I CEREALI La coltivazione e il consumo dei cereali risalgono a epoche remote: quasi certamente costituiscono le prime piante utilizzate dall'uomo in campo alimentare. Il nome «cereali» deriva probabilmente da Cerere, la dea latina protettrice delle messi. Si tratta di piante erbacee appartenenti alla famiglia delle Graminacee (fatta eccezione per il grano saraceno, della famiglia delle Poligonacee) coltivate per i loro frutti o cariossidi che, come tali o più frequentemente macinati, sono alla base dell'alimentazione umana e del bestiame. 1 La distribuzione geografica delle colture cerealicole dipende principalmente dalle esigenze climatiche e ambientali delle piante, ma anche dalle abitudini alimentari delle varie popolazioni. Nei Paesi caldi, si coltivano in prevalenza il riso, il granturco e il sorgo; in quelle a clima freddo-temperato, il frumento, la segale, l'orzo e l'avena. I cereali sono piante annuali Il loro valore alimentare è dovuto all'elevato contenuto in amido e al minimo tenore in grassi. Le proteine, presenti in quantità limitata e carenti di alcuni amminoacidi essenziali, in particolare di lisina, non sono facilmente assimilabili in quanto associate a strutture cellulosiche. Queste caratteristiche fanno sì che i cereali rappresentino degli ottimi alimenti energetici a basso costo, che però devono essere integrati da cibi proteici complementari, come avviene spontaneamente nei piatti della cucina popolare di tutto il mondo (pasta e fagioli, polenta e latte, pane e formaggio, riso e legumi ecc.). 2 BIOTECNOLOGIE AGROALIMENTARI Le carenze nutrizionali dei cereali si manifestano in modo evidente in quelle popolazioni del Sud del mondo per le quali essi costituiscono spesso l'unica fonte alimentare. La preparazione di sementi selezionate, in grado di fornire cereali più ricchi di proteine, e l'aggiunta di amminoacidi e vitamine alle farine, sono tra i metodi attuati per sconfiggere questo grave problema. Mediante le biotecnologie, si stanno coltivando piante con particolari peculiarità, per esempio maggiore resistenza ai parassiti e alle malattie, maturazione anticipata ecc., apparentemente uguali a quelle naturali. Un esempio di prodotto biotecnologico viene fornito dal mais Bt resistente all'attacco di insetti, ottenuto introducendo nel DNA il gene di un batterio (Bacillus thuringensis) capace di sintetizzare una glicoproteina (detta Cryal-B) dotata di azione insetticida nei confronti delle larve di farfalle della famiglia delle piralidi, i parassiti più pericolosi per questa coltura. 3 L'argomento è oggetto di vivaci discussioni. La legge europea regolamenta gli OGM (organismi geneticamente modificati) con una direttiva che impone di dichiarare la loro presenza tra gli ingredienti in etichetta, fino a quantitativi superiori allo 0,9% del prodotto, e con un'altra che regolamenta la loro produzione e immissione sul mercato. L'applicazione delle biotecnologie interessa, oltre al mais, numerose altre piante tra cui il riso, il grano tenero, la soia, il cotone, la colza, la barbabietola, il pomodoro, la patata e potenzialmente tutte le specie coltivate. Nonostante i notevoli vantaggi che le biotecnologie possono apportare per far fronte alle necessità alimentari mondiali (si pensi, per esempio, alla produzione di piante resistenti alla siccità o con proteine ad alto valore biologico), permangono dubbi e perplessità sugli eventuali rischi. OGM 4 IL FRUMENTO Il frumento o grano è il cereale più coltivato e consumato in Italia. Appartiene al genere Triticum che, a sua volta, si suddivide in tre gruppi in base al numero dei cromosomi. Esistono, infatti, frumenti diploidi, tetraploidi, tra cui compare il Triticum durum, ed esaploidi, a cui appartiene il grano tenero o Triticum vulgare. Le specie più coltivate sono il grano duro (Italia meridionale e insulare) e quello tenero (Italia centrale e settentrionale). Le differenze bromatologiche tra i due tipi di grano sono minime; oltre al diverso numero di cromosomi, il grano duro ha un contenuto lievemente superiore di proteine. Notevoli, invece, risultano le differenze nei prodotti della loro macinazione: il grano duro dà origine a semole e semolati dai granuli grossi, con spigoli netti e colore leggermente ambrato, da destinare prevalentemente alla produzione delle paste; dal grano tenero si ottengono le farine, con granuli piccoli, tondeggianti e di colore bianco, dalla cui lavorazione si ricava il pane. 5 Viene definito impropriamente semiduro il grano tenero da cui si producono «farine di forza» di ottima qualità, ricche di proteine insolubili. Spesso tali farine vengono mescolate a quelle ottenute da grani teneri comuni, con minore contenuto in gliadina e glutenina, per migliorarne la panificabilità. STRUTTURA E COMPOSIZIONE DELLA CARIOSSIDE DI FRUMENTO La cariosside del grano ha forma ovoidale, lunga da 6 a 8 mm e larga 3-4 mm; la faccia dorsale è convessa, quella ventrale è attraversata da un solco longitudinale; all'estremità opposta al germe si trova una barbetta 6 Nella cariosside, si distinguono varie parti: esternamente, il PERICARPO, formato a sua volta da diversi strati di cellule (epicarpo, cellule intermedie, cellule incrociate e cellule tubolari), seguito dallo spermoderma e dal perisperma. Tutti questi strati costituiscono l'involucro esterno del chicco, conosciuto comunemente come CRUSCA. Sono costituiti prevalentemente da cellulosa e sali minerali; internamente, l‘ENDOSPERMA, la parte più importante della cariosside ai fini alimentari. Comprende, verso la periferia, lo strato aleuronico, costituito da cellule monostratificate ricche di proteine ad alto valore biologico, lipidi, vitamine, sali minerali ed enzimi. Al centro, troviamo l'endosperma amilifero, conosciuto anche come mandorla farinosa o albume, con cellule contenenti granuli di amido e proteine di riserva, che costituiscono una specie di cemento attorno ai granuli. La forma e la dimensione dei granuli di amido sono tipiche di ogni cereale, tanto che è possibile, mediante l'esame microscopico, riconoscere la provenienza della farina. 7 La composizione chimica della cariosside di grano è influenzata da numerosi fattori: la specie di appartenenza, il terreno e il clima, i trattamenti a cui la pianta è stata sottoposta, lo stato di conservazione. 8 L'acqua è presente in quantità variabile dall'8 al 16-18% (mediamente, il 12%), in relazione alla zona, più o meno umida, in cui il grano è stato coltivato. Valori elevati di umidità possono compromettere la conservazione delle cariossidi che è necessario essiccare prima di insilare. Tra i requisiti che servono a stabilire il valore commerciale del frumento, vi è infatti il grado di umidità (non superiore al 14%) e il peso specifico apparente, che diminuisce all'aumentare della percentuale di acqua e viceversa. I glucidi rappresentano mediamente il 72% del peso della cariosside. L'amido (60-68%) è il componente tecnologicamente più importante, per la sua caratteristica di assorbire acqua. La presenza di enzimi idrolitici (la diastasi, costituita da a- e b-amilasi) determina, durante la conservazione del grano prima, della farina poi e durante l'impastamento, l'idrolisi dell'amido in zuccheri fermentescibili, condizione indispensabile per la lievitazione dell'impasto panario. I pentosani (in media il 6,5%) sono polimeri di aldopentosi non fermentescibili. Si ritrovano essenzialmente nel pericarpo, nel perisperma e nello strato aleuronico. La cellulosa e la lignina (2-2,5%) sono presenti nella parte corticale della cariosside; vengono allontanate durante l'abburattamento. 9 10 Gli zuccheri riducenti (1,5%) sono costituiti da destrine e glucosio, ossia da prodotta dell'idrolisi dell'amido. Nella preparazione del pane, danno inizio alla fermentazione. Le proteine ammontano mediamente al 12%, con valori minimi del 7% e massimi del 18%. La loro classificazione è in genere basata sulla solubilità in acqua, come è mostrato in 'tabella 25.2. Le albumine rappresentano il 9% del contenuto proteico totale; sono proteine ad alto valore biologico, ricche in glutammina, leucina, prolina e lisina. Si ritrovano nella parte esterna della cariosside e nell'embrione. Le globuline (5-7% del contenuto proteico totale) sono anch'esse proteine nobili, localizzate quasi esclusivamente nel germe. Il loro contenuto in lisina, arginina, serina e cisteina è elevato. Albumine e globuline sono entrambe proteine complete in amminoacidi essenziali ma, dato che si ritrovano nel germe e nel pericarpo, vengono allontanate durante la macinazione. 11 GLUTINE La rimanente quota proteica (75-95%) è data da prolammine, le gliadine, e da gluteline, le glutenine, localizzate prevalentemente nell'endosperma. La composizione chimica di queste proteine (insolubili o di riserva) ha importanza ai fini nutrizionali e per l'attitudine alla panificazione. Infatti, le gliadine e le glutenine, a contatto con l'acqua, si uniscono con legami intermolecolari formando il glutine una sostanza lipoproteica che conferisce alla pasta del pane viscosità, elasticità e coesione. L'attitudine alla panificazione del grano è dovuta proprio all'elevato tenore in gliadine e glutenine. Queste proteine sono caratterizzate da una quantità elevata di cistina, prolina e acido glutammico, che consente la formazione di legami a idrogeno con le molecole di acqua, importanti per la coesione del glutine. Basso, invece, (1%) risulta il tenore in lisina, che rappresenta l’amminoacido limitante e diminuisce notevolmente il valore nutrizionale complessivo delle proteine del grano. Nel frumento, si ritrovano anche piccole quantità di amminoacidi liberi (0,1%) e tracce di proteine coniugate. 12 13 L'intolleranza al glutine o morbo celiaco (dal greco koiliakos = pertinente all'intestino) è uno stato patologico complesso che si manifesta molto spesso dopo l'inizio del divezzamento effettuato con alimenti contenenti glutine (farine, biscotti, semolini, pastina ecc.). I sintomi, più o meno evidenti a seconda della gravità della sindrome morbosa, vanno dalla diarrea cronica al vomito e alla mancanza di appetito, da disturbi del comportamento all'arresto della crescita, al dimagrimento, all'osteoporosi e a numerose altre manifestazioni atipiche. Anche se la patogenesi non è del tutto chiarita, a determinare l'insorgere della celiachia concorrono sia fattori interni, cioè una sensibilità ereditaria dovuta a geni che codificano per particolari HLA (Human Leukocyte Antigen) sia fattori esterni, cioè la presenza del glutine nella dieta, in particolare un suo componente: l’a-gliadina. Questa proteina, costituita da 266 amminoacidi, durante la digestione si idrolizza in peptidi «tossici» per il celiaco, in particolare il frammento 31-49 (19 aa) e altri piccoli peptidi (come Glu-Glu-Glu-Pro), ottenibili anche dalle prolammine di orzo e avena. 14 La presenza di questi peptidi nel lume intestinale scatena una risposta immunitaria abnorme mediata soprattutto dai linfociti T citotossici (CTL) che, attivati dalla linfochina (LAK), si trasformano in cellule killer e, in assenza di un organismo estraneo da combattere, aggrediscono le cellule dei villi intestinali. Di celiachia si guarisce eliminando il glutine dalla dieta (ossia, i prodotti ottenuti da frumento, orzo, avena, segale). Si possono consumare invece mais, riso, tapioca, grano saraceno, patate, castagne e tutti i prodotti dietetici senza glutine, evidenziati da uno specifico simbolo (spiga di grano sbarrata). Attualmente, sono allo studio varietà di frumento, ottenute attraverso le tecniche del DNA ricombinante, prive di peptidi ad azione tossica. I lipidi (1,5-2% della cariosside), presenti quasi esclusivamente nel germe, sono costituiti da gliceridi esterificati ad acidi grassi insaturi (oleico, linoleico, linolenico) per l'80-84% e saturi; in particolare il palmitico, per circa il 13 %. Nell’endosperma e nello 15 strato aleuronico, si ritrovano fosfolipidi, glicolipidi e steroli (sitosterolo e campesterolo). I sali minerali (1,5-2%), rappresentati da fosfato di Mg e K, sali di Ca, Fe, S, Cu, Zn ecc., sono situati nella parte esterna della cariosside. Da evidenziare il basso rapporto Ca/P. Le ceneri risultano costituite prevalentemente da fosfati organici (esteri, lecitina, fitina, nucleoproteine ecc.). Tra le vitamine, sono assenti la D e la C; si ritrovano invece quelle del gruppo B. nello strato aleuronico, e la vitamina E nell'embrione. Gli enzimi, presenti in piccola quantità nella cariosside, sono molteplici; rivestono particolare importanza: la diastasi che, come già osservato, idrolizza l'amido liberando zuccheri fermentescibili; le lipasi, localizzate nel germe e nello strato aleuronico, che possono attaccare i grassi della cariosside determinando l'irrancidimento idrolitico; 16 le proteasi, che liberano dalle proteine polipeptidi e aa. impedendo così la formazione della trama proteica e ostacolando quindi la panificazione; la fitasi, importante per idrolizzare i legami fosforici dell'acido fitico, l'estere esafosforico dell'inositolo, che si ritrova nell'embrione e nella parte più esterna della cariosside dei cereali. ACIDO FITICO La sua presenza impedisce l'assorbimento di alcuni ioni metallici (Ca2+, Mg2+, Fe2+. Zn2+) con cui forma complessi insolubili. Le farine integrali contengono discreti quantitativi di questo acido, mentre i livelli nelle farine abburattate sono minori. La presenza dell'enzima e le condizioni idonee alla sua azione (lungo periodo di fermentazione dell'impasto e temperatura di cottura non troppo elevata) servono a inattivare l'acido fitico e a ridurre la sua azione di «antialimento». 17 Oltre a quelle menzionate fin qui, in genere sono presenti nel frumento e nei cereali altre sostanze, comunemente conosciute come fattori antinutrizionali , di seguito elencate. Tannini (contenuti anche in caffè, tè, cacao, vino), ovvero sostanze aromatiche di natura fenolica presenti in elevata concentrazione nel sorgo e nell'orzo, che legano con ponti a idrogeno ai loro gruppi fenolici quelli peptidici delle proteine, formando complessi indigesti. Svolgono la stessa azione nei confronti degli enzimi digestivi, riducendo così l'assorbimento di tutti i nutrienti. 18 Inibitori enzimatici di proteasi pancretaiche e di amilasi. Si ritrovano nell'endosperma della cariosside del frumento, della segale e del triticale (cereale ottenuto recente-mente dall'incrocio del frumento con la segale) le prime; nel frumento, nell'orzo e nel-la segale le seconde. Lecitine (emoagglutinine e fitoagglutinine) e resorcinoli (derivati alchilici del resorcinolo), sostanze che determinano una diminuzione della crescita e calo di appetito negli animali da esperimento. In particolare, è stato dimostrato che le lecitine di leguminose interferiscono con l'assorbimento di nutrienti interagendo con le cellule della mucosa intestinale. 19 MOLITURA DEL FRUMENTO Superata ormai la «macinazione a palmenti o bassa macinazione», in cui si usava il mulino a mola, attualmente viene impiegata solamente la «macinazione a cilindri o alta macinazione». Le varie fasi del processo della molitura possono essere così schematizzate: PULITURA PRELIMINARE CONDIZIONAMENTO PULITURA DEFINITIVA MACINAZIONE ABBURRATTAMENTO 20 La pulitura delle cariossidi ha luogo in due tempi: all'arrivo del grano dai silos, per eliminare pietre, sassi, paglia ecc.; prima della macinazione, per allontanare le pellicole, le barbette, il germe. La separazione delle sostanze estranee avviene, sfruttando le loro caratteristiche (variabilità dimensionale della cariosside, forma particolare, peso specifico diverso, magnetismo, nel caso dei metalli), per aspirazione o mediante lavaggio con acqua. Il condizionamento serve a migliorare la macinazione (umidificazione superficiale dei chicchi e stazionamento al freddo) e/o per ottenere sfarinati con maggiore attitudine all'impastamento per aumento della forza del glutine (umidificazione in profondità e stazionamento al caldo). La macinazione viene effettuata in mulini a cilindri o laminatoi. Questi sono costituiti da coppie di cilindri metallici disposti orizzontalmente e ruotanti in senso opposto l'uno all'altro. Durante la molitura, vengono impiegati tre tipi di cilindri: di rottura (con profonde rigature, non molto vicini), di svestimento (più ravvicinati e con scanalature più fitte e meno profonde), di rimacina (a superficie liscia). 21 I passaggi ai successivi cilindri sono intervalla da operazioni di setacciatura. Attraverso il processo di macinazione, vengono ricavati sfarinati (75-78%), costituiti prevalentemente dall'endosperma della cariosside, e scarti (crusca, cruschello, tritello), che ammontano al 20-22%. Più propriamente, i prodotti della macinazione del grano tenero e del successivo abburattamento sono detti farine di grano tenero (il nome «farine» è esteso anche a tutti gli altri cereali, specificandone l'origine). Si tratta di polveri asciutte, soffici che strette in mano, devono formare una massa compatta. La legislazione attualmente in vigore ( DPR 187/01) prevede vari tipi di farina ( tabella 25.4) classificati in base al tasso di abburrattamento: con questo termine, si intende la quantità di farina (in kilogrammi) che si ricava dalla macinazione di 100 kg di grano. Più elevato risulta questo indice, maggiore è il contenuto in parte corticale della farina stessa. Comunemente parlando, si definiscono farine abburattate quelle più raffinate, e cioè con un minor tasso di abburattamento. La farina integrale si ottiene direttamente dalla macinazione del grano tenero, liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità. 22 Dalla macinazione del grano duro e dal successivo abburattamento, si ottiene, invece. uno sfarinato con granuli più grossi e spigoli vivi, la semola di grano duro o, più semplicemente, SEMOLA. Il prodotto ricavato dalla ulteriore macinazione e abburattamento del grano duro prende il nome di semolato (Tabella 25.5). La semola integrale di grano duro è il prodotto granulare a spigolo vivo ottenuto direttamente dalla macinazione del grano duro, liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità, mentre è denominato il prodotto non granulare ottenuto dalla macinazione e successivo abburattamento del grano duro liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità. 23 Grano tenero Grano duro 24 Il pane La produzione e il consumo alimentare del pane risale a migliaia di anni fa: probabilmente, dapprima fu mangiato crudo, poi cotto ma non lievitato (pane azzimo), infine, verso il IV secolo a.C., fermentato. Dal punto di vista legale per PANE si intende «il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune» (L 580/67 e successive modifiche). Di seguito, vengono elencati i suoi ingredienti. SFARINATI: le farine idonee alla panificazione sono quella di grano tenero e di segale; si possono utilizzare anche farine di grano duro e farine di altri cereali sole o miscelate a quella di frumento, purché l'eventuale provenienza diversa della farina venga precisata nella denominazione di vendita. Nella denominazione commerciale dei prodotti da forno, si può usare il termine «integrale» anche se il prodotto è ottenuto con farina bianca a cui sia stata aggiunta la crusca. Nell'elenco degli ingredienti, farina e crusca vanno indicate separatamente. Le farine di grano tenero, le più usate, forniscono pane 00, 0, 1, 2 e integrale, in base al loro grado di abburattamento. 25 Tale qualità dipende, a sua volta, da numerosi fattori (componenti genetiche, fertilità del suolo, macinazione ecc.), ma il requisito più importante degli sfarinati deriva dalla composizione in proteine, in particolare gliadine e glutenine, che danno origine al glutine. Secondo quanto stabilito dalla normativa UE, il tenore in proteine degli sfarinati, riferito alla sostanza secca, deve essere > all' 11,5 %. Anche la capacità amilolitica della farina, che consente l'idrolisi dell'amido e la successiva fermentazione, è importante per stabilire l'attitudine alla panificazione; in genere, si può affermare che essa sia maggiore nelle farine integrali, più bassa in quelle molto abburattate. La legge 580/67 prevede a questo scopo l'aggiunta di cereali maltati, estratti di malto, a- e b-amilasi. Il DM 351/94 consente l'aggiunta di glutine di frumento alle farine di grano tenero con i requisiti precisati dalla normativa (umidità non > 10%; proteine non < 73% calcolate sulla sostanza secca). Ciò aumenta il tenore proteico delle farine migliorandone la caratteristiche reologiche e consente di utilizzare un solo tipo di farina per vari prodotti (pane, grissini, biscotti ecc.). 26 ACQUA: ingrediente fondamentale ai fini della panificazione, l'acqua apporta all'impasto i sali minerali in essa disciolti e concorre alla formazione del glutine. In particolare, i sali di Ca e Mg (durezza) aumentano la rigidità dell'impasto, migliorando le caratteristiche meccaniche del glutine, forse in seguito alla formazione di legami tra í due ioni e gli aa. delle proteine. La quantità di acqua da aggiungere varia in relazione alle caratteristiche delle farine e alla consistenza che si vuole ottenere. Mediamente, esse si idratano per il 160%; valori superiori si riscontrano in quelle «di forza» e con elevato grado di abburattamento. La temperatura dell'acqua, che influenza quella dell'impasto, deve essere compresa tra 21 e 25 °C per non ostacolare l'attività dei lieviti. SALE: ll cloruro di sodio, addizionato all'impasto, svolge molteplici funzioni; oltre a migliorare le caratteristiche organolettiche del pane, determina un aumento della qualità e quantità del glutine. Infatti, poiché la gliadina è meno solubile in acqua salata, dà origine a maggiori quantitativi di glutine con fibre corte, rendendo l'impasto più compatto e lavorabile. Il sale svolge nell'impasto una blanda azione antisettica, riducendo le fermentazioni secondarie, conferisce alla crosta una colorazione marcata, oltre a renderla più croccante. 27 LIEVITO: nella panificazione vengono usate colture di Saccharomyces cerevisiae, che fermentano il glucosio, derivato dall'idrolisi dell'amido, in alcol etilico e CO2. I lieviti usati sono essenzialmente di due tipi: lievito industriale compresso; lievito naturale o di pasta acida. Il primo, venduto in pani e conservato in ambiente fresco (può essere anche surgelato), è attivo anche con farine più deboli, consente tempi rapidi di lavorazione e la produzione di pane di piccola pezzatura. Il secondo è costituito da acqua e farina, esposte per qualche tempo all'aria (in modo da arricchirsi di microrganismi presenti nell'ambiente, tra cui i saccaromiceti), oppure deriva dalla porzione di un impasto eseguito in un tempo precedente. 28 Questo tipo di lievito presenta molteplici vantaggi tra cui: sapore e aroma tipici (dovuti a alcoli e esteri formatisi nella fermentazione e a prodotti della reazione di Maillard), maggiore digeribilità, struttura del pane più regolare, ma ha l'inconveniente di tempi di lavorazione più lunghi. In commercio, è reperibile anche del lievito secco attivo, ottenuto da colture di ceppi diversi ed essiccato fino a un'umidità residua inferiore all'8%. 29 Si definiscono, invece, agenti lievitanti quelle sostanze o combinazioni di sostanze che favoriscono la lievitazione dell'impasto mediante la liberazione di gas, in genere anidride carbonica. Si usa a tal scopo il bicarbonato di Na o di NH4+ , a cui è opportuno addizionare sostanze acide (acido tartarico, tartrato acido di potassio, sali dell'acido ortofosforico ecc.) per neutralizzare l'alcalinità del sale (Figura 25.7). Si ottengono così le polveri lievitanti, usate a livello casalingo e per la produzione industriale di pane a cassetta, biscotti e altri prodotti dolciari, e costituite genericamente dal bicarbonato, dalla sostanza acida, con eventuale aggiunta di amido o farina (la produzione di CO2 disponibile deve essere superiore al 12%). 30 IMPASTAMENTO L'impastamento rappresenta la prima fase di lavorazione del pane: gli ingredienti base vengono mescolati in modo lento, nel caso si adotti un metodo di impasto a mano, oppure più o meno rapidamente, nel caso ci si serva di macchine impastatrici (figura 25.8), fino a ottenere una miscela omogenea. Durante questa fase di lavorazione, le gliadine e le glutenine, per la presenza dell'acqua e l'energia fornita dall'impasto, si uniscono originando una massa plastica ed elastica, il glutine. Le unità di gliadina si legano mediante legami a idrogeno formando fibrille a elevatissimo peso molecolare che conferiscono l'estensibilità al glutine; anche le glutenine si associano originando fibre che, allo stato idratato, formano una struttura stabile, molto coesiva, elastica, resistente all'estensione. 31 32 Queste due ultime proprietà sembra siano dovute alle numerose interazioni che si instaurano tra le catene proteiche (figura 25.9). L'estensibilità della gliadina si fa invece risalire al fatto che essa fornisca interazioni molto più deboli. Si instaurano legami a idrogeno tra i gruppi caricati negativamente delle proteine (acido glutammico, acido aspartico) e le molecole di acqua; ponti disolfuro tra i residui di cisteina; legami ionici che interessano i sali minerali (della farina, dell'acqua e il cloruro di sodio) e anche l'acido glutammico e la lisina. Il reticolo tridimensionale del glutine presenta i filamenti proteici, disposti dapprima in modo disordinato, successivamente più ordinato, che si intrecciano attorno ai granuli d'amido. Nelle maglie dell'impasto restano intrappolate le bolle d'aria dentro le quali si diffonderà poi la CO2 prodotta dalla fermentazione. Le pareti del reticolo e i film d'acqua da cui è ricoperto originano una membrana che trattiene la CO2 e che, dilatandosi, fa aumentare l'impasto. Quest'ultimo, dopo un periodo di riposo durante il quale si verifica la lievitazione, subisce una nuova lavorazione che ne riduce la rigidità e favorisce la successiva crescita. 33 Si formano, inoltre, complessi lipoproteici tra glutenine altamente idrofobe e i lipidi, che favoriscono la ritenzione della CO2. L'amido, che assorbe circa il 36% di acqua, forma probabilmente legami di natura elettrostatica, rendendo omogeneo l'impasto. Ormai abbandonata la lavorazione manuale, la produzione dell'impasto può avvenire essenzialmente con due metodi: diretto e indiretto. Nel METODO DIRETTO, effettuato anche con macchine che lavorano ad alta velocità (impastamento intensificato), gli ingredienti vengono impastati a più riprese, intervallate da periodi di riposo che favoriscono l'idratazione e la formazione del glutine. 34 Il METODO INDIRETTO può essere eseguito: con impasto lievito o metodo Poolisch; con lievito naturale. Nel metodo Poolisch, dapprima si prepara l'impasto lievito, mescolando 1/3 o 1/4 della farina complessiva ad adeguate quantità di acqua e lievito. Solo dopo lievitazione vengono aggiunte le ulteriori quantità di acqua, farina ed eventualmente il sale. In tal modo, i lieviti si riproducono notevolmente e quindi si determina una più efficace forza lievitante Il metodo con lievito naturale utilizza, come dice il nome, il lievito di pasta, cioè un pezzo dell'impasto del giorno precedente. A un iniziale impasto di farina, lievito e acqua, lasciato fermentare, vengono aggiunte, per due volte, quantità sempre maggiori di_ farina e acqua, ottenendo un impasto che, tagliato, forgiato e ulteriormente lievitato. viene infine cotto. Il sistema, definito anche «panificazione casereccia», è usato solo nell'ambito di lavorazioni artigianali. 35 FERMENTAZIONE I lieviti, presenti nell'impasto, trasformano il glucosio, formatosi per idrolisi dall'amido, in alcol etilico e anidride carbonica. Si generano anche altri prodotti finali tra cui glicerina, aldeide acetica, acido succinico e alcoli superiori, derivati dalla desaminazione ossidativa degli amminoacidi. Contemporaneamente, avvengono altre fermentazioni: lattica (con formazione di acido lattico, che può essere successivamente trasformato da altri microrganismi ad acido butirrico) e acetica (con produzione di acido acetico). La fermentazione alcolica determina, in seguito alla produzione di CO2, la lievitazione; il tempo necessario, che può essere stabilito empiricamente premendo con le dita l'impasto, varia in base alla pezzatura. Tempi prolungati di fermentazione provocano l'idrolisi del glutine, con perdita della estensibilità e della tenacità dell'impasto. La temperatura ottimale è tra 23-25 °C. UR 80-85%; la lievitazione ha luogo in ambienti (camere di lievitazione) dotati di condizionatori d'aria, in cui vengono disposti i carrelli portateglie (Figura 25.10). 36 Lievitazione 37 L'impasto lievitato è poi suddiviso e forgiato nelle forme e pezzature volute; questa operazione può essere effettuata a mano o, in modo più rapido e preciso, a macchina. La pasta viene quindi modellata secondo le usanze tipiche della zona di produzione e le richieste dei consumatori; infine, si incidono le forme per consentire la regolare fuoriuscita dei gas durante la cottura e le si lascia lievitare per breve tempo prima dell'infornata. COTTURA Con la cottura, il pane assume una forma stabile e tutte le caratteristiche organolettiche tipiche. Le forme vengono disposte nel forno ( figura 25.10) mediante pale o tappeti scorrevoli: prima quelle più grosse, poi quelle di dimensioni ridotte. I forni sono prevalentemente elettrici, fatta eccezione per quelli tradizionali ancora alimentati a legna; si differenziano anche per la forma, il tipo di calore e di conduzione. La temperatura varia da 200 a 300 °C; la durata della cottura è in rapporto alle dimensioni del pane, passando da 1h per le forme di 200 g a 15 min per i panini piccoli. 38 acrylamide 39 All'interno dell'impasto, la temperatura sale gradualmente fino a un massimo di 98-100 °C, mentre all'esterno, dopo un primo periodo in cui si stabilizza a 100 °C (l'acqua degli strati più interni arriva alla superficie ed evapora), aumenta ulteriormente. Le trasformazioni che avvengono durante la cottura sono schematizzate in tabella 25.7. Una volta cotto, il pane viene raffreddato e quindi venduto direttamente, nel caso di forni piccoli; confezionato e distribuito ai rivenditori, nel caso di grandi panifici. CLASSIFICAZIONE E LEGISLAZIONE In base alla farina utilizzata, è possibile distinguere tra pane di tipo 00, 0, 1, 2, integrale, di semola e di semolati. La L 580/67, il DM 5/02/70, íl DPR 502/98 e le successive modifiche prevedono, inoltre, la produzione e la vendita di pani speciali, in cui è consentita l'aggiunta di burro, olio di oliva (escluso l'olio di sansa di oliva rettificato) e strutto, in quantità non inferiore al 4,5% sulla sostanza secca; latte e polvere di latte, mosto d'uva, zibibbo e altre uve passe, fichi, olive, anice, origano, cumino, sesamo, malto (non meno del 7% di zuccheri riduttori, espressi in maltosio, riferito a sostanza secca), saccarosio, destrosio, semi 40 di lino, di girasole, di zucca e miele. Il pane speciale deve essere tenuto in scaffali separati e recanti l'indicazione degli ingredienti aggiunti, in ordine decrescente di quantità presente riferita al peso, menzionando nella denominazione di vendita l'ingrediente utilizzato o quelli caratterizzanti. E prevista la produzione di grissini speciali con gli stessi ingredienti usati per il pane speciale. Uguali componenti si utilizzano per la produzione dei cracker, che richiedono però tempi di lievitazione particolarmente lunghi (24-48 ore). Sono entrambi più concentrati del pane (e apportano quindi, a parità di peso, più calorie), ma più facilmente digeribili. 41 Il pane a cassetta o pancarrè, utilizzato prevalentemente per tartine e toast, si ottiene da impasti teneri, lievitati a lungo e cotti in stampi dalle forme tipiche. Contiene un discreto tenore di umidità che ne conserva a lungo la freschezza. Nel pane tostato si verifica l'eliminazione di gran parte del contenuto idrico, che ammonta mediamente al 4-8%. Il pangrattato è invece il prodotto della macinazione del pane secco, utilizzato in gastronomia per impanature e come legante. Il DM 13/04/87 consente la produzione, previa autorizzazione, di pane surgelato; tuttavia, vieta ai panifici che optano per questo tipo di lavorazione di procedere anche a quella del pane fresco. Inoltre, il quantitativo di produzione e confezionamento deve essere limitato al 5% della capacità produttiva totale di pane nella provincia. La produzione di pane surgelato deve rispettare quanto stabilito dalla L 580/67 e tutte le norme inerenti agli alimenti surgelati. E disponibile, sia per la vendita diretta sia per gli operatori intermedi, anche pane parzialmente cotto, surgelato o non, confezionato ed etichettato secondo quanto previsto dalla normativa. 42 Il DM 209/96, che attua la direttiva comunitaria in materia di additivi, prevede nel pane l'aggiunta di additivi in numero limitato e in base al criterio «quanto basta»; sono tutti composti naturali in quanto componenti abituali di numerosi alimenti e non danno adito a dubbi sulla loro sicurezza. Tra questi, si citano l'acido acetico e i suoi sali, l'acido lattico e i suoi sali, le lecitine, i lattati, i mono e digliceridi degli acidi grassi, l'acido ascorbico, i suoi sali di Na e Ca e i suoi esteri con acidi grassi. L'azione dell'acido ascorbico è riconducibile alla sua capacità, in forma ridotta, di ossidare i gruppi tiolici del glutine in ponti disolfuro che danno tenacità al prodotto. L'ossidazione è attuata dall'acido deidroascorbico formatosi a sua volta nella farina per ossidazione dell'acido ascorbico in presenza dell'acido ascorbico ossidasi. 43 L'aggiunta di acido L-ascorbico rafforza quindi le farine deboli, aumentando la tenacità e l'elasticità degli impasti. E’ inoltre prevista l'addizione di a- e (b-amilasi in quanto favoriscono l'idrolisi dell'amido, agendo le prime sui legami interni della molecola e formando così le destrine; le seconde sulle due unità terminali della catena liberando íl maltosio. Possono essere aggiunti l'acido acetico, l'acido lattico e i loro sali per inibire il Bacillus mesentericus e limitare le alterazioni che una sua eventuale presenza potrebbe determinare nel pane (pane filante, caratterizzato da mollica appiccicosa e filante e odore sgradevole, modificazioni dovute a parziale decomposizione dell'amido e delle proteine). E infine autorizzata (DM 04/03/85) l'aggiunta di alcol etilico nel pane a cassetta confezionato, in quantità non superiore al 2% sulla sostanza secca, purché il pane non sia trattato con acido sorbito o suoi sali, pure consentiti per tale prodotto. L'aggiunta deve essere dichiarata in etichetta. 44 VALORE NUTRITIVO DEL PANE Alimento tipicamente energetico, il pane rappresenta una buona fonte di numerosi nutrienti. I glucidi sono i componenti più rappresentati; relativamente elevato risulta anche l'apporto proteico che però, come già detto, non fornisce tutti gli aa essenziali. La quota lipidica è ridotta, mentre il contenuto in sali minerali e vitamine aumenta passando dalle farine a basso tasso di abburattamento a quelle integrali. Il rapporto Ca/P, fondamentale per l'assorbimento e l'utilizzazione di questi nutrienti, si discosta molto dal valore ottimale oscillando tra 0,1 e 0,2; per questo motivo, il pane viene comunemente indicato come un alimento «rachitogeno». Il pane integrale è più ricco in lipidi, sali minerali e vitamine, mentre diminuisce la quota glucidica disponibile. Il discreto contenuto in fibra grezza del pane integrale, riducendo il tempo di permanenza del cibo nel tubo digerente, ne diminuisce l'assorbimento, che invece è completo per il pane 0. Si può dire che le differenze tra i due tipi di pane, in realtà, siano molto limitate fatta eccezione per il contenuto in fibra (elevato nel pane integrale), il cui apporto nella nostra dieta è ancora lontano dai valori consigliati. 45 Le carenze nutrizionali più rilevanti, date dallo scarso tenore in proteine nobili e nel rapporto non ideale tra Ca e P, sono ridimensionate o addirittura annullate dalla consuetudine di accompagnare il pane con altri alimenti («companatico»). Il classico cibo dei pastori, pane e formaggio o pane e latte, offre un valido esempio di un abbinamento nutrizionalmente valido, genuino ed economico (pur mancando, però, la vitamina C e il Fe). Tra i numerosi pregi del pane, si ricordano la facile digeribilità (la crosta, più cotta e ricca di destrine, risulta più digeribile della mollica), la disponibilità in forme, tipi e pezzature diverse, il costo limitato, la freschezza di un prodotto che viene preparato quotidianamente (salvo quello surgelato). Concludendo, è opportuno ribadire l'importanza del pane nella razione alimentare quotidiana in un periodo nel quale c'è tendenza a ridurne il consumo e a sostituirlo con prodotti (grissini, cracker, fette biscottate ecc.) che spesso contengono grassi aggiunti e che apportano mediamente più calorie (100 g di grissini corrispondono a 150 g di pane). 46 47 DETERMINAZIONE DELLA SOSTANZA GRASSA ESTRATTORE SOXHLET LA PASTA Sembra appurato che l'origine della pasta non sia italiana; alcuni autori ne attribuiscono l'invenzione ai cinesi, altri agli arabi. Tuttavia, oggigiorno «spaghetti» è diventato, all'estero, sinonimo di Italia la quale, oltre a essere il maggior produttore mondiale di pasta, è al primo posto anche nei consumi. In Italia la produzione della pasta, a livello industriale, risale alla fine del Settecento ed è riconducibile geograficamente all'area del Napoletano, zona in cui, alla coltivazione locale di grano duro, si univano le condizioni climatiche ottimali per l'essiccamento al sole. I tipi di pasta prodotti sono numerosi e particolarmente fantasiosi: dagli spaghetti ai fusilli, dalle penne alle orecchiette, esiste una grande varietà di forme legate all'inventiva dei produttori e alle tradizioni regionali. Altrettanto numerosi sono i modi di condirla: si va da sughi semplici e frugali a condimenti ricchi ed elaborati, che sovente fanno del «primo» un piatto unico. 49 Il DPR 187/01 definisce «pasta di semola di grano duro e pasta di semolato di grano due, i prodotti ottenuti dalla trafilazione, laminazione e conseguente essiccamento di impasti preparati rispettivamente ed esclusivamente con semola e semolati di grano duro e acqua». La pasta di semola integrale di grano duro è il prodotto ottenuto utilizzando la semola integrale di grano duro. La pasta, prodotta in altri Paesi in tutto o in parte con sfarinati di grano tenero e posta in vendita in Italia, deve riportare una delle denominazioni di vendita seguenti: - pasta di semola di grano duro e di farina di grano tenero, qualora il primo componente prevalga sul secondo; - pasta di farina di grano tenero e semola di grano duro, se il primo componente prevale sul secondo; - pasta di farina di grano tenero, se prodotta solo con sfarinati di grano tenero. DENOMINAZIONI 50 INGREDIENTI E PREPARAZIONE Gli unici ingredienti utilizzati per la produzione della pasta sono la semola (o i semolati) e l'acqua, fatta eccezione per le paste speciali. Con il DM 119/96, è consentito l'impiego del cloruro di sodio nelle paste alimentari secche, fresche e speciali, con o senza ripieno, fino a un massimo del 4% sul prodotto secco. La si ottiene dalla macinazione del grano duro; si tratta di un prodotto granuloso, a spigolo vivo, di colore ambrato. Come sottoprodotto si ottiene il semolato, ricavato dalla macinazione e abburattamento del grano duro dopo estrazione della semola. Le dimensioni delle particelle dei granuli dovrebbero essere all'incirca uguali, tali da attraversare un setaccio con fori di 400 µm ed essere trattenute da uno di 200 µm. 51 L'altro ingrediente è costituito dall'acqua, preferibilmente poco dura e leggermente calda; la sua presenza nel prodotto è solo temporanea: serve infatti durante l'impastamento a formare il glutine e a idratare l'amido; con il successivo essiccamento, si allontana quasi completamente (12,5% max) dal prodotto finito. La lavorazione della pasta alimentare ha subìto nel corso degli anni notevoli ammodernamenti; anche se le operazioni risultano essenzialmente le stesse, queste avvengono ora in impianti completamente automatizzati, senza nessuna manipolazione. Le fasi della lavorazione continua possono essere così schematizzate: Impastamento-gramolatura (impianti tradizionali) trafilatura essiccamento Estrusione (impianti moderni) conservazione confezionamento 52 Le prime due fasi vengono effettuate in macchine (impastatricigramolatrici) dove la semola o il semolato è mescolato al 20-30% di acqua con conseguente formazione del glutine e l'idratazione dell'amido. L'impasto viene poi lavorato (gramolatura), fino al conseguimento di una idonea consistenza e plasticità, a pressione atmosferica o, più recentemente, sottovuoto. Con la trafilatura, l'impasto è forzato a passare attraverso uno stampo (trafila) della forma voluta; coltelli, che si muovono a intervalli regolari all'uscita della trafila, tagliano la pasta alla lunghezza voluta. Le trafile tradizionali, in bronzo, forniscono una pasta più ruvida, che trattiene meglio il sugo, ma assorbe elevate quantità di acqua, reggendo peggio alla cottura; le trafile più recenti, in teflon, producono una pasta liscia e particolarmente brillante. Negli impianti più moderni, le prime due fasi vengono attuate in un unico apparecchio detto estrusore ( figura 25.11). 53 L'essiccamento rappresenta un punto cruciale della preparazione delle paste: queste, all'uscita delle trafile o dell'estrusore, contengono circa il 30% di acqua che, per legge, deve essere portato a un massimo del 12,5%; in tal modo, il prodotto, oltre ad assumere la giusta consistenza, si conserva più a lungo senza che si formino muffe o si instaurino processi fermentativi. 54 Il prodotto, prima di essere confezionato, deve stazionare in ambienti ad atmosfera controllata con temperatura e umidità stabilite. I contenitori usati consistono in scatole di cartone di varie forme e dimensioni e film plastico (cellofan). Le paste alimentari si suddividono in secche, fresche e speciali di vari formati e misure: lunghe (spaghetti, tagliatelle ecc.), corte (penne, rigatoni, eliche ecc.), da brodo (stelline, quadrettini ecc.).Le paste secche, più comuni e meno costose delle altre, devono avere la composizione stabilita per legge e riportata nella tabella 25.8. Si presentano di colore giallo ambrato omogeneo, con superfici levigate (specie quelle ottenute con trafile di teflon) e, alla rottura, devono dare un suono secco. Fondamentale, per stabilire la qualità della pasta è la prova cottura: seguito ebollizione in acqua distillata e salata per 15 min un prodotto di buona qualità non deve apparire spappolato, rotto, ammassato, colloso (resistenza alla cottura) e l'acqua di cottura deve risultare limpida. Nelle paste secche, non è consentita l'aggiunta di alcun additivo. 55 Per la produzione di paste alimentari fresche e stabilizzate (o pastorizzate) è consentito l'impiego delle farine di grano tenero. Le paste fresche possono essere vendute sia sfuse sia in imballaggi preconfezionati e conservate a temperatura non superiore a 4 'C. La pasta artigianale deve riportare in etichetta la definizione “pasta alimentare fresca” e ha una durata di 5 giorni dalla data di produzione, salvo confezioni in atmosfera modificata. Vengono definite «paste alimentari fresche pastorizzate» quelle con un tenore di umidità non inferiore al 20%, un'aw non superiore a 0,92 e sottoposte a un trattamento termico che ne consenta íl trasporto e la conservazione a temperatura ambiente 56 Le paste speciali, contengono altri ingredienti (mescolati all'impasto o usati come ripieno), leggibili in etichetta in ordine decrescente. prevista l'aggiunta di carne e verdure unite a formaggio, spezie, glutine e uova. E' consentita l'aggiunta di acido sorbico e sorbati nelle farciture dei ravioli e prodotti simili. Le paste all’uovo, (le cui caratteristiche legali sono riportate in tabella 25.9) devono essere preparate con semola di grano duro (fatta eccezione per quelle fresche) con l'aggiunta di almeno 4 uova, di peso complessivo non inferiore a 200 g/kg di semola. Le uova possono essere sostituite da una corrispondente quantità di ovoprodotto liquido ottenuto esclusivamente da uova intere di gallina. La legge consente, inoltre, la produzione di paste dietetiche (integrali, aproteiche) 57 58 59 VALORE NUTRITIVO Per le paste secche, valgono le stesse considerazioni fatte per il pane; sono anch'esse ricche prevalentemente di glucidi, con un discreto contenuto di proteine ma a basso valore biologico, irrilevante la quota lipidica. Il tenore proteico, ovviamente, aumenta nelle paste all'uovo e in quelle ripiene di carne. I vari condimenti arricchiscono notevolmente la pasta, rendendo sovente il piatto completo ed equilibrato. Durante la cottura, si verificano alcune modificazioni: notevole assorbimento di acqua con conseguente aumento di peso e lievi perdite di alcuni nutrienti (amido, proteine, fosforo, vitamina B1); aumenta, invece, della quantità di calcio, che passa dall'acqua di cottura (acqua dura) alla pasta. Si ricorda, infine, il felice abbinamento della pasta con i legumi, molto ricchi in lisina, che dà luogo, con l'aggiunta di olio extravergine di oliva, a un piatto bilanciato e completo. 60 Le micotossine Metaboliti secondari tossici di funghi filamentosi o muffe in grado di colonizzare le colture in campo o le derrate stoccate prodotti in particolari condizioni microclimatiche (aw, T, pH, substrato) assunte principalmente per ingestione con i cibi o per inalazione causa di gravi intossicazioni acute e croniche MICETE MICOTOSSINA Aspergillus Aflatossine Ocratossina A Fusarium Tricoteceni (tossina T2, DON) Zearalenone Fumonisine Penicillum Patulina Ocratossina A La contaminazione lungo la filiera Coltivazione semina, irrigazione, fertilizzazione, disinfestazione Raccolto Prima trasformazione essiccazione e stoccaggio Prodotto finito e consumo PREVENZIONE PREVENZIONE DECONTAMINAZIONE PIRALIDE Ostrinia Nubilalis DECONTAMINAZIONE DETOSSIFICAZIONE Quando un alimento contaminato entra in una preparazione alimentare come ingrediente tutto l’alimento è contaminato Le aflatossine B e G Aflatossina B1 OCH3 O Aflatossina G1 AFG1: C17H12O7 O AFB2: C17H14O6 O O O O O O AFG2: C17H14O7 O O O O OCH3 O Aflatossina G2 O OCH3 O Aflatossina B2 O AFB1: C17H12O6 O O O O O O OCH3 Metaboliti delle aflatossine o O Aflatossina M1 AFM1: C17H12O7 O o 8,9-epossido altamente instabile e reattivo O OH O o O OCH3 O Aflatossina M2 O AFM2: C17H14O7 Addotti con DNA e RNA Legame con proteine O OH Cancerogenesi mutagenesi O O OCH3 Tossicità acuta Tossicità MICOTOSSINE aflatossine ocratossina A EFFETTI epatotossiche, mutagene, cancerogene, teratogene ed immunosoppressive nefrotossica, cancerogena, teratogena ed immunosoppressiva fumonisine epatotossiche, neurotossiche, citotossiche, cancerogene, zearalenone estrogenosimile, genotossico, cancerogeno patulina tricoteceni citotossica, mutagena, neurotossica, immunotossica, cancerogena (?) e teratogena (?) citotossci, immunosoppressori, leucemici, dermatotossici, emorragici CLASSIFICAZIONE IARC AFB1 GRUPPO 1 Cancerogena per l'uomo GRUPPO 2A Probabilmente cancerogena per l'uomo GRUPPO 2B Possibilmente cancerogena per l'uomo GRUPPO 3 Non classificabile come cancerogena per l'uomo Proprietà delle aflatossine Molecole insature, altamente sostituite, costituite da eterocicli condensati Fluorescenti se irradiate con luce UV (Blue o Green) Degradate dalla luce solare, altamente stabili al calore Punto di fusione: 380°C per AFB1 e 2 360°C circa per AFG1 e 2 Punto di ebollizione: 605°C circa per AFB1 e 2 590°C circa per AFG1 e 2 Organo bersaglio: fegato (epatotossine) Aflatossina B1 epatocancerogeno più potente conosciuto (IARC 1993) Tossicità acuta: G1 la più tossica (DL50 = 14,9 μg/kg) Tossicità cronica: cancerogene, mutagene e teratogene Limiti di legge delle aflatossine ALIMENTO Regolamento CE n. 466/2001 LIVELLI MASSIMI (μg/Kg o ppb) B1 B 1 + B 2 + G1 + G 2 M1 arachidi, frutta a guscio, frutta secca e derivati 2 4 - cereali e relativi prodotti della lavorazione 2 4 - granoturco 5 10 - latte - - 0,05 spezie (pepe, peperoncino, noce moscata, zenzero) 5 10 - Strumentazioni utilizzate Colonnine di immunoaffinità IAC IAC: tecnica per la purificazione e estrazione degli analiti reazione antigene-anticorpo altamente specifiche e selettive HPLC: cromatografia liquida in fase inversa fase mobile: liquido a bassa viscosità, moderatamente polare Rivelatore a fluorescenza FD fase stazionaria (liquida): catene carboniose (C18) legate ad un supporto solido rivelatore a fluorescenza R2 > 0,998 6 0 4 0 2 0 0 0 1 2 3 AFB2 RT 5.47 min 20 0 18 0 16 0 14 0 12 0 10 0 8 0 AFG2 RT 4.22 min AFG1 1,467 ppb, AFB1 1,481 ppb, AFG2 e AFB2 0,441 ppb AFB1 RT 3.15 min Miscela standard: AFG1 RT 2.68 min METODO 1 Response (mV) Linearità dei metodi 4 5 6 7 8 9 10 11 12 1 1 AFG1 0,978 ppb, AFB1 0,987 ppb, AFG2 e AFB2 0,294 ppb 200 AFB2 RT 17.52 min Miscela standard: Response (mV) 300 AFG2 RT 12.53 min AFG1 RT 6.78 min METODO 2 AFB1 RT 8.73 min 3 4 Time (min) 100 0 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 Time (min)