliccare il tasto sinistro e poi il destro del mouse per posizionare il componente e annullare la libreria. Per disegnare la massa (è indispensabile la sua presenza per effettuare la simulazione di qualsiasi circuito): • Selezionare Draw / Get New Part…(oppure CTRL+G); • Digitare EGND nell’apposita finestra di dialogo; • Cliccare Place&Close o premere dalla tastiera Invio; • Cliccare il tasto sinistro e poi il destro del mouse per posizionare il componente e annullare la libreria. Per disegnare le batterie per l’alimentazione virtuale: • Selezionare Draw / Get New Part…(oppure CTRL+G); • Digitare VDC nell’apposita finestra di dialogo; • Cliccare Place&Close o premere dalla tastiera Invio; • Cliccare il tasto sinistro e poi il destro del mouse per posizionare il componente e annullare la libreria. Per disegnare i Bobble: • Selezionare Draw / Wire (oppure CTRL+W); • Digitare Bobble nell’apposita finestra di dialogo; • Cliccare Place&Close o premere dalla tastiera Invio; • Cliccare il tasto sinistro e poi il destro del mouse per posizionare il componente e annullare la libreria. E L E T T R O N I C A Per disegnare i collegamenti: • Selezionare Draw / Wire (oppure CTRL+W); • Cliccare una volta il tasto sinistro del mouse per iniziare il collegamento, un’altra volta per ruotare, due volte per finire. Per inserire il Mark Voltage/level: • Selezionare dal menù Markes la voce Mark Voltage/level (oppure CTRL+M); • Inserire il modulo sul tratto interessato cliccando prima il sinistro per posizionare il componente e poi il destro per annullare la libreria. 2.2 Edit dei componenti L’edit dei componenti consiste nel l’assegnare tutti i dati caratteristici indispensabili per una corretta simulazione. Edit delle batterie: fare doppio clic sul generatore e nell’apposita finestra assegnare i seguenti valori come in figura sotto riportata: DC = 15V Per due batterie il valore sarà –15V E L E T T R O N I C A Edit della resistenza R1: fare doppio clic sul simbolo della resistenza R1. Negli appositi campi assegnare i seguenti valori: VALUE: Value: 100K Edit della resistenza C: fare doppio clic sul simbolo della resistenza R1. Negli appositi campi assegnare i seguenti valori: VALUE: Value: 10nF E L E T T R O N I C A Edit dei diodi: fare doppio click sul simbolo dei diodi.Lasciare gli appositi campi inalterati: VALUE: 2.3 Salvataggio dello schema con un file di estensione .sch L’ operazione di salvataggio è Indispensabile per poter procedere con la Simulazione ( sequesta operazione non viene svolta verrà visualizzato un messaggio di errore. Selezionare dal menù File a voce Save as… (salva come), nell’apposita finestra selezionare il disco e la cartella in cui deve essere salvato il documento e scrivere il nome del file con estensione .sch. E L E T T R O N I C A 2.4 Setup della simulazione Questa simulazione consiste nel scegliere il tipo di simulazione da effettuare ed il suo settaggio. Verrà effettuata una simulazione al transitorio: Dal menù Analysis scegliere Setup, apparirà una finestra cui è possibile scegliere il tipo di simulazione ed altre opzioni. La casella da puntare è quella relativa a Transient. E L E T T R O N I C A Nella finestra Analisis Setup dopo aver scelto transientbisogna ciccarci sopra: Inserire i seguenti valori negli appositi campi: Print Step: 5us Final Time: 5ms Selezionare Skip initial transient solution E L E T T R O N I C A 2.5 Simulazione e visualizzazione del grafico del limitatore a due livelli in continua. Per avviare la simulazione dal menù Analysis cliccare su Simulate o premere F11. Per fare la variazione dei tempi di carica e scarica dell’onda quadra, che a sua volta fa variare la pendenza dell’onda triangolare bisogna variare i valori delle resistenze variabili. Ogni volta che si visualizzerà le curve di risposta del generatore di onde quadre e rettangolari saranno composte anche di transitorio. T E L E C O M U N I C A Z I O N I SISTEMI E RETI DIGITALI PER LA TRASMISSIONE DATI T E L E C O M U N I C A Z I O N I La trasmissione dei dati è l’insieme delle tecniche e delle problematiche connesse con il trasferimento a distanza di segnali informativi di tipo digitale tra e laboratori elettronici, utilizzando canali di comunicazione messi a disposizione dei sistemi di telecominicazione. Fino ai primi anni ’80 la trasmissione rendeva possibile la comunicazione tra grossi elaboratori incaricati di svolgere operazioni particolari. Negli ultimi anni i calcolatori sono sempre più utilizzati anche come veri e propri apparati per la comunicazione a distanza tra utente di una rete, come Internet. L’evoluzione tecnologica rende possibile la comunicazione multimediale. La trasmissione dati costituisce anche il supporto per lo sviluppo della comunicazione multimediale e dei sistemi telematici. Con il termine telematica si intende l’insieme delle tecniche, delle problematiche e delle possibilità connesse con l’interazione tra telecomunicazioni e informatica. Apparati informatici e di telecomunicazione in un sistema per la trasmissione dati Apparati informatici • Elaboratori Possono essere microprocessori, microcalcolatori o grossi calcolatori; quest’ultimi sono indicati generalmente con il termine host; T E L E C O M U N I C A Z I O N I • Front End Processor (FEP) o Communication Controller Deve garantire all’host una comunicazione affidabile ed esente da errori, per cui si occupa delle problematiche di rivelazione e correzione degli errori, di corretto •Terminali peroferici Consentono di accedere ad un host remoto, per esempio effettuare l’inputoutput di dati. per • Cluster Controller (controllore di un “grappolo” di terminali) Viene così denominato l’apparato che ha il compito di controllare l’0accesso di più terminali, posti in uno stesso luogo, a una singola linea. Apparati e risorse di telecomunicazione E’ possibile così schematizzare un sistema di telecomunicazione per la trasmissione dati: T E L E C O M U N I C A Z I O N I I termini DTE e DCE che compiano nello schema stanno a indicare i seguenti apparati: • DTE (Data Terminal Equipment) E’ l’apparato informatico che genera o utilizza i dati scambiati. Un DTE può essere costituito da un singolo calcolatore oppure dall’insieme di host+FEP, nel caso di grossi elaboratori. • DCE (Data Circuit-terminating Equipment) E’ l’apparato di telecomunicazioni che preleva il segnale digitale fornito dal DTE e lo adatta alle caratteristiche del canale di comunicazione che si utilizza (e viceversa). Organismi internazionali di standardizzazione Esistono diversi organismi internazionali di standardizzazione che in un modo o nell’altro si occupano di trasmissione dati e più in generale di telecomunicazioni. I principali sono quattro, in Europa: • ITU – (International Telecommunications Union); •ETSI – (European Telecommunications Standards Institute); •ISO – (International Organization for Standardization); •IEC – (International Electrotecnical Commission). ITU (International Telecommunications Union) L’ITU è un’organizzazione intergovernativa all’interno della quale cooperano sia enti pubblici sia privati al fine di consentire lo sviluppo delle telecomunicazioni. L’ITU ha il compito di sviluppare standard che facilitano l’interconnessione di sistemi di telecomunicazione su scale mondiale, indipendentementedal tipo T E L E C O M U N I C A Z I O N I di tecnologia che adottano, nonché quello di regolamentare l’uso dello spettro di frequenze utilizzabili nelle trasmissioni radio, si terrestri sia via satellite. Dal punto di vista organizzativo l’ITU comprende essenzialmente: • una conferenza Plenipotenziaria; • il Consiglio; • un settore di Radiocomunicazione noto con l’acronimo ITU-R; • un settore per la standardizzazione delle telecomunicazioni noto con l’acronimo ITU-T; • un settore per lo sviluppo delle telecomunicazioni; • un segretario generale. ITU – T (ITU – Telecommunication Standardization Sector) I compiti dell’ ITU-T sono quelli di studiare le questioni tecniche, operative e tariffarie concernenti le telecomunicazioni e di emanare delle Raccomandazioni che definiscano gli standard da adottarsi per le telecomunicazioni su scala mondiale.Allo scopo vengono formati dei gruppi di studio. Per la trasmissione dati rivestono particolare importanza le seguenti serie di raccomandazioni: • Raccomandazioni della serie “V” (Voice, fonia) Sono relative alla trasmissione dati effettuata sulla normale rete telefonica, nota con l’acronimo PSTN (Public Switched Telephone Network). • Raccomandazioni della serie “X” (eXchange, centrale di comunicazione) Sono relative alla trasmissione dati effettuata su reti specializzate per la trasmissione dati, note come PSPDN (Packet Switched Pubblic Data Network) T E L E C O M U N I C A Z I O N I Caratterizzazione dei collegamenti dati Nello schema mostrato precedentemente , nel lato trasmissione il DTE emette i dati con un certo ritmo, fornito da un clock, e quindi è caratterizzato dal numero di bits emessi o bit rate. Il DTE non invia i dati direttamente sul canale di comunicazione, ma attraverso un’opportuna interfaccia DTE/DCE (standardizzata dall’ ITU-T)li fornisce al DCE e quest’ultimo provvede alla loro trasmissione sul canale. A seconda del tipo di canale che si utilizza, si adottano DCE diversi in quanto essi devono emettere un segnale avente caratteristiche trasmissive adeguate al tipo di canale a disposizione. Vengono così definiti due tipi di DCE: • DCE in banda base Noti comunemente come modem in banda base. Sono utilizzati per trasmettere dati su un canale passa basso (numerico), adottando un opportuno codice di linea; • DCE in banda fonica (o in banda traslata) Noti comunemente come modem fonici. Sono utilizzati per trasmettere dati sul canale passa banda (analogico) realizzato con un collegamento telefonico. Il DCE è caratterizzato dal bit rate che è in grado di accettare in ingresso e dalla propria velocità di modulazione o boud rate , cioè dal numero di simbolis (o boud) che esso emette. Nel lato ricezione il DCE preleva il segnale uscente dal canale ed estrae da esso le informazioni digitali da fornire al DTE utilizzatore. Per caratterizzare in maniera più un collegamento dati è necessario definire i seguenti elementi: • tipo di canale da impiegare; • tipo di collegamento da adottare; T E L E C O M U N I C A Z I O N I •Modalità di collegamento; • tipo di trasmissione. Tipo di canale utilizzabili nella trasmissione dati Collegamenti commutati Un collegamento viene definito commutato quando viene instaurato da un rete a seguito da una chiamata effettuata da chi necessita della connessione; il chiamante deve fornire alla rete il numero del corrispondente con il quale intende collegarsi. Come per una normale chiamata telefonica vi è quindi una fase preliminare di instaurazione della connessione dopodichè gli utenti possono scambiarsi i dati. Per usufruire di collegamenti commutati è ovviamente necessario sottoscrivere un abbonamento a una rete di telecomunicazione. A seconda delle esigenze, un utente può così decidere di abbonarsi a una (o più) delle seguenti reti pubbliche. • Rete PSTN (Public Swiched Telephone Network) E’ la normale rete telefonica a commutazione di circuito, la quale mette a disposizione un canale avente banda lorda pari a 4[KHz]. Al momento la massima velocità con la quale si può operare su PSTN è di 33600 [bits]. La capacità e la qualità trasmissiva che essa fornisce non è elevatissima. Il vantaggio fondamentale che presenta la rete PSTN è dato dalla sua diffusione capillare, che permette a un qualsiasi utente telefonico di effettuare trasmissione dati semplicemente dotandosi di un modem fonico (DCE) collegata alla presa del telefono. Per la rete PSTN una chiamata dati equivale a una chiamata fonica. • Rete ISDN (Integrated Services Digital Network) T E L E C O M U N I C A Z I O N I E’ la nuova rete di telecomunicazione che utilizza e fornisce canali digitali. La sottoscrizione di un abbonamento base ISDN mette a disposizione di un utente due canali a 64 [Kbits], noti come canali B (Bearer, di trasporto), e u7n canale a 16 [Kbit/s], noto come canale D (Data), utilizzato per lo scambio delle informazioni di servizio tra terminale di utente e rete. I canali sono bidirezionali e tra loro indipendenti. In particolare i due canali B permettono di effettuare contemporaneamente due chiamate. Un utente ISDN può effettuare una trasmissione dati sia a commutazione di circuito sia a commutazione di pacchetto. •Rete Itapac Rete pubblica italiana a commutazione di pacchetto. E’ stata progettata appositamente ed esclusivamente per le esigenze della trasmissione dati Per aumentare le velocità di trasmissione messe a disposizione degli utenti è stata recentemente introdotta una variante della comunicazione di pacchetto nota come Frame Relay. Collegamenti dedicati Sono collegamenti che non richiedono la fase preliminare di instaurazione della connessione in quanto i canali che li realizzano sono permanentemente riservati al collegamento tra i DTE interessati. Essi sono anche noti come linee affittate o circuiti diretti. Un circuito diretto èdi qualità migliore rispetto a un collegamento commutato in quanto si impiegano linee selezionate e opportunamente condizionate. I collegamenti dedicati si possono suddividere nei seguenti tipi: • Linea urbana fisica Una coppia simmetrica vera e propria T E L E C O M U N I C A Z I O N I •Circuiti Diretti Analogici (CDA) Affittano canali telefonici dedicati, usualmente con banda pari a 4[KHz] •Circuiti Diretti Numerici (CDN) Permettono di affittare canali numerici a 64 [Kbit/s] caratterizzati da un’elevata qualità per collegare permanentemente i DTE interessati. Un singolo canale a 64 [Kbit/s] può essere solo DTE oppure può essere condiviso da più DTE a bassa velocità, che vi accedono tramite un dispositivo noto come SubMultiplexer (SMUX). • Circuiti virtuali Permanenti (PVC, Permanent Virtual Circuit) Sono collegamenti a pacchetto permanenti realizzati sulla rete Itapac. Tipo di collegamento Su collegam,ento commutato si realizza normalmente un collegamento definito “punto-punto” in quanto vengono connessi temporaneamente i due punti dove sono posti i DTE che devono scambiarsi dati. Secondo il numero di DTE coinvolti e il numero di canali (linee) utilizzati, invece, è possibile suddividere i collegamenti dedicati nei seguenti tre tipi: • Collegamenti punto-punto Connettono permanentemente i due punti in cui si trovano i DTE che devono essere interconnessi. E’ possibile far condividere la stessa linea a più terminali utilizzando un cluster controller; • Collegamenti punto-punto a stella In questo caso vi sono più linee che fanno capo a un unico DTE, costituito tipicamente da un host e dal suo FEP, il quale fa da “centro stella” del collegamento dati. Alcuni terminali possono condividere una singola linease si utilizza un cluster controller. T E L E C O M U N I C A Z I O N I • Collegamenti multipunto, noti anche come multidrop In questo caso si collegano a un DTE (host+FEP) più terminali posti in luoghi diversi, i quali vengono raggiunti tramite diramazioni effettuati sulla linea principale che parte dalla sede dell’host. Per non avere reciproche interferenze devono essere adottate precise procedure di accesso alla linea, che evitano conflitti tra i terminali e cioè che impediscano a più terminali di trasmettere contemporaneamente. T E L E C O M U N I C A Z I O N I Modalità di collegamento Le modalità di collegamento possono essere classificate in base alla direzione dei flussi di dati che si scambiano i terminali. Da questo punto di vista sono possibili tre modalità di collegamento: • collegamento simplex; • Collegamento Half – Duplex; • Collegamento Full – Duplex. Collegamento simplex Si definiscono in questo modo i collegamenti unidirezionali, nei quali un DTE trasmette e l’altro DTE riceve, senza che esista la possibilità né di inviare riscontri né di invertire il senso della trasmissione. Collegamento Half – Duplex Si definisce Half – Duplex (HD) un collegamento bidirezionale in cui può trasmettere un solo DTE alla volta. Esso viene anche denominato collegamento bidirezionale alternato. Collegamento Full – Duplex Si definisce Full – Duplex (FD) un collegamento bidirezionale nel quale possono trasmettere contemporaneamente entrambi i DTE. In un collegamento FD i DCE devono poter trasmettere e ricevere contemporaneamente. Per realizzare un corretto scambio dati è indispensabile, però. Evitare interferenze fra trasmissione e ricezione. Esistono tre modi per realizzare un collegamento FD: T E L E C O M U N I C A Z I O N I FD a 4 fili: in questo caso si opera con una linea a quattro fili; le direzioni di trasmissione e ricezione sono fisicamente separate e quindi non vi sono interferenze reciproche; FD a divisione di banda: si opera con una linea a due fili, ma si suddivide la banda del canale in due sottobande uguali, specificate da raccomandazioni ITU-T. Essenso le trasmissioni dei due DCE separate in frequenza, è possibile inviarle contemporaneamente su una stessa linea e separarle, lato ricezione tramite dei filtri. Lo svantaggio principale sta nel fatto che si deve operare con velocità relativamente basse. FD a cancellazione d’eco: si opera sempre a due fili, ma il FD è ottenuto tramite la tecnica della cancellazione d’eco, consiste di discriminare tra due segnali presenti sulla stessa banda di canale. La cancellazione d’eco ha consentito un vero salto di qualità nella trasmissione dati su linea telefonica in quanto, grazie anche all’introduzione della tecnica di modulazione TCM (Trellis Coded Modulation), essa permette di raggiungere velocità di trasmissione molto elevate. Tipo di trasmissione Sono due le modalità base per il trasferimento di dati da un dispositvo a un altro: la trasmissione parallela e quella seriale. Trasmissione parallela La trasmissione di tipo parallela consiste nel realizzare un collegamento tra gliapparati interessati, composto da un certo numero di linee, e nel trasmettere contemporaneamente un certo numero di bit alla volta su di esse. T E L E C O M U N I C A Z I O N I La trasmissione parallela viene utilizzata per trasferire dati, anche a velocità molto elevata, tra dispositivi facenti parte di uno stesso sistema. Essa viene quindi impiegata sia all’interno di un elaboratore sia nel collegamento di una periferica a un elaboratore. Trasmissione seriale In collegamenti a lunga distanza non è possibile adottare la trasmissione parallela, in quanto i costi derivanti dalla realizzazione e dalla posa dei cavi risulterebbero eccessivi. E’ stata così introdotta la trasmissione seriale. Questa consiste nell’inviare sequenzialmente su una singolalunga i dati da trasferire, un bit dopo l’altro. Poiché un elaboratore opera al proprio interno in modo parallelo è necessario impiegare un’apposita circuiteria per passare da trasmissione parallela a quella seriale e viceversa, i cui elementi base sono dei registri a scorrimento di tipo PISO (Parallel In Serial OUT) e SIPO (Serial In Parallel Out). I circuiti integrati che svolgono tale funzione sono denominati UART. Nella trasmissione seriale è di fondamentale importanza la temporizzazione dei segnali da scambiare, ottenuta tramite appositi clock. Infatti: lato trasmissione è indispensabile utilizzare un clock per serializzare, nonché per trasmettere ogni singolo bit come un impulso avente una durata ben precisa; Lato ricezione è indispensabile utilizzare un colock, in qualche modo agganciato a quello di trasmisione per poter leggere i bit ricevuti nell’istante migliore minimizzando così la probabilità di errore. A seconda della modalità con la quale viene realizzata la sincronizzazione sul bit, vi sono due tipi di trasmissione seriale: la trasmissione seriale asincrona e la trasmissione seriale sincrona. T E L E C O M U N I C A Z I O N I Trasmissione seriale asincrona La trasmissione seriale asincrona è caratterizzata dal fatto che i clock impiegati lato trasmissione e la to ricezione sono indipendenti; essi devono avere precisione tale da consentire la corretta lettura dei bit che costituiscono un singolo carattere. In altri termini tra due caratteri trasmessi può intercorrere un intervallo di tempo qualsiasi. Il ricevitore deve quindi essere attivato, assieme al suo clock, solamente nel momento in cui giunge un carattere e una volta effettuata la ricezione esso può tornare in una condizione di riposo. Nella trasmissione asincrona è perciò indispensabile inserire dei bit di controllo che definiscano l’inizio e la fine di un carattere e che vengono così denominati: bit di start: è un impulso che precede i bit (dati) relativi a un carattere; bit di stop: al termine della trasmissione dei bit di un carattere, la linea deve tornare a riposo per un certo tempo minimo; tale condizione di riposo obbligatoria viene denominata bit di stop e può avere durata pari a 1, 1.5, 2 tempi di bit. Il bit di stop ha quindi polarità opposta rispetto a quella del bit di start. Nella pratica la trasmissione seriale asincrona viene utilizzata in linea solo per basse velocità di trasmissione per due motivi: all’aumentare della velocità di trasmissione diventa sempre più problematico realizzare u8n clock di ricezione preciso; La presenza dei bit di start e di stop, aggiunti a ogni carattere, appesantisce notevolmente la trasmissione e limita di conseguenza l’effettiva velocità di trasferimento dei dati. Si sottolinea che nella trasmissione asincrona i bit di start e di stop consentono sia la sincronizzazione sul carattere, in quanto ne definiscono l’inizio e la fine, sia la sincronizzazione sul bit, in quanto il bit di start riallineamento il clock di ricezione con quello di trasmissione. T E L E C O M U N I C A Z I O N I Trasmissione seriale sincrona Quando la velocità di trasmissione diviene elevata si adotta la trasmissione seriale sincrona. Essa consiste essenzialmente nel trasmettere in modo continuo i dati, senza inserire i bit di start e di stop, e nel realizzare un aggancio in frequenza e fase tra il clock di ricezione e quello di trasmissione, usualmente tramite un PLL(Phase Locked Loop). In una trasmissione sincrona, perciò, il trasmettitore emette i bit da trasferire uno dietro l’altro e il segnale elettrico che li trasporta deve consentire al PLL presente nel ricevitore di effettuare l’aggancio con il clock di trasmissione. Classificazione dei modem Per poter effettuare uno scambio di dati a distanza tra DTE è necessario utilizzare un canale di comunicazione,che può essere di tipo passa-basso. In entrambi i casi è necessario interporre tra canale e DTE un dispositivo che adatti le caratteristiche del segnale emesso a quello del canale utilizzato, in modo da non avere eccessive distorsioni. Nel caso di utilizzo su rete telefonica (OSTN) il DCE viene comunemente denominato modem (modulatore-demodulatore). Canale passa – banda E’ usualmente messo a disposizione dalla ret telefonica, nel qual caso è caratterizzato da una banda che va da 300 a 3400 [Hz]. I segnali emessi dal DTE sono di tipo digitale per cui sono caratterizzati da una banda che va da 0 a 1/tbit. E’ necessario quindi impiegare un DCE il quale effettua una modulazione, in trasmissione, per trasformare il segnale digitale emesso dal DTE in un segnale analogico, con banda compresa tra i 300 e i T E L E C O M U N I C A Z I O N I 3400[Hz], effettivamente trasmissibile sul canale. In ricezione il DCE effettua una demodulazione per riottenere il segnale originario. Canale passa basso Con questo tipo di canale non c’è la limitazione in banda tra 300 e 3400 Hz. Infatti, nel caso canale dedicato urbano si utilizza una linea fisica dedicata e quindi la banda disponibile è quella propria del caso (relativamente grande). Nel caso di collegamenti ISDN (commutati) oppure CDN (dedicati), invece, si utilizza un canale numerico e quindi la limitazione è sulla massima velocità trasmissiva con cui si può operare. Però il DTE emette un segnale con codifica NRZ, non adatta alla trasmissione, e quindi è necessario effettuare una conversione per passare da NRZ a un opportuno codice in linea (come AMI). A tale scopo si impiega un DCE. Poiché il segnale emesso dal DCE è ancora numerico, ma con un formato (codice di linea) diverso da quello del segnale emesso dal DTE, nel caso di collegamenti dedicati esso viene denominato DCE (o modem) banda base. In conclusione si può affermare che un modem fonico è adatto all’uso su un canale bassa banda e che, inoltre, un DCE (modem) banda base è adatto all’uso su un canale passa basso. Modem banda base Un modem banda base (BB), adatto all’uso su un canale passa basso, è essenzialmente un dispositivo che effettua una conversione di codice: traduce il segnale emesso dal DTE, codificato in NRZ (NonReturn to Zero), in un segnale digitale codificato con un opportuno codice di linea e che per questo è adatto alla trasmissione su canale passa basso. T E L E C O M U N I C A Z I O N I Un modem BB può operare su linee dedicate a 4 Fili o su linee dedicate a 2 fili con velocità di trasmissione che vanno normalmente da 600 a 19.200 bit/s. Lato DTE esso può operare in modo sincrono o asincrono, mentre lato linea opera in sincrono. Deve così comprendere un convertitore asincrono/sincrono, con relativo buffer di memoria, che va attivato quando si programma il modem per il funzionamento asincrono lato DTE. Inoltre il modem comprende anche un equalizzatore per compensare le distorsioni introdotte dalla linea, che va attivato quando la velocità di trasmissione raggiunge i 1200 [bit/s]. In esso è presente: circuiti di temporizzazione; convertitore asincrono /sincrono; equalizzatore; trasformatore di accoppiamento alla linea. Il concetto di protocollo Oltre alla definizione delle modalità fisiche con le quali vengono trasferiti i segnali elettrici, nella trasmissione dati vi è anche la necessità di stabilire delle regole di colloquio tra i diversi sistemi, per definire la sequenza logica delle operazioni con le quali avviene uno scambio di informazioni ordinato. Quindi, oltre alla definizione di una struttura fisica che consenta la comunicazione va definita una struttura logica che regoli il processo di comunicazione tra gli elaboratori. Tale struttura porta alla definizione di opportuni protocolli. Un protocollo è definibile come l’insieme delle regole che sovrintendono a un processo di comunicazione tra “entità” simili, cioè dello stesso livello. In altre parole è l’estrazione logica di una procedura per lo scambio di dati elaborati. T E L E C O M U N I C A Z I O N I Un protocollo viene implementato sui sistemi informatici da un opportuno software e necessita ovviamente della disponibilità di dispositivi “intelligenti”. Nell’astrazione logica che definisce un protocollo si indica con il termine entità un modulo software che invia o riceve i messaggi con cui si realizza e si controlla uno scambio dati. Il software di comunicazione può essere considerato come una struttura gerarchica di moduli software, ognuno dei quali svolge dei compiti ben precisi e concorre alla fornitura dei servizi messi a disposizione del software applicativo, cioè dei programmi che devono scambiarsi i dati. Nell’astrazione logica del processo dei comunicazione, quindi, un sistema comprende un certo numero di entità, strutturate in modo gerarchico, le quali interagiscono tra loro per consentire la comunicazione. Nel colloquio tra due sistemi, ogni entità di un sistema comunica con un’entità di pari livello del sistema remoto tramite uno specifico protocollo. Da un punto di vista fisico un’interfaccia è un collegamento materiale tra due dispositivi; ne è un esempio l’interfaccia V.24V.38 – RS232 per il collegamento di DTE A un DCE. Da un punto di vista logico, un’interfaccia viene definita come l’insieme delle regole adottate per la comunicazione tra entità dissimili che non sono dello stesso livello. In termini generali, l’evoluzione di una comunicazione gestita da un protocollo evolve in cinque fasi: Instaurazione di un collegamento fisico tra i DTE corrispondenti Inizializzazione della connessione (logica) tra le entità che colloquiano Trasferimento dei dati veri e propri Abbattimento della connessione logica Abbattimento della connessione fisica T E L E C O M U N I C A Z I O N I Protocolli di linea I protocolli di linea sono stati definiti per consentire una comunicazione affidabile tra elaboratori connessi tramite un canale fisico, come una linea commutata oppure una linea dedicata punto – punto o multipunto. Un protocollo di linea deve svolgere essenzialmente sei funzioni: Apertura e chiusura della connessione logica Controllo di flusso Controllo degli errori Trasparenza dei dati Recupero di interruzioni del collegamento e di situazioni anomale Gestione della corretta sequenza del traffico dati I protocolli di linea possono essere così classificati: Protocolli asincroni: sono adottati nelle trasmissioni sincrone e si dinstinguono in: Protocolli start – stop: sono i protocolli con trasmissione a blocchi quali Xmodem, Zmodem ecc. Protocollo TTY (TeleTYpe): è la trasmissione in modo asincrono di un singolo carattere alla volta. Protocolli sincroni: sono adottati nelle trasmissioni sincrone:; essi si distinguono in: Byte Controlled Protocol (BCP): sono protocolli in cui la trasmissione viene controllata per mezzo di caratteri appartenenti al codice utilizzato dai DTE corrispondenti; Bit Oriented Protocol (BOP): sono protocolli in cui lo scambio di messaggi tra i corrispondenti avviene mediante l’invio di blocchi standardizzati denominati frame T E L E C O M U N I C A Z I O N I (Trame) Protocollo BSC o Bisync (Binary Synchronous Communication) Il BSC è un protocollo adottato in trasmissioni sincrone con velocità comprese tra 1200 e 9600 [bit/s]. Con esso si realizza un colloquio del tipo half duplex (logico) in quanto vi è un sistema che trasmette e uno che riceve e il primo attende la conferma di corretta ricezione prima di inviare un nuovo blocco di dati. A seconda della tipologia di rete si distinguono i seguenti tre tipi di protocolli BSC: BSC1, se si opera su linee dedicate punto-punto; BSC2, se si opera su linee commutate; BSC3, se si opera su linee dedicate multipunto. Nel BSC si possono trasmettere blocchi di dati aventi lunghezza massima prefissata. Un messaggio informativo avente lunghezza maggiore di quella consentita viene segmentato in un certo numero di blocchi di dati, che vengono denominati testo. Con riferimento alla struttura di un generico blocco trasmissivo BSC contenente del testo della figura sopra riportata, si illustrano ora i principali caratteri utilizzati nel T E L E C O M U N I C A Z I O N I BSC. SYN (Synchronizing character), carattere di sincronizzazione: l’inizio di un blocco trasmissivo è indicato dalla sequenza SYN SYN, costituita da due caratteri di sincronizzazione. SOH (Start Of Heading), identificatore dell’inizio di un’intestazione: un blocco trasmissivo può comprendere o meno un’intestazione, o heading, la quale contiene informazioni di servizio. L’inizio dell’heading è identificato dal carattere SOH. La fine dell’heading coincide normalmente con l’inizio del testo per cui essa è identificata dal carattere ETX. STX, ETB, ETX, caratteri di delimitazione del testo BCC (Block Check Caracter), carattere/i per la rivelazione degli errori ENQ (Enquiry): viene utilizzato per effettuare una richiesta di colloquio (inizializzazione) e nelle fasi si selezione di una stazione o abilitazione alla trasmissione tipiche dei collegamenti multipunto. ACK (Acknowledge):Risposta positiva indicante la corretta ricezione di un blocco NACK (Not ACK): Risposta negativa indicante la non corretta ricezione di un blocco WACK (Wait ACK before trasmit): temporanea risposta positiva indicante la T E L E C O M U N I C A Z I O N I indisponibilità alla presecuzione del colloquio; il trasmettitore si mette in attesa che giunga un ACK EOT (End Of Transmission): In generale indica la fine di un messaggio DLE (Data Lnk Escape):viene usato sia per formare caratteri di controllo supplementari, non previsti dal codice, sia per consentire una trasmissione con modalità trasparente del testo. In modalità trasparente il trasmettitore antepone ai caratteri di delimitazione del testo il carattere DLE. Procedure di colloquio con protocollo BSC Collegamento con linea punto-punto dedicata Uno scambio dati su linea punto-punto dedicata evolve essenzialmente nel seguente modo: fase di inizializzazione. La stazione A invia il messaggio SYN SYN ENQ per chiedere all’altro sistema se è possibile a ricevere dei dati. La stazione B può rispondere in tre modi: ACK0, WACK o NACK. fase di trasferimento dati. La stazione A trasmette in sequenza i blocchi BSC contenenti le eventuali informazioni di servizio o heading e il testo. Dopo aver trasmesso un blocco essa deve attendere la conferma di corretta ricezione prima di passare al blocco successivo. Se un blocco giunge errato allora il ricevitore invia un riscontro negativo e viene trasmesso lo stesso blocco. fase di chiusura della trasmissione. La stazione A comunica la fine della trasmissione inviando il messaggio SYN SYN EOT. T E L E C O M U N I C A Z I O N I Collegamento su linea multipunto In una linea multipunto vi è una stazione primaria o master a cui fanno capo un certo numero di stazioni secondarie o slave. Per evitare conflitti, l’accesso alla linea viene controllato dal master e ogni slave possiede un proprio indirizzo unico. Sulla stessa linea non possono esservi due slave con lo stesso indirizzo. Poiché ci deve essere la possibilità di trasmettere dati da uno slave verso il master o dal master verso uno slave sono state definite le seguenti due procedure: polling. E’ un invito a trasm,ettere che il master invia ciclicamente agli slave, secondo una successione prestabilita selecting. E’ la procedura con la quale il master invita uno slave a ricevere dei dati. Le principali limitazioni del protocollo BSC sono le seguenti: la distinzione tra caratteri di controllo e dati appesantisce la trasmissione e complica l’hardware e il software; non è di per sé trasparente. La trasparenza è ottenuta con un meccanismo complesso che appesantisce ulteriormente la trasmissione e rende incompatibili protocolli BSC trasparenti e non trasparenti; È essenzialmente half duplex, con metodo di correzione d’errore del tipo stop and wait; i blocchi hanno formati diversi a seconda del tipo di informazioni trasportate. Protocollo HDLV (High – level Data Link Control) Il protocollo HDLC è forse il puù noto protocollo di linea sia perché esso è stato standardizzato a livello internazionale dall’ISO sia perché da esso sono derivati tutta una serie di protocolli denominati LAP (Link Access Protocol), T E L E C O M U N I C A Z I O N I ognuno dei quali è pensato per uno specifico utilizzo. Le caratteristiche principali del protocollo HDLC sono le seguenti: la trasmissione consiste in uno scambio di frame (o trame), aventi struttura standardizzata e indipendente dal codice utilizzato; un frame è costituito da un certo numero di campi; le informazioni di controllo vengono scambiate utilizzando gli appositi campi e non dei caratteri di controllo; si adottano modalità di ritrasmissione del tipo go-backN o selective retransmission, che aumentano l’efficienza del protocollo; può operare con una connessione logica sia di tipo half duplex sia full duplex; il protocollo è trasparente grazie alla definizione precisa della lunghezza dei campi di servizio. Flag (delimitatore, leralmente, “bandiera”): campo contenente 8 bit avente la funzione di indicare l’inizio e la fine di un frame; Address (indirizzo): campo utilizzato per indirizzare le stazioni che debbono scambiarsi dei dati; Control (controllo: è un campo composto da 8 o 16 bit che può contenere i numeri di sequenza dei frame trasmessi e di quelli ricevuti correttamente fino a un certo momento; T E L E C O M U N I C A Z I O N I Information (informazione): campo contenente i dati veri e propri che devono essere scambiati tra le stazioni connesse; ha una lunghezza pari a n bit; FCS (Frame Check Sequence, sequenza per il controllo del frame): campo per la rivelazione degli errori. In un collegamento che utilizza l’HDLC come protocollo di linea vi possono essere una stazione primaria e una o più stazioni secondarie. Modello ISO OSI Il problema dell’incompatibilità hardware e software spinse costruttori e governanti di molti paesi a istituire organismi internazionali composti da tecnici specialisti dei vari settori in grado di emanare regole e norme che consentissero il corretto funzionamento di apparecchiature tra loro collegate anche se costruttori diversi. Uno di questi organismi è l’ISO (International Standard Organization). In particolare, in un sistema di trasmissione dati è necessario stabilire una serie di regole hardware e software, denominate protocolli, indispensabili per assicurare un corretto collegamento e funzionamento tra apparato trasmittente e ricevente. Tali protocolli devono garantire, ad esempio, la compatibilità tra i segnali elettrici dei terminali DTE E DE, la correttezza della trasmissione con eventuale possibilità di rivelazione e correzione degli errori, ecc. In sede internazionale, è stato messo a punto dall’ISO un sistema di riferimento denominato modello OSI (Open Sistem Interconnection), che ha unificato in modo sistematico i protocolli di comunicazione nella trasmissione dati. S T O R I A Prima guerra mondiale Seconda guerra mondiale S T O R I A Prima guerra mondiale Prima guerra mondiale Guerra combattuta tra il 1914 e il 1918 da ventotto nazioni, raggruppate negli opposti schieramenti delle Potenze alleate (comprendenti tra le altre Gran Bretagna, Francia, Russia, Italia e Stati Uniti) e degli Imperi Centrali (Germania, Austria-Ungheria, Turchia e Bulgaria). Causa immediata della guerra fu l'assassinio il 28 giugno 1914 a Sarajevo dell'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austroungarico, per mano del nazionalista serbo Gavrilo Princip; le cause fondamentali del conflitto vanno tuttavia ricercate nelle contrastanti mire imperialistiche delle potenze europee, cresciute in un clima di esasperato nazionalismo. Sarajevo 1914: attentato all'arciduca Francesco Ferdinando Il 28 giugno 1914, a Sarajevo, l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria, e sua moglie Sofia furono uccisi dal nazionalista serbo Gavrilo Princip (nella foto d’epoca, il momento del suo arresto). L'assassinio minò l’assetto delle potenze europee, già in grave crisi, e il fragilissimo rapporto dell’Austria con la Russia, grande protettrice della Serbia, diventando la miccia che avrebbe fatto divampare la prima guerra mondiale. Il 28 luglio infatti l’Austria-Ungheria, con l’appoggio dell’alleato tedesco, dichiarò guerra alla Serbia. S T O R I A Soprattutto a partire dal 1898, i contrapposti interessi di Francia, Gran Bretagna e Germania (e in misura minore di Austria, Russia e Giappone) alimentarono uno stato di costante tensione internazionale, che spinse i governi a mantenere permanentemente in stato di allerta eserciti sempre più armati e ad accrescere la potenza delle proprie marine militari. I tentativi di fermare questa corsa al riarmo (che furono oggetto delle conferenze dell'Aia del 1899 e del 1907) ebbero scarso effetto, e non riuscirono a impedire lo strutturarsi dell'Europa attorno a due coalizioni ostili: la Triplice Alleanza tra Germania, Austria-Ungheria e Italia, e la Triplice Intesa tra Gran Bretagna, Francia e Russia. CRISI CHE PRECEDETTERO LA GUERRA (1905-1913) Tra il 1905 e il 1913 varie crisi e guerre locali portarono la situazione al limite del conflitto generale. Due di queste (crisi marocchine) furono il risultato del tentativo tedesco di sostenere l'indipendenza del Marocco nei confronti dell'occupazione francese, questione poi risolta pacificamente dalla conferenza di Algeciras. Un'altra crisi si aprì nei Balcani nel 1908 (vedi Questione balcanica), in seguito all'annessione della Bosnia-Erzegovina da parte dell'Austria-Ungheria; in questo caso la guerra fu evitata solo perché la Serbia, che coltivava mire espansionistiche sulla regione, non poteva agire senza il sostegno della Russia, all'epoca non ancora disposta al conflitto. Approfittando del fatto che l'attenzione delle grandi potenze era rivolta alla questione marocchina, l'Italia dichiarò guerra alla Turchia nel 1911 per annettersi la regione di Tripoli (guerra italo-turca), mentre le guerre balcaniche del 1912-13 ebbero il risultato di rafforzare le tendenze aggressive del regno di Serbia nella regione peggiorando ulteriormente i S T O R I A suoi rapporti con Vienna, e di suscitare desideri di vendetta e di riscatto nella Bulgaria e nella Turchia. L'assassinio dell'arciduca austriaco agì perciò da detonatore in un'Europa già profondamente lacerata da rivalità nazionalistiche, con effetti catastrofici. DICHIARAZIONI DI GUERRA Il governo di Vienna, ritenendo l'assassinio opera del movimento nazionalista serbo, assicuratosi l'appoggio della Germania inviò un ultimatum alla Serbia ritenuta responsabile di un piano antiaustriaco. A quel punto la catena delle alleanze fece precipitare la situazione e in rapida successione si ebbero la dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia (28 luglio), la mobilitazione della Russia, le dichiarazioni di guerra della Germania alla Russia (1° agosto) e alla Francia con la conseguente invasione del Belgio (3 agosto), e l'entrata in guerra della Gran Bretagna a sostegno dei belgi (5 agosto) che provocò la reazione tedesca. Mentre l'Italia si dichiarava neutrale, anche il Giappone (alleatosi con gli inglesi nel 1902) dichiarò guerra al Reich il 23 agosto, attaccandone subito dopo i possedimenti asiatici. La firma del trattato di Londra, avvenuta il 5 settembre 1914, sanciva l'alleanza tra Francia, Gran Bretagna e Russia. 1914-1915: DALLA GUERRA-LAMPO ALLA GUERRA DI TRINCEA Le operazioni militari si svolsero su tre diversi fronti: occidentale, o francobelga; orientale, o russo; meridionale, o serbo. Nel novembre del 1914 la Turchia entrò in guerra a fianco degli Imperi Centrali, estendendo così il quadro delle operazioni che giunse a comprendere la regione dello stretto dei Dardanelli e la Mesopotamia. Nel 1915 si aprirono due ulteriori fronti: quello austro-italiano, dopo l'entrata in guerra dell'Italia alleata dell'Intesa in S T O R I A virtù del patto di Londra firmato il 26 aprile, e quello sulla frontiera greca a nord di Salonicco, a seguito dell'intervento della Bulgaria a fianco degli Imperi Centrali nell'ottobre successivo. Il fronte occidentale Il piano strategico tedesco (noto come "piano Schlieffen", dal nome del capo di stato maggiore che lo aveva elaborato già nel 1905), affidato al generale von Moltke, prevedeva una rapida guerra di movimento contro la Francia (la cui invasione doveva avvenire attraverso il Belgio) per poi volgersi contro la Russia, ma fu bloccato dall'esercito francese al comando del generale Joffre nella prima battaglia della Marna (6-9 settembre). I tedeschi, costretti alla ritirata sino al fiume Aisne, estesero il fronte fino alla Mosa, a nord di Verdun. Ne seguì una sorta di gara in velocità verso il Mare del Nord, con l'obiettivo di acquisire il controllo dei porti sulla Manica (strategicamente nevralgici poiché vi confluivano i rinforzi britannici), che vide i tedeschi frenati nella loro avanzata dall'inondazione del fiume Yser, provocata nella regione dai belgi, e da una serie di scontri con le forze inglesi, noti collettivamente come battaglia delle Fiandre. Questa segnò la fine della guerra di movimento sul fronte occidentale e portò alla guerra di logoramento, di cui furono protagonisti la trincea, l'assalto con la baionetta, l'artiglieria, e che si ridusse a una sequenza di conquiste e di perdite di pochi lembi di terreno con un costo elevatissimo di vite umane. Nel marzo del 1915 gli inglesi tentarono, senza esito, di rompere il fronte nemico; in aprile l'esercito tedesco attaccò Ypres, occupata dalle forze inglesi, usando per la prima volta il gas di cloro, chiamato ufficialmente da allora "iprite": fu la prima volta che la guerra chimica venne praticata su vasta scala. Successive offensive franco-inglesi portarono allo sfondamento S T O R I A della prima linea delle trincee tedesche, ma in termini generali nel corso del 1915 non si produssero sostanziali modifiche rispetto alle posizioni stabilite alla fine dell'anno precedente. Il fallimento della guerra-lampo portò alla sostituzione di von Moltke con il generale Erich von Falkenhayn al comando supremo delle forze tedesche. Il fronte orientale Nell'agosto del 1915 due armate russe attraversarono il confine orientale della Germania, ma furono fermate dalle divisioni dei generali von Hindenburg e Ludendorff che inflissero agli invasori una sconfitta decisiva nella battaglia di Tannenberg (26-30 agosto) e in quella dei laghi Masuri (614 settembre). Nel frattempo altre quattro armate russe, invaso il territorio austriaco, avanzarono in Galizia senza incontrare resistenza sino ai confini con l'Ungheria (fine marzo 1915); l'azione venne però bloccata dalla controffensiva austro-tedesca che dai monti Carpazi proseguì in Polonia centrale (maggio), Lituania e Curlandia (settembre), obbligando i comandi russi a richiamare le truppe dalla Galizia. La guerra in Serbia Da parte loro i serbi riuscirono a respingere tre tentativi di invasione senza operarne alcuno ai danni dell'Austria-Ungheria, così che il fronte rimase inattivo fino all'ottobre del 1915. All'inizio dello stesso mese, al fine di aiutare la Serbia in caso di un attacco bulgaro, giudicato sempre più probabile, truppe anglo-francesi sbarcarono a Salonicco: a quel punto gli austro-tedeschi attaccarono nuovamente le postazioni serbe (6 ottobre), sconfiggendole insieme al corpo di spedizione alleato sopraggiunto in soccorso dalla Grecia occidentale. S T O R I A Il fronte turco La Turchia entrò in guerra il 29 ottobre 1914, cooperando da subito con la Germania con il bombardamento navale delle coste russe del Mar Nero e l'invasione del Caucaso in dicembre; in risposta, forze navali inglesi bombardarono le fortificazioni turche sullo stretto dei Dardanelli nel febbraio del 1915, mentre tra aprile e agosto furono costituite due teste di ponte nella penisola di Gallipoli. L'obiettivo alleato di acquisire il controllo degli Stretti fallì miseramente, e fu seguito dal ritiro di tutte le truppe presenti nella regione entro il gennaio del 1916. Il fronte italiano Trincee della prima guerra mondiale La Grande Guerra fu una guerra di posizione: masse di uomini attestate e contrapposte lungo un fronte senza che mai vi fosse una battaglia risolutiva per le sorti del conflitto. Il logoramento fisico e psicologico della trincea segnò per sempre l'esistenza di milioni di europei. Questo filmato d'epoca, tratto dagli archivi dell'Istituto Luce, racconta per poche ma significative immagini quella drammatica esperienza collettiva. L'Italia stipulò un trattato segreto, il cosiddetto patto di Londra (26 aprile 1915), con Gran Bretagna, Francia e Russia, in base al quale si impegnava a entrare in guerra in cambio di compensi territoriali in Trentino, Alto Adige, Istria, Dalmazia, Albania e nel Dodecaneso. Il 24 maggio dichiarò guerra all'Austria-Ungheria, impegnando quest'ultima su un secondo fronte. Le prime quattro battaglie dell'Isonzo (29 giugno-7 luglio, 18 luglio-10 agosto, S T O R I A 18 ottobre-3 novembre, 10 novembre-10 dicembre) ebbero un esito incerto per le forze italiane, che fallirono l'obiettivo di spezzare le linee austriache e conquistare Trieste. Come per tutte le potenze belligeranti, anche per l'Italia la guerra si tradusse in un logorante conflitto di posizioni, per di più affrontato in condizioni sfavorevoli in quanto gli austriaci controllavano le postazioni più elevate nel Trentino, nel Friuli e in Carnia. Gli austriaci allentarono la pressione italiana con una violenta controffensiva in Trentino (la Strafexpedition, spedizione punitiva) i cui effetti risultarono più dirompenti sul piano psicologico e politico che non su quello militare: si spense allora la speranza ancora diffusa in Italia di un'imminente vittoria. 1916: LA GUERRA DI POSIZIONE Nel 1916, dopo aver trasferito 500.000 uomini dal fronte orientale a quello occidentale, l'esercito tedesco al comando del generale von Falkenhayn sferrò un massiccio attacco alla Francia: primo obiettivo fu la cittadina fortificata di Verdun (21 febbraio), ma l'avanzata tedesca fu contenuta e le forze alleate poterono rispondere con una controffensiva sulla Somme, iniziata il 1° luglio e protrattasi fino al mese di novembre. Né l'una né l'altra operazione furono tuttavia decisive: la spaventosa carneficina (1.600.000 morti) risultò inutile ai fini della guerra. Von Falkenhayn fu sostituito dal generale Ludendorff; sul fronte alleato al posto del generale Joffre alla testa degli eserciti francesi impegnati a nord e a nordest fu posto il generale Nivelle. Perdite russe e sconfitta rumena Sul fronte orientale, i russi lanciarono un'offensiva nella regione del lago Narocz per forzare i tedeschi a spostare le truppe da Verdun, ma S T O R I A l'operazione si risolse in un fallimento che costò loro oltre 100.000 uomini. Maggior successo ebbe invece in giugno la risposta alla richiesta italiana di un'azione diversiva che alleviasse la pressione dell'offensiva austriaca in Trentino: l'avanzata russa da Pinsk verso sud costò tuttavia perdite tali (quasi un milione di morti) da far precipitare l'esercito in uno stato di demoralizzazione e scoramento che influì non poco sugli sviluppi politici interni russi. La dimostrazione di forza indusse la Romania a entrare in guerra al fianco degli Alleati (27 agosto 1916), ma le operazioni militari si risolsero in una netta sconfitta a opera delle forze austro-tedesche e bulgaro-turche, che assicurò agli Imperi Centrali il controllo della Romania e delle sue risorse (grano e petrolio). L'Italia e i Balcani Sul fronte italiano il 1916 fu segnato dalla quinta inconcludente battaglia dell'Isonzo e dall'offensiva austriaca in Trentino, i cui risultati furono comunque annullati dalla reazione italiana nella campagna estiva. Tra agosto e novembre altre quattro battaglie ebbero luogo sull'Isonzo, ancora senza risultati a parte la conquista italiana di Gorizia (9 agosto). Nei Balcani gli Alleati posero sotto controllo politico la Grecia, sostenendo che il re Costantino I favoriva gli Imperi Centrali a dispetto della sua dichiarata neutralità; l'intervento alleato provocò la costituzione di un governo provvisorio a Salonicco (29 settembre) guidato da Eleutherios Venizelos, che fu riconosciuto ufficialmente dalla Gran Bretagna e che il 3 novembre dichiarò guerra a Germania e Bulgaria. Nel frattempo l'esercito serbo si univa alle truppe russe e italiane per lanciare un'offensiva congiunta contro le forze bulgare e tedesche, che fu seguita all'inizio di ottobre da un massiccio attacco alleato in Macedonia che si spinse fino ai confini con l'Albania. S T O R I A Il fronte mediorientale Le operazioni militari in Medio Oriente ebbero come teatri di scontro la Mesopotamia, la Palestina e l'Arabia, dove nel giugno del 1916 scoppiò un'insurrezione nella regione dell'Higiaz contro il dominio ottomano, appoggiata dagli inglesi. Al fine di un allargamento della rivolta araba le forze britanniche dislocate in Egitto cominciarono ad avanzare fino alla penisola del Sinai e in Palestina, conquistando varie postazioni all'inizio del gennaio 1917. Tentativi di negoziato Massacro della Somme Nel 1916, gli Alleati tentarono di respingere i tedeschi dai territori occupati dagli Imperi Centrali. Il 1° luglio gli inglesi lanciarono un'offensiva lungo il fiume Somme nella Francia settentrionale. La conquista di una fascia di territorio di circa 11 km costò a entrambi gli schieramenti oltre un milione di morti S T O R I A Nel corso del 1916 il presidente degli Stati Uniti (a quel tempo ancora neutrali) Woodrow Wilson cercò di spingere al negoziato le potenze belligeranti sulla base di una "pace senza vittoria". A fine anno il governo tedesco rese nota la disponibilità in tal senso degli Imperi Centrali, alla quale tuttavia la Gran Bretagna non diede credito. 1917: L'ENTRATA IN GUERRA DEGLI STATI UNITI E IL RITIRO RUSSO La posizione di Wilson riguardo alla guerra mutò decisamente nel gennaio del 1917, quando la Germania annunciò che a partire dal successivo 1° febbraio sarebbe ricorsa alla guerra sottomarina indiscriminata contro le imbarcazioni in arrivo in Gran Bretagna o in partenza da essa, contando in questo modo di poterne piegare la resistenza entro sei mesi. Gli Stati Uniti avevano già ammonito in precedenza che questo genere d'azione violava palesemente i diritti delle nazioni neutrali, così che il 3 febbraio il presidente americano decise di sospendere le relazioni diplomatiche con la Germania, seguito da diverse nazioni dell'America latina. Il 6 aprile gli Stati Uniti entrarono in guerra. Arras e Ypres Nel 1917 gli Alleati scatenarono due offensive su vasta scala per rompere le linee tedesche sul fronte occidentale. Il primo tentativo ebbe luogo tra il 9 aprile e il 21 maggio nei pressi di Arras. I tedeschi si ritirarono dalla linea sull'Aisne attestandosi sulla cosiddetta "linea Hindenburg", dove le forze alleate concentrarono l'attacco, durante il quale si susseguirono la terza battaglia di Arras e cruenti scontri sull'Aisne e nella regione della Champagne. L'offensiva si concluse con limitate conquiste da parte dei S T O R I A francesi, ma con un costo in vite umane talmente elevato da provocare un ammutinamento nelle file dell'esercito francese e la sostituzione del loro comandante, il generale Nivelle, con il generale Pétain. La seconda offensiva fu sferrata in giugno, quando il corpo di spedizione inglese al comando del maresciallo Douglas Haig attaccò le postazioni tedesche nelle Fiandre: la battaglia di Messines e la terza battaglia di Ypres non produssero tuttavia esiti sostanziali per gli Alleati. Lo sbarco degli americani Dopo la dichiarazione di guerra alla Germania, il governo degli Stati Uniti organizzò rapidamente una forza di spedizione in Europa al comando del generale John Pershing. Entro la fine di maggio 175.000 soldati americani erano già dislocati in Francia; sarebbero ammontati a quasi due milioni verso la fine della guerra. La guerra sottomarina Sottomarini tedeschi A partire dal febbraio 1915, i sottomarini tedeschi assediarono la Gran Bretagna e iniziarono una guerra marina indiscriminata, che comprendeva attacchi anche alle navi civili. Uno degli episodi più gravi fu l'affondamento del transatlantico Lusitania, al largo della costa meridionale dell’Italia. S T O R I A Sempre nel 1917 i tedeschi dovettero riconoscere fallito il tentativo di spingere la Gran Bretagna alla resa mediante il blocco sottomarino delle sue isole. Inoltre, già dagli inizi del 1918 gli Alleati (grazie soprattutto al contributo degli Stati Uniti) producevano nuove navi più di quante i tedeschi riuscissero a distruggerne. La Russia si ritira Lo scoppio nel marzo 1917 dell'insurrezione popolare contro il governo imperiale portò all'abdicazione dello zar Nicola II. Appena insediato, il governo provvisorio si impegnò a proseguire la guerra, ma la successiva Rivoluzione bolscevica (6-7 novembre, 24-25 ottobre secondo il calendario giuliano) avrebbe portato al ritiro della Russia dalla guerra. Sul fronte militare, le forze russe al comando del generale Brusilov avanzarono sul fronte della Galizia, perdendo successivamente gran parte del territorio conquistato; la controffensiva tedesca ebbe come risultato la conquista di Riga, difesa dal generale russo Kornilov, di gran parte della Lettonia e di alcune isole russe nel Baltico. Il 20 novembre il nuovo governo offrì alla Germania la sospensione delle ostilità: l'armistizio, che determinò la fine dei combattimenti sul fronte orientale, fu firmato dai rappresentanti di Russia, Austria e Germania il 15 dicembre. Sconfitte italiane Durante i primi otto mesi dell'anno, nonostante le carenze in effettivi, artiglieria e munizioni, le forze italiane al comando del generale Luigi Cadorna proseguirono gli sforzi per sfondare le linee austriache sul fiume Isonzo e conquistare Trieste (decima e undicesima battaglia dell'Isonzo), senza che si producessero risultati di rilievo. L'ultimo trimestre dell'anno fu S T O R I A invece segnato da una decisa offensiva mossa da nove divisioni austriache e sei tedesche, sopraggiunte dall'ormai inattivo fronte orientale: attaccando sulla parte alta dell'Isonzo, riuscirono a rompere le linee italiane, costringendo il contingente nemico a ripiegare disordinatamente sul fiume Piave. Nella disastrosa battaglia di Caporetto, oltre alle vittime le truppe italiane contarono 300.000 prigionieri e quasi altrettanti disertori, sfiorando la disfatta. Sull'estrema linea del Piave venne fermata la controffensiva che avrebbe potuto costringere l'Italia alla resa definitiva; in novembre truppe inglesi e francesi giunsero di rinforzo, mentre Cadorna veniva sostituito dal generale Armando Diaz. L'entrata in guerra della Grecia Vista la situazione di stallo sul piano delle operazioni militari sul fronte dei Balcani, gli Alleati esercitarono pressioni sul re Costantino I con l'obiettivo di ottenere la sua abdicazione. L'invasione della Grecia fu avviata nel giugno del 1917: il monarca greco rinunciò alla corona in favore del figlio Alessandro e Venizelos assunse la guida del nuovo governo, dichiarando guerra agli Imperi Centrali il 27 giugno. Il Medio Oriente In Palestina, sotto il comando del generale Edmund Allenby, gli inglesi spezzarono le linee turche a Beersheba, obbligandole prima a evacuare Gaza (novembre), per poi prendere Gerusalemme (9 dicembre). Nella regione l'anno era stato caratterizzato dalla brillante azione del colonnello Thomas Edward Lawrence (più noto come Lawrence d'Arabia), animatore della rivolta araba contro la Turchia. Le truppe arabe da lui guidate presero in luglio il porto di Aqaba, effettuando in seguito diverse sortite contro le linee S T O R I A ferroviarie nella regione dell'Higiaz. Altri successi furono ottenuti dagli inglesi nel corso del 1917 in Mesopotamia, con la presa di Baghdad in marzo e un'avanzata che in settembre li portò ai fiumi Eufrate e Tigri. 1918: LA FINE DEL CONFLITTO Il 3 marzo 1918 la Russia firmò la pace di Brest-Litovsk, che poneva ufficialmente fine alla guerra con gli Imperi Centrali in termini decisamente favorevoli a questi ultimi; il 7 maggio fu la Romania a sottoscrivere la pace: il trattato di Bucarest sanciva la cessione della Dobrugia alla Bulgaria e quella dei passi sui monti Carpazi all'Austria-Ungheria, garantendo inoltre alla Germania concessioni a lungo termine sui pozzi di petrolio rumeni. Ritiro della Bulgaria e dell'Austria-Ungheria Proprio sul fronte dei Balcani, tuttavia, l'esito finale dei combattimenti risultò disastroso per gli Imperi Centrali: in settembre 700.000 soldati alleati avviarono contro le truppe nemiche di stanza in Serbia un'offensiva congiunta che alla fine del mese costrinse la Bulgaria a chiedere l'armistizio; ciò indusse la Romania a rientrare in guerra. Intanto la Serbia continuava l'avanzata nei Balcani sino a occupare Belgrado (1° novembre), mentre l'esercito italiano invadeva e occupava l'Albania. Sul fronte italo-austriaco le forze italiane ottennero quindi la vittoria decisiva nella battaglia di Vittorio Veneto (24 ottobre-4 novembre): il 3 novembre Trieste cadde in mano italiana, così come Fiume (odierna Rijeka) il giorno 5. La sconfitta fece precipitare la situazione interna nell'impero asburgico: cechi, slovacchi e slavi del Sud proclamarono la loro indipendenza; a nove giorni dalla firma dell'armistizio con gli Alleati (3 novembre), l'imperatore Carlo I abdicò e il giorno seguente un moto rivoluzionario popolare proclamò la Repubblica austriaca, mentre gli ungheresi istituivano un governo indipendente. S T O R I A Ritiro della Turchia Anche la campagna in Palestina si concluse vittoriosamente per gli Alleati. In settembre gli inglesi misero in fuga l'esercito turco e il corpo di spedizione tedesco che lo assisteva; nel frattempo le forze francesi conquistavano il Libano e la Siria. Il governo ottomano chiese allora l'armistizio, firmato il 30 ottobre. Ultime offensive tedesche Caporetto, 24 ottobre 1917 Nell’ottobre del 1917 le forze austrotedesche sferrarono un massiccio attacco sul fronte italiano. Stremati da lunghi mesi di sanguinose offensive e controffensive, gli italiani furono sbaragliati a Caporetto (l'odierna Kobarid, in Slovenia) e indietreggiarono in una disastrosa ritirata fino al Piave, dove riuscirono però a bloccare l’avanzata nemica. Nella foto, donne e bambini sfollati dai loro paesi durante i giorni della battaglia di Caporetto. La politica di pacificazione del presidente americano Wilson, riassunta nei famosi Quattordici punti, aveva come obiettivo il conseguimento di una pace giusta e indusse gli Imperi Centrali a cessare le ostilità alcuni mesi dopo. All'inizio del 1918, rendendosi conto della necessità di portare a conclusione il confronto sul fronte occidentale prima che gli americani potessero S T O R I A attestarvisi, i tedeschi decisero l'attacco finale che avrebbe dovuto portarli fino a Parigi. L'offensiva, iniziata il 21 marzo, fu diretta contro il fronte britannico dislocato a sud di Arras; gli Alleati incaricarono del collegamento delle operazioni il generale Foch, che assunse il comando generale di tutti gli eserciti alleati in Francia. Da aprile a giugno le forze tedesche avanzarono fino a giungere a 60 km da Parigi, ma furono bloccate e, nonostante il successo conseguito nella seconda battaglia della Marna tra il luglio e l'agosto, furono respinte dalle truppe alleate. Tra la fine di agosto e i primi di settembre le forze britanniche e francesi conseguirono una serie di vittorie (seconda battaglia della Somme e quinta battaglia di Arras) obbligando i tedeschi a retrocedere fino alla linea Hindenburg; l'avanzata continuò tra ottobre e novembre, quando forze angloamericane raggiunsero Cambrai, la foresta delle Argonne e Sedan, costringendo le truppe tedesche a ritirarsi progressivamente da tutto il fronte occidentale. Nel frattempo, su richiesta del generale Ludendorff, il governo tedesco tentava di avviare trattative per un armistizio, subito arenatesi però per il rifiuto del presidente Wilson di negoziare con governi non democratici. La disfatta militare ebbe ripercussioni nella situazione politica interna tedesca: la flotta si ammutinò, l'imperatore Guglielmo II abdicò e cercò rifugio in Olanda, mentre in Germania veniva proclamata la Repubblica (9 novembre 1918). Due giorni dopo, nella foresta di Compiègne, la Germania firmava l'armistizio di Rethondes, accettando tutte le condizioni imposte dagli Alleati. La guerra nelle colonie Nel corso di tutto il conflitto, le scarse forze tedesche presenti nelle colonie in Africa (con la sola eccezione di quelle di stanza nel Corno d'Africa) furono S T O R I A costrette a cedere sotto gli attacchi alleati, che si conclusero con la conquista del Camerun, dell'Africa del Sud-Ovest (vedi Namibia) e dell'Africa Orientale Tedesca (vedi Tanzania). Nel Pacifico, un contingente angloaustraliano proveniente dalla Nuova Zelanda si assicurò sin dalle prime fasi del conflitto i territori tedeschi di Samoa, delle Bismarck e della Nuova Guinea. A loro volta i giapponesi strapparono ai tedeschi il porto di Qingdao nella provincia cinese dello Shantung nel novembre del 1914 e, successivamente, le isole Marshall, Marianne, Caroline e l'arcipelago di Palau. LA GUERRA SUL MARE Il più importante scontro navale fu la battaglia dello Jutland, combattuta fra il 31 maggio e il 1° giugno 1916 tra le flotte inglese e tedesca. Seppure le perdite inglesi, sia in navi sia in vite umane, superassero quelle della Germania, la flotta del Reich rientrò nei porti nazionali per non tornare più in azione. Nel 1917 i responsabili militari tedeschi fecero nuovamente ricorso alla guerra sottomarina indiscriminata, convinti che questo fosse l'unico modo per contrastare la Gran Bretagna. Il calcolo non solo non portò il risultato cercato, ma provocò l'entrata in guerra degli Stati Uniti. Secondo i termini dell'armistizio di Compiègne, i tedeschi consegnarono agli Alleati l'intera flotta (10 navi da guerra, 17 incrociatori, 50 torpediniere e più di 100 sottomarini); quando il successivo trattato di pace firmato il 28 giugno 1919 dispose che essa sarebbe definitivamente divenuta di proprietà degli Alleati, i marinai tedeschi la autoaffondarono. S T O R I A SPAD VII, l'aereo di Francesco Baracca Aereo di produzione francese, lo SPAD VII (SPAD è l'acronimo di Société Pour l'Aviation et ses Dérivés), è stato uno dei caccia più famosi della prima guerra mondiale. Maneggevole e robusto, l'aereo richiedeva tuttavia un attento pilotaggio per i problemi che dava alle basse velocità. Molti sono stati gli assi della caccia (titolo attribuito a chi poteva vantare almeno 5 abbattimenti accertati) che hanno conquistato le loro vittorie con questo biplano; tra questi il più noto è stato il magg. Francesco Baracca, accreditato di 34 abbattimenti. Il celebre aviatore morì in volo nel 1918 La prima guerra mondiale incoraggiò la produzione e l'uso militare di aeroplani e dirigibili utilizzati per azioni di perlustrazione, osservazione e bombardamento. Una caratteristica della guerra furono le incursioni condotte per mezzo di dirigibili o di aeroplani su importanti centri nemici situati lontano dal fronte di battaglia. La prima incursione aerea tedesca su Parigi ebbe luogo il 30 agosto 1914; la prima ai danni dell'Inghilterra fu scatenata su Dover, il 21 dicembre dello stesso anno. Durante il 1915 e il 1916 dirigibili tedeschi del tipo Zeppelin effettuarono 60 incursioni sull'Inghilterra orientale e su Londra, con l'obiettivo di danneggiare l'industria inglese e minare il morale della popolazione civile. A partire dalla metà del 1915 i duelli aerei tra singoli aeroplani o tra S T O R I A squadroni nemici diventarono comuni. I tedeschi imposero la loro superiorità aerea dall'ottobre del 1915 al luglio del 1916, quando la supremazia passò agli alleati (in particolare agli inglesi), che la mantennero definitivamente anche grazie all'entrata in guerra degli Stati Uniti. Tra gli assi del volo più famosi, si ricordano l'italiano Francesco Baracca, abbattuto sull'altopiano del Montello dagli austriaci, l'americano Eddie Rickenbacker, il canadese William Avery Bishop e il tedesco Manfred von Richthofen, noto come "Barone Rosso". I TRATTATI DI PACE Durante la conferenza di Versailles, che vide riunite le 27 nazioni vincitrici della guerra tra il gennaio del 1919 e l'agosto del 1920, furono concluse le paci separate con le potenze sconfitte: il trattato di Versailles (28 giugno 1919) con la Germania, il trattato di Saint-Germain-en-Laye (10 settembre 1919) con l'Austria, il trattato di Neuilly-sur-Seine (27 novembre 1919) con la Bulgaria, il trattato del Trianon (4 giugno 1920) con l'Ungheria e il trattato di Sèvres (10 agosto 1920) con la Turchia. S T O R I A BILANCIO DELLA GUERRA Ypres in rovina (Belgio) Durante la prima guerra mondiale la cittadina fiamminga di Ypres fu teatro di violenti e ripetuti scontri. Situata lungo la linea del fronte, era considerata un obiettivo strategico. S T O R I A La guerra era durata 4 anni, 3 mesi e 14 giorni di combattimenti, causando circa 20 milioni di morti tra militari e civili; diversi milioni furono i feriti. Un'intera generazione di europei fu falcidiata dalla carneficina: francesi, inglesi, tedeschi e russi persero tra il 15 e il 20% dei loro uomini in età compresa tra i 18 e i 30 anni, appartenenti indifferentemente alle classi inferiori e a quelle elevate. Infatti, nel carnaio delle trincee e nei massacri delle battaglie morirono tanto i soldati semplici, reclutati perlopiù tra i contadini, quanto gli ufficiali che li guidavano. Nonostante la speranza che gli accordi raggiunti alla fine della guerra potessero ristabilire una pace duratura, la prima guerra mondiale pose al contrario le premesse di un conflitto ancor più devastante. Gli Imperi Centrali dichiararono la loro accettazione dei "Quattordici punti" del presidente Wilson come base per l'armistizio, aspettandosi che i loro princìpi ispiratori avrebbero costituito il fondamento dei trattati di pace. Al contrario, gli Alleati europei si presentarono alla conferenza di Versailles e a quelle successive determinati a esigere dagli Imperi Centrali riparazioni equivalenti all'intero costo della guerra, nonché a spartirsi tra loro i territori e i possedimenti delle nazioni sconfitte, secondo gli impegni presi in accordi segreti stabiliti tra il 1915 e il 1917, prima dunque dell'entrata in guerra degli Stati Uniti. Il presidente Wilson in un primo tempo insistette affinché la conferenza di pace accettasse il programma delineato nei "Quattordici punti" nella sua totalità, ma nel tentativo di garantirsi l'appoggio dei recalcitranti alleati per l'applicazione dell'ultimo – riguardante l'istituzione di una Società delle Nazioni – finì con l'abbandonare questa posizione. I trattati di pace prodotti dalla conferenza di Versailles risultarono così squilibrati da divenire fattori di instabilità nel futuro dell'Europa. S T O R I A La dissoluzione degli imperi La soluzione diplomatica che prevalse al termine della guerra disegnò un quadro politico dell'Europa completamente differente da quello del 1914. La scomparsa di tre imperi (russo, tedesco, austroungarico) fu colmata dalla creazione di nuove unità statali, entro le quali l'identità nazionale era tutt'altro che omogenea. Si trattò di un autentico terremoto geopolitico che investì particolarmente l'area centrorientale dell'Europa, laddove oltre 250 milioni di persone (russi, tedeschi ed ex sudditi austroungarici) videro modificarsi sotto i loro occhi antichi confini e cadere autorità secolari. Dovettero perciò cominciare a fondare su nuove basi le loro relazioni sociali e politiche. In Russia la dissoluzione dell'impero zarista, sopraggiunta già prima della fine del conflitto, era stata accelerata dal processo rivoluzionario sfociato nell'instaurazione del regime bolscevico. In Germania e nell'Austria-Ungheria il disfacimento della compagine imperiale coincise con la sconfitta militare, così che la soluzione al vuoto di potere determinatosi nel 1918 fu in parte lasciata alle decisioni delle potenze vincitrici. Se per l'ex impero asburgico si trattava di sanzionare quel frazionamento tra nazioni che era già in atto prima del conflitto, nel caso della Germania bisognava fare i conti da una parte con lo spirito punitivo della Francia e dall'altra con la coesione nazionale dei tedeschi. Gran Bretagna e Francia, imponendo pesanti sanzioni economiche e amputazioni territoriali, ferirono il sentimento nazionale dei tedeschi: l'umiliazione risultava ancor più grave per il fatto che l'esercito tedesco, a differenza di quello austriaco, non aveva subito una vera e propria disfatta. Comunque risultò chiaro sia ai vinti sia ai vincitori che la guerra aveva preparato il declino dell'Europa. L'instabilità dei suoi confini centrorientali lasciava presagire un futuro di tensioni nterstatali: a est la Russia S T O R I A bolscevica apriva una potente minaccia ideologica all'ordine europeo e al di là dell'Atlantico irrompevano due nuove grandi potenze, quali gli Stati Uniti e il Giappone, candidate a rimpiazzare le potenze europee nella conduzione del capitalismo mondiale. Conseguenze economiche Ancor più grave fu il dissesto finanziario i cui effetti negativi si aggiunsero ai problemi derivanti non solo dalla riconversione delle industrie dalla produzione militare a quella civile, ma più in generale dal riassetto di un intero sistema economico. La guerra per oltre quattro anni aveva finalizzato la produzione, gli scambi, la gestione monetaria, la macchina burocratica degli stati, realizzando la mobilitazione totale delle risorse umane e materiali. Ne erano state sconvolte le regole precedenti. Per quanto concerne l'aspetto finanziario, la guerra aveva generato un enorme disavanzo nei bilanci statali, sollecitati alla spesa dalle esigenze militari. Nelle transazioni monetarie l'instabilità dei cambi aveva prodotto inflazione e svalutazione a livelli incontrollati. In queste condizioni rimettere sotto controllo le finanze statali si presentava come un problema arduo, dai complessi risvolti sociali e politici, prima che tecnici. Anche la situazione industriale apparve di difficile gestione nel momento in cui vennero a mancare le commesse statali, che in tempo di guerra avevano trainato interi settori, quali il meccanico, il tessile, il chimico. Insorsero gravi problemi legati alla riconversione dell'industria bellica. Inoltre bisognava trovare un lavoro per i milioni di reduci dal fronte. Conflitti sociali La guerra aveva innescato profondi e ampi sommovimenti in tutte le società S T O R I A coinvolte e aveva depositato nella coscienza di milioni di uomini il ricordo brutale della violenza. Dal rifiuto morale che molti soldati e ufficiali elaborarono in risposta ai massacri, scaturì un odio profondo verso la guerra che si tramutò in un impulso di riscatto. Sentimenti simili furono all'origine della Rivoluzione russa del 1917, ma anche delle lotte operaie e contadine che si manifestarono in Germania, in Francia, in Italia tra il 1917 e il 1922. Al contrario, nei soldati che non avevano avvertito un'opposizione morale alla guerra, l'esperienza sotto le armi aveva lasciato impressioni di forza bruta, abitudini all'uso della violenza, attitudine alla prevaricazione fisica, tutte componenti queste che prepararono il clima psicologico delle forze reazionarie attive in Europa già dal 1919. La crisi del dopoguerra infine, se travolse operai e contadini, agrari e industriali, turbò ancora di più i ceti medi, esposti ai contraccolpi dell'inflazione e alla perdita di reddito e di prestigio, predisponendoli a favorire soluzioni autoritarie con le quali liquidare i conflitti ideologici e gli squilibri sociali. S T O R I A Seconda guerra mondiale Seconda guerra mondiale Guerra combattuta dal 1° settembre 1939 all’8 maggio 1945 in Europa e dal 7 dicembre 1941 al 2 settembre 1945 in Asia. Ebbe come principali contendenti Gran Bretagna e Francia, prima, Stati Uniti d'America e Unione Sovietica, poi, da una parte; Germania, Italia e Giappone dall’altra. Le operazioni ebbero inizio nel 1939 con l'invasione della Polonia da parte della Germania nazista. In risposta all'aggressione Gran Bretagna e Francia dichiararono guerra alla Germania e il conflitto si estese fino a interessare molti paesi e aree geografiche del pianeta. Più che in qualsiasi altra guerra precedente, il coinvolgimento delle nazioni partecipanti fu totale e l'evento bellico interessò in modo drammaticamente massiccio anche le popolazioni civili. La sua conclusione segnò l'avvento di un nuovo ordine mondiale incentrato sulle due superpotenze vincitrici, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Adolf Hitler e Benito Mussolini In questa foto storica, Adolf Hitler (a destra) e Benito Mussolini (a sinistra) a Monaco nel 1937. L'alleanza fra i due dittatori fu stipulata l'anno precedente, nel 1936. S T O R I A EREDITÀ DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE L'esito della prima guerra mondiale aveva scontentato, per motivi diversi, tre potenze: la Germania, principale nazione sconfitta, per le perdite territoriali e per le altre pesanti condizioni imposte dal trattato di Versailles; l'Italia e il Giappone, che ritenevano insufficiente quanto ottenuto a seguito della vittoria conseguita. Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna avevano raggiunto i loro principali obiettivi: Washington la riduzione del potere militare della Germania; Parigi e Londra un ordine mondiale funzionale ai propri interessi coloniali ed europei. Ma proprio il mantenimento del nuovo quadro risultò subito problematico, dopo che gli Stati Uniti, per volere del presidente Wilson, avevano rifiutato di entrare nella Società delle Nazioni per ritirarsi in un nuovo isolazionismo. Hitler a Norimberga In un celebre discorso tenuto a Norimberga, il Führer Adolf Hitler dichiarò ai soldati e ai membri del Partito nazista che era loro diritto, in quanto razza superiore, avere un tenore di vita migliore e un maggiore "spazio vitale" o Lebensraum. Nel 1938 la Germania possedeva l'esercito meglio equipaggiato e addestrato del mondo. S T O R I A Nel corso degli anni Venti si fecero alcuni tentativi per giungere a una pace stabile: nella conferenza di Washington (1921-22) le principali potenze navali concordarono di porre dei limiti ai potenziali delle rispettive marine militari; gli accordi di Locarno (1925) stabilirono una serie di impegni a garanzia della frontiera franco-tedesca; infine, sottoscrivendo a Parigi nel 1928 il patto Briand-Kellogg, 63 nazioni (con l'eccezione, tra le grandi potenze, dell'Unione Sovietica) rinunciarono alla guerra come strumento di soluzione delle controversie internazionali. Tuttavia, se uno degli scopi dichiarati dai vincitori era stato di "assicurare al mondo la democrazia", l'inadeguatezza dei risultati ottenuti emerse chiaramente dal fatto che negli anni Venti si assistette all'avvento e al progressivo affermarsi di forme di totalitarismo nazionalista-militaristico, giudicate più efficaci della democrazia nell'operare il contenimento del comunismo, da più parti visto come l'obiettivo politico prioritario in politica estera, e delle rivendicazioni sociali da parte delle sinistre in politica interna. Nel 1922 Benito Mussolini costituiva in Italia il primo regime fascista; Adolf Hitler, Führer (guida) del Partito nazionalsocialista tedesco, dieci anni dopo in Germania fondò il suo progetto di Grande Reich oltre che sul richiamo a teorie basate sull'antisemitismo e sul razzismo – esaltatrici della presunta superiorità della razza ariana – sulla prospettiva politica di abolire l'"ordine di Versailles" e assicurare lo spazio vitale (Lebensraum) al regime totalitario che avrebbe dovuto raccogliere tutti i tedeschi. La Grande Depressione, inoltre, affliggeva in maniera particolarmente grave la Germania, quando Hitler, dopo aver vinto le elezioni ed essere stato nominato cancelliere, in breve assunse pieni poteri. Quanto al Giappone, pur non esistendovi formalmente un regime fascista, il ruolo svolto dalle forze armate nel governo civile del paese era preponderante e si ispirava alla volontà di S T O R I A rimettere in discussione gli equilibri internazionali sin lì definiti. Nel marzo del 1936, dopo aver annunciato il riarmo nazionale in violazione del trattato di pace di Versailles, Hitler occupò militarmente la Renania (il cui status di zona smilitarizzata era stato definito sia a Versailles sia dagli accordi di Locarno), sollevando solo una flebile protesta da parte di Londra e Parigi. Seguì un altro passaggio preparatorio all'applicazione del programma espansionistico, segnato dall'intervento nella guerra civile spagnola (19361939) al fianco dei ribelli franchisti e in collaborazione con il futuro alleato Mussolini, fondatore in quegli anni dell'impero coloniale italiano in Etiopia (vedi Guerra d'Etiopia). Tra il 1936 e il 1937 una serie di accordi tra Germania, Italia e Giappone formalizzò lo stabilirsi di un Asse Roma-BerlinoTokyo che univa in alleanza i tre regimi "forti" della scena internazionale (vedi Potenze dell'Asse). ESPANSIONISMO NAZISTA IN EUROPA L'annessione dell'Austria (Anschluss) nella primavera del 1938 fu il primo passo verso la realizzazione del progetto hitleriano di ricostituzione della Grande Germania. Mussolini appoggiò l'alleato, mentre britannici e francesi ancora una volta mancarono di intervenire con decisione, liquidando la vicenda come una questione interna tedesca. Nel settembre successivo fu la volta delle rivendicazioni naziste sulla regione dei Sudeti, al confine occidentale della Cecoslovacchia, abitata da una popolazione a maggioranza tedesca (vedi Questione dei Sudeti). Il primo ministro inglese Neville Chamberlain, sostenuto anche dal governo francese, nel corso della conferenza di Monaco convinse le autorità ceche a cedere, in cambio dell'impegno da parte di Hitler a non avanzare ulteriori rivendicazioni territoriali (politica di appeasement). In realtà, nel marzo del 1939, Hitler S T O R I A occupò tutta la Cecoslovacchia, spingendo Londra a siglare un accordo di garanzia con la Polonia, obiettivo dichiarato dell'espansionismo nazista. Uno sviluppo inatteso si ebbe il 23 agosto 1939 con la firma a Mosca di un trattato di non aggressione tra Germania e URSS (patto MolotovRibbentrop), che peraltro in un protocollo segreto concordavano di spartirsi l'Europa centrorientale, attribuendo all'Unione Sovietica Finlandia, Lituania, Estonia, Lettonia, Polonia orientale e Romania. Il 1° settembre 1939 i tedeschi invasero la Polonia. Due giorni dopo Francia e Inghilterra dichiararono guerra alla Germania; trincerati dietro la linea Maginot, i francesi non erano in realtà nella condizione di attaccare l'opposta linea Sigfrido tedesca, che pure non era protetta a sufficienza dalle truppe, impegnate sul fronte polacco. SCOPPIO DELLA GUERRA: IL FRONTE OCCIDENTALE La guerra lampo in Polonia Ghetto di Varsavia: rastrellamento nazista I soldati tedeschi rastrellano famiglie ebraiche nel ghetto di Varsavia. Tra il 28 luglio e il 13 settembre 1942, durante la seconda guerra mondiale, più di 300.000 ebrei di Varsavia furono deportati in campi di concentramento. S T O R I A Blitzkrieg in Polonia Il 1° settembre 1939, la Germania invase la Polonia con un attacco lampo (Blitzkrieg). L'aviazione bombardò le linee ferroviarie a Tczew, impedendo alle truppe polacche di spostarsi; nel frattempo i carri armati tedeschi lanciarono l'offensiva terrestre e avanzarono rapidamente. Il 17 settembre l'Unione Sovietica attaccò sul fronte orientale. Prima della fine del mese la Polonia fu costretta alla resa. Il 1° settembre cominciarono i bombardamenti delle reti ferroviarie polacche. Dopo quattro giorni due gruppi armati, uno proveniente dalla Prussia orientale e un altro dalla Slesia, attraversarono le frontiere indirizzandosi verso Varsavia e Brest. La macchina bellica tedesca aveva sferrato il Blitzkrieg (guerra lampo), impiegando mezzi corazzati, aerei e fanteria autotrasportata. Tra l'8 e il 10 settembre i tedeschi avanzarono verso Varsavia. Il 17 l'Armata Rossa varcò il confine occupando la Polonia orientale. Il 20 settembre tutta la Polonia era nelle mani dei tedeschi e dei sovietici. La drôle de guerre Dopo la conquista della Polonia, su entrambi i fronti si sospesero le operazioni, tanto che questa fase venne chiamata drôle de guerre ("guerra S T O R I A farsa"). I francesi rimasero attestati dietro la linea Maginot, mentre nel nord della Francia aveva inizio il trasbordo delle truppe inglesi sul continente. La guerra finnico-sovietica e il fronte norvegese Il 30 novembre 1939 l'Unione Sovietica dichiarò guerra alla Finlandia (vedi Guerra finnico-sovietica). I finlandesi, guidati dal maresciallo Mannerheim, opposero una strenua resistenza, che durò sino all'anno seguente. L'aggressione alla Finlandia fu condannata dall'opinione pubblica mondiale, ma nello stesso tempo offrì a Francia e Gran Bretagna il pretesto per impossessarsi di una delle principali fonti di rifornimento di metalli ferrosi della Germania occupando il porto norvegese di Narvik. L'ammiraglio tedesco Erich Raeder decise allora di invadere la Norvegia sbarcando simultaneamente in otto città portuali, da Narvik a Oslo. Le truppe avrebbero dovuto essere trasportate con navi da guerra. La Danimarca, che non rappresentava un problema militare, era utile per la vicinanza dei suoi aeroporti alla Norvegia. Temendo l'intervento di altre potenze a fianco della Finlandia, Stalin concluse la pace il 12 marzo 1940, assicurando all'URSS concessioni territoriali; la Finlandia rimaneva indipendente. Il 2 aprile Hitler ordinò di attaccare la Norvegia e la Danimarca. La Danimarca si arrese immediatamente. I norvegesi, appoggiati da 12.000 soldati britannici e francesi, resistettero nella zona tra Oslo e Trondheim fino al 3 maggio. A Narvik contrattaccarono, sostenuti dalla flotta britannica. Nella prima settimana di giugno i tedeschi furono obbligati a ritirarsi fino al confine svedese, ma le sconfitte militari in Francia obbligarono francesi e britannici a ritirare le loro truppe da Narvik. S T O R I A I Paesi Bassi Nella primavera del 1940 Hitler aveva impostato una nuova strategia per la campagna contro la Francia e i Paesi Bassi: scartato il piano che prevedeva l'invasione attraverso il Belgio, decise, secondo il piano ideato dal generale Erich von Manstein, di sferrare l'attacco nelle Ardenne, cogliendo di sorpresa il comando anglo-francese. Il 10 maggio forze aeree tedesche atterrarono in Belgio e in Olanda occupando aeroporti e nodi stradali. L'esercito olandese si arrese il 14 maggio, poche ore dopo il bombardamento di Rotterdam. Lo stesso giorno, l'esercito tedesco, comandato dal generale Gerd von Rundstedt, attraversò le Ardenne cogliendo alle spalle le armate britanniche e francesi. La sconfitta della Francia Vittoria dei tedeschi in Francia Nel maggio 1940 l'esercito tedesco aggirò la linea Maginot, cogliendo di sorpresa i francesi e costringendoli ad arrendersi. Il 14 giugno i tedeschi entrarono a Parigi e il governo francese cadde. S T O R I A Il 26 maggio, inglesi e francesi (un contingente alleato di 338.226 uomini ) furono respinti a Dunkerque e riuscirono a trovare scampo solo grazie a una gigantesca operazione di evacuazione della regione costiera, da cui ripiegarono drammaticamente per scampare alla cattura. Intanto Leopoldo III, re del Belgio, firmava la resa due giorni dopo. La linea Maginot era intatta, ma la manovra tedesca aveva spiazzato il comandante francese, generale Maxime Weygand, che non riuscì a difendere Parigi. Il 10 giugno il governo abbandonò la capitale; lo stesso giorno anche l'Italia dichiarò guerra alla Francia. Il 17 giugno il maresciallo francese Henri-Philippe Pétain chiese l'armistizio che, firmato il 22 giugno, assicurava ai tedeschi il controllo del Nord della Francia e della costa atlantica. Pétain stabilì a Vichy, nel Sud, un governo collaborazionista, che rimase fedele all'Asse sino alla fine della guerra. La battaglia d'Inghilterra Spitfire della RAF Il piano di invasione della Gran Bretagna progettato da Hitler prevedeva come primo passo la distruzione della RAF, la Royal Air Force. I tedeschi sottovalutarono però l'efficacia degli aerei da combattimento britannici, in particolare dell'Hurricane e, soprattutto, dello Spitfire. Veloci e più maneggevoli degli aerei della Luftwaffe, gli Spitfire furono determinanti per la vittoria britannica nella battaglia d'Inghilterra. S T O R I A La Gran Bretagna, ora sotto la guida del primo ministro Winston Churchill, succeduto a Chamberlain, era rimasta sola ad affrontare la Germania. Nell'estate del 1940 l'aviazione tedesca (Luftwaffe) avviò l'offensiva aerea nel tentativo di annientare la Royal Air Force (RAF), scatenando la battaglia d'Inghilterra. Nell'agosto iniziarono i bombardamenti dei porti e degli aeroporti inglesi e, nel mese di settembre, quello di Londra. L'aviazione e la popolazione civile inglesi non cedettero e Hitler dovette rinunciare all'invasione. Fu la prima sconfitta tedesca. L'Italia in guerra Fin dal 1939 Mussolini aveva assistito con preoccupazione alla crescente spinta espansionistica dell'alleato tedesco, che rischiava sia di mettere l'Italia in una posizione del tutto marginale nel futuro ordine europeo e mondiale, sia di far naufragare un insieme di obiettivi strategici, per quanto confusamente concepiti, che spaziavano dai Balcani agli oceani. Campagna di Grecia (1940-41) Un ufficiale dell'esercito italiano arringa le truppe in attesa di raggiungere la linea del fuoco. L’invasione militare della Grecia, a pochi mesi dall’entrata in guerra dell’Italia, fu ordinata il 28 ottobre 1940 da Mussolini, spinto da velleità imperialistiche e dal bisogno di un immediato successo bellico e politico. Gli attacchi sferrati all’Albania dalle truppe italiane, male equipaggiate e mal dirette, furono ripetutamente bloccati: nella primavera del 1941 l’Italia fu costretta a ritirarsi rendendo necessario l’intervento tedesco, mentre l'esercito greco invadeva l'Epiro. S T O R I A Era maturata nel Duce la convinzione che l'Italia dovesse prepararsi a combattere una guerra parallela a quella dei tedeschi, in aree geograficamente circoscritte, al fine di trarre il massimo vantaggio al tavolo della pace. Il momento di dichiarare guerra si avvicinava man mano che la Germania travolgeva le linee avversarie e si espandeva in Europa, a est come a ovest. Era tuttavia palese l'inadeguatezza dell'esercito italiano ad assumere un ruolo militare pari a quello tedesco. Perciò era giocoforza puntare a operazioni di guerra di breve durata, in punti marginali del conflitto, confidando nella resa dell'Inghilterra, fatto questo che nell'estate del 1940 poteva apparire probabile. Il 10 giugno 1940 Mussolini annunciò con enfasi l'entrata in guerra dell'Italia contro la Francia e l'Inghilterra. Quindi fece muovere le truppe sul versante alpino, tra il Moncenisio e il mar Ligure, per invadere da sud la Francia, già messa in ginocchio dalla ben più possente invasione tedesca. Poco addestrati e male equipaggiati i soldati italiani avanzarono con estrema lentezza attraverso le Alpi. Anche sulla costa le operazioni procedettero a rilento al punto che, al momento dell'armistizio (24 giugno), le forze italiane non si erano spinte oltre Mentone. Si trattava di un magro bottino, che non legittimava le richieste avanzate da Mussolini a Hitler, ben più consistenti (la Corsica, Nizza, la Tunisia, Gibuti, la Francia meridionale fino al Rodano). L'Africa settentrionale e i Balcani Nel settembre del 1940 Mussolini ordinò di attaccare l'Egitto, importante base britannica, ma fu respinto dagli inglesi che occuparono parte della Libia, colonia italiana. In ottobre il Duce decise di attaccare la Grecia, senza preventiva comunicazione all'alleato tedesco che ne venne informato quando le operazioni erano già in corso (vedi Campagna di Grecia). Anche in questo S T O R I A caso l'Italia si metteva sulla scia della Germania, che aveva deciso di proteggere militarmente i pozzi petroliferi della Romania, per sfruttarne la forza d'urto e ristabilire un più equilibrato rapporto militare. L'attacco partì dall'Albania e anche in questa circostanza l'impreparazione risultò lampante. Dopo due settimane i greci erano in grado di controbattere, mentre gli inglesi impedivano l'utilizzo della flotta silurando tre corazzate nel porto di Taranto. All'inizio del 1941 il fronte era di fatto bloccato in un conflitto di posizione che non lasciava presagire sviluppi favorevoli all'Italia. Fu a quel punto che Hitler cominciò a prefiggersi la conquista tedesca della Grecia. Anche sul fronte dell'Africa settentrionale le controffensive inglesi avevano costretto le truppe italiane a ritirarsi precipitosamente, fino al limite occidentale del golfo della Sirte. Nel mese di febbraio del 1941 Hitler assegnò al feldmaresciallo Erwin Rommel il comando delle truppe tedesche (Afrikakorps) nell'Africa settentrionale, con lo scopo di aiutare gli alleati italiani. Tra i mesi di marzo e aprile Rommel riuscì a respingere gli inglesi, varcando il confine egiziano. Hitler preparò quindi l'attacco alla Grecia: sottoscrisse trattati di alleanza con Romania e Ungheria nel novembre 1940 e con la Bulgaria nel marzo 1941. La Iugoslavia, che non aveva accettato di allearsi con la Germania, fu invasa. Le operazioni ebbero inizio il 6 aprile: Belgrado, pesantemente bombardata, fu occupata il 13 aprile e il giorno dopo l'esercito iugoslavo si arrese. Subito iniziò la resistenza, a opera dei partigiani cetnici e dei partigiani comunisti guidati da Tito, che continuò per tutta la durata della guerra. Le forze italiane intervennero a fianco dei tedeschi, penetrando in territorio iugoslavo da Trieste e occupando la Slovenia, la Dalmazia e il Montenegro, fino a ricongiungersi con i contingenti provenienti dall'Albania. S T O R I A La Croazia, costituita in stato autonomo, divenne paese satellite dell'Italia, a cui fu annessa la Slovenia (maggio 1941). In Grecia, Salonicco fu costretta alla resa il 9 aprile; anche le divisioni greche, che avevano occupato quasi un terzo dell'Albania, si arresero il 22 aprile. Il 27 aprile le truppe tedesche occuparono Atene: il re e il governo fuggirono a Creta, che tuttavia fu conquistata il mese dopo. MONDIALIZZAZIONE DEL CONFLITTO L'anno dopo la caduta della Francia il conflitto dilagò, assumendo dimensioni mondiali. Hitler, pur conducendo nuove campagne nei Balcani, in Africa settentrionale e nei cieli dell'Inghilterra, schierava adesso il grosso dell'esercito a est, contro l'Unione Sovietica. L'intervento degli Stati Uniti Attacco a Pearl Harbor La mattina del 7 dicembre 1941, circa 350 aerei giapponesi, decollati da 6 portaerei, attaccarono di sorpresa la flotta degli Stati Uniti all'ancora a Pearl Harbor, nell'isola di Oahu (Hawaii), con l'intento di distruggere il principale ostacolo al predominio del Giappone nel Pacifico. In breve tempo i giapponesi affondarono o danneggiarono gravemente 18 navi statunitensi, con la perdita di soli 29 aerei e 5 sommergibili tascabili. Il giorno successivo, su richiesta del presidente Franklin Delano Roosevelt, il Congresso degli Stati Uniti dichiarò guerra al Giappone. S T O R I A Finora rimasti neutrali, gli Stati Uniti si prepararono allo scontro con il Giappone in Asia e nell'oceano Pacifico, stringendo nel frattempo accordi con la Gran Bretagna per determinare le strategie da seguire nell'eventualità di una loro entrata in guerra. Nel marzo del 1941 il Congresso americano approvò il Lend-Lease Act, un programma di aiuti militari ed economici da concedere a qualsiasi paese designato dal presidente e del quale beneficiarono la Gran Bretagna e, dopo l'invasione tedesca nel giugno del 1941, anche l'Unione Sovietica. Gli Stati Uniti speravano in una sconfitta dell'Asse senza un loro coinvolgimento diretto, ma alla fine dell'estate del 1941 si trovarono in una posizione di guerra non dichiarata con la Germania. In luglio reparti di marines americani furono dislocati in Islanda, occupata dagli inglesi: nel maggio del 1940 la Marina militare americana ebbe l'incarico di scortare i convogli nelle acque a ovest dell'Islanda; in settembre il presidente Franklin Delano Roosevelt autorizzò le navi di scorta ai convogli ad attaccare le navi da guerra dell'Asse. Nel frattempo, le relazioni tra Stati Uniti e Giappone si erano ulteriormente deteriorate. Nel settembre del 1940 il Giappone costrinse il governo di Vichy a cedere la zona nord dell'Indocina. Gli Stati Uniti proibirono l'esportazione in Giappone di acciaio, ferro e combustibile per l'aviazione. Nell'aprile del 1941 i giapponesi firmarono un accordo di neutralità con l'Unione Sovietica, per limitare i possibili fronti di guerra in vista dello scontro con la Gran Bretagna o con gli Stati Uniti. Quando però la Germania invase l'Unione Sovietica, in giugno, decisero di rompere l'accordo, pensando a un attacco contro l'Unione Sovietica da est; in seguito cambiarono idea, e presero la fatale decisione di portare l'offensiva nel Sud-Est asiatico. Il 23 luglio il Giappone occupò il Sud dell'Indocina. Due giorni dopo Stati Uniti e S T O R I A Gran Bretagna risposero con l'embargo commerciale. Il 7 dicembre 1941, un'ora prima della dichiarazione ufficiale di guerra, forze aeree e navali giapponesi distruggevano la flotta americana a Pearl Harbor. Tre giorni dopo le due maggiori unità navali britanniche nel Pacifico venivano affondate. Si apriva così un nuovo fronte di guerra in Estremo Oriente. L'invasione dell'Unione Sovietica Lo scontro più imponente iniziò la mattina del 22 giugno 1941, quando più di 3 milioni di soldati dell'Asse invasero l'Unione Sovietica. Nonostante l'attacco fosse stato apertamente preparato da mesi, i sovietici furono colti di sorpresa. I capi militari sovietici erano convinti che una guerra lampo come quella che aveva piegato la Polonia e la Francia non sarebbe stata possibile contro l'Unione Sovietica. L'esercito sovietico era numericamente superiore a quello tedesco, forte di 4,5 milioni di soldati schierati sul confine occidentale, del doppio di carri armati e del triplo di aerei, pur tecnologicamente superati; alcuni tipi di mezzi blindati, soprattutto i famosi T-34, erano tuttavia superiori a quelli tedeschi. Il primo giorno molti aerei sovietici furono distrutti; lo schieramento dei carri armati, dispersi tra la fanteria, era perdente nei confronti della concentrazione dei mezzi corazzati tedeschi. Gli ordini dati alla fanteria furono di contrattaccare senza ritirarsi, ma la maggior parte dei soldati sovietici cadde combattendo o fu catturata. L’operazione Barbarossa Per l'invasione, l'esercito tedesco era stato organizzato in tre gruppi armati – Nord, Centro e Sud – che puntarono rispettivamente verso Leningrado (attuale San Pietroburgo), Mosca e Kiev. Hitler e i suoi generali concordavano sul fatto che il problema principale era bloccare l'Armata S T O R I A Rossa e sconfiggerla prima che potesse ripiegare verso l'interno del paese. Non erano però d'accordo sulla strategia da seguire: i generali erano convinti che il regime sovietico avrebbe sacrificato qualsiasi cosa pur di difendere Mosca, la capitale, nodo centrale delle reti stradali e ferroviarie e principale centro industriale del paese. Per Hitler, invece, l'Ucraina, con le sue risorse naturali, e il Caucaso, con il suo petrolio, rappresentavano gli obiettivi più importanti, insieme alla città di Leningrado. Il compromesso fu trovato nelle tre differenti direttive d'invasione e il grosso dell'esercito si mosse verso Mosca. I tedeschi prevedevano di vincere in dieci settimane: era un punto essenziale, in quanto l'inverno russo avrebbe bloccato le operazioni, mentre l'impegno bellico nei Balcani aveva già causato un ritardo di tre settimane. Mussolini decise di collaborare all'operazione Barbarossa con l'invio di un Corpo di spedizione italiano in Russia (CSIR) composto di 62.000 uomini che i tedeschi schierarono in Ucraina. Sul fronte opposto furono Churchill a offrire ai sovietici un'alleanza e Roosevelt gli aiuti consentiti dalla Legge affitti e prestiti, benché i rispettivi consiglieri militari non concedessero più di un mese alle possibilità di resistenza dell'URSS. Alla fine della prima settimana di luglio, il Gruppo Centro aveva fatto prigionieri 290.000 soldati sovietici a Bialystok e a Minsk. Il 5 agosto, attraversato il fiume Dnepr, i tedeschi fecero altri 300.000 prigionieri vicino a Smolensk ed erano ormai prossimi a Mosca. I russi avevano sacrificato moltissimi soldati e armamenti per difendere la capitale. Hitler, comunque, non era soddisfatto e, nonostante le proteste dei suoi generali, ordinò al Gruppo Centro di spostare il grosso degli armamenti a nord e a sud per aiutare gli altri due gruppi d'invasione, fermando in questo modo l'avanzata verso Mosca. L'8 settembre il Gruppo Nord, insieme S T O R I A a forze finlandesi, diede il via all'assedio di Leningrado. Il 16 settembre il Gruppo Sud accerchiò Kiev da est, facendo 665.000 prigionieri. A questo punto Hitler decise di riprendere l'avanzata verso Mosca e ordinò ai mezzi corazzati di ricongiungersi al Gruppo Centro. L'avanzata verso Mosca Il Gruppo Centro riprese le azioni il 2 ottobre, catturando in due settimane 663.000 militari nemici. Le piogge autunnali trasformarono tutto il terreno in fango e bloccarono l'avanzata per quasi un mese. A metà novembre arrivò il freddo e il terreno gelò. Hitler e il comandante del Gruppo Centro, il feldmaresciallo Fëdor von Bock, decisero, nonostante l'inverno, di concludere la campagna del 1941 con la conquista di Mosca. Verso la seconda metà di novembre Bock mosse verso Mosca, arrivando a 32 km dalla città. La temperatura era bassissima, la neve copriva le strade, macchine e uomini non erano attrezzati ad affrontare un freddo così intenso. Il 5 dicembre i generali tedeschi ammisero il blocco totale dell'avanzata. Carri armati e camion erano congelati, le truppe demoralizzate. S T O R I A Fornitura di armamenti all'URSS Durante la seconda guerra mondiale, la Gran Bretagna, il Canada e gli Stati Uniti fornirono all'Unione Sovietica numerosi mezzi per respingere le forze tedesche sul fronte orientale. I convogli che trasportavano gli armamenti lungo le rotte dell'Atlantico settentrionale e dell'Artico fino ai porti di Murmansk e di Arcangelo subirono talvolta pesanti perdite per gli attacchi sferrati dalla Luftwaffe e dalla Kriegsmarine. Nella foto, un gruppo di carri armati di fabbricazione britannica Matilda, Valentine e Churchill. Stalin, in accordo con il maresciallo Georgij Wukov, aveva trattenuto a Mosca le riserve, tra cui molti giovani, ma anche veterani provenienti dalla Siberia, dove l'Armata Rossa, nel 1939, aveva sconfitto i giapponesi sul confine con la Manciuria. Il 6 dicembre i sovietici contrattaccarono e, dopo pochi giorni, le avanguardie corazzate tedesche si ritirarono, lasciando sul terreno una quantità di veicoli e armamenti resi inutilizzabili dal gelo. Su ordine di Stalin, il contrattacco di Mosca dette il via a una controffensiva sull'intero fronte. I tedeschi non avevano costruito linee di difesa sulla retroguardia e Hitler ordinò alle truppe di non retrocedere. I russi annientarono molte divisioni, ma i tedeschi resistettero abbastanza per superare l'inverno e mantenere l'assedio di Leningrado, minacciando Mosca e occupando l'Ucraina. Per la prima volta dal 1939 falliva un piano tedesco di annientamento del nemico. L'obiettivo di assicurarsi grandi quantitativi di S T O R I A viveri e materie prime dalla Russia sconfitta non si realizzò, perché le ferrovie erano state distrutte dai sovietici in ritirata, e altrettanto era stato fatto con le colture, il bestiame e ogni altra risorsa. L'aiuto in materie prime concesse dagli americani, trasportate da convogli britannici che subirono perdite pesanti nei porti settentrionali della Russia, assicurò ai sovietici radar, radio e altri equipaggiamenti sofisticati. SVOLTA MILITARE DEL 1942-43 Alla fine del mese di dicembre 1941, Roosevelt, Churchill e i rispettivi consiglieri si riunirono a Washington. Tutti concordarono sulla necessità di sconfiggere prima la Germania e, avendo l'Inghilterra i mezzi necessari per combattere in Europa, dovevano essere i britannici a condurre le operazioni, mentre la guerra con il Giappone avrebbe impegnato quasi esclusivamente gli americani. Inoltre fu creato il Combined Chiefs of Staff (CCS), del quale fecero parte i più alti gradi militari britannici e americani, con sede a Washington, con lo scopo di sviluppare una strategia comune. Il 1° gennaio 1942 Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Sovietica e altri 23 paesi firmarono la Dichiarazione delle Nazioni Unite, impegnandosi a non perseguire paci separate. Nazioni Unite divenne il nome ufficiale della coalizione anti-Asse, ma il termine più usato per indicare queste potenze rimase quello utilizzato già nella prima guerra mondiale: Alleati. Sviluppo della strategia alleata Agli inizi del 1942 gli Stati Uniti non potevano ancora prendere parte a molte delle azioni che avevano luogo in Europa. In Africa settentrionale, il 10 dicembre 1941, i britannici avevano liberato Tobruk, prendendo Bengasi, in Libia, due settimane dopo. Rommel contrattaccò alla fine del gennaio 1942, S T O R I A facendo arretrare il nemico di 300 km, fino ad Al-Ghazalah e Bir Hacheim; a Tobruk e al confine con l'Egitto si creò una situazione di stallo. Il fronte africano A questo punto il grande interrogativo era se l'Unione Sovietica sarebbe stata in grado di sopportare una seconda offensiva tedesca; i russi premevano sugli Stati Uniti e sulla Gran Bretagna affinché si adoperassero per alleggerire la pressione sul territorio sovietico, aprendo il cosiddetto "secondo fronte" in Occidente. Il generale George Marshall, capo di stato maggiore dell'esercito americano, era convinto che il modo migliore per aiutare i russi e porre termine alla guerra sarebbe stato quello di allestire una concentrazione di forze in Inghilterra, e sferrare l'attacco attraverso la Manica. Le operazioni avrebbero dovuto iniziare nella primavera del 1943, o prima ancora, se l'Unione Sovietica fosse stata sull'orlo del collasso. Gli inglesi però non volevano aprire altri fronti prima di aver vinto in Africa settentrionale, e non credevano alla possibilità di raccogliere in Inghilterra un esercito abbastanza forte per attraversare la Manica entro il 1943. Fu Rommel a risolvere la controversia: nel mese di giugno entrò a Tobruk, sfondò in Egitto e raggiunse El-Alamein. A questo punto gli americani convennero che era necessario rimandare l'attacco attraverso la Manica e si prepararono per l'invasione dell'Africa settentrionale francese. Il Pacifico Nel frattempo, pur nel quadro della strategia che vedeva la sconfitta della Germania come primo obiettivo, gli americani si stavano orientando verso l'azione diretta contro il Giappone. La battaglia del mar dei Coralli (7-8 maggio 1942) e la battaglia delle Midway (giugno 1942) avevano fermato S T O R I A giapponesi nel Pacifico centrale, ma l'avanzata nipponica proseguì nel Pacifico sudoccidentale attraverso le isole Salomone e, via terra, verso la Nuova Guinea. Il 2 luglio 1942 gli americani scatenarono la controffensiva nel Pacifico sudoccidentale. L'offensiva angloamericana in Nord Africa Bernard Montgomery Il generale Montgomery parla all'equipaggio di una nave della Home Fleet durante la seconda guerra mondiale. Nel 1942, al comando dell'ottava armata britannica in Africa, sconfisse le forze italo-tedesche del generale Rommel nella battaglia di ElAlamein, ottenendo la vittoria definitiva degli Alleati nel Nord Africa. Tra la primavera e l'estate del 1942 la situazione nell'Africa settentrionale volgeva a favore dell'Asse. Il 31 agosto Rommel e l'Afrikakorps sferrarono un attacco lungo il fianco sud del fronte britannico, presso Alam Halfa, a sud-est di El-Alamein, ma furono respinti il 7 settembre (vedi Battaglia di ElAlamein). La controffensiva alleata, guidata dal generale britannico Montgomery, fu lanciata il 23 ottobre; l'8 novembre, dopo durissimi scontri, Rommel diede l'ordine di ritirata alle truppe. Dopo alcuni mesi di resistenza, S T O R I A respinte dalle forze inglesi e francesi fino in Tunisia, le divisioni italotedesche si arresero il 13 maggio 1943. Il fronte russo: estate 1942 Alle vittorie invernali sovietiche era succeduta una serie di sconfitte nella primavera del 1942, costate all'URSS più di mezzo milione di prigionieri. Anche i tedeschi avevano commesso un grande errore fermando la produzione della maggior parte degli armamenti e delle munizioni destinati all'esercito per potenziare la produzione industriale per l'aeronautica e la marina militare, nello sforzo di sconfiggere finalmente la Gran Bretagna. Hitler aveva comunque sufficienti truppe e armamenti per costringere l'Unione Sovietica a sacrificare il grosso delle sue truppe nel tentativo di difendere i bacini minerari del Donbass e i giacimenti petroliferi del Caucaso. La campagna tedesca verso il Caucaso Le offensive cominciarono a est di Kharkiv il 28 giugno 1942 e in meno di quattro settimane i tedeschi furono a est del fiume Don. Le distanze percorse erano grandissime, ma Stalin e i suoi generali, convinti che i tedeschi avrebbero puntato per la seconda volta su Mosca, avevano trattenuto le riserve e ordinato all'esercito del sud di ritirarsi. Hitler, incoraggiato dalla facilità dell'avanzata, cambiò i piani. All'inizio si era prefisso di avanzare verso Stalingrado (Volgograd) fino al fiume Volga, per inviare le truppe verso sud, nel Caucaso, solo in un secondo momento; il 23 luglio ordinò invece a parte dell'armata di continuare l'avanzata verso Stalingrado, e ad altri effettivi, un terzo dell'intera forza, di raggiungere il basso Don e prendere i giacimenti petroliferi di Majkop, Grozny e Baku. S T O R I A L'assedio di Stalingrado Difesa di Stalingrado Nel luglio 1942 l'offensiva tedesca in Russia sembrava non incontrare ostacoli. Arrivata a Stalingrado nella seconda metà di agosto, dopo una rapida avanzata dal Don al Volga, la VI armata tedesca rimase però bloccata per mesi. I difensori russi, obbedendo all'ordine di Stalin: "Non arretrare di un solo passo!", opposero una strenua resistenza. La battaglia, caratterizzata da feroci combattimenti casa per casa, durò poco meno di sei mesi e si concluse con l'annientamento delle forze tedesche. Nella foto, soldati sovietici in azione tra le rovine della città. L'Unione Sovietica toccò il suo momento peggiore alla fine del luglio 1942. Il 28 luglio Stalin pronunciò il suo famoso "Neanche un passo indietro!" e chiese alle truppe di combattere una guerra "patriottica" per la Russia. Wukov, che aveva organizzato la controffensiva di Mosca nel dicembre del 1941, e il capo del comando supremo, Aleksandr Vasilevskij, proposero di indebolire il nemico obbligandolo a un sanguinoso combattimento in città, S T O R I A mentre loro raccoglievano le forze per sferrare il contrattacco. La battaglia di Stalingrado era cominciata. Il 19 novembre, in una mattina di nebbia e neve, l'avanguardia corazzata sovietica entrò in contatto con i rumeni a ovest e a sud di Stalingrado. Hitler ordinò al comandante della VI Armata, generale Friedrich von Paulus, di resistere, promettendogli imminente appoggio aereo. Il tentativo di far giungere rifornimenti fallì e la VI Armata, che, condannata alla distruzione, voleva tentare di rompere l'accerchiamento, ne fu impedita da un ordine di Hitler. Von Paulus si arrese il 31 gennaio 1943. La battaglia di Stalingrado costò 200.000 uomini ai tedeschi, costretti a ritirarsi dal Caucaso e a retrocedere fino quasi al punto da dove era partita l'offensiva dell'estate 1942. Nella tragica ritirata sotto l'attacco sovietico venne coinvolta anche l'Armata italiana in Russia (ARMIR), sette divisioni che si erano aggiunte a quelle che già componevano il CSIR, portando gli effettivi a 230.000 soldati. L'ARMIR, insieme alle armate tedesche, rumene e ungheresi, fu annientata. Guadalcanal Nell'estate del 1942 Stalingrado e il Caucaso erano apparentemente sul punto di cadere nelle mani di Hitler, e Rommel non era lontano dal canale di Suez. I giapponesi avevano occupato Guadalcanal, nell'estremo sud delle isole Salomone, e puntavano su Port Moresby, in Nuova Guinea. Gli americani sbarcarono a Guadalcanal il 7 agosto 1942. La reazione del Giappone fu pronta e violenta: le perdite in navi e aerei furono pesanti per entrambe le parti, ma i giapponesi ne uscirono sconfitti, dopo più di quattro mesi di scontri. S T O R I A La conferenza di Casablanca Dal 14 al 24 gennaio 1943, Roosevelt, Churchill e i loro consiglieri si incontrarono a Casablanca per preparare la strategia da adottare dopo la campagna in Nord Africa: gli americani desideravano procedere con l'attacco ai tedeschi attraverso la Manica; gli inglesi sostenevano i vantaggi di raccogliere, come disse Churchill, i "grandi premi" che si sarebbero riscossi nel Mediterraneo, in Italia. Offensive aeree in Germania Come preludio del rinviato attacco attraverso la Manica, gli angloamericani decisero di scatenare un'offensiva aerea contro la Germania. I britannici lanciarono quattro bombardamenti incendiari su Amburgo, alla fine del luglio 1943. Nell'ottobre gli americani attaccarono gli stabilimenti di cuscinetti a sfere di Schweinfurt, perdendo però il 25% degli aerei; i bombardamenti diurni furono sospesi, in attesa che fossero disponibili i cacciabombardieri a lungo raggio. La battaglia di Kursk Hitler, pur sapendo di non essere in grado di affrontare un'altra offensiva, il 5 luglio dette il via alla battaglia di Kursk, attaccando da nord e da sud il fronte, in prossimità di Kursk. Nel più grande scontro tra forze corazzate della guerra, i sovietici opposero una strenua resistenza. Hitler sospese le operazioni perché gli angloamericani erano appena sbarcati in Sicilia. Dopo Kursk, l'iniziativa strategica nell'Europa orientale passò definitivamente all'armata sovietica. S T O R I A La campagna d'Italia Battaglia di Cassino Bombardieri statunitensi North American B25 Mitchell sorvolano la regione del basso Lazio tra Cassino e il fiume Garigliano. Il caposaldo di Montecassino era l’epicentro della linea difensiva tedesca che bloccava l’avanzata degli Alleati. Tra il novembre 1943 e la primavera del 1944 fu ripetutamente bersaglio delle offensive alleate, che culminarono il 15 febbraio del 1944 con la distruzione della famosa abbazia; nel maggio Cassino fu teatro di uno dei più sanguinosi combattimenti della seconda guerra mondiale: la vittoria riportata dagli Alleati permise il ricongiungimento con le truppe angloamericane sbarcate ad Anzio in gennaio. Roma fu liberata il 4 giugno. Dopo avere occupato nel giugno del 1943 Pantelleria e Lampedusa, il 10 luglio tre divisioni americane, una canadese e tre inglesi sbarcarono in Sicilia, battendo quattro divisioni italiane e due tedesche e superando, il 17 agosto, l'ultima resistenza dell'Asse. Mussolini era stato rovesciato il 25 luglio: il nuovo governo italiano, presieduto da Pietro Badoglio, aveva avviato i negoziati firmando il 3 settembre un armistizio segreto, reso pubblico l'8 settembre. I tedeschi, al comando del maresciallo Albert Kesselring, occuparono militarmente l'Italia centrosettentrionale, mentre il governo italiano fuggiva nel Meridione, riparando presso gli Alleati e abbandonando a se stesso l'esercito, privo di ordini chiari. Mussolini fu liberato dai tedeschi e trasferito al Nord, dove diede vita alla Repubblica di Salò. S T O R I A Anzio 1944: sbarco delle forze alleate Lo sbarco delle truppe angloamericane ad Anzio fu uno dei momenti cruciali della campagna d'Italia nel corso della seconda guerra mondiale. Iniziato il 22 gennaio 1944, era finalizzato ad isolare le forze tedesche attestate lungo la linea Gustav, che aveva come caposaldo Montecassino, tagliando le principali linee di rifornimento. La prudente condotta delle operazioni ad opera del generale statunitense Lucas, comandante del VI corpo d'armata, permise ai tedeschi di inviare ingenti rinforzi in zona d'operazioni e scatenare una violenta controffensiva in febbraio. Solo nella seconda metà di maggio un'offensiva alleata ad Anzio e sulla linea Gustav riuscì a sfondare il fronte. Roma fu liberata il 4 giugno 1944. Il 3 settembre truppe dell'VIII Armata, guidate da Montgomery, attraversavano lo stretto di Messina. Il 9 settembre la V Armata americana, al comando del generale Mark Wayne Clark, sbarcava nei pressi di Salerno; il 12 ottobre gli angloamericani avevano già stabilito una solida linea attraverso la penisola, dal fiume Volturno, a nord di Napoli, fino a Termoli, sulla costa adriatica. Per la fine dell'anno la resistenza tedesca aveva fermato gli Alleati a circa 100 km a sud di Roma. Lo sbarco ad Anzio, il 22 gennaio del 1944, non permise all'esercito alleato di fare molti progressi, perché i tedeschi si erano attestati lungo il fiume Liri e a Cassino, lungo la cosiddetta linea Gustav, che attraversava l'Appennino fra Termoli e Gaeta (vedi Campagna d’Italia). S T O R I A Pietro Badoglio annuncia la resa dell'Italia agli Alleati In qualità di primo ministro del governo italiano, il maresciallo Pietro Badoglio firmò con gli Alleati l’armistizio di Cassibile (3 settembre 1943) e un secondo armistizio a Malta (detto "armistizio lungo") il 29 settembre successivo. Il 13 ottobre da Brindisi lesse la dichiarazione di resa dell'Italia agli Alleati, alla presenza del generale Maxwell Taylor, uno dei comandanti delle forze statunitensi impegnate nella campagna d’Italia. L’ambigua formula utilizzata, pur non dichiarando apertamente guerra alla Germania, autorizzava le forze italiane a reagire a eventuali attacchi da parte dei tedeschi. Strategia alleata contro il Giappone e progressi nel Pacifico La strategia della guerra contro il Giappone fu sviluppata per stadi nel corso del 1943. All'inizio l'obiettivo era di stabilire basi sulla costa cinese (da dove il Giappone avrebbe potuto essere bombardato e successivamente invaso), con azioni inglesi e cinesi dalla Birmania e dalla Cina orientale, e incursioni americane sulle isole del Pacifico centrale e sudoccidentale, fino a Formosa (oggi Taiwan) e alla Cina. A metà anno fu chiaro che né gli obiettivi britannici né quelli cinesi sarebbero stati raggiunti, e quindi ci si concentrò sugli obiettivi americani. Le principali operazioni ebbero come teatro il Pacifico sudoccidentale, dove le truppe americane e quelle del corpo di spedizione australiano e neozelandese, al comando dell'ammiraglio William Halsey, avanzarono lungo S T O R I A le isole Salomone. Gli australiani e gli americani, al comando del generale MacArthur, costrinsero i giapponesi a ritirarsi lungo la costa orientale della Nuova Guinea. L'obiettivo di MacArthur e Halsey, fissato nel 1942, era la conquista di Rabaul, centro principale della Nuova Guinea. Gli sbarchi al capo Gloucester e in Nuova Britannia nel dicembre 1943, nelle isole dell'Ammiragliato nel febbraio del 1944 e nell'isola Emira a marzo dello stesso anno chiusero in una morsa Rabaul. La guarnigione giapponese di 100.000 uomini non poteva più essere evacuata. Il primo sbarco nel Pacifico centrale avvenne nelle isole Gilbert (Kiribati), a Makin e Tarawa, nel novembre del 1943. LA VITTORIA ALLEATA Nella prima settimana dell'agosto 1943, le linee tedesche a nord e a ovest di Harkiv furono investite dalla controffensiva sovietica. Il 15 settembre Hitler permise al Gruppo Sud di ritirarsi verso il Dnepr per evitare la sconfitta. Le armate sovietiche, al comando di Wukov e Vasilevskij, allargarono le teste di ponte, isolando l'armata tedesca in Crimea nel mese di ottobre, conquistando Kiev il 6 novembre e rimanendo all'offensiva per tutto l'inverno. S T O R I A Conferenza di Teheran Nel 1943, Stalin, capo di stato dell'Unione Sovietica, Franklin Delano Roosevelt, presidente degli Stati Uniti, e Winston Churchill, primo ministro britannico, (da sinistra a destra nella foto) si incontrarono a Teheran, capitale dell'Iran, per discutere la strategia militare del conflitto in corso e gli assetti politici europei per il dopoguerra. Alla fine di novembre del 1943 si incontrarono per la prima volta Roosevelt, Churchill e Stalin. Il presidente americano e il primo ministro inglese avevano già approvato il piano d'attacco attraverso la Manica, chiamato in codice "operazione Overlord", e Roosevelt era del parere che si dovesse partire con il piano appena le condizioni meteorologiche fossero state favorevoli, nel 1944. Nella conferenza di Teheran, al contrario, Churchill si disse favorevole a dare la precedenza allo sviluppo delle offensive in Italia, nei Balcani e nel Sud della Francia. Stalin si dichiarò d'accordo con Roosevelt e quindi Overlord fu programmato per il maggio del 1944. Dopo l'incontro, Eisenhower fu richiamato dal Mediterraneo ed ebbe il comando supremo delle forze alleate, con il compito di organizzare e guidare Overlord. La conferenza di Teheran segnò il punto culminante dell'alleanza interalleata. S T O R I A 1939. Inoltre reagì con malcelata ostilità alla proposta di Churchill di un attacco angloamericano nei Balcani. I preparativi per Overlord e lo sbarco in Normandia Hitler si attendeva l'invasione dell'Europa nordoccidentale per la primavera del 1944 ed era convinto che, se fosse riuscito a respingere americani e britannici, avrebbe avuto in pugno le sorti della guerra; successivamente avrebbe concentrato tutte le sue truppe contro i sovietici. Pertanto destinò rinforzi al solo fronte occidentale. Nel gennaio 1944 un'offensiva sovietica spezzò l'assedio a Leningrado e fece retrocedere il Gruppo Nord fino alla linea tra il fiume Narva e il lago Peipus. Nuove offensive del marzo e dell'aprile ricacciarono i tedeschi nell'ampia distesa tra le paludi del Pripjat e il Mar Nero, cioè fuori dal territorio sovietico. Il 6 giugno 1944, il D-Day, giorno dell'invasione secondo il piano Overlord, la I Armata statunitense al comando del generale Omar Bradley e la II Armata britannica al comando del generale Miles Dempsey riuscirono a stabilire teste di ponte in Normandia: cominciò così la campagna che si sarebbe conclusa con lo sbarco in Normandia. La riconquista sovietica della Bielorussia Sul fronte tedesco non vi furono operazioni durante le prime tre settimane del giugno 1944; Hitler si aspettava un'offensiva sul lato meridionale del fronte, dove i sovietici, dopo la battaglia di Stalingrado, avevano concentrato le forze. La Bielorussia era controllata dal Gruppo Centro, che non prevedeva certo un attacco da quel lato. Tuttavia, il 22 e il 23 giugno 1944 quattro contingenti sovietici (due guidati da Wukov e due da Vasilevskij) sferrarono S T O R I A l'attacco al Gruppo Centro, sconfiggendolo. Minsk, capitale della Bielorussia, fu presa dai sovietici il 3 luglio; l'8 luglio la IV Armata tedesca dovette abbandonare i combattimenti, consentendo all'Armata Rossa di dirigersi verso la Prussia orientale e la Polonia. Il complotto contro Hitler Nel mese di luglio un gruppo di ufficiali organizzò un attentato per uccidere Hitler (complotto di luglio): il 20 luglio l'esplosione di una bomba piazzata nel quartier generale di Rastenburg, nella Prussia orientale, uccise alcuni ufficiali, ma Hitler ne uscì indenne. Gli ufficiali sospettati di aver preso parte al complotto furono giustiziati. La liberazione della Francia Intanto le truppe corazzate sbarcate in Normandia, guidate dal generale Patton, avevano occupato la Bretagna e si erano spinte all'interno della Francia, conquistando Le Mans, Chartres e Orléans. Il 25 agosto le forze americane, insieme a quelle della Resistenza francese, guidate dal generale Charles De Gaulle, entrarono trionfali a Parigi: entro settembre quasi tutto il territorio francese era stato liberato. Pausa nell'offensiva occidentale Sul fronte occidentale Bradley e Montgomery guidarono l'offensiva che, a nord della Senna, veniva sferrata verso il Belgio, mentre gli americani avanzarono in direzione del confine franco-tedesco. Le truppe di Montgomery conquistarono Anversa il 3 settembre 1944 e l'11 settembre le prime guarnigioni americane varcarono il confine tedesco. L'offensiva subì a questo punto una fase d'arresto: Montgomery aveva raggiunto le barriere fluviali S T O R I A della Mosa e del Basso Reno, mentre gli americani erano bloccati sulla linea Maginot. Il tentativo di sfondamento operato da Montgomery nella battaglia di Arnhem fu un completo fallimento. L'insurrezione di Varsavia Il 20 luglio avanguardie sovietiche raggiunsero le coste del Baltico, nei pressi di Riga, tagliando le vie di comunicazione terrestri del Gruppo Centro con il fronte tedesco. Il 31 luglio il comandante dell'armata partigiana polacca, generale Tadeusz Komorowski, detto "generale Bor", organizzò l'insurrezione di Varsavia. Gli insorti, fedeli al governo anticomunista in esilio a Londra, crearono per diversi giorni gravi disagi ai tedeschi. La sconfitta delle potenze dell'Asse Un'offensiva sovietica effettuata tra i Carpazi e il Mar Nero a fine agosto 1944 ebbe come risultato l'armistizio chiesto tre giorni dopo dalla Romania. La Bulgaria, che non aveva mai dichiarato guerra all'Unione Sovietica, si arrese il 9 settembre. Il 19 e il 20 ottobre le truppe sovietiche occuparono Belgrado e vi insediarono un governo comunista sotto la guida di Tito. In Ungheria, i sovietici arrivarono alle porte di Budapest alla fine di novembre. S T O R I A L'avanzata degli Alleati in Italia Liberazione di Roma, 4 giugno 1944 Il gioioso pezzo jazz di Glenn Miller sottolinea le scene di entusiasmo con cui i cittadini romani accolsero le truppe anglo-americane, che il 4 giugno 1944 entrarono nella città ponendo fine all'occupazione tedesca. Roma, dichiarata "città aperta", fu presidiata dalle forze tedesche dal settembre 1943 fino al maggio 1944, quando il generale Kesselring ordinò la ritirata di fronte all'avanzata degli Alleati che si concluse con la liberazione della città. Nel periodo dell'occupazione Roma fu un centro attivo della Resistenza: la più clamorosa azione di guerriglia fu l'attentato di via Rasella del 23 marzo 1944 a una colonna tedesca, che portò all'eccidio delle Fosse Ardeatine in cui perirono 335 ostaggi italiani In Italia, tra la primavera e l'estate del 1944, le armate di Clark, che comprendevano truppe americane, britanniche, francesi e polacche, presero Cassino il 18 maggio. Cinque giorni dopo, la rottura dell'accerchiamento della testa di sbarco ad Anzio costrinse i tedeschi ad abbandonare la linea Gustav; gli Alleati entrarono a Roma, dichiarata città aperta dal 4 giugno. L'avanzata continuò verso nord senza problemi, ma rischiò di perdere impeto, perché le divisioni americane e francesi avrebbero dovuto essere presto impegnate nell'invasione della Francia meridionale. Dopo aver conquistato Ancona e Firenze, la seconda settimana di agosto, gli Alleati si arrestarono sulla linea gotica, che bloccò sino a tutto l'inverno l'accesso alla valle del Po, mentre nel nord del paese, occupato dai nazisti, si sviluppava la Resistenza partigiana. S T O R I A La battaglia del Mare delle Filippine Le operazioni nel Pacifico contro il Giappone nel 1944 subirono un'accelerazione: in primavera gli Alleati avevano pianificato un'avanzata al comando del generale MacArthur attraverso la Nuova Guinea, sino alle Filippine. Una seconda operazione sarebbe stata condotta dall'ammiraglio Nimitz attraverso il Pacifico centrale, fino alle isole Marianne e Caroline. Il 19 e il 20 giugno la prima flotta mobile dell'ammiraglio nipponico Ozawa Jisaburo incrociò l'Unità operativa statunitense 58, comandata dall'ammiraglio Marc Mitscher. Nella battaglia, che passò alla storia come "battaglia del Mare delle Filippine", i caccia americani abbatterono gran parte degli aerei giapponesi, mentre i sottomarini americani affondarono tre portaerei. Ozawa virò verso Okinawa con 35 aerei rimasti su 326; Mitscher perse soltanto 26 apparecchi e tre navi riportarono danni non gravi. Nuova strategia nel Pacifico Il 15 giugno 1944 le forze americane sbarcarono nell'isola di Saipan, nelle Marianne; il 10 agosto avevano conquistato Guam, obiettivo chiave della strategia ideata per porre fine al conflitto. L'isola poteva ospitare le basi per i nuovi bombardieri americani a lungo raggio, i B-29 Superfortress, in grado di raggiungere Tokyo e le città giapponesi. La superiorità navale americana nel Pacifico consentiva di pensare all'invasione del Giappone: i bombardamenti cominciarono nel novembre 1944, mentre proseguivano le operazioni nelle Caroline e nelle Filippine. La battaglia aerea in Europa e l'offensiva delle Ardenne La più importante azione aerea contro la Germania ebbe luogo nell'autunno del 1944: i bombardamenti inglesi e americani colpirono sia obiettivi militari S T O R I A sia le città tedesche. Hitler reagì lanciando contro Londra i missili V1 e V2, ma nel mese di ottobre le più importanti basi missilistiche di lancio tedesche, situate nel nord-ovest della Francia e in Belgio, furono conquistate dagli Alleati. L'accorciamento dei fronti a est e a ovest e la tregua nei combattimenti di terra avevano permesso a Hitler di costituire una riserva di circa venticinque divisioni da impegnare contro gli angloamericani, partendo dalle Ardenne, attraverso il Belgio, fino ad Anversa. Il 16 dicembre aveva inizio l'offensiva delle Ardenne: gli Alleati, colti di sorpresa, riuscirono tuttavia a mantenere centri strategici come Saint-Vith e Bastogne fino all'intervento dell'aviazione. L'ultimo tentativo tedesco di riconquistare Anversa venne respinto solo alla fine di gennaio del 1945. Alla fine di febbraio l'avanzata alleata verso la Germania riprese. La conferenza di Jalta Dal 4 all'11 febbraio 1945 ebbe luogo la conferenza di Jalta, in Crimea, tra i capi di stato di Stati Uniti (Roosevelt), Gran Bretagna (Churchill) e Unione Sovietica (Stalin). In questa occasione Stalin si impegnò a entrare in guerra contro il Giappone entro tre mesi dalla capitolazione tedesca, in cambio di concessioni territoriali in Estremo Oriente. Nel corso della conferenza si stabilì inoltre la strategia da seguire contro la Germania e l'organizzazione del paese alla fine del conflitto e vennero inoltre definite le rispettive sfere di influenza da assegnare alle tre potenze che erano sul punto di chiudere vittoriosamente la guerra. Si discusse anche sulla proposta americana di dare vita all'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), strumento per un nuovo ordine mondiale, che si decise di fondare in una conferenza internazionale da tenersi a San Francisco per la fine di aprile. I S T O R I A tre capi di stato concordarono nella costituzione di un Consiglio di Sicurezza, al quale avrebbero partecipato le cinque potenze alleate (USA, URSS, Gran Bretagna, Francia e Cina) con diritto di veto sulle principali questioni internazionali. Fu anche deciso di non ammettere l'Italia alla conferenza di San Francisco. L'avanzata sul Reno All'inizio di marzo del 1945 le armate alleate raggiunsero il Reno e occuparono teste di ponte tra Bonn e Coblenza e a sud di Magonza: alla fine del mese, l'intero schieramento tedesco sul fiume crollò; Einsenhower ordinò alle truppe di proseguire verso est. Il 1° aprile gli americani accerchiarono il bacino della Ruhr, facendo prigionieri 325.000 soldati tedeschi. Il 5 aprile gli inglesi varcarono il Weser, puntando verso l'Elba. L'11 aprile gli Alleati raggiunsero l'Elba vicino a Magdeburgo, e il giorno dopo si formò una testa di ponte sulla riva orientale, a 120 km da Berlino. Il 13 aprile moriva a 63 anni il presidente americano Roosevelt, a cui succedette il vicepresidente Harry Truman. Mentre gli inglesi (soprattutto Churchill e Montgomery) e alcuni americani consideravano Berlino l'obiettivo più importante, per Eisenhower era essenziale che le truppe angloamericane potessero congiungersi con quelle russe più a sud, tra Lipsia e Dresda. L'Armata Rossa, che si era attestata ai primi di febbraio sull'Oder, all'inizio di aprile cominciò a concentrarsi su Berlino, che divenne quindi l'obiettivo prioritario. S T O R I A Le ultime battaglie in Europa e la resa della Germania Dresda, 1945 Nella fase finale della seconda guerra mondiale, tra il 13 e il 14 febbraio 1945, le aviazioni britannica e statunitense effettuarono un massiccio bombardamento su Dresda, una delle più belle città tedesche. All'azione parteciparono 800 aerei della RAF britannica, che compì l'attacco principale, e svariate decine dell'Air Force statunitense. Dresda, affollata di centinaia di migliaia di profughi, fu ridotta in macerie. L'attacco, in cui circa 135.000 persone furono uccise e centinaia di migliaia rimasero ferite, era parte di una strategia basata sui bombardamenti a tappeto. In Italia, il 14 e il 16 aprile 1945, la V Armata americana e l'VIII Armata britannica lanciarono l'offensiva verso la Pianura Padana. Contemporaneamente i partigiani, volontari nella Resistenza, ebbero l'ordine dell'insurrezione generale dal Comitato di liberazione nazionale Alta Italia (CLNAI), che coordinava i comitati militari regionali e provinciali (CLN) e rappresentava le diverse componenti politiche dell'antifascismo. Intanto un'ondata di scioperi paralizzava le grandi fabbriche del Nord. Nelle principali città, Bologna, Torino, Genova, Milano, le formazioni partigiane entarono in azione il 25 aprile e in pochi giorni costrinsero alla fuga i tedeschi, ancora prima che sopraggiungessero le truppe alleate. Mussolini, catturato nei pressi di Como mentre tentava la fuga in Svizzera con un'autocolonna tedesca, fu S T O R I A giustiziato il 28 aprile. Rappresentanti dei comandi tedeschi in Italia si accordarono con gli Alleati per la resa, entrata in vigore il 2 maggio; negli stessi giorni la Germania di Hitler soccombeva. Il 16 aprile cominciò l'avanzata sovietica verso Berlino. Il 20 aprile la VII Armata americana conquistò Norimberga e, quattro giorni dopo, le armate sovietiche circondarono la capitale. Il 25 aprile la V Armata sovietica e la I Armata americana si congiunsero a Torgau, sull'Elba, a nordest di Lipsia. L'ultima settimana di aprile, la resistenza contro gli angloamericani cessò, ma sul fronte orientale le truppe tedesche continuarono a battersi disperatamente contro i sovietici. Hitler decise di restare a Berlino, mentre la maggior parte dei suoi collaboratori politici e militari si davano alla fuga. Il 30 aprile, chiuso nel suo bunker, Hitler si suicidò insieme con Eva Braun, la sua amante, e, come ultimo atto ufficiale, nominò suo successore l'ammiraglio Karl Dönitz, che chiese la resa. Il suo rappresentante, generale Alfred Jodl, firmò la capitolazione delle forze armate tedesche nel quartier generale di Eisenhower il 7 maggio a Reims; un secondo documento fu firmato a Berlino, nel quartier generale sovietico, il giorno seguente. Armata Rossa a Berlino, 1945 Il 24 aprile 1945 l'Armata Rossa sovietica circondò Berlino: il 2 maggio l'ex capitale del Terzo Reich, quasi interamente distrutta dai bombardamenti, capitolò definitivamente. In questa celebre immagine, un soldato dell'Armata issa la bandiera sovietica sulle rovine del palazzo del Reichstag. S T O R I A La sconfitta del Giappone All'inizio del 1945, nel Pacifico, la fine della guerra non sembrava vicina: la Marina nipponica non era in grado di sferrare attacchi massicci, ma i kamikaze effettuarono azioni suicide durante i combattimenti di Luzon, nelle Filippine, distruggendo 17 navi statunitensi e danneggiandone 50. Attacco di kamikaze Negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale, i kamikaze dell'aviazione della marina e dell'esercito giapponese sferrarono pesanti attacchi alle flotte alleate. Le unità kamikaze, in giapponese "vento divino", svolgevano missioni suicide: i piloti si gettavano in picchiata con i loro velivoli carichi di esplosivo sulle navi nemiche, tentando in particolar modo di colpire le portaerei. Nella foto, dense nuvole di fumo nero si innalzano da una portaerei britannica colpita da un kamikaze: sul ponte di volo un caccia di fabbricazione statunitense Vought F4U Corsair, apparentemente intatto. Iwo Jima e Okinawa Il 19 febbraio si scatenò la battaglia di Iwo Jima, che si protrasse sino al 16 marzo: i due aeroporti dell'isola fornirono le basi di lancio per i B-29 statunitensi e permisero ai caccia di appoggiare i bombardieri durante le offensive effettuate sulle città giapponesi. Il 1° aprile la X Armata americana sbarcò a Okinawa, a 500 km da Kyushu, l'isola più meridionale del Giappone. S T O R I A Hiroshima e Nagasaki Kyushu costituiva l'obiettivo principale; l'attacco fu fissato per il novembre 1945, anche se una facile vittoria sembrava improbabile. Lo sbarco a Kyushu non avvenne mai: il governo americano adottò una nuova strategia che si basava sull'uso delle armi nucleari. La prima esplosione atomica, per così dire "di prova", fu eseguita ad Alamogordo, nel New Mexico, il 16 luglio 1945. Altre due bombe erano state costruite e si decise di usarle per costringere il Giappone alla resa. Il presidente americano Truman, succeduto a Roosevelt, ordinò i bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki, effettuati il 6 e il 9 agosto. Intanto, l'8 agosto, l'Unione Sovietica aveva dichiarato guerra al Giappone; il giorno dopo invase la Manciuria. Bombardamento di Hiroshima Il 6 agosto 1945, un B-29 dell'aeronautica militare statunitense chiamato Enola Gay sganciò la prima bomba atomica sulla città di Hiroshima, in Giappone. I morti, i feriti e i dispersi furono circa 130.000. Dopo l'attacco, il presidente degli Stati Uniti Harry Truman diede alla radio l'annuncio del bombardamento: "Il mondo sappia che la prima bomba atomica è stata sganciata su Hiroshima, una base militare. Abbiamo vinto la gara per la scoperta dell'atomica contro i tedeschi. L'abbiamo usata per abbreviare l'agonia della guerra, per risparmiare la vita di migliaia e migliaia di giovani americani, e continueremo a usarla sino alla completa distruzione dell'arsenale militare giapponese". S T O R I A La resa del Giappone Il 14 agosto l'imperatore Hirohito fece trasmettere via radio un comunicato che annunciava la resa incondizionata del Giappone. Il 2 settembre, a bordo della corazzata Missouri, nella baia di Tokyo, i rappresentanti del governo nipponico firmarono davanti al generale MacArthur il documento di capitolazione. BILANCIO DELLA GUERRA Secondo le statistiche, la seconda guerra mondiale fu la guerra più devastante quanto a perdite umane e distruzione materiale. Il conflitto, che coinvolse 61 nazioni, provocò la morte di circa 55 milioni di persone, tra militari e civili: l'Unione Sovietica ebbe circa 20 milioni di morti; la Cina 13,5 milioni; la Germania 7,3 milioni; la Polonia 5,5 milioni; il Giappone 2 milioni; la Iugoslavia 1,6 milioni; la Romania 665.000; la Francia 610.000; l'impero britannico 510.000; l'Italia 410.000; l'Ungheria 400.000; la Cecoslovacchia 340.000; gli Stati Uniti 300.000. Gli sviluppi tecnologici e scientifici fecero della guerra un conflitto di una ferocia senza pari: la popolazione civile fu coinvolta direttamente nei combattimenti e nelle rappresaglie e fu colpita soprattutto a causa dei bombardamenti aerei. L'evento più terribile fu tuttavia la deportazione e lo sterminio di oltre sei milioni di ebrei nei campi di concentramento nazisti, la cosiddetta "soluzione finale" del "problema" ebraico (vedi Shoah). S T O R I A Fossa comune a Bergen-Belsen Questa foto rappresenta una drammatica testimonianza dei crimini perpetrati dai nazisti durante la seconda guerra mondiale; ritrae una fossa comune del campo di sterminio di Bergen-Belsen, in cui sono stati impietosamente gettati i cadaveri di centinaia di prigionieri. Il campo di Bergen-Belsen venne istituito nel 1943, inizialmente allo scopo di raccogliervi persone destinate allo scambio con soldati tedeschi prigionieri degli Alleati. Nel marzo del 1944 il campo, amministrato dalle SS, divenne parte integrante del sistema di sterminio concepito e realizzato dai nazisti e in pochi mesi vi trovarono la morte decine di migliaia di persone, tra cui Anna Frank. S T O R I A Distruzione e ricostruzione Piano Marshall: arrivo del "treno dell'amicizia" Voluto dal segretario di Stato americano George Catlett Marshall e denominato European Recovery Program, il piano Marshall portò aiuti economici ai paesi europei distrutti dal secondo conflitto mondiale. Il governo americano intendeva così aiutare la ricostruzione economica e la ripresa degli scambi commerciali nelle nazioni devastate dalla guerra, salvaguardando la loro indipendenza contro i tentativi di espansione comunista. Nella foto, l’arrivo a Milano del "treno dell'amicizia" (1° gennaio 1948), che portava all’Italia gli aiuti americani. S T O R I A In Europa le distruzioni operate dalla guerra apparivano in tutta la loro drammatica dimensione. L'Europa orientale e balcanica, nella quale l'invasione tedesca aveva lasciato i segni di inaudite crudeltà, era devastata nelle sue strutture demografiche e materiali. In tutti i paesi in guerra il sistema industriale e le infrastrutture avevano subito danni incalcolabili, più macroscopici nelle grandi città e nei principali porti, sui quali si erano concentrati i bombardamenti aerei. La produzione complessiva del carbone risultava dimezzata rispetto ai livelli prebellici. Finiti i combattimenti, in Germania e nell'Europa orientale si registrarono tremende carestie, ma anche nelle realtà meno colpite dalla guerra si faceva sentire la penuria alimentare. Uomini senza dimora Milioni di uomini si trovarono allo sbando, senza casa, lontani dal loro paese, sospinti da una parte all'altra del continente dagli ultimi eventi della guerra e dalla generale confusione del dopoguerra. Erano prigionieri liberati, ebrei sfuggiti o liberati dai campi di sterminio, dirigenti nazisti in fuga dai paesi dell'Est nel timore delle vendette dei vincitori, e in più un numero altissimo di profughi che scappavano dai paesi occupati dall'Armata Rossa: era il caso delle decine di migliaia di tedeschi che dal 1939 si erano trasferiti all'Est sulla scia dell'espansione della Germania e che ora cercavano di rientrare nelle regioni occidentali per sfuggire ai sovietici. Conseguenze politiche per l'Europa Alla fine della guerra la situazione mondiale era mutata radicalmente: l'Europa usciva dal conflitto in posizione di dipendenza rispetto alle due potenze vincitrici, Stati Uniti e Unione Sovietica, attorno alle quali si S T O R I A configurò un nuovo equilibrio politico mondiale. L'alleanza tra USA e URSS, che era stata determinante ai fini della vittoria contro Hitler, si trasformò, negli anni successivi al conflitto, in un'aspra rivalità che si manifestò nella cosiddetta Guerra Fredda. La rivalità scaturì da una forte competizione sul piano ideologico, economico, politico, tecnologico, scientifico per il controllo totale del mondo. Due opposti sistemi si confrontarono tra fasi alterne, ora di distensione ora di tensione, anche acuta. Le premesse della Guerra Fredda erano insite nella conduzione e nella conclusione della seconda guerra mondiale. Infatti, sin dal 1943, l'Unione Sovietica, forte dell'apporto militare determinante ai fini della sconfitta del nazismo, non aveva nascosto il progetto di estendere il suo controllo all'Europa centrorientale. La liberazione da parte dell'Armata Rossa di quell'area europea fu la condizione per attuare un progetto di egemonia comunista. Da questo punto di vista appare chiaro che lo sforzo militare contro la Germania nazista non rispondeva soltanto alla difesa dell'integrità nazionale dello stato sovietico, ma aveva lo scopo di condurre una guerra al tempo stesso ideologica e di conquista, attraverso la quale il sistema comunista avrebbe potuto estendersi su vaste aree europee e asiatiche. Dopo il 1945, l'URSS vide confermata la grande espansione conseguita a partire dal 1940, con il possesso sia dei territori annessi in virtù del patto di non aggressione firmato con la Germania (le tre Repubbliche baltiche, Lettonia, Estonia, Lituania) sia delle regioni conquistate nella guerra contro Hitler, e cioè la Bessarabia e la Bucovina settentrionale ottenute dalla Romania nel 1944, ampie regioni polacche situate nella Bielorussia e nella Galizia, nonché una zona della Prussia orientale tolta alla Germania. Il confine tra Polonia e Germania, tracciato lungo la linea Oder-Neisse, ricompensava la Polonia con le regioni tedesche della Pomerania e della S T O R I A Slesia. Poteva dirsi realizzato il disegno di Stalin di togliere l'Unione Sovietica dall'isolamento internazionale in cui era stata posta dopo la Rivoluzione bolscevica del 1917, di ricostruire un grande stato russo che non solo recuperasse i territori perduti nella prima guerra mondiale ma ampliasse i vecchi confini, e di presentarsi nelle relazioni internazionali come una grande potenza in grado di stare alla pari con gli Stati Uniti. Infine l'Unione Sovietica poteva usufruire del sostegno dell'opinione pubblica di parte democratica e antifascista, che le riconosceva il merito di avere impedito la nazistizzazione totale dell'Europa. Il ricordo della battaglia di Stalingrado confermava tale giudizio. L'impero comunista Il successo sovietico nel dopoguerra si misurò tuttavia principalmente sulla diffusione dei regimi comunisti in Europa e in Asia (vedi Blocco orientale). In tutta la parte orientale dell'Europa, occupata tra il 1944 e il 1945 dall'Armata Rossa, si insediarono, o attraverso elezioni o con atti di forza, governi comunisti fedeli a Mosca; in Cecoslovacchia, il Partito comunista con un colpo di stato portò il paese nell'orbita sovietica nel 1948. Non altrettanto l'URSS riuscì a fare in Iugoslavia, paese nel quale la sconfitta del regime filonazista e la cacciata dei tedeschi erano state conseguite con l'azione decisiva degli eserciti di partigiani. La Iugoslavia riuscì a non venire completamente assorbita nell'orbita sovietica, adottando un regime socialista dai connotati antistalinisti sotto la guida del prestigioso capo partigiano Tito. Nel dopoguerra, la divisione dell'Europa in due blocchi, l'uno orientale filosovietico, l'altro occidentale filoamericano, fu il risultato della conduzione politica e diplomatica della guerra. Sulla Germania la spartizione si esercitò S T O R I A compiutamente, con la sua divisione nel 1945 in quattro zone d'occupazione militare affidate a Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica, e con la creazione nel 1949 di due stati: la Germania Occidentale, o Repubblica federale tedesca, appartenente al blocco capitalistico, e la Germania Orientale, o Repubblica democratica tedesca, che divenne parte del blocco sovietico. La spartizione fu completata con la divisione dell'ex capitale Berlino in due settori, orientale e occidentale. La guerra lasciò fissata nella storia europea quella che Churchill con una felice definizione chiamò la "cortina di ferro", ossia una frattura profonda all'interno dello stesso fronte dei vincitori. Tale frattura rendeva evidente ciò che per tutta la durata del conflitto era rimasto implicito, ossia la convinzione che sulle rovine del nazismo stesse rinascendo la grande rivalità mondiale tra capitalismo e comunismo. I N G L E S E ELECTRICAL SAFETY Proper precaution must be taken to ensure that the equipment operates as nearly as possible to peak efficiency and safety. Equipment must have protection against excess of voltages, currents and fire. Protection is also necessary to minimize the risks of electrical shock to people. It is necessary to anticipate and prevent faults. Ignorance and carelessness are the frequent causes of injury and even death. So an adequate knowledge about electricity is the main requirement to avoid accidents. Electricity is very dangerous. Its effects are visible, but nobody can say if a wire is “live” or “dead” till it is touched. It is significant, in fact, that most fatal electrical accidents occur at home rather than in industrial places. The main safety provision for man is avoiding any kind of contact with objects of unequal potentials because the human body forms part of an electrical circuit in which current will flow. To ensure a high degree of safety it is important for every electrical installation to be tested and inspected not only when it is new, but at regular intervals. I N G L E S E Traduzione: Una giusta precauzione deve essere presa per assicurare che l’apparecchiatura funzioni quanto più possibile per raggiungere efficenza e sicurezza. L’apparecchiatura deve avere protezione contro eccesso di voltaggio, corrente e incendio. La protezione è anche necessaria per ridurre i rischi di scossa elettrica alla gente. E’ necessario per anticipare e prevenire incidenti. Ignoranza e disattenzione sono le cause frequenti di danno e persino morte. Pertanto un’adeguata conoscenza sull’elettricità è il principale requisito per evitare incidenti. L’elettricità è molto pericolosa. I suoi effetti sono visibili ma nessuno può dire se il filo è “vivo” o “morto” finché non è toccato. E’ significativo, infatti, che la maggior parte degli incidenti elettrici fatali accadono a casa piuttosto che in luoghi industriali. La principale precauzione di sicurezza per l’uomo è evitare ogni tipo di contatto con oggetti di diversi potenziali perché il corpo umano forma una parte di circuito elettrico nel quale la corrente fluirà. Per assicurare un alto grado di sicurezza è importante per ogni installazione elettrica, essere testato e controllato non solo quando è nuovo, ma ad intervalli regolari. I N G L E S E Domande: 1. Which protection must have the equipment? Equipment must have protection against excess of voltages, currents and fire. 2. Which is the main safety provision for man? It’s avoiding any kind of contact with objects of unequal potentials. 3. What is function of the precaution of the equipment? The breakdown of the equipment must be avoided, and the risks of electrical shocks to people should be minimize. 4. Which are the frequent causes of injury and even death? Ignorance and carelessness. L E T T E R A T U R A Giovanni Pascoli Gabriele D’Annunzio L E T T E R A T U R A Giovanni Pascoli La vita Giovanni Pascoli nasce il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna (Forlì); quarto di dieci fratelli, ha un’infanzia agiata fino a quando, il 10 agosto 1867, il padre Ruggero, amministratore di una tenuta dei principi Torlonia, viene ucciso con una fucilata mentre torna a casa in calesse. Il poeta indagherà in seguito personalmente sulle cause del delitto, rimasto impunito, convincendosi inutilmente di averne individuato esecutori e mandante. Morti anche due fratelli e la madre, il poeta deve lasciare il collegio di Urbino, dove frequenta il liceo, e trasferirsi a Rimini con gli altri fratelli (1871). Nel 1873 si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’ Università di Bologna grazie a una borsa di studio (per ottenere la quale viene esaminato anche da Carducci), ma, per aver partecipato a una dimostrazione contro il Ministro della Pubblica Istruzione, nel ’76 perde il diritto alla borsa ed è costretto a interrompere gli studi universitari. Si avvicina in questo periodo agli ambienti socialisti e nel 1879 partecipa a una manifestazione che gli costa alcuni mesi di reclusione nel carcere di Bologna, dopo i quali si allontana dalla politica attiva e riprende gli studi, laureandosi nel 1882 in letteratura greca con una tesi sul poeta Alceo. Dopo la morte del fratello maggiore Giacomo (1876), Pascoli diviene il capofamiglia. Esclusa dalla propria vita ogni relazione sentimentale, punta alla ricostruzione del nucleo famigliare paterno: nel 1887 si stabilisce a Massa, in Toscana, insieme alle sorelle Ida e Maria (chiamata dal poeta L E T T E R A T U R A Mariù), che egli richiama dal convento (nel quale entrambe si erano ritirate nel 1874). Sospettoso verso tutto ciò che nasce ed esiste all’esterno del «nido» domestico, ossessionato dalla gelosia verso le sorelle e verso le loro relazioni amorose reali e supposte, vive conangoscia il matrimonio di Ida, avvenuto nel 1895 contro la sua volontà. Più stretto e con punte di morbosità si fa allora il rapporto con Maria, con la quale si stabilisce a Castelvecchio di Barga (Lucca), in una bella casa di campagna che sarà la residenza definitiva del poeta. Maria non si separerà più da lui, divenendo, dopo la morte del fratello, la curatrice degli inediti e l’erede letteraria. Nel 1891 esce la prima edizione di Myricae (che conoscerà ampliamenti importanti nei dieci anni successivi). L’anno dopo Pascoli vince il prestigioso concorso di poesia latina di Amsterdam, il cui premio gli verrà assegnato altre dodici volte. Dopo aver insegnato in diversi licei d’Italia (a Matera, a Massa, a Livorno), nel 1895 Pascoli viene nominato professore di grammatica greca e latina all’ Università di Bologna. Nel 1897, anno di pubblicazione dei Poemetti, Pascoli passa a insegnare all’Università di Messina, dove resta fino al 1903, quando viene trasferito all’ Università di Pisa. In tale anno escono i Canti di Castelvecchio. L’ anno seguente escono i Poemi conviviali. Nel 1905 diventa titolare della cattedra di Letteratura italiana a Bologna, che fino ad allora era stata di Carducci. In questo periodo, ereditando anche la funzione pubblica del maestro, Pascoli accentua il proprio interesse per la poesia storica e civile, di cui sono testimonianza opere come Odi e inni (1906), le incomplete Canzoni di Re Enzio (1908), i Poemi italici (1911) e i Poemi del Risorgimento (usciti postumi nel 1913). La partecipazione di Pascoli alla vita culturale fu costante ma senza momenti clamorosi: le sue collaborazioni alle riviste più prestigiose del periodo (tra cui «Cronaca bizantina» e «Il convito» di Roma, «Il Marzocco» di Firenze) L E T T E R A T U R A riguardarono soprattutto argomenti letterari, ma non escludevano l’intervento polemico e anche esplicitamente politico. Accanto all’insegnamento e soprattutto accanto alla gelosa custodia degli affetti famigliari, trova posto nella vita di Pascoli soprattutto la poesia, vissuta con dedizione e praticata assiduamente dalla prima giovinezza agli ultimi anni. Poco prima della morte, avvenuta a Bologna il 6 aprile del 1912, Pascoli pronuncia l’importante discorso La grande Proletaria si è mossa, dedicato a sostenere l’ impresa coloniale italiana in Libia: lo scrittore che voleva consegnare un’ immagine pubblica di sé quale artista raffinato e popolare al tempo stesso, quale poeta della bontà e della umiltà, conclude così la propria schiva vicenda biografica con un invito a gettarsi in un’avventura militare. La poetica del "fanciullino" Pascoli rappresenta un momento di passaggio necessario fra Ottocento e Novecento. Continuità e rottura, tradizione e innovazione si contemperano in lui in modo equilibrato, così da farne, insieme, l’ultimo dei classici (e infatti si proclamava allievo di Carducci ma anche di Virgilio) e il primo, in Italia, dei moderni. La sua «democrazia linguistica», come la chiamò Contini, e cioè l’impiego di un linguaggio basso e talora persino vernacolare e popolaresco, ha sempre qualcosa di raro e di prezioso, che sfiora l’estetismo. Alto e basso, privilegio e umiltà, eredità del sublime ottocentesco e «democrazia» novecentesca si combinano insieme. La stessa poetica del «fanciullino» presuppone questa ambiguità o duplicità: da un lato, il fanciullino è presente potenzialmente in ogni uomo, è una figura umile e piccola e sembra porsi in alternativa al superuomo dannunziano; dall’altro, solo il poeta conosce il privilegio di farlo rivivere e di farlo parlare dentro di sé, sapendo scorgere il significato profondo di quelle piccole cose che l’adulto "normale" invece trascura. Il fanciullino, insomma, L E T T E R A T U R A ha in sé una vocazione alla superiorità, un destino di elezione, che può indurre Pascoli a divenire poeta-vate e a entrare in concorrenza con d’Annunzio sul suo medesimo terreno, quello della retorica civile. Pubblicata nel 1897 sulla rivista fiorentina «Il Marzocco», la prosa intitolata Il Fanciullino è il più importante ed esplicito discorso programmatico di Pascoli sul poeta e sulla poesia, e contiene dunque la sua personale poetica. Il poeta coincide con il «fanciullino», ovvero con quella parte infantile dell’ uomo che negli adulti tende a essere normalmente soffocata e che invece nei poeti trova libera espressione. Il fanciullino vede ciò che in genere passa inosservato, attraverso vie puramente intuitive e percezioni non razionali: egli individua accordi segreti tra le cose stabilendo tra di esse legami inediti e inconsueti; rovescia le proporzioni classiche, adattando «il nome della cosa più grande alla più piccola, e al contrario»; guarda il mondo con uno stupore infantile alla luce del quale ogni cosa è una nuova scoperta. Il fanciullo, cioè, si sottrae alla logica ordinaria, alla prospettiva comune, grazie alla propria attività fantastica e simbolica. La poesia è il luogo in cui l’ uomo dà voce al fanciullino che è in lui, lo lascia parlare: essa nasce dalla coscienza comune della vita infantile e non razionale e acquista così per gli uomini un valore regressivo e consolatorio che li spinge alla bontà e alla solidarietà. Il simbolismo pascoliano vuole indicare la strada della rivelazione di una verità segreta la cui chiave d’accesso nascosta appartiene solo al poeta. Il senso del mistero si esprime attraverso una catena di analogie simboliche, al termine della quale si intravede l’ ombra affascinante o paurosa di una verità assoluta, di cui l’interprete privilegiato, e anzi l’unico interprete, è il poeta. Il simbolismo pascoliano, tuttavia, più che sulle relazioni o sulle "corrispondenze" fra i vari aspetti della realtà, punta sulla valorizzazione del particolare, nel quale si racchiude, «come in una cellula speciale, l’ effluvio poetico delle cose». C’è pertanto in Pascoli una poetica del particolare L E T T E R A T U R A simbolico, che porta allo scavo dentro la realtà fenomenica e dunque alla valorizzazione delle onomatopee, dei termini tecnici puntuali, dei fonosimbolismi puri.La base ancora positivistica della sua cultura spinge Pascoli a valorizzare il modo concreto di essere delle cose, e a renderlo linguisticamente con esattezza mimetica; ma d’altra parte la sua tendenza orfica lo porta poi ad assegnare una funzione rivelatrice a quei particolari e alla loro voce di cui la poesia sola può farsi carico ed espressione. Tra ideologia e poetica c’è in Pascoli un rapporto stretto, benché non dichiarato. A differenza delle avanguardie dell’ inizio del Novecento, Pascoli non mette in dubbio l’"utilità" e la funzione sociale e morale della poesia: essa è al contrario ancora considerata da lui secondo gli schemi del mondo classico, come consolazione e come possibile pacificazione delle tensioni sociali. È infatti «il sentimento poetico» a rendere appagati «il pastore della sua capanna, il borghesuccio del suo appartamento ammobigliato». In tal senso, alla poesia come Pascoli la concepisce spetta la funzione di garantire la stabilità dell’ assetto sociale, inibendo il desiderio del cambiamento con un «soave e leggero freno». Si esprime in questa concezione il sentimento di precarietà della piccola borghesia italiana tra la stagione di Crispi e quella di Giolitti; e non a caso la poesia pascoliana accoglie i semplici miti famigliari e domestici di questo ceto sociale, nobilitandoli e universalizzandoli anche attraverso la rivendicazione delle origini contadine dell’autore. Scavalcando a ritroso il presente e le tensioni sociali in cerca di un’origine mitica e incontaminata del linguaggio e dei significati, Pascoli dà voce a un bisogno di legittimazione di quei gruppi sociali piccolo-borghesi che poi costituiranno la base del suo successo (al di là dell’indubbio valore artistico della sua poesia). L’adesione all’ ideologia dell’ Italia piccolo-borghese diviene esplicita nel discorso La grande Proletaria si è mossa, pronunciato nel 1911, pochi mesi L E T T E R A T U R A prima di morire, a sostegno dell’impresa coloniale italiana in Libia. Pascoli, che è passato da un generico socialismo giovanile a un populismo apertamente conservatore, sostiene la propria tesi in nome delle necessità del popolo italiano di trovare spazi di lavoro, così da vincere la piaga dell’emigrazione (fortissima in quegli anni); la superiorità della nostra cultura rispetto a quella dei colonizzati giustificherebbe inoltre l’ invasione anche come atto di civiltà. L’opera in versi Pascoli è, con d’ Annunzio, il rappresentante più significativo del Decadentismo italiano. D’Annunzio, più giovane di otto anni, ha cultura moderna più vasta e aggiornata, ed è direttamente in contatto con i modelli del Simbolismo francese; mentre Pascoli ha una solida formazione classica, cui non corrisponde un eguale interesse per la poesia europea contemporanea. Si può dire perciò che la sua appartenenza al filone del simbolismo decadente è per buona parte istintiva; benché egli si fosse avvicinato ad alcuni testi della nuova cultura europea (tradusse per esempio Il corvo di Poe). D’altra parte il simbolismo pascoliano è complementare rispetto a quello di d’Annunzio: entrambi tendono al sublime e aspirano a un ruolo di poeta-vate; tuttavia Pascoli cerca il sublime nel basso, nel quotidiano, dando contorni famigliari e dimessi alla propria esigenza di affermazione, mentre d’ Annunzio punta direttamente all’ innalzamento e all’amplificazione. C’è poi anche una differenza nel modo di vivere il rapporto con la società letteraria, con i lettori e con l’ istituzione della letteratura: mentre d’Annunzio rinnova e modernizza in modo estremistico tali ambiti, proponendosi quale figura pubblica che dà scandalo, suscita ammirazione e fanatismi, crea miti e leggende, Pascoli tende invece a mantenersi entro i confini tradizionali del letterato ottocentesco. Tradizionali sono perciò anche i L E T T E R A T U R A modi attraverso i quali egli interviene nella vita politica e civile. In tal modo, egli sconta la forza del modello carducciano; e rivela un tratto caratteristico della propria psicologia, centrata sul bisogno di protezione e di isolamento. La critica ha individuato la parte più viva e intensa della produzione poetica pascoliana in tre raccolte: Myricae, Poemetti, Canti di Castelvecchio. Anche se la prima edizione delle tre raccolte si colloca a parecchi anni di distanza (dal 1891 di Myricae al 1903 dei Canti), tuttavia molti dei testi che formano i tre libri furono composti nel medesimo periodo. Si è perciò parlato di un «rapsodismo» di Pascoli, cioè della tendenza a lavorare contemporaneamente a più generi di scrittura. Nel caso delle tre raccolte qui considerate esiste però un’ unità di fondo dell’ispirazione che risponde alla teorizzazione di poetica del Fanciullino e che vede una tendenza narrativa e una lirico-simbolica, spesso intrecciate. Mentre la tendenza narrativa è forte soprattutto nei Poemetti, quella lirico-simbolica ha il momento più alto e coerente in Myricae, e si ritrova però anche nei Canti di Castelvecchio; queste due raccolte vennero non a caso concepite da Pascoli secondo un criterio di continuità, segnalato per esempio dalla riproposizione, nei Canti, dell’epigrafe da Virgilio già adoperata — a spiegazione del titolo — per Myricae: «Arbusta iuvant umilesque myricae» (mi piacciono gli arbusti e le umili tamerici). Influenzati da un estetismo di marca simbolista e decadente sono i Poemi conviviali (1904). Di minore interesse sono le ultime raccolte: la poesia civile di Odi e inni, i Poemi italici (1911), le Canzoni di re Enzio (rimaste in compiute e uscite postume), dedicate a un affresco del Medioevo, e gli incompiuti Poemi del Risorgimento. La poesia latina di Pascoli (raccolta nei Carmina, pubblicati postumi) non riflette solo la sua straordinaria abilità linguistica e metrica nel trattare una lingua morta; è anche un modo autentico e personale di esprimersi, L E T T E R A T U R A servendosi di un codice linguistico ormai del tutto artificiale e desueto. In questo modo balza anzi in primo piano il carattere artificiale della scrittura poetica. Pascoli sa inserire nella lingua classica i tremori, le ansie intime, le sfumature simboliche tipiche della sua produzione in lingua italiana. Sia che Affronti una materia romana (come nel Liber de poetis), sia che tratti Argomenti cristiani (come nei Poemata Christiana), Pascoli riesce a calare un’inquieta sensibilità decadente nel mondo classico e a rivivificare in tal modo una lingua morta. L E T T E R A T U R A GABRIELE D’ANNUNZIO La vita Gabriele d’ Annunzio nasce a Pescara il 12 marzo 1863, terzo figlio di Francesco Paolo Rapagnetta (il cognome d’ Annunzio è quello di un ricco zio adottivo) e di Luisa de Benedictis. Compiuti gli studi liceali a Prato (in Toscana), si trasferisce nel 1881 a Roma, dove si iscrive — senza poi laurearsi — alla Facoltà di Lettere. A Roma diventa collaboratore di alcuni periodici (come «Cronaca bizantina») in veste di giornalista letterario e di cronista mondano di quell’aristocrazia della quale, conducendo una vita sontuosa e sempre pronta allo scandalo, entra rapidamente a far parte. I suoi amori tempestosi e volubili offrono fra l’altro materia a un pettegolezzo tutt’altro che scoraggiato dal poeta: a Giselda Zucconi (cantata come Lalla) seguono altre donne, fino alla clamorosa fuga con la duchessa Maria Hardouin di Gallese, che d’Annunzio sposa nel 1883 e da cui avrà tre figli. Ma già nell’87 si delinea il nuovo amore per Elvira Fraternali Leoni, cantata come Barbara. Sono di questo periodo le raccolte di versi Canto novo (1882), intermezzo di rime (1884), L’sotteo - La Chimera (1890), Elegie romane (1892), Odi navali e Poema paradisiaco (1893), i racconti riuniti sotto il titolo Terra vergine (1882) e i romanzi Il piacere (1889), Giovanni Episcopo (1891), L’innocente (1892). L’esordio poetico risale però alla raccolta Primo vere del 1879. Dal 1891 al ’93 vive per due anni a Napoli insieme a Maria Gravina (dalla quale ha una figlia), subendo una condanna per adulterio a causa della L E T T E R A T U R A denuncia del marito di lei. A seguito della lettura di Nietzsche e suggestionato dalla musica wagneriana, scrive il romanzo il Trionfo della morte (1894). Il 1894 è un anno di svolta: il rapporto con la Gravina, ormai in crisi, si appresta a essere rimpiazzato da quello con la grande attrice Eleonora Duse, incontrata a Venezia nel settembre di quell’anno: il dissesto finanziario e i debiti ereditati dal padre, morto l’anno precedente, lo incalzano, come altre volte, costringendolo a fughe precipitose e a impegni editoriali gravosi. Infine si trasferisce con la Duse a Settignano, vicino a Firenze, dove vive dal 1898 al 1910 in una lussuosa villa detta «la Capponcina». Qui compone i primi tre libri delle Laudi del cielo, della terra, del mare e degli eroi (Maia, Elettra e alcyone 1903), il romanzo Il fuoco (1900) e una tra le sue opere più fortunate per il teatro, La figlia di Iorio (1904). Nel 1905 alla Duse si sostituisce Alessandra di Rudinì, con la quale d’Annunzio prosegue una vita dispendiosa, segnata dalla passione per i cani e per i cavalli. Tanto negli anni con la Duse quanto in quelli successivi, con la Rudinì e poi con altre donne, la produzione teatrale prosegue alacremente, e con La nave (1907) d’ Annunzio raccoglie un altro grande successo. Nel 1897 si è intanto fatto eleggere deputato, presentandosi con la Destra, salvo passare clamorosamente nelle fila della Sinistra tre anni dopo per protesta contro la repressione del reazionario governo Pelloux. Nel 1910, costretto dai debiti contratti per mantenere la villa, va in Francia, dove compone (1912)Merope, quarto libro delle Laudi, e dove rimane in «esilio volontario» fino al 1915, circondato da numerosi ammiratori e attore di nuove avventure erotiche: con la contessa russa Natalja de Goloubeff e la danzatrice, russa anch’ella, Ida Rubinstein. Spinto da quest’ultima, compone testi in francese per il teatro, uno dei quali viene musicato da Debussy. Il contatto con l’Italia è intanto assicurato da un’ assidua collaborazione al L E T T E R A T U R A «Corriere della Sera», i pezzi per il quale confluiranno in gran parte nei volumi delle Faville del maglio, pubblicati nel 1924 e nel 1928. Nel 1915 torna in Italia, schierandosi tra gli interventisti e poi partecipando ad ardite imprese terrestri, navali e aeree. Perso l’ occhio destro in un incidente aereo, compone nel periodo d’ infermità le prose del Notturno (1916). Animato da fiero spirito nazionalistico (poté essere perciò precursore e poi seguace del fascismo), d’ Annunzio ritiene la vittoria italiana mortificata dalla mancata annessione all’Italia della città jugoslava di Fiume, e perciò la occupa di forza nel 1920, istituendovi un governo militare; ma dopo pochi mesi è costretto dalle truppe governative ad abbandonarla. Si ritira allora, nel 1921, a Gardone Riviera (sul lago di Garda) in una villa detta «Il Vittoriale degli Italiani» — una sorta di museo dedicato a se stesso — nella quale vive in disparte (con Luisa Baccara, ma senza rinunciare ad altre avventure amorose), curando l’edizione nazionale delle proprie opere, fino alla morte, avvenuta il 1° marzo 1938. L'ideologia Oltre che scrittore, d’Annunzio volle essere anche ideologo e politico, intervenendo in numerose occasioni su questioni decisive della vita civile nazionale e impegnandosi negli schieramenti parlamentari. Al di là dei molti cambiamenti intervenuti nel tempo, resiste la costante dell’ ideologia nazionalistica, che si esprime nell’adesione all’aggressività coloniale di Crispi, nell’interventismo durante la Prima guerra mondiale, con l’ appendice dell’impresa di Fiume, nel favore concesso alla guerra fascista in Etiopia. Il nazionalismo dannunziano ha alcuni punti in comune con quello di Pascoli, e tuttavia assume un’inclinazione più individualistica e pomposamente eroica, con aperte concessioni al razzismo. Gli interventi dannunziani esprimono una retorica roboante ed esibizionistica, fatta più per colpire che per indurre a L E T T E R A T U R A riflettere, mirante a persuadere e non a convincere; una retorica che inaugura quella fascista, e soprattutto mussoliniana, benché l’ adesione di d’Annunzio al regime sia, nella sostanza, problematica e non enza contraddizioni e incertezze. Sarebbe tuttavia sbagliato avvicinarsi all’ideologia dannunziana cercando di ricavarne le coordinate a partire dalle scelte politiche. L’ impegno con la Destra nel 1897, il passaggio poi clamoroso alla Sinistra tre anni dopo, il nazionalismo aggressivo e perfino volgare nel 1915, l’ impresa di Fiume, l’appoggio al fascismo sono tutti episodi gestiti all’interno di un progetto di vita, in cui conta innanzitutto la sensibilità ai processi in atto, ovvero la capacità di stare dalla parte ritenuta “giusta” (cioè quella vincente, oppure quella più appariscente e scandalosa). L’ideologia rintracciabile in d’Annunzio è da questo punto di vista “postpolitica”: scavalca cioè le differenze ideologiche, le inconciliabilità tra gruppi e partiti, perseguendo una logica che Non risponde tanto a criteri oggettivi, ai vincoli di “ideali” o di progetti organici e coerenti, quanto al bisogno soggettivo di ricavare il massimo utile dai meccanismi culturali della civiltà di massa. Questo atteggiamento spiega un aspetto almeno della rinascita d’interesse per d’ Annunzio negli ultimi vent’anni, in coincidenza con il diffondersi di una mentalità della quale egli sembra aver fornito un’anticipazione. Per un altro verso, la posizione dannunziana è invece “prepolitica”: vi è cioè una riduzione dell’io a puro istinto, a sensazione naturale. L’affermazione del soggetto coincide con la sua fusione panica nell’elemento naturale. L’identificazione con il superuomo, sulla suggestione di una lettura di Nietzsche assai unilaterale, avviene al di fuori dei conflitti storici e anzi al di fuori e al di là della storia. La sfida lanciata da d’Annunzio sceglie di ignorare le reali condizioni sociali entro cui egli trova a esprimersi. Ciò vuol dire che l’ideologia dell’autore accetta di muoversi dentro l’ orizzonte dell’ esistente, L E T T E R A T U R A senza aspirare in alcun modo a trasformarlo, considerandolo anzi come dato naturale. L’accettazione dell’esistente implica d’altra parte l’accettazione della letteratura come istituzione. Il protagonismo esibizionistico nasconde una sostanziale passività nei confronti del presente, delle sue strutture sociali e culturali, dei meccanismi di potere. Ciò si rivela per esempio nella subalternità agli interessi economici e all’ideologia delle classi dominanti. D’ Annunzio non rinuncia a esaltare l’aggressività imperialistica della nuova borghesia industriale, capace di far avanzare il progresso tecnico della moderna industria, ma anche di imporre l’ordine sociale, minacciato dal «tumulto» della «plebe» e della «canaglia», dalla «cieca demenza» delle masse popolari. In questa avversione per le masse, con dichiarato disprezzo per la democrazia e per le classi lavoratrici, d’Annunzio rifiuta d’altra parte di fare i conti con la degradazione sociale subita dalla figura stessa dell’ artista nella moderna società borghese; e ripropone un’idea della poesia come pienezza di canto e come esperienza superiore e privilegiata. La poetica L’arte è concepita da d’Annunzio come Bellezza, sia nel senso classicistico ereditato da Carducci (che egli non nasconde di voler riprendere e continuare), sia nel nuovo senso dell’estetismo decadente. Da una parte, dunque, d’Annunzio può proclamarsi l’ultimo umanista; dall’ altra proporsi quale moderno esteta al cospetto della società di massa. Questo atteggiamento complesso implica un rapporto di tensione con la nuova condizione dell’arte, ben presente nella riflessione di scrittori precedenti come Baudelaire o Zola, consapevoli che essa è ormai sottoposta alle leggi del mercato, che la gestisce come un prodotto qualsiasi. Per un verso d’Annunzio reagisce a questa “degradazione” negandola: la Bellezza è per lui L E T T E R A T U R A al di sopra di tutto, è un valore assoluto; ma per un altro verso egli è il primo a sfruttare con modernissima abilità i meccanismi complessi dell’ industria culturale, del mercato librario, delle mode: sa propagandare se stesso, costruendo il proprio successo e organizzando il consenso alla propria opera e il suo consumo di massa. Il paradosso messo in scena da d’ Annunzio è infine quello di offrirsi quale mito di massa nel momento stesso in cui costruisce una figura di genio solitario e superiore, che disprezza aristocraticamente la massa e si circonda di esperienze “esclusive” e raffinate. Queste contraddizioni possono essere risolte solo in una maniera: facendo coincidere l’arte e la vita, il privato e il pubblico, la Bellezza e la merce, facendo della propria esistenza e della propria opera esibizione, spettacolo, infine mercato. Fin dall’esordio, d’Annunzio mette in scena una sapiente tecnica di scambio e di confusione tra arte e vita: per esempio, diffonde la notizia della propria morte subito dopo aver pubblicato la raccolta poetica d’esordio, raccogliendo così alcuni importanti necrologi. Da tale momento l’arte tende a coincidere con la vita, e questa è gestita in funzione dell’ arte intesa quale istituzione pubblica. L’arte per l’arte implica la riduzione dell’ io a pura esteriorità, a recita sociale, con una revoca di quella tensione tra interiorità e realtà sociale, tra soggetto e mondo della produzione su cui si era sviluppata la cultura romantica. Da questo punto di vista l’ arte di d’Annunzio, pure così prepotentemente attraversata dalla soggettività, è un’arte senza soggetto, o almeno senza interiorità. La poetica dannunziana si affida, nelle frequenti dichiarazioni esplicite, a un’esaltazione del valore e del potere della parola: la «scienza delle parole» è la scienza «suprema»: «chi conosce questa, conosce tutto», dichiara d’Annunzio nel 1892. Ha già affidato al Piacere la parola d’ordine «il verso è tutto». Parola e verso, cioè linguaggio e forma, coincidono. In pochi L E T T E R A T U R A scrittori come in d’Annunzio il linguaggio è concepito solo in termini di formalizzazione. Non c’è infatti un “grado zero” del linguaggio: la parola di cui parla d’Annunzio è già la parola poetica, la parola dell’arte e l’ arte fatta parola. Ciò che cade al di fuori di questa coincidenza è privo di interesse e di valore; così come è priva di interesse e di valore quella vita che non sia a sua volta oggetto di formalizzazione, che non sia, secondo il motto dell’ Andrea Sperelli del Piacere, un’opera d’arte. È d’altra parte proprio sull’assenza di mediazioni che si fonda la percezione della vita come opera d’arte. E il rigetto delle mediazioni è il punto d’onore della poetica dannunziana, nonché dell’ideologia su cui essa si fonda. Di qui trae alimento il gusto costante per l’analogia quale tecnica privilegiata della rappresentazione, e quale criterio organizzativo della cono scenza: ogni cosa rimanda a un’altra; anzi: ogni cosa è un’ altra. Anche quando si affidi a strumenti di comparazione come la similitudine, che sanciscono in termini retorici il riconoscimento della mediazione razionale, d’Annunzio trova modo di annullare ogni limitatezza e ogni definizione. In Le stirpi canore, nell’Alcyone, le parole del poeta ono paragonate a vari aspetti della realtà naturale servendosi di ben quattordici similitudini: l’eccesso genera sperpero e sfoca le possibili corrispondenze puntuali, generando così una nebulosa puramente sensuale (musicale) e fantastica (alogica) di significato. Il soggetto stesso è coinvolto in questa dispersione dei confini, a sua volta gettato nel flusso della perfetta intercambiabilità analogica (io sono come... come... come...). Una forma radicale di questa fusione tra realtà oggettiva e soggetto conoscente, oltre che dei vari elementi della realtà in se stessa, è la sinestesia, figura infatti frequente nell’opera dannunziana. L’analogismo, la metafora, la sinestesia sono d’altra parte i modi per ristabilire il contatto tra uomo e natura, per scavalcare i limiti della civilizzazione senza fare però i conti con essi. L’arte è insomma anche un modo privilegiato per superare il L E T T E R A T U R A divario tra civiltà e natura, tra cultura e istinto; non già risalendo a una qualche dialettica tra i due termini ma fondendoli: «Natura e Arte sono un dio bifronte», è la diagnosi sintetica di d’ Annunzio, e il tentativo da lui perseguito è quello di dare vita a una scrittura che esprima e manifesti questa duplicità, una scrittura che sia il massimo dell’ artificialità presentato come il massimo della naturalezza. Queste caratteristiche della poetica di d’Annunzio lo mettono in collegamento con il Simbolismo europeo. Anzi, nel tentativo di cogliere il senso nell’infinita trafila delle corrispondenze — e cioè nell’analogismo interminabile — egli ne fornisce una versione perfino estremizzata.