Bestemmie e … parole sante Secondo comandamento (parte 2): 15. Cenacolo Scalata “E’ più glorioso e onorevole fuggire un’ingiuria tacendo, che vincerla rispondendo” (San Gregorio, Morale, 30) Vogliamo guardare ora la seconda parte del II comandamento, in cui si parla di non disonorare il nome di Dio, di non farne un uso improprio. E’ proibita direttamente la bestemmia. Essa consiste “nel proferire contro Dio (Gesù Cristo, la Vergine Madre e i santi) – interiormente o esteriormente – parole di odio, di rimprovero, di sfida: nel parlare male di Dio, nel mancare di rispetto verso di lui nei propositi (e nei giuramenti), nell’abusare del nome di Dio” (CCC, 2148). • usare Dio come spauracchio con i bambini … • usare Dio per scatenare guerre … • usare Dio per un indebito uso di potere spirituale … • fanatismo (quando si equipara l’immagine di Dio con Dio stesso), si pensa di avere a disposizione qualcosa di assoluto. Fanatico/fanatismo da fanum cioè santo/sacro: chi pronunzia parole ritenute tanto sante, in forza delle quali è pronto a sacrificare altri uomini è un idolatra e un fanatico, anche se al suo idolo attribuisce il nome di Dio”. Il fanatico si è formato un “dio fai da te”. Nella vita di Gesù non c’è un richiamo espresso al divieto di non profanare il nome di Dio. Tuttavia la sua predicazione e i suoi comportamenti sono un significativo commento a tale riguardo. * A Cafarnao, mentre insegna nella sinagoga un uomo posseduto da spirito immondo gli grida: “Che c’entri tu con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei. Il Santo di Dio” (Mc 1,24) L’indemoniato non impreca contro Dio. Il Messia parla di Dio con parole che i presenti possono solo condividere, sia pure con stupore. In Gesù si rende concretamente sperimentabile la presenza di Dio in mezzo a noi. C’è anche una formulazione positiva del 2° comandamento: Io rendo onore. In pratica: io lascio a Dio il suo onore, riconosco tutta la sua dignità e sovranità; conservo una sorta di timore reverenziale di fronte al Totalmente Altro; non vincolo Dio alla mia immaginazione e ai miei pregiudizi; guardo con sommo rispetto a questo Dio inafferrabile e indescrivibile. Lo venero e lo onoro. Lascio che Dio sia Dio. Questo mi rende davvero libero perché Dio non abbassa nessuno se non i presuntuosi. GIURAMENTI e VOTI. MAGIE e BESTEMMIE Parliamo di alcune forme tradizionali di religiosità: • quelle liberamente scelte: giuramenti, voti o promesse, voti; • quelle tradizionali ma devianti e per questo colpite da precetto negativo come magia, astrologia e divinazione; • quegli atti negativi propri della pratica religiosa come la bestemmia, il sacrilegio e la simonia. Molti anni fa questi elementi venivano trattati caso per caso. Noi invece li affronteremo insieme perché vogliamo considerare i principi teologici che sostengono la pratica religiosa. Una volta si facevano cataloghi con elenchi dettagliati di proibizioni ecc.., oggi dobbiamo parlare di scelte di fondo, opzione fondamentale del credente. Siamo fatti di cellole ma siamo persona! Il punto di partenza delle nostre riflessioni è il seguente: l’essenziale del rapporto religioso per chi crede è quello dell’adorazione. La preghiera di richiesta o l’amore filiale non derivano da proibizioni ma da un atto di venerazione verso il Creatore. Restiamo creature davanti a Colui dal quale viene il nostro essere, e soprattutto davanti alla nostra ragion d’essere. Tutto ciò che tocca il nostro rapporto diretto con Dio riveste ragione di “sacro” nel senso di “più elevato possibile per l’uomo”. Tra noi e Dio si instaura una relazione morale: per noi uomini questa relazione implica l’obbligo di realizzare dei beni (culto, obblighi religiosi liberamente scelti) e di evitare i mali. “L’amore immaturo dice: Ti amo perché ho bisogno di te. L’amore maturo dice: Ho bisogno di te perché ti amo” (E. Fromm) FORME TRADIZIONALI DI RELIGIOSITA’ LIBERAMENTE SCELTE 1- Giuramento “Giurare” vuol dire invocare Dio come testimone di una verità o di un impegno assunto davanti ad altri. Ma è lecito per i cristiani giurare? Nel vangelo di Matteo leggiamo: “Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo perché è il trono di Dio, né per la terra perché è lo sgabello per i suoi piedi” (5,34). I padri, fino al 400 circa, hanno interpretato questo testo non come una proibizione assoluta, ma nel senso di evitarlo quando possibile. L’uso del giuramento ritorna in voga nel medioevo perché il sistema statale era tutto basato sul giuramento feudale di fedeltà personale. La prassi del giuramento viene fondata teologicamente nel Decreto di Graziano (ca. 1140). San Tommaso 50 anni dopo è sulla stessa linea di Graziano. Riflettiamo su quanto scrive San Tommaso sul giuramento: “Il giuramento per sé è lecito ed onesto. La qual cosa è evidente sia per la sua origine che per il suo fine. Per l’origine, poiché il giuramento è stato introdotto per la fede con la quale gli uomini credono che Dio abbia la verità infallibile e la cognizione universale di tutto e che provveda a tutto. Per il fine, in quanto il giuramento porta a riconoscere come giusti gli uomini e a terminare le controversie come è detto nella Lettera agli Ebrei (cap. 6). Ma il giuramento diventa cattivo per qualcuno, in quanto ne usa male, senza necessità e debita cautela. Sembra infatti che abbia poca riverenza per Dio chi lo introduce come teste di una causa lieve: il che non si permetterebbe con un uomo di un qualche valore. C’è anche il pericolo di spergiuro, poiché facilmente l’uomo fa del male con la parola come dice Gc 3,2 (“Se qualcuno non fa del male con la parola, quegli è un uomo perfetto”) e Sir 23,9 (“La tua bocca non si assuefaccia al giuramento, in essa ci sono molti pericoli”)” (II-II, q. 89, a. 1) La tradizione della Chiesa ha dunque accettato il giuramento nella sua storia millenaria, ma oggi la sua rilevanza sociale è vicina allo zero. La società secolarizzata non accetta Dio come terzo partner. Il CIC 1983 parla del giuramento ai numeri 1199-1204. Al canone 1199,1 ricorda: “Il giuramento non può essere prestato se non secondo verità, prudenza e giustizia”. Il canone 1201 ricorda poi che non si può promettere sotto giuramento di fare del bene o di evitare il male: esso non è un espediente psicologico per rinforzare un proprio proposito o per rassicurare gli altri. Esso “coinvolge” Dio. “Si promette molto per dispensarsi di dare poco” (Luc de Clapiers de Vaunvenargues, Riflessioni e massime, 1746) Dunque: evitare al massimo ogni forma di giuramento. 2. Voti e promesse a Dio Partiamo dalla definizione del Diritto Canonico: “Il voto, ossia la promessa deliberata e libera di un bene possibile e migliore fatta a Dio, deve essere adempiuto per la virtù della religione”. - Al centro del rapporto con Dio c’è il bene e non l’obbligo. -Deve trattarsi di un bene possibile, che faccia migliorare l’uomo, non di atti stravaganti o insulsi. -Al di là della forma di voto o promessa è necessario che ci si ritrovi il bene e il buono in senso umano e cristiano. -Sono però escluse quelle pratiche la cui unica giustificazione sia la tradizione: “da noi si è sempre fatto così!” S. Tommaso ci ricorda che “si può fare voto solo di qualche atto di virtù. Ciò che non cade sotto la necessità assoluta né di necessità di fine, è del tutto volontario” (II-II, q. 88, a.2). Propriamente parlando il voto si dice in relazione ad un bene maggiore. Non ha senso di pregare una volta alla settimana, o di andare a messa una volta al mese… Nel voto il fedele riconosce la signoria di Dio su cose importanti della propria vita futura. La sua libertà viene fissata su un bene e si affida con filiale confidenza alla forza di Dio per raggiungerlo. E’ quasi un impegnarsi a raggiungere un grado di virtù in più convinto che ciò coincide col progetto di Dio verso di lui. E’ una controprova che vuole fare sul serio. Il voto deve servire da sprone per una vita abitualmente virtuosa. Anche la Bibbia parla spesso di voti: •Atti 18,18: “A Cencre Paolo si era fatto tagliare i capelli a causa di un voto che aveva fatto”; •Atti 21,23: “Vi sono fra noi quattro uomini che hanno un voto da sciogliere”. Diverso è invece il giuramento promissorio: in questo caso Dio è preso come testimone, ma la promessa è fatta ad un terzo o a terzi. 3. I voti religosi Partiamo dal canone 573: “La vita consacrata mediante la professione dei consigli evangelici è una forma stabile di vita con la quale i fedeli, seguendo Cristo più da vicino per l’azione dello Spirito Santo, si danno totalmente a Dio amato sopra ogni cosa. In tal modo, dedicandosi con nuovo e speciale titolo al suo onore, alla edificazione della Chiesa e alla salvezza del mondo, sono in grado di tendere alla perfezione della carità nel servizio del Regno e, divenuti nella Chiesa segno luminoso, preannunciano la gloria celeste”. Lo scopo della vita religiosa è la perfezione della carità come per tutti i cristiani. Ma la vita religiosa è caratterizzata dai consigli evangelici (i voti) fondati sull’insegnamento e sull’esempio di Cristo Maestro. I consigli evangelici sono generalmente tre: castità – povertà – obbedienza. CASTITA’ – “segno della vita futura e fonte di una più ricca fecondità nel cuore indiviso”. POVERTA’ – vita povera di fatto di spirito, dipendenza nell’uso dei beni a disposizione. OBBEDIENZA – Sottomissione al superiore come rappresentante di Dio quando comanda secondo le costituzioni. 4. Astrologia e Divinazione L’astrologia è quell’arte che dall’oroscopo di una persona trae affermazioni e previsioni sul suo carattere e destino. Nel corso dei secoli le dottrine astrologiche hanno influenzato religioni, filosofie e scienze. Si pensi che Giovanni Keplero faceva oroscopi. Nel XIII sec. iniziò lo scontro tra la dottrina cristiana della libertà della volontà umana e le tendenze fatalistiche dell’astrologia. Nel medioevo arabo-ebreo-cristiano Alberto Magno, Tommaso d’Aquino e Roberto Grossatesta svilupparono una dottrina in base alla quale le regole astrologiche permettono solo conclusioni sulle disposizioni del carattere e del comportamento. Da queste poi – tenendo presente la situazione concreta della persona, sarebbe possibile trarre conclusioni probabili sul suo “destino”. D’altronde, ad una conclusione simile, sono giunte le dottrine sui biotipi umani. San Tommaso si chiede se sia lecita la divinazione (predizione del futuro) fatta con l’osservazione degli astri: osservando gli astri infatti si possono prevedere le eclissi future, in quanto conoscendo le cause si possono prevedere gli effetti. Ma ci sono due cause di effetti che non dipendono dalla causalità dei corpi celesti: 1°) tutte le cose che avvengono accidentalmente (che una pietra cada per un terremoto, che un uomo trovi un tesoro scavando); 2°) tutti gli atti di libero arbitrio poiché l’intelletto non è un corpo né un atto dell’organo corporeo; nessun corpo può influenzare una cosa incorporea. Possono avere un effetto indiretto. Per Tommaso chi vuole prevedere con gli astri atti umani con sicurezza o anche avvenimenti imprevedibili del secondo tipo, lo fa per falsa e vana opinione. “e così vi si mischia il demonio. Perciò questa divinazione sarà superstiziosa e illecita”. Inoltre: poiché solo Dio nella sua eternità vede le cose future come presenti… se qualcuno volesse conoscere prima tali cose future, o presuppone di rivelarle in un qualche modo che non sia la rivelazione di Dio stesso, usurpa manifestamente quello che è di Dio”. Il che è un peccato diretto di irreligione (contro il 1° Comandamento: azione di tentare Dio con parole o atti). Nonostante lo sviluppo delle scienze resta valida la riflessione di S. Tommaso: conoscendo la struttura psicofisica, l’educazione e l’ambiente sociale di una persona è alquanto verosimile che si comporterà in quel modo almeno nella maggioranza dei casi, ma mai con sicurezza, poiché la libertà individuale resta intatta (tranne i casi di gravissimi danni psicologici). La possibilità di fare il bene e il male dipende solo da questo. Dunque: libertà dell’uomo, libertà della Grazia, usurpazione della prerogativa di conoscere il futuro da parte di Dio. 5. Magia E’ un fenomeno che ritroviamo in tutte le culture. Consiste nella convinzione (anche nelle pratiche esterne tendenti a controllarle) che nella realtà esistano forze occulte che si vorrebbero dominare, sia a scopo di evitare del male che per farlo, sia per avere dei beni che per procurarne. Dio si è rivelato come Persona, tanto che possiamo rivolgerci a Lui sentendoci figli e chiamandolo Padre. Inoltre: egli vuole il nostro bene morale, anche se a volte ciò avviene attraverso la perdita totale o parziale di beni umani. Un Dio malvagio, vendicativo e invidioso è solo una proiezione dei modi umani di comportarci. La magia ha a che fare con forze impersonali e che si possono controllare, possedere, perdere… Il nostro Dio non può essere pensato in questi termini; ma si potrebbe avere una visione del mondo in cui trovino posto forze occulte dominabili con tecniche. Di per sé questo non è contrario alla fede cristiana (es. telepatia), a meno che non se ne usi per scopi cattivi. 6. Tentazione di Dio, bestemmia, sacrilegio e simonia San Tommaso considera atti che riguardano direttamente l’irriverenza verso Dio (tentazione di Dio, bestemmia), e quelli che riguardano l’irriverenza verso le cose sacre (sacrilegio e simonia)”. Certo oggi la venerazione verso Dio e le sue cose è più interiore, ma è chiaro che una persona di preghiera e riflessione non può che restare intimamente scossa da tante manifestazioni di disprezzo del sacro. La tolleranza non può mai diventare indifferenza. Tentazione di Dio – L’uomo religioso non può mettere Dio alla prova, chiedendogli segni di conferma o di rifiuto, atti di bontà e tanto meno punizione del peccatore. Sono tutti segni di una religiosità non profonda né cristiana. Bestemmia - Oggi la bestemmia, diretta o indiretta, in parole o atteggiamenti, da parte del non credente è un’offesa grave al sentimento religioso dei credenti, e cheper il credente è un pèeccato, almeno nel senso che indica un livello gravemente superficiale del suo sentimento religioso. Sacrilegio – E’ il profanare o trattare indegnamente i sacramenti e le altri azioni liturgiche, come pure le persone, gli oggetti e i luoghi consacrati a Dio. E’ vero che santo (separato) è solo Lui, ma anche tutto ciò che per sua volontà storica o per istituzione umana riguarda il culto, partecipa in qualche modo della sua santità. Il sacro ha anche bisogno di forme esterne. Simonia – Prende il nome da Simon Mago che voleva comprare i poteri sacri (cf. Atti degli Apostoli). Il Catechismo ne parla ai numeri 2121 e 2122: è l’acquisto o vendita delle realtà spirituali. Camminare in Cristo è il frutto della Grazia in noi, accolta da un percorso di vita che gradualmente si purifica e riabilita tutte le sue possibilità in vista del progetto di Dio Padre.