… a cura di Andrea Carlini e Valentina Cattarulla Da sempre esistono nel mondo due grandi poli castanicoli: quello europeo (nelle Regioni centro meridionali) e quello asiatico (nella macroarea del Sud-Est). Qualcosa, più come superficie a fustaia che come produzione, è presente in America (essenzialmente Stati Uniti e Cile) e in Oceania (Australia e Nuova Zelanda). L'area Asiatica rappresenta il 70% dell'offerta mondiale e comprende i tre principali paesi produttori nell'ambito internazionale, nell'ordine: Cina, Turchia, Corea, seguiti a distanza dal Giappone. Gran parte dei raccolti è utilizzata all'interno degli stessi paesi produttori. Tuttavia Cina e Corea alimentano una modesta esportazione verso gli Stati Uniti. Nel giro di un ventennio l'offerta turca si è sviluppata fino a raggiungere le 90 mila tonnellate, collocandosi al secondo posto nell'ambito mondiale. La seconda grande area di produzione è quella Europea . … produzione europea … Negli anni sessanta forniva il 60% del raccolto mondiale. Nell'ultimo trentennio la produzione si è stabilizzata sulle 125-125 mila tonnellate. Il declino è risultato particolarmente rilevante in taluni Paesi quali Italia e Francia, nei quali hanno assunto maggiore intensità i diversi problemi connessi alla situazione fitosanitaria, all'esodo delle campagne ecc … La produzione è sostanzialmente ristretta alla zona mediterranea dei Paesi della UE, nella quale oltre all'Italia spiccano la Spagna, il Portogallo, la Francia e la Grecia. La Spagna produce circa 30 mila tonnellate. L'export si aggira sulle 10 mila tonnellate annue, dirette verso nel regno Unito e Brasile. Il Portogallo è il Terzo produttore Europeo con 18 mila tonnellate. Le esportazioni si aggirano sulle 14 mila tonnellate e sono rivolte verso il Regno Unito, la Francia, Spagna e Italia. La Francia produce invece circa 14 mila tonnellate ed esporta solo 2 mila tonnellate di prodotto pregiato diretto verso la Germania. La Francia importa molto prodotto, circa 12 mila tonnellate, per soddisfare l'industria dolciaria che produce canditi, puree e creme. La Grecia produce 13 mila tonnellate annue e l'utilizzazione principale è il mercato del fresco interno. La castanicoltura italiana ha radici antiche e un futuro non prevedibile. Le radici emergono dalla preistoria, il tronco ha accompagnato la storia dell'uomo per migliaia di anni, i frutti rappresentano la vitalità di una specie che ha ancora qualcosa da offrire per il miglioramento complessivo dell'ambiente e della qualità della vita. Il castagno è presente nei boschi con tre distinte tipologie (dati ISTAT): il castagneto da frutto (209,3 mila ettari, pari al 3,15 dei boschi in complesso); le altre fustaie ( 66,5 mila ettari, pari al 1%), i cedui castanili (385 mila ettari, pari al 5,6%). Le aziende castanicole in Italia sono ( dati ISTAT 2002): 66,2 mila aziende con appena 76000 ettari. I dati del trentennio (1970-2000) evidenziano una forte contrazione , a - 51,3% delle aziende e a -47,5% della superficie coltivata a castagneto. Pertanto, dei 209 mila ettari di castagneto da frutto stimate dalle statistiche forestali, solo 76 mila ( pari al 36,6% del totale) risultano coltivati. Dopo il 2000 si registra un calo di produzione che scende a 569 mila quintali nel 2001, a 551000 nel 2002 e a soli 486 mila nel 2003. Tale calo è da imputare sia al diminuito vigore vegetativo degli impianti, sia allo sfavorevole andamento climatico e al forte sviluppo di patogeni. La Campania rappresenta la principale regione castanicola: il 56,3% della produzione nazionale è concentrata in Campania. Attualmente il consumo fresco riguarda circa i tre quarti dei frutti raccolti. Per il 2003, includendo anche i 124,7 mila quintali di castagne importate, risultano disponibili all'impiego 610,7 mila quintali. Di tale produzione il 73% è destinato al consumo fresco e il restante 27% inoltrato all'industria agroalimentare di trasformazione, all'essiccazione e ad altri impieghi. Nel 2003 e 2004, per quanto l'esportazione si mantenga sopra le 20 mila tonnellate, si registra un calo dovuto alla forte contrazione della produzione raccolta. Comunque le 20 mila tonnellate del 2004 rappresentano ottimi risultati commerciali che confermano il primato italiano del commercio internazionale delle castagne italiane. In Italia sopravvivono centinaia e centinaia di varietà di castagne, un gruppo particolare di varietà è costituito da marroni , che rappresentano il meglio della produzione nazionale ed europea. Oggi in Italia hanno conseguito il riconoscimento europeo di IGP e DOP due varietà di castagne: la castagna di Montella (Campania) la castagna del Monte Amiata ( Toscana); tre varietà di marroni : Marrone di Castel del Rio, Marrone del Mugello, Marrone di San Zeno; una farina di castagne: farina di Neccio della Garfagnana un miele di castagno: miele della Lunigiana. Le castagne ed il marrone Le castagne umbre appartengono prevalentemente alla qualità del marrone ed in molte zone dell'Umbria, la loro raccolta costituisce una sorta di rituale, e questo spiega perché, nonostante sia un prodotto di nicchia, rivesta tanta importanza in questi territori. Negli antichi scritti, si rinvengono molte notizie su alcuni prodotti umbri pregiati, come lo zafferano, il tartufo, ma nulla si dice riguardo al marrone, nonostante le sue ottime qualità organolettiche e la finezza della pasta. La tradizione contadina tramandava come la pianta del castagno dovesse essere considerata l’albero del pane, in quanto rappresentava una fonte di approvvigionamento e di materie prime altrimenti difficilmente reperibili. Infatti nelle famiglie contadine la produzione di castagne, insieme al pascolo ed alla raccolta a terra dei frutti, garantivano loro un’autosufficienza alimentare ed economica. Nel mese di Settembre si preparava il terreno, ripulendolo e potando le piante,mentre nei mesi di Ottobre e di Novembre avveniva la raccolta. A questo punto le castagne potevano essere fatte essiccare: appena raccolte venivano messe a “curare” dentro a botti piene di acqua per un giorno interno, dopodiché si facevano asciugare a terra rigirandole più volte. Ancora oggi questi frutti caratterizzano la cucina tipica locale e vengono utilizzati per le minestre, dolci oppure mangiati cotti al fuoco. Dopo la raccolta, segue la selezione del prodotto che viene effettuata generalmente a mano o utilizzando dei crivelli artigianali. Il fine di questa operazione è quello di separare la frazione commercializzabile da quella di scarto o invendibile. Una volta selezionato, il prodotto viene racchiuso in sacchetti di rete plastificata o di iuta da 25 Kg o 30 Kg. Le partite di prodotto sono vendute ai mediatori. Questa è la modalità di vendita più diffusa operata per lo più da intermediari campani, pugliesi, siciliani direttamente presso le aziende. Questi, annualmente e secondo l’andamento stagionale, fissano il prezzo delle castagne iniziando con le precoci a prezzi che oscillano mediamente tra i 77-130 euro/quintale e per finire con le varietà medio tardive a prezzi di 65-77 euro/quintale; nelle altre province operano mediatori locali con prezzi oscillanti tra i 50 e i 65 euro/quintale.