PERCORSO MULTIDISCIPLINARE CORSO DI ELETTRONICA E TELECOMUNICAZIONI MARCO RAGONE V ET A a. s. 2010/2011 STORIA L’ETA’ DEL BENESSERE 1946 – 1973 L’età dello sviluppo Lo storico economico francese Jean Fourastiè ha coniato l’espressione “I trenta gloriosi” per mettere in evidenza l’eccezionalità dell’ondata di sviluppo economico che si verificò soprattutto nei paesi industrializzati tra il 1945 e il 1973. Nel trentennio successivo alla seconda guerra mondiale, i tassi del Pil triplicarono il loro valore: un fenomeno di crescita intenso e lungo nel tempo da non essere paragonabile a nessun’altra fase della storia moderna. Il bilancio della guerra non si chiudeva solo con sessantotto milioni di vittime, ma anche con immense devastazioni nell’agricoltura, nell’industria e nel patrimonio pubblico. Tutti i paesi belligeranti, a parte gli Stati Uniti, avevano impegnato nella guerra risorse economiche elevate; la conseguenza fu uno squilibrio profondo della bilancia dei pagamenti con l’estero e l’aumento dell’inflazione. Tutte queste conseguenze si scaricarono selle condizioni di esistenza delle popolazioni. Agli inizi del 1947 però la ricostruzione in Europa Occidentale poteva dirsi già conclusa, perché gli Stati Uniti furono in grado di imporre un nuovo ordine economico, da cui si sottrassero solo i paesi comunisti, fondato su un nuovo sistema monetario. Il nuovo sistema venne creato da Bretton Woods in una conferenza nel 1944: il dollaro affermò la sua supremazia e divenne mezzo di pagamento internazionale. Ciò determinò una più stretta integrazione dei sistemi economici capitalistici. Il rilancio produttivo dell’Europa Occidentale attraverso aiuti economici fu possibile grazie al “piano Marshall” voluto dal presidente Truman: inoltre, la stipulazione nel 1947 dell’Accordo generale sulle tariffe e sul commercio (Gatt) aprì una fase di libero scambio che aiutò ulteriormente lo sviluppo economico nell’area capitalistica. Tra i fenomeni più significatici della nuova fase liberoscambista vi fu la creazione della Comunità economica europea. Consapevole di essere inferiore di fronte al capitalismo americano ed est-europeo e superando l’ideologia nazionalista, l’Europa attuò una prima forma di cooperazione chiamata Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca), nata nel 1951 per scongiurare l’eventuale insorgere di un nuovo conflitto e per la necessità di consolidare la ricostruzione economica. Nel 1957, il trattato di Roma, firmato da Belgio, Francia, Repubblica federale tedesca, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, sancì la Comunità economica europea (Cee) la quale aveva la funzione di coordinare e promuovere le iniziative comuni fra gli stati membri, mirando ad un’unione economica sempre più stretta. La maggior realizzazione della Cee fu il Mercato comune europeo (Mec) che contribuì allo sviluppo economico e sociale dei paesi aderenti. Sempre nel 1957 venne creata la Comunità europea per l’energia atomica (Ceea o Euratom) basata su un’unione doganale per i materiali destinati allo sviluppo nucleare. La liberalizzazione del mercato e il nuovo sistema monetario si integrano con una nuova stagione di innovazioni tecnologiche. L’integrazione tra sviluppo economico e scienza ebbe l’effetto di ridurre i costi di produzione e di ampliare la gamma di prodotti. Il ventennio 1950-70 fu legato alla scoperta e all’utilizzazione soprattutto nel campo militare dell’energia atomica. Contemporaneamente, la possibilità di accedere con facilità e a prezzi irrisori nei paesi del Terzo mondo, favorì i consumi petroliferi. Ai bassi costi del petrolio e dell’energia furono legate tre importanti innovazioni: l’automobile, le materie plastiche e gli elettrodomestici. L’elettricità entrò in ogni casa consentendo ad ogni famiglia di ampliare il campo della comunicazione attraverso la televisione. Ma fu nel campo dell’elettronica che l’integrazione tra scienza e produzione industriale determinò i maggiori risultati: dimostrazione di ciò fu la costruzione nel 1948 del primo transistor che inaugurava l’era della televisione ma soprattutto del computer. La rivoluzione tecnologica modificò il modo di produrre determinando il passaggio all’automazione dei processi lavorativi, che consenti una riduzione dei costi enorme e un incremento della produttività. I fattori positivi dell’automazione furono affiancati anche da aspetti negativi i quali portano il nome di “disoccupazione tecnologica”. Lo scopo dell’automazione infatti è quello di sostituire la forza-lavoro umana con sistemi integrati di macchine; essa realizzò l’integrazione del processo produttivo, in grado di controllare tutte le fasi, dalla produzione alla commercializzazione del prodotto. Anche nei paesi dell’est-comunista questo ventennio fu caratterizzato da un’intensa crescita economica con la realizzazione di grandi impianti volti alla produzione siderurgica,chimica ed elettromeccanica. Ma il tentativo, fallito, di Chruscev, di avviare una riforma della pianificazione economica staliniana per favorire la popolazione all’accesso dei consumi, rivelò già alla fine degli anni sessanta la difficoltà del sistema comunista nel coniugare sviluppo economico a benessere individuale. La società dei consumi La triplicazione del Pil pro capite dei maggiori paesi occidentali ebbe come effetto una crescita intensissima dei consumi individuali. I fattori dello sviluppo consentirono una crescita dei consumi massiccia. Il modello economico americano, fondato sulla dilatazione dei consumi delle famiglie, si impose anche in Europa e in Giappone. Ad alimentare la crescita dei consumi contribuì l’incremento demografico affiancato da innovazioni scientifiche soprattutto in campo medico con l’arrivo della penicillina, antibiotici e vaccino contro la poliomielite. L’aumento della popolazione si intrecciò poi con la spinta all’urbanizzazione, dovuta alla diminuzione della popolazione nelle campagne e all’aumento dell’occupazione nell’industria e nel terziario. Ma il maggior sostegno ai consumi derivò dall’adozione di politiche di welfare, cioè dalla realizzazione di forme avanzate di stato sociale, da parte di tutte le nazioni democratiche Occidentali. Il welfare state; lo “stato del benessere” in Europa, poneva al centro dell’intervento pubblico la gratuità dell’assistenza sanitaria, l’estensione della previdenza sociale per le classi lavoratrici, l’istruzione e la casa. Il ruolo dello stato si dispiegò anche nella gestione dei comparti produttivi strategici acquisiti attraverso piani di nazionalizzazione messi in atto dai governi con i quali energia, banche, siderurgia e telecomunicazioni divennero di proprietà pubblica. Prese così vita un’economia “mista” nella quale l’iniziativa privata si combinava all’attività di soggetti economici pubblici Il nuovo ordine bipolare Contemporaneamente alla definizione del nuovo ordine economi cosi venne definendo un nuovo ordine internazionale. Questo di fondava sul riconoscimento che Usa e Urss, i veri vincitori della guerra, rappresentavano le due nuove potenze dominatrici su scala mondiale che il mantenimento della stabilità internazionale dipendeva da loro. Il nuovo ordine non poteva basarsi che sulla spartizione del mondo e dell’Europa, in aree si influenza, già decisa a Yalta nel 1945. Sempre a Yalta fu abbozzato un nuovo progetto per la soluzione delle controversie internazionali. Da questa decisione, nel 1948, sarebbe nata l’Onu. Questo nuovo assetto geopolitico sanciva il definitivo declino dell’Europa, divisa da una “cortina di ferro” fra l’occidente liberaldemocratico e l’oriente comunista. La divisione dell’Europa trovo in Germania il suo simbolo quando nel 1949 nacquero le due repubbliche, federale a ovest e democratica a est, e nel 1961 fu eretto il muro di Berlino dal governo comunista che divisi la città in due fino al 1989. La creazione del Cominform (nuovo organismo internazionale cui aderivano i partiti comunisti) e della Nato (organismo politicomilitare cui aderivano i paesi occidentali e il Giappone) metteva in evidenza il profondo deterioramento delle relazioni tra Usa e Urss. I due vincitori si sentivano impegnati in una competizione su scala planetaria tra sistemi economici e campi ideologici che avevano per oggetto l’egemonia mondiale. La prima dichiarazione di questo nuovo tipo di guerra la formulò Truman, presidente americano. L’azione americana si dispiegò su due fronti: da un lato avviare una politica di aiuti per accelerare la ripresa economica, dall’altro di impedire (“contenere”) la penetrazione del comunismo soprattutto nell’Europa. In Francia, Italia ed America Latina, i partiti comunisti furono esclusi dall’area del governo. Questa guerra non combattuta fra Usa e Urss vene chiamata “Guerra fredda”. Numerose invece furono le guerre locali o regionali, fra le quali si ricorda la guerra di Corea combattuta fra il 1950 e il 1953, che si verificarono in aree periferiche del pianeta. Ma la guerra militare vera tra Usa e Urss si svolse sul piano della ricerca tecnologica e della costruzione di due giganteschi arsenali militari nucleari che costituirono il maggior deterrente allo scontro diretto. Questo quadro conobbe un’evoluzione negli anni sessanta quando Chruscev e Kennedy aprirono una stagione di coesistenza pacifica. La pur sanguinosa guerra del Vietnam non interruppe la strategia della cooperazione internazionale. Il riaccendersi della guerra fredda alla fine degli anni settanta venne improvvisamente interrotta nel 1985 dalla comparsa della scena internazionale del nuovo segretario comunista Michail Gorbacev, un riformatore intenzionato a una trasformazione radicale del regime sovietico. Questo evento accelerò il crollo del regime comunista, che pose fine al sistema bipolare. La fine dei domini coloniali Alla fine del conflitto le potenze coloniali erano esauste dal punto di vista militare e produttivo; ciò favorì le colonie, a tal punto che nel giro di pochi anni gli stati dell’Asia e del Medio Oriente raggiunsero la piena indipendenza. Fu l’India, guidata da Gandhi, ad ottenere l’indipendenza nel 1947. Venne proclamata la nascita di due stati, l’Unione Indiana e il Pakistan, il primo a maggioranza induista, il secondo musulmano, ma ciò non bastò a placare odi religiosi e violenti conflitti. La forza del comunismo come guida dei movimenti d’indipendenza, ricevette sostegno dalla nascita della Repubblica popolare cinese nel 1949. In Cina come in India il nuovo governo aveva il compito di mutare un colosso demografico da una condizione di arretratezza a livelli di vita moderni. La fine del colonialismo europeo fece emergere una contraddizione di fondo dello sviluppo economico occidentale: la profonda ineguaglianza nella distribuzione delle risorse su scala mondiale. La conquista dell’indipendenza non rappresentò un miglioramento delle opportunità di sviluppo per il Terzo mondo. Il controllo delle materie prime, in larga scala possedute dai paesi poveri, avvantaggiava i paesi industrializzati; inoltre l’integrazione su scala planetaria del mercato aveva messo in crisi gli equilibri economici tradizionali. L’Italia del “miracolo” Come per molta parte del mondo occidentale, anche in Italia i primi tre decenni postbellici furono caratterizzati da un’onda di sviluppo economico di straordinaria intensità. L’appartenenza all’alleanza atlantica e l’egemonia politica della Democrazia cristiana costituirono il quadro politico e geopolitico all’interno del quale si avviò il decollo economico. L’Italia vide vent’anni di crescita ininterrotta. Questo processo fece parlare di “miracolo economico”: questa crescita comportò un generale miglioramento delle condizioni di vita, l’innalzamento della scolarizzazione e l’estensione dei consumi a nuovi beni quali gli elettrodomestici. Nel 1953 la Fiat aprì il nuovo stabilimento di Mirafiori, dove vennero prodotte la Seicento e la Cinquecento. Nel 1954 iniziarono le trasmissioni della televisione di stato, che costituì un potente fattore di omogeneizzazione culturale. La crescita industriale poggiò su una vasta rete di imprese pubbliche che garantivano a basso costo prodotti di base come acciaio, carburanti ed elettricità, alle imprese del Nord del paese. La cassa per il Mezzogiorno che doveva finanziare con denaro pubblico le imprese del Sud, fallì il suo obiettivo: migliaia di lavoratori agricoli disoccupati disposti a lavorare anche per salari bassissimi, si riversarono nelle imprese del Nord. L’abbandono delle campagne comportò una ancora più accentuata dipendenze dell’Italia dall’estero per i principali prodotti alimentari ma anche il degrado dell’agricoltura che non fu in grado di modernizzarsi. Ciò aggravò la crisi economica del sud, afflitto da analfabetismo e miseria. Lo sviluppò mostrava però i suoi costi sociali anche nelle fabbriche del Nord, con la discriminazione dei lavoratori sindacalizzati, bassi salari e pesanti condizioni di lavoro. I salari cominciarono a salire quando il mercato del lavoro iniziò a saturarsi e la manodopera specializzata pretese salari più alti. L’aumento dei prezzi che ne conseguì fece progressivamente scomparire il vantaggio competitivo dell’industria. In contemporanea si rafforzarono il movimento operaio e l’attività sindacale. A questo stato di cose e a una concomitante crisi le imprese reagirono attraverso la concentrazione in grandi gruppi e l’ammodernamento del processo produttivo. Di fronte alle trasformazione della società, la politica centrista entrò in crisi aprendo una nuova fase nella vita politica. Dopo il tentativo, stroncato da una reazione popolare, di Tambroni di formare un governo con l’appoggio del movimento sociale di ideologia fascista, vennero formati governi di centro-sinistra, guidati da esponenti riformisti della Dc come Aldo Moro e con la partecipazione dei socialisti. Il centro-sinistra realizzò la nazionalizzazione dell’industria elettrica e avviò la riforma della scuola media inferiore con l’estensione dell’obbligo scolastico al quattordicesimo anno di età. Ma le ampie ambizioni di riforme economiche e sociali furono ostacolate dalle forze imprenditoriali e dall’opposizione comunista. A queste forze fece riferimento il generale De Lorenzo nell’elaborare nel 1964 il “Piano solo”: esso fu soltanto la manifestazione della presenza di forze “oscure” in grado di destabilizzare il paese e di paralizzare qualunque incisiva riforma. D’altro canto; le intense lotte sindacali nelle grandi fabbriche, culminate nell’”autunno caldo”, del 1969, misero in luce un malessere sociale diffuso. In questo nuovo contesto fu approvato lo Statuto dei lavoratori (1970) e fu varata la legislazione sul divorzio (1974) mentre nelle elezioni il Pci registrò molti consensi. A scuotere la convivenza civile intervenne una lunga sequenza di attentati terroristici, compiuti anonimamente, con esplosioni di ordigni in luoghi pubblici, che furono causa di centinaia di morti. Il primo atto terroristico avvenne a Milano nel 1969 (bomba alla Banca nazionale dell'agricoltura); seguirono poi gli attentati di Brescia (1974), durante una manifestazione sindacale, e della stazione di Bologna (1980), con 92 vittime, sul treno Milano - Napoli (1984), solo per ricordare gli attentati di maggiore violenza. Le effettive responsabilità di chi mise le bombe e di chi ordinò di metterle non sono state completamente chiarite dalla magistratura. Secondo quanto le indagini riuscirono ad accertare e secondo alcune sentenze definitive, si capì che gli attentati erano opera di gruppi di estrema destra, con connivenze nei servizi di sicurezza deviati e con riferimenti in associazioni segrete, uniti dall'obiettivo (fallito) di destabilizzare il paese e di innescare una svolta autoritaria. Dalla metà degli anni Settanta il terrorismo praticato in Italia non fu solo quello di destra; si formarono gruppi clandestini di terroristi di sinistra (le Brigate Rosse e altre formazioni analoghe), che inizialmente effettuarono sequestri di persona e ben presto passarono ad attentati veri e propri, con ferimenti e omicidi di magistrati, uomini politici, poliziotti, giornalisti, professori universitari e sindacalisti. Loro scopo era di mettere in crisi lo stato democratico per provocare una rivoluzione anticapitalista. Il terrorismo di sinistra raggiunse il suo apice con il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro nella primavera del 1978. Il sessantotto Il fenomeno che costituì il maggiore elemento di instabilità negli anni sessanta fu la mobilitazione delle giovani generazioni, che per quasi un decennio incarnarono la critica più radicale dell’ordine economico e politico scaturito dalla seconda guerra mondiale; una contestazione che raggiunse il suo acme nel 1968. Il fatto saliente di questo insieme di eventi è che esso percorse trasversalmente i blocchi e le divisioni tra Nord e Sud del pianeta. Le ideologie che animarono il movimento di rivolta furono egualitarismo e libertarismo, umanesimo e radicalismo. Le conseguenze pratiche derivanti dal principio egualitario furono la lotta alla discriminazione razziale e sociale e concezione della politica come “partecipazione integrale”. Milioni di giovani, partendo dalla critica della cultura dominante, contestarono il potere costituito, disvelando le ingiustizie in nome dell’aspirazione utopica a una società liberata dall’incubo atomico, dalla disuguaglianza e dalla violenza. ITALIANO Neorealismo Il Neorealismo è una corrente che investe gli scrittori e i letterari italiani nel decennio immediatamente successivo alla seconda Guerra Mondiale. In questo periodo si sviluppa un nuovo movimento artistico e letterario che, per la sua tendenza a riavvicinarsi alla vita e a mettere allo scoperto le piaghe della società, prende il nome di Neorealismo. Il Neorealismo investe tutte le arti e in particolare il cinema dove offre le sue opere più rilevanti con Roma città aperta, Sciuscià, Ladri di biciclette di Vittorio De Sica, La terra trema e il cammino della speranza grazie alla suggestione delle immagini e all’immediatezza dei dialoghi. Nel campo letterario livellamento più evidente è la rottura con il passato, con una letteratura troppo formale e simbolica, lontana dai veri problemi della gente. Affermando il prevalere di interessi e problemi di contenuto piuttosto che di stile, si sente il bisogno di aderire alla realtà e di fare dell'arte un impegno civile e sociale. Si opta in pratica per una letteratura che si risolva in “cronaca“ degli avvenimenti, nella convinzione che debbano essere i fatti stessi a parlare, non mediati dalla letteraria. La materia da rappresentare diventa la realtà contemporanea o molto recente: la guerra, la Resistenza, l’occupazione delle terre, gli scioperi e la miseria. Si guarda con sempre maggiore interesse ai modelli realistici della trazione ottocentesca, da Tolstoj a Verga, impiegando tuttavia nuove forme di espressione narrativa e soprattutto un linguaggio non letterario, ma aderente alle forme e ai modi espressivi popolari, compresi il gergo e il dialetto. I generi letterari che meglio corrispondono a queste esigenze sono il romanzo, il racconto e la narrazione – documento, che sono al tempo stesso narrazione e riflessione storico – sociale. Tra gli autori più importanti del Neorealismo letterario ricordiamo, oltre a Vittorini, Pavese, Fenoglio, Moravia, Pratolini, Cassola e, almeno per la sua produzione giovanile, Calvino. Un posto particolare occupano poi nel quadro del Neorealismo le opere di Primo Levi, Carlo Levi e di Mario Rigoni Stern. Per il cinema, infine, si possono citare i capolavori di Vittorio De Sica, Ladri di biciclette (1948) e Umberto D. (1952), e di Roberto Rossellini, Roma città aperta (1945). Alberto Moravia Tra i protagonisti del panorama letterario italiano ed europeo del Novecento, un posto di rilievo lo occupa senz'altro Alberto Moravia, la cui parabola narrativa abbraccia l'intero secolo. Alberto Moravia, infatti, al secolo Alberto Pincherle, nasce a Roma nel 1907 e muore nel 1990. Per molti anni, e fino alla sua morte, egli è stato considerato dal pubblico e dalla critica il maggior scrittore italiano contemporaneo. Figlio della ricca borghesia romana, segnato precocemente dalla malattia che ne acuisce la sensibilità (di questa triste esperienza riferirà in Inverno di malato), Moravia ottenne il successo giovanissimo, a soli 22 anni, con la pubblicazione del romanzo Gli Indifferenti. Per certi versi anticipatore e comunque curioso di tutti i paradigmi culturali che hanno attraversato un secolo inquieto come il Novecento, dalla psicoanalisi (emblematico il romanzo Agostino) all'esistenzialismo (si legga, per esempio, La noia), dal marxismo più aggiornato alla fenomenologia, Moravia ha trasposto con efficacia le nuove idee nelle sue opere, diventando un punto di riferimento e uno specchio significativo del proprio tempo. Appassionato di viaggi, celebri i suoi reportage dall'Africa, continente che molto amava, tra i suoi molteplici interessi figurava anche il cinema, su cui teneva una seguitissima e apprezzata rubrica di recensioni su L'Espresso. I bene informati riferiscono che egli, metodicamente, si mettesse alla macchina per scrivere sin dal mattino presto e il pomeriggio lo consacrasse, accompagnato dalla sua immancabile "corte" letteraria, alle visioni cinematografiche. Il suo amore per il cinema era ricambiato. Numerosi sono i suoi romanzi e racconti trasposti felicemente sul grande schermo come La Romana (1954), La ciociara (1960) per la regia di Vittorio De Sica, Gli indifferenti (1963) del regista Francesco Maselli, La noia (1963) di Damiano Damiani, Il conformista (1970), diretto da Bernardo Bertolucci, La vita interiore (1980), La disubbidienza (1981) Centro delle sue narrazioni è quasi sempre l'intellettuale borghese in crisi, per lo più romano ed è Roma, di cui Moravia inventa una toponomastica tutta personale, una Roma sorniona e immobile, lo spazio geografico che fa da sfondo alle vicende raccontate. Moravia privilegiava ritrarre intellettuali, perché li riteneva, al contrario degli uomini d'affari e di altri professionisti, gli unici in grado di riflettere sulla propria condizione e di sviluppare un grado profondo e originale di autoconsapevolezza. La caratteristica principale della narrativa dello scrittore romano, per sua stessa ammissione e non solo per giudizio della critica, è l'uso del sesso e dell'erotismo come chiave di interpretazione delle vicende umane, prospettiva privilegiata per comprendere le relazioni fra le persone e capire un'intera società. Non stupisce, dunque, che uno dei temi centrali della sua opera narrativa sia la donna, che Moravia considerava più naturale dell'uomo, meno determinata dai condizionamenti della Storia. E di fronte al mistero della donna, dai comportamenti sempre sorprendenti, Moravia esprime meraviglia e incanto. Scontroso e introverso, Moravia fu scrittore "impegnato", sensibile ai problemi civili e sociali del proprio tempo. Per esempio paventò a lungo la distruzione del genere umano a causa del pericolo nucleare. La sua scrittura, che si realizza in uno stile caratteristico e originale, è connotata da un distacco critico dalla materia trattata, che taluni trovano persino irritante e da un linguaggio "medio", in apparenza arido e quasi burocratico, di cui lo scrittore si serve invece per oggettivare il più possibile la realtà e restituirne le miserie. Realista, fautore di una letteratura intesa come strumento di conoscenza del mondo e dell'uomo, Moravia si lamentava che il romanzo fosse considerato in Italia una lettura futile, un ozioso passatempo destinato al solo intrattenimento di una platea femminile. Un po' dimenticato dopo la morte, saranno i decenni futuri a indicarci il vero valore letterario di questo scrittore, uno dei pochi ad essere conosciuto e apprezzato anche fuori dai confini nazionali. Gli indifferenti ”Gli indifferenti” è il primo romanzo di Alberto Moravia e capolavoro della letteratura esistenzialista. Un ritratto lucido della borghesia italiana durante il ventennio fascista, che porta alla luce il materialismo e la carenza di valori morali che, secondo lo scrittore, contraddistingue il ceto sociale più alto della società italiana del Ventennio. È stato detto che il romanzo di Moravia ha il coraggio di demistificare il moralismo fascista presentando, al posto delle famiglie numerose, prospere e felici, operose e moralmente rette, così cara alla propaganda del regime, uno spaccato di vita borghese, corrotta, parassitaria e viziosa. Il romanzo “Gli Indifferenti”, pubblicato da Moravia nel 1929, esprime già nel titolo, l’apatia dei personaggi verso tutti e verso tutto, il loro torpore spirituale. Essi si piegano a tutte le situazioni e ai compromessi, anche i più degradanti, incapaci di reagire. Visto nel contesto della società del tempo, il romanzo svela le ipocrisie e la corruzione della borghesia romana e italiana in genere, del periodo fascista, quando il regime si sforzava di ammantarsi di decoro e perbenismo. Il romanzo è ambientato in una famiglia borghese: la madre vedova, Mariagrazia, i figli Carla e Michele. Leo, amante ormai annoiato della madre e attratto dalla figlia Carla. Moravia offre quadro impetuoso dello squallore morale che domina la vita dei protagonisti, legati ad un ambiente facoltoso e mondano dal quale non sanno affrancarsi, nonostante il patrimonio familiare sia quasi esaurito. Mariagrazia è un patetico ritratto di una donna non più giovane, che cerca di nascondere i segui del tempo, s’illude della fedeltà dell’amante e delle sue disponibilità a sostenere economicamente la famiglia. Leo, invece, è un uomo interessato e vizioso che non esita a corteggiare Carla e approfittare della sua debolezza. Carla dal canto suo appare animata da un senso d’insofferenza per la vita e per il rapporto con la madre e da un desiderio di cambiamento. Questo stato d’animo, però, anziché proiettarla al di fuori della famiglia, si risolve nell’accettare la corte di Leo. Michele disgustato dalla relazione di Carla con Leo, decide dopo molte incertezze, di affrontarlo, con l’intenzione di ucciderlo. Ma ha dimenticato di caricare la pistola. Il suo tentativo si svuota di senso e tutto ricade nella consueta “indifferenza” morale: anzi, Michele, elegante e sfaccendato, sembra adattarsi all’idea che Leo possa farsi carico anche di lui, magari procurandoli un lavoro. Rispetto agli altri protagonisti, Michele appare più lucido e consapevole. Infastidito dall’ingenuità della madre, disgustato dalla scelta di Carla, egli rivolge alla realtà famigliare uno sguardo analitico e riconosce nell’indifferenza il suo male. Michele denuncia il vuoto di sentimenti da cui si sente gravato: odio e amore sono per lui impulsi sconosciuti, passioni d’altri tempi. Egli è reso apatico e incapace di agire dal silenzio assoluto del cuore, dall’essenza d’energie ideali; vorrebbe rivivere in sé valori e sentimenti, agire con prontezza sull’onda di una gran forza interiore. Ma la sua volontà di reagire è debole, perché dal suo pensiero non nasce alcuna azione determinante. Perciò nulla cambia nella vita stagnante degli indifferenti. Le figure di Moravia, che possano far pensare all’inetto di Svevo, sono schiacciate da un’infelicità cupa e senza sbocco e la loro malattia esistenziale le condanna ad una vita meschina, priva di luce e di riscatto. La scrittura di Moravia è fredda, distaccata, ha il tono di un pezzo giornalistico su fenomeni di costume, con una cura delle rappresentazioni degli interni, degli abiti, degli ambienti. Il passo che riporta i pensieri di Michele (fumava e pensava, pensava e fumava) offre un ritratto preciso del gusto maschile nella società “bene” degli anni 30. Il romanzo di Moravia è sicuramente un modo di rappresentare, al di la delle apparenze e con velata ironia, la società italiana degli anni 30, lontana dagli ideali proposti e propagandati del regime. Non a caso la narrativa di Moravia non fu ben vista dal regime. ELETTRONICA Sistemi di conversione ADC e DAC Nella maggior parte delle applicazioni industriali, l’elaborazione di dati relativi ad un processo fisico da controllare, costituisce il problema centrale da risolvere. Lo sviluppo dei microcontrollori ha consentito di utilizzare tecniche digitali con precisione e affidabilità elevatissima, sia nel campo dell’acquisizione ed elaborazione dei segnali che nella trasmissione a distanza dei dati. Nella maggior parte dei casi, le grandezze fisiche sono di tipo analogico, nasce perciò l’esigenza di interfacciare il processo fisico con un sistema digitale che acquisisce ed elabora dati. Questi sistemi sono rappresentati appunto dai convertitori ADC e DAC, che costituiscono i componenti fondamentali di ogni sistema di elaborazione numerica per l’analisi e l’interazione con i processi fisici. Possiamo dire che un segnale è definito analogico quando varia con continuità ampiezza nel tempo. In maniera più rigorosa, in un intervallo di tempo finito assume valori infiniti. Un segnale digitale (o numerico) è caratterizzato da una discretizzazione sull’asse delle ampiezze. In maniera diversa, in un intervallo di tempo finito assume un numero finito di valori, espressi come combinazioni di due simboli diversi “0” del “1” del sistema binario e con codici diversi. Numericamente un segnale digitale viene rappresentato col sistema binario in cui sono definiti due campi di valori delle grandezze, all’interno dei quali l’informazione associata non cambia significato. Col termine conversione si indica la trasformazione di alcuni parametri di un segnale elettrico mantenendo invariata la quantità di informazione posseduta dal segnale stesso. L’enorme sviluppo delle tecniche digitali e l’uso sempre più diffuso dei computer nei sistemi elettronici, rende fondamentale lo studio dei convertitori DAC e ADC che sono i dispositivi di interfacciamento per il colloquio tra il mondo digitale e quello analogico e viceversa. I convertitori DAC e ADC trovano applicazione, grazie all’odierna disponibilità a basso costo, anche nella costruzione di strumenti di misura con visualizzazione numerica delle grandezze analogiche (corrente, tensione, resistenza, frequenza, ecc..). DAC – Digital to Analog Converter Convertitore DAC Con Rete A Scala R-2R ADC – Analog to Digital Converter Convertitore ADC Ad Approssimazione Successiva Area di progetto Voltmetro digitale a tre cifre Schema elettrico Elenco componenti e strumenti utilizzati Trimmer R1 da 47kΩ Resistenza R2 da 100kΩ Trimmer R3 da 10kΩ Trimmer R4 da 47kΩ N.3 Transistor BC327 N.3 Display ad anodo comune Condensatore C1 da 100nF Condensatore C2 da 220nF Interruttore Integrato AC 3161 Integrato AC 3162 Basetta mille fori Contenitore plastico Alimentazione Saldatore e stagno Cavi di collegamento Questo circuito è un funzionale Voltmetro digitale a 3 cifre realizzato con soli due circuiti integrati. Si è pensato di realizzare questo progetto in quanto uno dei due integrati, vale a dire il CA 3162, è un convertitore AD con 4 uscite codificate in codice BCD. Mentre l’integrato CA 3162 è un convertitore AD, l’integrato CA 3161 esegue la decodifica del codice BCD fornito dal convertitore, ed in base al codice ricevuto in ingressi, pilota i tre display a 7 segmenti. In precedenza si è parlato abbondantemente di come funziona un convertitore e le sue caratteristiche. Ora occorre comprendere le caratteristiche del codice BCD. Il nome di codice BCD deriva dall’acronimo di Binary Codec Decimal (codifica binaria del codice decimale). In effetti, il codice BCD permette la codifica, mediante quattro bit primari, delle dieci cifre decimali del nostro sistema di numerazione. Questo codice appartiene alla famiglia di codici solamente numerici. Esso ha bisogno necessariamente di quattro bit per rappresentare tutte le cifre del sistema decimale, ma lascia inutilizzare ben sei delle possibili combinazioni dei quattro bit. Ogni bit ha un valore in funzione della propria posizione occupata (sistema pesato). Il numero di bit necessari per esprimere una cifra decimale in BCD è più elevato di quello necessario per codificarlo in binario puro. Il codice BCD gode di un’interessante proprietà relativa alla somma: - si sommano i quatto omologhi di quattro bit che costituiscono le singole cifre degli addendi; - si potranno quindi avere dei riporti, se il risultato dovesse superare i codici esprimibili con 4 bit, dovremmo aggiungere 6 = 0110 al risultato stesso. Se invece non vi è riporto ma il risultato della somma supera i quattro bit cade in una delle sei combinazioni che non hanno significato in codice BCD, dovremmo, anche qui, aggiungere 6 = 0110 al risultato stesso. In egual modo risolveremo le sottrazioni. Funzionamento del circuito L'integrato CA 3162 converte la tensione d'ingresso (presente tra i pin 10 ed 11) in codice BCD. Questo codice viene fornito sui piedini 1, 2, 15, 16, collegati al driver dei display (CA 3161). Il driver in base alle formazioni digitali ricevute pilota i display che a sua volta vengono abilitati dal convertitore AD per mezzo dei collegamenti sui pin 3, 4, 5. Il 1° display indica le unità, il 2° display indica le decine mentre il 3° display indica le centinaia. Con il variare della combinazione del codice BCD variano i LED accesi o spenti all'interno dei display, quindi variano le cifre visualizzate. Le combinazioni e le cifre corrispondenti ad esse sono indicate nel datasheet del CA 3161. Taratura del circuito Per tarare il circuito innanzitutto bisogna alimentarlo con una tensione di +5V. In seguito occorre mettere in corto i due cavi d’ingresso e agire sul trimmer Azzera affinché sui display si visualizzi 000. Successivamente si possono mandare in ingresso pochi Volt agendo sul trimmer d’ingresso e misurando con un multimetro digitale, fra il piedino centrale del trimmer e massa, un valore di circa 850mV. In queste condizioni si può regolare il trimmer Gain affinché segni lo stesso valore che si è visualizzato sul multimetro. Note sulla realizzazione I piedini del display con uguale lettera vanno collegati in parallelo. I trimmer utilizzati sono di tipo multigiri. Per un corretto funzionamento è consigliabile utilizzare alimentazioni separate rispetto alle tensioni da misurare, altrimenti avendo la massa in comune si creano delle piccole variazioni di tensione sull’ingresso che si ripercuotono con un continuo cambio dell’ultima cifra. N.B. Il filo di massa dell’ingresso è diretto al pin 10 del CA 3162 e solo dopo il pin 10 a sua volta è collegato a massa. Visione dello strumento Parte interna Trimmer Azzera Trimmer Gain Trimmer d’ingresso Conclusioni La realizzazione del circuito nel complesso è stata abbastanza semplice. Il circuito è stato prima provato su una breadboard e successivamente si sono saldati i componenti su una basetta mille fori ed infine assemblato il tutto. Si sono avute difficoltà nel saldare i 3 display in quanto sono stati disposti in uno spazio molto ristretto ed il collegamento dei piedini in parallelo ha reso il compito ulteriormente complesso. Infine si può sostenere che l’esperienza ha avuto esito positivo. Lo strumento è funzionale e la sua scala di misura va da piccole tensioni negative ad un massimo di 999mV. Dopo la tensione massima i display emettono il messaggio di errore EEE. Lo strumento infine presenta un piccolo errore di misurazione il quale può essere dovuto ai collegamenti molto lunghi o a fattore esterni. INGLESE Stepper motor The stepper motor also called step or stepper motor is a synchronous DC brushless motor whose rotation can be split their rotation in a large number of steps. The position of the motor can be accurately controlled without relying on controlling the closed loop (feedback) if size and type of the engine application are appropriately chosen. It is considered the ideal choice for applications that require precision in the angular displacement and speed of rotation, such as robotics , the frames of the telescopes and servomechanisms in general. However recently they are often replaced by brushless motors or actuators, voice coil for high-end applications. The stepper motors are traditionally divided into three main groups: permanent magnet motors, reluctance motors and hybrid engines, the latter being the best. In fact, almost all of those available today are just the third kind. A hybrid drive consists of a rotor and a stator. The rotor looks like a pair of gears and shaft itself side by side (the "teeth" are called bowls) made of a magnetic core and the cups made of ferromagnetic. In the rotor there are no electrical wires, and then completely lacks any electrical connection between the moving and fixed. The stator is the classic set of windings and magnetic circuit consists of 4 or more frequently, 8 "pole". Inside the stator teeth there are small ones that look exactly the rotor. Wrapped around the magnetic poles of the stator there are wires which can generate a magnetic field, when carrying current. The feedings of the various windings are on the outside, so the phases may be wrapped in two schemes. If there are only two windings and two pairs of wires coming out, this is known as bipolar motors. If there are four windings wrapped in pairs in antiparallel on the pole, outside they are at least five wires. In this case we can talk of unipolar motors since in the single phase the current has always the same direction. The stepper motors are engines which, unlike all others, are meant to firmly hold the shaft in a equilibrium position: if they are fed, they get stuck in a precise angular position. It is possible to obtain the rotation only indirectly: according to an appropriate sequence, a series of impulses should be sent to the engine in order to make the equilibrium position move. It is this way it is possible to make the shaft rotate on the desired position and speed by simply counting the impulses and setting their frequency , since the equilibrium positions of the shaft are mechanically determined with high precision. TRADUZIONE Motore passo-passo Il motore passo-passo spesso chiamato anche step o stepper è un motore elettrico sincrono in corrente continua senza spazzole che può suddividere la propria rotazione in un grande numero di step. La posizione del motore può essere controllata accuratamente senza dover ricorrere al controllo ad anello chiuso (feedback) se la taglia ed il tipo di motore sono scelti in modo adeguato all'applicazione. È considerato la scelta ideale per tutte quelle applicazioni che richiedono precisione nello spostamento angolare e nella velocità di rotazione, quali la robotica , le montature dei telescopi ed i servomeccanismi in generale. Tuttavia ultimamente vengono spesso sostituiti da motori brushless o da attuatori voice-coil per le applicazioni di fascia alta. I motori passo-passo si dividono tradizionalmente in tre grandi gruppi: motori a magnete permanente, motori a riluttanza variabile e motori ibridi; questi ultimi sono i migliori. In realtà la quasi totalità di quelli oggi reperibili sono proprio del terzo tipo. Un motore ibrido è costituito da un rotore e da uno statore. Il rotore appare come una coppia di ruote dentate affiancate e solidali all'albero (i "denti" sono chiamati coppette) costituite da un nucleo magnetico. Nel rotore non sono presenti fili elettrici e quindi manca completamente ogni connessione elettrica tra la parte in movimento e quella fissa. Lo statore appare come il classico insieme di avvolgimenti ed il circuito magnetico è costituito da 4 o, più frequentemente, 8 "espansioni polari". All'interno dello statore sono presenti piccoli denti che si affacciano esattamente a quelli del rotore. Avvolti intorno ai poli magnetici dello statore ci sono i fili che, opportunamente percorsi da corrente, generano il campo magnetico. All'esterno sono evidentemente presenti le alimentazioni dei vari avvolgimenti; in pratica le fasi possono essere avvolte secondo due schemi. Se sono presenti due soli avvolgimenti e quindi all'esterno arrivano due sole coppie di fili si parla di motori bipolari. Se sono presenti quattro avvolgimenti avvolti a coppie, in antiparallelo, sulle espansioni polari; all'esterno arrivano almeno cinque fili. Si parla in questo caso di motori unipolari in quanto la corrente nella singola fase ha sempre lo stesso verso. I motori passo-passo sono motori che, a differenza di tutti gli altri, hanno come scopo quello di mantenere fermo l'albero in una posizione di equilibrio: se alimentati si limitano infatti a bloccarsi in una ben precisa posizione angolare. Solo indirettamente è possibile ottenerne la rotazione: occorre inviare al motore una serie di impulsi di corrente, secondo un'opportuna sequenza, in modo tale da far spostare, per scatti successivi, la posizione di equilibrio. È così possibile far ruotare l'albero nella posizione e alla velocità voluta semplicemente contando gli impulsi ed impostando la loro frequenza , visto che le posizioni di equilibrio dell'albero sono determinate meccanicamente con estrema precisione. TELECOMUNICAZIONI Modulazione di durata PWM La tecnica di modulazione PWM (Pulse Width Modulation) viene utilizzata per regolare il Duty Cycle di un segnale in modo da trasportare informazioni lungo un canale oppure controllare la tensione ai capi di un carico. Una modulazione PWM è costituita da un comparatore al cui ingresso invertente si applica un segnale a dente di sega. All’ingresso non invertente si applica la modulante. Nell’intervallo di tempo in cui la modulante ha ampiezza maggiore del segnale a dente di sega, prevale il segnale all’ingresso non invertente dell’operazionale e l’uscita di questo si porta alla saturazione positiva e quindi a livello alto. Nell’intervallo di tempo in cui la modulante ha ampiezza minore del segnale a dente di sega, prevale il segnale di ingresso invertente del’operazionale e l’uscita di questo si porta a livello basso (saturazione negativa). Di conseguenza la durata del livello alto degli impulsi generati dipenderà dall’ampiezza della modulante come richiesto dalla modulazione impulsiva PWM. DIRITTO Agevolazioni per l’impresa Le diverse agevolazioni finanziarie che possono essere concesse a chi avvia una nuova attività di impresa (non rientrano, quindi, i lavoratori autonomi, tranne nel caso del Prestito d’onore) vengono erogate principalmente sotto forma di finanziamento a tasso agevolato e/o di contributo a fondo perduto. Il finanziamento è in sostanza un prestito che viene solitamente concesso ad un tasso di interesse più basso di quello che si potrebbe ottenere, ad esempio, dalle banche. Spesso prevede un periodo di preammortamento in cui, cioè, non vanno restituite quote del capitale prestato, ma solamente gli interessi sullo stesso. Quasi sempre i finanziamenti a tasso agevolato devono essere supportati da garanzie reali e/o personali e vengono erogati dopo che l’attività è stata avviata. Il contributo a fondo perduto, che solitamente viene calcolato in percentuale sulle spese ritenute ammissibili, non prevede alcuna restituzione di capitale, né il pagamento degli interessi. Viene di solito erogato nel momento in cui vengono presentate le fatture quietanzate relative alle spese ritenute ammissibili. Per i giovani che desiderano avviare un’impresa sono disponibili finanziamenti ed agevolazioni fiscali. Il parametro principale per l’idoneità al finanziamento è l’età: vengono infatti considerate “giovani” quelle imprese la cui maggioranza dei soci abbia un’età compresa tra i diciotto ed i ventinove anni, e quelle in cui la totalità dei membri costituenti abbia un’età tra i 18 ed i 35 anni. I criteri sono stabiliti dalla legge 95/95, che prevede come tetto massimo del progetto di investimento finanziabile, costituito dalla somma di contributi a fondo perduto e di finanziamenti agevolati, la somma di € 2.500.000, i cui massimali variano da regione a regione sino al tetto del 90%. Legge 29 marzo 1995, n. 95 (ex legge 44/86) Interventi per lo sviluppo dell’imprenditorialità giovanile È una legge nata per agevolare la creazione di nuove imprese da parte di giovani. Per essere ammesse ai benefici che tale legge prevede, infatti, le società devono essere costituite in prevalenza da persone di età compresa tra i 18 ed i 35 anni. La residenza dei titolari e la sede dell’impresa devono, inoltre, ricadere nelle aree indicate come “depresse” dalla Comunità Europea. Alle società ammesse all’agevolazione sono concessi aiuti sugli investimenti, che consistono in contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati. Non esiste una percentuale predefinita di aiuto in termini dell’uno o dell’altro perché ogni azienda costituisce un caso a sé e l’ammontare delle agevolazioni viene di volta in volta stabilito in base ad una serie di parametri. Legge 23 maggio 1997, n. 135 Agevolazioni per giovani agricoltori A differenza della 95/95 che prevede finanziamenti per le imprese (anche agricole) solo se di nuova costituzione, con la 135 possono richiedere le agevolazioni previste i soggetti con i seguenti requisiti: imprenditori agricoli a titolo principale - giovani che subentrino ad un parente entro il secondo grado nella conduzione dell’azienda agricola, assumendo la responsabilità civile e fiscale della gestione. La legge finanzia, cioè, solo imprese già esistenti (quindi le agevolazioni riguardano ammodernamenti e ampliamenti) i cui titolari, residenti nei territori agevolati abbiano un’età compresa tra i 18 ed i 35 anni. Legge 19 luglio 1993, n. 236 - art. 1bis Interventi per lo sviluppo dell’imprenditorialità giovanile nei settori della fruizione di beni culturali, del turismo e della manutenzione delle opere civili ed industriali Prevede agevolazioni per la creazione di nuove imprese giovanili operanti nei settori della fruizione di beni culturali, del turismo, della manutenzione di opere civili e industriali, dell’innovazione tecnologica, della tutela ambientale, dell’agricoltura e della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agroindustriali. La legge concede agevolazioni finanziarie per le spese di investimento ritenute ammissibili sotto forma di finanziamento a tasso agevolato e di contributo a fondo perduto e per le spese di gestione sotto forma di contributo per i primi anni di attività. Legge 28 novembre 1996, n. 608 - art. 9 septies Prestito d’onore È una legge rivolta esclusivamente alle imprese realizzate in forma individuale e alle iniziative di lavoro autonomo realizzate da inoccupati e disoccupati residenti nei territori di applicazione della legge (vedere riquadro a fine articolo). Possono, inoltre, usufruire del prestito d’onore i Lavoratori Socialmente Utili residenti su tutto il territorio italiano. Sono ammessi progetti inerenti qualsiasi settore produttivo che prevedano un volume di investimenti complessivamente non superiore a 50 milioni di lire. Gli investimenti sono finanziabili per il 60% in forma di contributo a fondo perduto ed il 40% sotto forma di finanziamento a tasso agevolato. Per accedere a tale agevolazione è necessario superare una selezione e frequentare un apposito corso di formazione obbligatorio. MATEMATICA Integrale indefinito SISTEMI Cenni sui sistemi di acquisizione dati Per sistema di acquisizione dati, si deve intendere qualsiasi sistema in grado di rilevare e memorizzare grandezze analogiche e/o digitali. Esso è composto da 6 blocchi essenziali: · Il trasduttore fa il primo passo: trasforma una grandezza fisica in una grandezza elettrica · Il circuito di condizionamento amplifica, filtra e standardizza il segnale fornito dal trasduttore. Si utilizza perché gli ADC hanno bisogno di una tensione standard che va in genere o da 0 a 5 volt o da 0 a 10 volt o, se bipolare, da -1V a +1V. · Il Sample and Hold (S/H) (campionamento e tenuta) funziona come un interruttore comandato da un segnale di clock con frequenza fck quando l' interruttore è chiuso il condensatore si carica e il segnale passa (sample) se l' interruttore è aperto il condensatore si scarica mantenendo lo stato precedente (Hold). · L'analog digital converter (ADC) è il convertitore analogico digitale che converte un segnale analogico in una stringa binaria. · L' elaboratore elabora il dato fornito dall' ADC (computer). Nei sistemi di acquisizione e distribuzione dati controllati da un microprocessore, da un microcontrollore o da un PC, assume particolare importanza conoscere le tecniche di interfacciamento dei dispositivi utilizzati nelle catene di acquisizione e distribuzione dati(convertitori A/D e D/A, S/H, MULTIPLEXER) e degli elementi base del software utilizzato per gestire vari dispositivi. Al fine di sapere operare con i dispositivi presenti nelle catene di acquisizione e distribuzione, si espongono dei semplici esempi di interfacciamento di tali dispositivi con tipici microcontrollori. La scelta di illustrare l’interfacciamento dei dispositivi presenti nelle catene di distribuzione e acquisizione con i microcontrollori, è suggerita dal fatto che, in questo modo, è possibile effettuare semplici prove con i vari dispositivi reperibili in commercio. SCHEDA DI INTERFACCIA USB (VM110) Per l’interfacciamento al computer ci siamo serviti della scheda USB VM110 (versione montata e collaudata del kit K8055 distribuita da Nuova Futura Elettronica). Maggiori informazioni sono disponibili sui siti: www.velleman.be o su quello del distributore italiano www.futuranet.it La scheda dispone di 5 canali di ingresso digitali e 8 canali di uscita digitali. In più, sono presenti due ingressi analogici e due uscite analogiche caratterizzate da una risoluzione di 8 bit. Il numero di ingressi/uscite può essere espanso in seguito collegando fino a un massimo di 4 schede al connettore USB del PC. Questa scheda, collegata al PC tramite la porta USB, consente di controllare delle uscite analogiche e digitali nonché di "leggere" degli ingressi sia analogici che digitali. Per rendere più agevole la realizzazione di un programma personale, sulla scheda sono presenti alcune risorse per simulare segnali di ingresso di vario genere nonché led di segnalazione sulle varie uscite. Tutte le routine di comunicazione sono contenute all'interno della Dynamic Link Library (DLL) K8055D.DLL fornita insieme al kit. Di seguito si riportano le principali caratteristiche della scheda di interfaccia. · 5 ingressi digitali (0=massa, 1=aperto) (tasto di test disponibile sulla scheda) · 2 ingressi analogici con opzioni di attenuazione e amplificazione (test interno di +5V disponibile) · 8 uscite digitali open collector (valori massimi: 50V/100mA, LED di indicazione sulla scheda) · 2+2 uscite analogiche (da 0 a 5V, impedenza di uscita 1,5K) o onda PWM (da 0% a 100% uscite di open collector; livelli massimi: 100mA/40V, indicatori a LED presenti sulla scheda), tempo di conversione medio: 20ms per comando · alimentazione richiesta dalla porta USB: circa 70mA · funzione di conteggio sugli ingressi 1 e 2 con possibilità di impostare il periodo dell'antirimbalzo. Nella seguente figura si mostra la scheda di interfaccia USB Pilotaggio di un motore passo-passo utilizzando la scheda di interfaccia USB (VM110) Una prima applicazione della scheda di interfaccia USB è stata il pilotaggio di un motore passo-passo. L’interfaccia grafica in seguito riportata ci da una visione generale di ciò che è stato realizzato. Essa è stata realizzata utilizzando Visual Basic; le istruzioni necessarie per scrivere questo programma sono riportate successivamente. L’interfaccia grafica è stata divisa in più sezioni: una relativa alla connessione della scheda, una dedicata ai movimenti, una riservata ai comandi di rotazione ed infine una relativa all’immissione del numero di step al secondo. Funzionamento del programma Connessa la scheda al Computer, si può procedere con l’aprire il programma realizzato in VB. Nella sezione relativa alla connessione, si può premere il pulsante Connetti USB: nella Label sottostante al pulsante comparirà la scritta connected nel caso in cui la scheda è connessa correttamente; in caso contrario il messaggio sarà not found. Quando la scheda è correttamente interfacciata, si può collegare il motore passopasso alle uscite digitali open collector. I questo momento, utilizzando il programma scritto, si possono inviare determinati comandi al nostro motore. Nella sezione Movimenti è possibile creare una lista, visualizzabile nella ListBox, di svariati movimenti da far effettuare al motore, tenendo conto dei passi e della direzione. Mediante altri pulsanti è possibile salvare la lista in C:\, aggiungere altri movimenti, cancellare un singolo movimento o l’intera lista. Nella TextBox Step/sec è possibile inserire il numero di step al secondo da far compiere al motore; in questo modo si regola la velocità di rotazione. Le Shape poste in alto nell’interfaccia grafica, si coloreranno quando il motore andrà in funzione, in base al valore binario di Output che la scheda elaborerà. Nella Label sovrastante, comparirà il numero decimale corrispondente al valore di output. Alcuni esempi di funzionamento Il motore passo-passo ha 5 terminali di cui 4 collegati a 4 delle 8 uscite digitali open collector mentre il rimanente collegato ad una alimentazione di +5V. Collegata la scheda al Computer tramite il cavo USB, si è avviato il programma creato in VB. Con quest’ultimo, come parlato in precedenza, è stato possibile inviare comandi al motore ed anche creare liste di comandi eseguibili in sequenza variando solo lo step/sec. Questa è la schermata della scheda con il relativo motore in funzione. Come si può osservare nella sezione movimenti è visibile la lista dei movimenti dati a nostro piacimento. In questo caso il motore effettuerà 10 step in rotazione oraria, 20 step in rotazione antioraria, 15 step durante i quali il rotore sarà fermo, ed infine 30 step orari e 70 step antiorari. La velocità con la quale sarà completato il ciclo è di 5 step/sec. Motore avviato Successivamente viene riportato un secondo esempio. La lista dei movimenti è uguale alla precedente; varia esclusivamente la velocità di rotazione la quale è pari a 100 step/sec. Motore avviato In quest’ultimo filmato si concentra l’attenzione ai Led posti in corrispondenza delle uscite digitali. Essi si accenderanno in base al valore binario di Output che la scheda elaborerà. Ciò, come già detto in precedenza, accadrà anche per gli Shape nell’interfaccia grafica.