θέραψ e δοῦλος:
servi e schiavi nella letteratura greca
da Omero ai Cristiani
Storia della Lingua Greca
Laurea Magistrale in Filologia,
Letteratura e Tradizione Classica
a.a. 2013/2014 – C. Neri
[email protected]
τοῖς μὲν δούλοις ἡ ἀνάγκη νόμος,
τοῖς δὲ ἐλευθέροις ὁ νόμος ἀνάγκη
(Mantissa proverbiorum 3,5)
Nel rapporto di schiavitù e di servitù della gleba [...] una parte della
società viene essa stessa trattata dall’altra come mera condizione
inorganica e naturale della propria riproduzione. Lo schiavo non si trova
assolutamente in nessun rapporto con le condizioni oggettive del suo
lavoro; bensì il lavoro stesso, tanto nella forma dello schiavo, quanto in
quella di servo della gleba, viene posto come condizione inorganica della
produzione, sullo stesso piano degli altri esseri della natura, accanto al
bestiame e come accessorio della terra. In altre parole: le condizioni
originarie della produzione si presentano come presupposti naturali,
condizioni naturali di esistenza del produttore, proprio come il suo corpo
vivente, per quanto egli lo riproduca e lo sviluppi, non è posto
originariamente da lui stesso, ma si presenta come suo presupposto; la
sua stessa esistenza (corporea) è un presupposto naturale, che egli non ha
posto.
(K. Marx, Lineamenti fondamentali II 114s.)
prologo
• libertà e schiavitù: tipologie e definizioni
(da Wallon, a Canfora, a Steiner)
• servi e schiavi
• un dato naturale?
• un portato culturale?
• un istituto sociale?
una polarità del singolo e della società?
un incontro di persone e obiettivi
presentazioni reciproche: attese e obiettivi
presentazione del corso:
• gli obiettivi
• i modi
• programma e calendario
• le verifiche
• il materiale
gli obiettivi
• approfondire una lingua nei suoi contesti
• comunicare, insegnare, autovalutarsi
• fare ricerca: metodi e strumenti
i modi
• lezioni introduttive e finestre di
approfondimento
• lezioni-Referate
• esercizi personali
programma e calendario
• il programma e la tabella delle lezioni
• Storia della lingua:
Grammatica:
• i libri in programma
• date degli appelli
1.10-13.11
18.11-18.12
le verifiche
• autovalutazione: le schede di verifica
• Referate
• esame finale: il tema e il saggio
il materiale
http://www2.classics.unibo.it/Didattica/
Programs/20132014/Neri/
le parole del servo e dello schiavo...
θέραψ
δμώς
δοῦλος
(ἐλεύθερος)
alle origini di δοῦλος
il miceneo do-e-ro
DMic. 186s.
Thuc. VIII 28,4
τό τε πόλισμα Τισσαφέρνει παραδόντες καὶ τὰ
ἀνδράποδα πάντα καὶ δοῦλα καὶ ἐλεύθερα, ὧν καθ᾽
ἕκαστον στατῆρα Δαρεικὸν παρ᾽ αὐτοῦ ξυνέβησαν
λαβεῖν, ἔπειτα ἀνεχώρησαν ἐς τὴν Μίλητον.
Eur. IA 329s.
ΑΓ. τί δέ σε τἀμὰ δεῖ φυλάσσειν; οὐκ ἀναισχύντου τόδε;
ΜΕ. ὅτι τὸ βούλεσθαί μ᾽ ἔκνιζε· σὸς δὲ δοῦλος οὐκ ἔφυν.
alle origini di δμώς
Il. VI 323s.
Ἀργείη δ᾽ Ἑλένη μετ᾽ ἄρα δμῳῇσι γυναιξὶν
ἧστο καὶ ἀμφιπόλοισι περικλυτὰ ἔργα κέλευε.
Od. I 397s.
αὐτὰρ ἐγὼν οἴκοιο ἄναξ ἔσομ᾽ ἡμετέροιο
καὶ δμώων, οὕς μοι ληΐσσατο δῖος Ὀδυσσεύς.
Od. IV 385-387
πωλεῖταί τις δεῦρο γέρων ἅλιος νημερτής,
ἀθάνατος, Πρωτεὺς Αἰγύπτιος, ὅς τε θαλάσσης
πάσης βένθεα οἶδε, Ποσειδάωνος ὑποδμώς·
alle origini di θέραψ/θεράπων
Il. I 320s.
ἀλλ᾽ ὅ γε Ταλθύβιόν τε καὶ Εὐρυβάτην προσέειπε,
τώ οἱ ἔσαν κήρυκε καὶ ὀτρηρὼ θεράποντε·
Archil. fr. 1 W.2
εἰμὶ δ᾽ ἐγὼ θεράπων μὲν Ἐνυαλίοιο ἄνακτος
καὶ Μουσέων ἐρατὸν δῶρον ἐπιστάμενος
Ion fr. 27,1-3 W.2
χαιρέτω ἡμέτερος βασιλεὺς σωτήρ τε πατήρ τε·
ἡμῖν δὲ κρητῆρ᾽ οἰνοχόοι θέραπες
κιρνάντων προχύταισιν ἐν ἀργυρέοις·
alle origini di ἐλεύθερος
il miceneo e-re-u-te-ro
DMic. 243s.
Il. VI 448-455
ἔσσεται ἦμαρ ὅτ᾽ ἄν ποτ᾽ ὀλώλῃ Ἴλιος ἱρὴ
καὶ Πρίαμος καὶ λαὸς ἐϋμμελίω Πριάμοιο.
ἀλλ᾽ οὔ μοι Τρώων τόσσον μέλει ἄλγος ὀπίσσω,
οὔτ᾽ αὐτῆς Ἑκάβης οὔτε Πριάμοιο ἄνακτος
οὔτε κασιγνήτων, οἵ κεν πολέες τε καὶ ἐσθλοὶ
ἐν κονίῃσι πέσοιεν ὑπ᾽ ἀνδράσι δυσμενέεσσιν,
ὅσσον σεῦ, ὅτε κέν τις Ἀχαιῶν χαλκοχιτώνων
δακρυόεσσαν ἄγηται ἐλεύθερον ἦμαρ ἀπούρας·
schiavitù e definizioni
• LSJ9 480, 486, 571, 834
• Chantraine, DELG 289, 294, 336, 430
• Beekes, EDG 343, 349s., 408, 541
servi, schiavi e liberi
• la guerra
• la famiglia
• la produzione e i rapporti commerciali
• schiavi di qualcuno, schiavi di qualcosa
• il servaggio, il servizio, la cura
• il giorno della libertà
• i rapporti asimmetrici e la relazione M/m
• la libertà ‘da’ e la libertà ‘in’
ILIADE
Iliade III 383-417
ἧσο παρ᾽ αὐτὸν ἰοῦσα, θεῶν δ᾽ ἀπόεικε κελεύθου,
μηδ᾽ ἔτι σοῖσι πόδεσσιν ὑποστρέψειας Ὄλυμπον,
ἀλλ᾽ αἰεὶ περὶ κεῖνον ὀΐζυε καί ἑ φύλασσε,
εἰς ὅ κέ σ᾽ ἢ ἄλοχον ποιήσεται ἢ ὅ γε δούλην.
406
409
Slaves to love
• Elena, Paride e Afrodite
• il rapporto donna-uomo come servizio
• la costrizione divina
• l’(inutile) ribellione della donna-schiava
• ἄλοχος o δούλη
• la vergogna e il dolore
• il silenzio e la rassegnazione
La schiavitù come condizione necessitante
Lingue letterarie e lingue parlate
Il greco (tranne, parzialmente, glosse e iscrizioni, che peraltro sono
‘formalizzate’) è per noi una lingua letteraria (ma ciò, come sempre avviene per
le lingue antiche, è dovuto anche al processo della tradizione).
Il complesso dei linguisti e il sospetto verso le lingue letterarie: l’esempio del
latino da Augusto al Rinascimento (o al Concilio Vaticano II) e del sanscrito, il
divaricarsi dei piani.
Le lingue letterarie come forme ‘normalizzate’ del parlato e come insiemi
compatti di regole fissate e codificate, e le lingue parlate come incerti oggetti di
ricerca (quale lingua parlata? quali atlanti linguistici?).
L’importanza, anche modellizzante, delle lingue letterarie (es. il gotico di
Ulfila, lo slavo o slavone di Salonicco di Cirillo e Metodio, l’armeno dei primi
traduttori biblici, l’arabo del Corano) e le lingue comuni in nuce (es. di Dante,
Petrarca e Boccaccio).
Νon di rado una lingua letteraria diventa lingua comune.
Dal parlato alla ‘letteratura’
Le lingue letterarie, come anche le lingue religiose, sono
un tipo particolare di lingue ‘speciali’ o ‘tecniche’.
Parlate locali (ogni gruppo locale ha la sua) e parlate
speciali (gruppi professionali, esercito, sport).
Il carattere esoterico e ‘segreto’ delle lingue speciali, che
le rende così difficili da studiare.
I caratteri delle lingue speciali: il mantenimento della
fonetica e del sistema grammaticale, e la differenziazione
lessicale (il lessico ha una certa autonomia ed è più
facilmente modificabile: per es. la lingua dei ragazzi);
forestierismi, neologismi, slittamenti semantici.
Lingue letterarie religiose e profane
Le lingue religiose: il passaggio dall’umano al divino e l’esigenza
di discontinuità e di oscurità (terminologica e sintattica: l’es. di
Ahura Mazdah); le Gatha, gli inni vedici, il Carmen fratrum
Arvalium, l’Inno a Zeus dell’Agamennone di Eschilo.
Il processo di laicizzazione delle lingue religiose: l’intervento di
elementi esterni (i re stranieri in India) e il proselitismo (l’alfabeto
gotico, slavo, armeno).
Il processo di cristallizzazione e di irrigidimento indotto dalle
lingue religiose divenute letterarie: la chiave di interpretazione
della realtà e la meccanizzazione del pensiero.
L’internazionalismo delle lingue letterarie.
Le lingue letterarie di origine profana: thul islandesi, filé irlandesi,
scop anglosassoni, chansons de gestes francesi.
Il greco come lingua profana
Il diletto delle aristocrazie, le feste pubbliche, i ritrovi dei
gruppi; la scarsa incidenza dell’elemento religioso sulla lingua
e sulla letteratura elleniche.
I caratteri delle lingue letterarie: arcaismo e dialettalismo (il
dialetto diverso da quello su cui riposa la lingua corrente);
differenze grammaticali (il passato remoto, il congiuntivo, …),
fonetiche (gorod e grad in russo), lessicali (corsiero, affinché,
concerne, sono a dirle, èspleta; l’esempio dei Cechi e dei
Francesi: ordinateur e computer), di ordo verborum (le
esigenze di autonomia e completezza delle frasi letterarie).
Parlato (varietas e irregolarità grammaticale, monotonia nei
tipi di frase e nel lessico) versus letterario (regolarità
[monotonia] grammaticale, varietà nei tipi di frase e nel
lessico).
ODISSEA
Odissea XVII 290-323
δὴ τότε κεῖτ᾽ ἀπόθεστος ἀποιχομένοιο ἄνακτος
ἐν πολλῇ κόπρῳ, ἥ οἱ προπάροιθε θυράων
ἡμιόνων τε βοῶν τε ἅλις κέχυτ᾽, ὄφρ᾽ ἂν ἄγοιεν
δμῶες Ὀδυσσῆος τέμενος μέγα κοπρίσσοντες·
ἔνθα κύων κεῖτ᾽ Ἄργος ἐνίπλειος κυνοραιστέων.
[...]
νῦν δ᾽ ἔχεται κακότητι, ἄναξ δέ οἱ ἄλλοθι πάτρης
ὤλετο, τὸν δὲ γυναῖκες ἀκηδέες οὐ κομέουσι.
δμῶες δ᾽, εὖτ᾽ ἂν μηκέτ᾽ ἐπικρατέωσιν ἄνακτες,
οὐκέτ᾽ ἔπειτ᾽ ἐθέλουσιν ἐναίσιμα ἐργάζεσθαι·
ἥμισυ γάρ τ᾽ ἀρετῆς ἀποαίνυται εὐρύοπα Ζεὺς
ἀνέρος, εὖτ᾽ ἄν μιν κατὰ δούλιον ἦμαρ ἕλῃσιν.
296
300
320
323
Quando il padrone non c’è...
• un servo ‘fedele’: il cane Argo
• l’occhio del padrone
• l’abbandono dell’Itaca dei Proci
• il passato e il presente: schiavi e ‘tempo’
• la bellezza e la forza
• le ‘donne’ e gli schiavi
• il dimezzamento dell’ἀρετή
La lingua di Omero?
Il fantasma del testo di Omero: prima e dopo Alessandria.
L’età prealessandrina: il sostrato acheo (arcadico-cipriota); il sostrato eolico
(ma tessalico più che lesbico) e le differenti spiegazioni degli eolismi omerici;
la fase ionica; l’edizione pisistratidea e l’atticizzazione (?); il μεταχαρακτηρισμός ionico del 403 (l’esempio di ΕΟΣ); edizioni κατ’ ἄνδρα e κατὰ πόλιν.
L’età alessandrina e postalessandrina: il lavoro degli Alessandrini (Zenodoto,
Aristofane di Bisanzio) e le edizioni ‘selvagge’ dei papiri; Aristarco e la sua
scuola; l’erudizione ellenistica (Aristonico e Didimo, Erodiano e Nicanore: il
commento dei quattro); il Venetus A e la tradizione medioevale.
Il problema degli arcaismi: il testo come risultato di un continuo compromesso
tra le esigenze della tradizione e della metrica da un lato e della modernizzazione e dell’uditorio dall’altro.
La fissazione del testo omerico risale a un’epoca in cui la pronuncia si era già
differenziata rispetto a quella degli antichi aedi.
Le differenze/oscillazioni (dovute al destinatario: Ioni, Eoli, ecc.) già nel testo
antico.
Incoerenze omeriche
L’azione del digamma (ϝ) ‘scoperto’ da Richard Bentley:
a) i 350 casi in cui ϝ fa posizione nei tempi forti dell’esametro
(ma non nei deboli).
b) i migliaia di casi in cui ϝ evita lo iato.
c) la consonante che si sta indebolendo (il passaggio da Omero a
Esiodo).
Il dativo plurale delle declinazioni tematiche:
le forme antiche -οισι e -ῃσι e le forme recenti -οις e -ῃς/-αις.
Forme non contratte e forme contratte:
a) il genitivo singolare: -οιο, -οο e -ου/-ω.
b) le contrazioni indebite (δείδοα ed ἠόα).
c) il caso εἵως, ἕως, ἧος, εἷος, ἇ(ϝ)ος.
La παλαιὰ Ἰάς: diacronia e sincronia
Le forme eoliche nelle iscrizioni ioniche di Chio, e le forme eoliche
metricamente ‘protette’ (o metricamente ‘necessarie’).
Il passaggio di ᾱ a η.
I duali in -ᾱ, i gen. in -αο e in -άων, λαός / νηός.
I nomi di Posidone e degli Ioni.
Dativi plurali in -εσσι (ποσ(σί), Τρώεσσι) e aoristi in -σσ-.
Le forme dell’articolo plurale.
Forme con nasali geminate e pronomi personali.
Esiti di labiovelari (πίσυρες, πέλωρ, βέρεθρον).
Desinenze di infiniti.
I participi perfetti in -ντ- (κεκλήγοντες).
Le varie forme delle preposizioni (πρός, ποτί, προτί).
Le particelle modali: (οὐ) κεν e (οὐκ) ἄν.
I nomina agentis: -τωρ/-τηρ per i nomi semplici e -τᾱς/-της per i
composti (come in eolico).
Il destinatario ionico e il sostrato eolico (l’Asia Minore ionicizzata).
Il carattere arcaico della lingua epica
La presenza intermittente dell’aumento, non
rintracciabile in alcun testo di prosa.
L’autonomia degli avverbi, non ancora
preposizioni o preverbi.
L’alternanza di -σσ- con -σ-: τόσσος e τόσος,
μέσσος e μέσος, (ἐ)κάλεσσα ed (ἐ)κάλεσα.
La progressiva scomparsa (non rivoluzionante)
di alcune libertà e di alcune oscillazioni: la
regolarizzazione linguistica del greco postepico.
Una lingua letteraria e internazionale
L’uso incoerente e ‘versificatorio’ del duale
(ὄσσε, ὀφθαλμός).
Il pubblico aristocratico e la corporazione
internazionale degli aedi.
I composti ‘letterarizzanti’ e termini
peregrini (γλῶτται).
Opera ‘aperta’, formularità, pensiero
individuale e libero dei personaggi.
SAFFO
Saffo, frr. 5, 15, test. 254a V.
Ῥοδῶπις, γενεὴν μὲν ἀπὸ Θρηίκης, δούλη δὲ ἦν Ἰάδμονος
τοῦ Ἡφαιστοπόλιος ἀνδρὸς Σαμίου, σύνδουλος δὲ Αἰσώπου
τοῦ λογοποιοῦ ... Ῥοδῶπις δὲ ἐς Αἴγυπτον ἀπίκετο Ξάνθεω
τοῦ Σαμίου κομίσαντός [μιν], ἀπικομένη δὲ κατ᾽ ἐργασίην
ἐλύθη χρημάτων μεγάλων ὑπὸ ἀνδρὸς Μυτιληναίου
Χαράξου τοῦ Σκαμανδρωνύμου παιδός, ἀδελφεοῦ δὲ
Σαπφοῦς τῆς μουσοποιοῦ. οὕτω δὴ ἡ Ῥοδῶπις ἐλευθερώθη
καὶ κατέμεινέ τε ἐν Αἰγύπτῳ καὶ κάρτα ἐπαφρόδιτος
γενομένη μεγάλα ἐκτήσατο χρήματα.
la bella Dorica-Rodopi
• schiavi, artigiani e imprenditori di sé
• la Tracia come terra di conquista
• i trasferimenti verso sud
• l’ἐργασίη
• Saffo, Carasso e la vergogna
• la ‘liberazione’ degli schiavi e il denaro
• etera per costrizione, etera per scelta?
TEOGNIDE
Teognide, 535-540, 1210-1217
Οὔποτε δουλείη κεφαλὴ ἰθεῖα πέφυκεν,
ἀλλ᾽ αἰεὶ σκολιὴ καὐχένα λοξὸν ἔχει.
οὔτε γὰρ ἐκ σκίλλης ῥόδα φύεται οὔθ᾽ ὑάκινθος,
οὐδέ ποτ᾽ ἐκ δούλης τέκνον ἐλευθέριον.
Οὗτος ἀνήρ, φίλε Κύρνε, πέδας χαλκεύεται αὑτῷ,
εἰ μὴ ἐμὴν γνώμην ἐξαπατῶσι θεοί ...
Αἴθων μὲν γένος εἰμί, πόλιν δ᾽ εὐτείχεα Θήβην
οἰκῶ πατρῴας γῆς ἀπερυκόμενος.
μή μ᾽ ἀφελῶς παίζουσα φίλους δένναζε τοκῆας,
Ἄργυρι· σοὶ μὲν γὰρ δούλιον ἦμαρ ἔπι,
ἡμῖν δ᾽ ἄλλα μέν ἐστι, γύναι, κακὰ πόλλ᾽, ἐπεὶ ἐκ γῆς
φεύγομεν, ἀργαλέη δ᾽ οὐκ ἔπι δουλοσύνη,
οὔθ᾽ ἡμᾶς περνᾶσι· πόλις γε μέν ἐστι καὶ ἡμῖν
καλή, Ληθαίῳ κεκλιμένη πεδίῳ.
535
1210
1215
Massime di schiavitù
• Teognide e l’album di famiglia dell’aristocrazia
• gente nova e subiti guadagni
• la nobiltà e la schiavitù ‘per natura’
• il mito (e la schiavitù) dell’immutabilità
• esilio, migrazione e schiavitù
• la cittadinanza: ius sanguinis e ius soli
• l’autoironia e le parole proibite
IPPONATTE
Ipponatte, fr. 39 Dg.2
Μιμνῆ κατωμόχανε, μηκέτι γράψῃς
ὄφιν τριήρεος ἐν πολυζύγῳ τοίχῳ
ἀπ᾿ ἐμβόλου φεύγοντα πρὸς κυβερνήτην·
αὕτη γάρ ἐστι συμφορή τε καὶ κληδών,
νικύρτα καὶ σάβαννι, τῷ κυβερνήτῃ,
ἢν αὐτὸν ὄφις τὠντικνήμιον δάκῃ.
5
Un pittore ‘servissimo’
• la borghesia al lavoro
• il giambo, Ipponatte, e la poesia degli ‘schiavi’
• l’asservimento poetico e il potere della parola
• il riso simposiale sui servi
• il βαρβαρίζειν degli stranieri
• le parole che non si dicono
L’invenzione dell’articolo
La formazione (autoctona soltanto in Grecia) dei concetti scientifici e la lingua come mezzo
di conoscenza: le premesse linguistiche della scienza e la selezione degli elementi
linguistici necessari all’elaborazione teorica.
La fissazione dell’universale in forma determinata e il processo di astrazione (nomi propri
[l’individuale], nomi comuni [il generale: classificazione, generalizzazione e prima
conoscenza], astratti [mere astrazioni senza plurale; ‘nomi mitici’-personificazioni e
metafore: antropomorfizzare l’incorporeo]): l’invenzione dell’articolo e la
sostantivazione dell’aggettivo e delle forme verbali.
Funzioni dell’articolo: determinare l’immateriale, porlo come universale, determinare
singolarmente l’universale (farne cioè un nome astratto, comune e proprio a un tempo).
L’uso particolare, determinato (“questo qui”), dell’articolo omerico (ed esiodico): il valore
dimostrativo e l’assenza degli articoli veri e propri; il valore oppositivo (“questi …
quelli”); il valore anaforico (“Odisseo … lui”); il valore ‘connettivo-relativo’ (“e quelle
…”); il valore prolettico (“questo: ...”); il valore dimostrativo-apposizionale (“quella,
l’isola”); il valore individualizzante (“tutte quelle altre volte”); il valore enfatico (“questo
tuo dono”).
La prima comparsa della prosa e la presenza dell’articolo (a eccezione delle iscrizioni
cipriote e di quelle panfilie, che lo presentano assai di rado): il valore determinativo; il
valore di rinvio e riferimento; il valore di opposizione; l’interposizione e la creazione del
gruppo del sostantivo; la sostantivazione di qualsiasi elemento della frase e l’algebra
linguistica; «un processo privo di ogni valore affettivo ma comodo per l’esposizione
delle idee, e di un’agilità e varietà che non hanno riscontro nella prosa di nessun’altra
lingua indoeuropea» (A. Meillet).
Le lingue dei lirici
I dativi plurali in -οις, -αις (strum. ai. -aih, ir. -aiš.
lit. -ais) e in -οισι, -αισι/-
 (loc. -su in indoiranico e
baltosla-vo): -οισι in ionico, -οις nei dialetti doricooccidentali (eccezioni in argivo), -οισι (agg. e sost.) e -οις
(dim.) nel lesbico, le oscillazioni dell’attico e delle lingue
letterarie (la tragedia, la commedia di Epicarmo, i poeti
lirici).
L’uso intermittente, arcaico (ábharat e bhárat) e omerico,
dell’aumento: libero nella lirica corale e in quella eolica,
costante (tranne omeriche eccezioni) in quella ionica.
L’uso intermittente, ‘poetico’, dell’articolo (raro negli elegiaci,
nella lirica monodica e corale, più frequente nel giambo e
nella commedia, oltre che nella prosa).
L’iperbato e l’ordo verborum artificiale.
I generi della lirica
Il fondo ionico (κότ’, κως, etc.) e gli epicismi dell’elegia: ionicismi (o atticismi:
δορί?) non epici (la progressiva riduzione) ed epicismi non ionici (il
progressivo incremento). L’epigramma dalla dialettizzazione alla maggiore
letterarietà (fine IV sec.).
Il verso popolare (con paralleli nel vedico) e lo ionico corrente (cólto, non
parlato: la lingua delle iscrizioni) del giambo (forme contratte, crasi,
declinazione ‘attica’, termini volgari, la riduzione degli epicismi non ionici).
L’incomparabile lirica eolica (in mancanza di una prosa eolica e di una lirica
corale epicorica; il limitato apporto delle iscrizioni: fonetica e morfologia,
non lessico) e beotica (Corinna), i metri ‘innodici’ indoeuropei, il lessico e lo
stile semplici; la lingua delle persone cólte contemporanee (tranne la rarità
dell’articolo e delle forme contratte): eolico nei lesbici, ionico in
Anacreonte, beotico in Corinna.
La lirica corale: il ‘dorico’ di poeti non dorici; composizioni corali per feste
religiose pubbliche e successiva laicizzazione; l’ᾱ, gli infiniti in -μεν, gen.
in -ᾶν e dat. in -εσσι, la mancanza di aoristi in -ξα e di ‘futuri dorici’, la
rarità di ϝ (tranne che in Alcmane e in Pindaro: la confusione ϝ/γ nei codici),
l’alternanza σύ/τύ, la presenza di ἄν e κε(ν), Μῶσα e Μοῖσα, i gen. in -οιο,
κῆρ > κέαρ, i composti e la lingua solenne.
ESCHILO
Eschilo, Persiani 241-248
Βα. τίς δὲ ποιμάνωρ ἔπεστι κἀπιδεσπόζει στρατῷ;
Χο. οὔτινος δοῦλοι κέκληνται φωτὸς οὐδ᾽ ὑπήκοοι.
Βα. πῶς ἂν οὖν μένοιεν ἄνδρας πολεμίους ἐπήλυδας;
Χο. ὥστε Δαρείου πολύν τε καὶ καλὸν φθεῖραι στρατόν.
Βα. δεινά τοι λέγεις κιόντων τοῖς τεκοῦσι φροντίσαι. 245
Χο. ἀλλ᾽ ἐμοὶ δοκεῖν τάχ᾽ εἴσῃ πάντα ναμερτῆ λόγον.
τοῦδε γὰρ δράμημα φωτὸς Περσικὸν πρέπει μαθεῖν,
καὶ φέρει σαφές τι πρᾶγος ἐσθλὸν ἢ κακὸν κλύειν.
La libertà dell’Occidente
• auspici da sogno e realtà in atto
• la democrazia ‘lontana’
• il posto più bello del mondo
• la guerra ‘nobile’ delle lance e degli scudi
• non schiavi, non sudditi
• la libertà efficace
• dai sogni alle notizie
SOFOCLE
Sofocle, Edipo re
ΟΙ. οὗτος σύ, πρέσβυ, δεῦρό μοι φώνει βλέπων
ὅσ᾽ ἄν σ᾽ ἐρωτῶ. Λαΐου ποτ᾽ ἦσθα σύ;
ΘΕΡΑΠΩΝ
ἦ δοῦλος, οὐκ ὠνητός, ἀλλ᾽ οἴκοι τραφείς.
ΟΙ. ἔργον μεριμνῶν ποῖον ἢ βίον τίνα;
ΘΕ. ποίμναις τὰ πλεῖστα τοῦ βίου συνειπόμην. 1125
[...]
ΘΕ. τῶν Λαΐου τοίνυν τις ἦν γεννημάτων.
ΟΙ. ἦ δοῦλος, ἢ κείνου τις ἐγγενὴς γεγώς;
ΘΕ. οἴμοι, πρὸς αὐτῷ γ᾽ εἰμὶ τῷ δεινῷ λέγειν.
ΟΙ. κἄγωγ᾽ ἀκούειν· ἀλλ᾽ ὅμως ἀκουστέον. 1170
L’interrogazione di un servo
• l’ultimo interrogatorio prima della verità
• schiavi comprati e schiavi allevati
• zelo e reticenza: convenienze servili
• gli schiavi pastori nell’economia di sussistenza
• la tortura degli schiavi e gli usi processuali
• la famiglia, i figli e gli schiavi
• la compassione non servile che condanna
EURIPIDE
Euripide, Elettra 367-400 [1]
οὐκ ἔστ᾽ ἀκριβὲς οὐδὲν εἰς εὐανδρίαν·
ἔχουσι γὰρ ταραγμὸν αἱ φύσεις βροτῶν.
ἤδη γὰρ εἶδον ἄνδρα γενναίου πατρὸς
τὸ μηδὲν ὄντα, χρηστὰ δ᾽ ἐκ κακῶν τέκνα,
370
λιμόν τ᾽ ἐν ἀνδρὸς πλουσίου φρονήματι,
γνώμην δὲ μεγάλην ἐν πένητι σώματι.
[πῶς οὖν τις αὐτὰ διαλαβὼν ὀρθῶς κρινεῖ;
πλούτωι; πονηρῶι τἄρα χρήσεται κριτῆι.
ἢ τοῖς ἔχουσι μηδέν; ἀλλ᾽ ἔχει νόσον
375
πενία, διδάσκει δ᾽ ἄνδρα τῆι χρείαι κακόν.
ἀλλ᾽ εἰς ὅπλ᾽ ἐλθών; τίς δὲ πρὸς λόγχην βλέπων
μάρτυς γένοιτ᾽ ἂν ὅστις ἐστὶν ἁγαθός;
κράτιστον εἰκῆι ταῦτ᾽ ἐᾶν ἀφειμένα.]
οὗτος γὰρ ἁνὴρ οὔτ᾽ ἐν Ἀργείοις μέγας
380
Euripide, Elettra 367-400 [2]
οὔτ᾽ αὖ δοκήσει δωμάτων ὠγκωμένος,
ἐν τοῖς δὲ πολλοῖς ὤν, ἄριστος ηὑρέθη.
οὐ μὴ ἀφρονήσεθ᾽, οἳ κενῶν δοξασμάτων
πλήρεις πλανᾶσθε, τῆι δ᾽ ὁμιλίαι βροτῶν
κρινεῖτε καὶ τοῖς ἤθεσιν τοὺς εὐγενεῖς;
[οἱ γὰρ τοιοῦτοι τὰς πόλεις οἰκοῦσιν εὖ
καὶ δώμαθ᾽· αἱ δὲ σάρκες αἱ κεναὶ φρενῶν
ἀγάλματ᾽ ἀγορᾶς εἰσιν. οὐδὲ γὰρ δόρυ
μᾶλλον βραχίων σθεναρὸς ἀσθενοῦς μένει·
ἐν τῆι φύσει δὲ τοῦτο κἀν εὐψυχίαι.]
ἀλλ᾽ ἄξιος γὰρ ὅ τε παρὼν ὅ τ᾽ οὐ παρὼν
Ἀγαμέμνονος παῖς, οὗπερ οὕνεχ᾽ ἥκομεν,
δεξώμεθ᾽ οἴκων καταλύσεις. χωρεῖν χρεών,
δμῶες, δόμων τῶνδ᾽ ἐντός. ὡς ἐμοὶ πένης
385
390
Euripide, Elettra 367-400 [3]
εἴη πρόθυμος πλουσίου μᾶλλον ξένος.
αἰνῶ μὲν οὖν τοῦδ᾽ ἀνδρὸς ἐσδοχὰς δόμων,
ἐβουλόμην δ᾽ ἂν εἰ κασίγνητός με σὸς
ἐς εὐτυχοῦντας ἦγεν εὐτυχῶν δόμους.
ἴσως δ᾽ ἂν ἔλθοι· Λοξίου γὰρ ἔμπεδοι
χρησμοί, βροτῶν δὲ μαντικὴν χαίρειν ἐῶ.
395
400
La vera nobiltà
• la casa del contadino e la gnome-captatio
• ricchezza e nobiltà (di cuore)
• gli scherzi della natura
• apparenze e pregiudizi
• l’assenza di parametri: il trionfo del caso
• il congedo della mantica
• verso la poesia degli affetti familiari
Il teatro: festa religiosa e laica
Le maschere da armamentario cultuale a istituto
letterario e mezzo di rappresentazione.
Lo scenario (il teatro di Dioniso), il pubblico
(l’intera polis) e la formalizzazione.
La commistione di generi poetici non attici: il
genere lirico religioso dorico e quello lirico
narrativo ionico.
Dalla lirica corale alla tragedia: il coro, il canto
‘a solo’, il parlato-recitato (l’attività di Arione
di Metimna a Corinto e l’origine doricocorinzia?).
Commistione linguistica nella tragedia
I cori: i metri e la lingua lirici, l’ᾱ, le ultime tracce del ‘sacro’ (le
oscillazioni testuali e il problema della tradizione linguistica dei testi
scenici).
Il parlato giambo-trocaico, la lingua di Atene e gli ionismi letterarizzanti:
la grammatica attica; α ed η attici; la sporadicità del duale; σσ (non
ττ) e ρσ (non ρρ) e gli iperionismi (πυρσός); forme ioniche letterarie
(ὄπωπα per ἐόρακα, δούρατος e δορός per δόρατος, Θρῇξ, γῆθεν).
La volontà di distaccarsi dall’attico quotidiano e di ‘alzare il tono’: gli
omerismi (forme non contratte, lunghe ει e ου per ε e ο, des. in -οιο
ed -εσσι, forme pronominali e articolo-relativo, diverse forme verbali,
comp. ἀρείων e βέλτερος, preposizioni, congiunzioni e particelle) e il
gioco dei verbi composti (e dei preverbi ‘esaustivi’); la glossa in luogo
del nome comune; occidentalismi (nel coro e nel dialogo: dal coro al
dialogo o da Corinto ad Atene? Metricismi, poetismi, tecnicismi, ᾱ
originari); ionismi non omerici (e.g. κεῖνος, ἱστορέω, φερνή, ἀγρεύω).
La cultura ‘di tipo ateniese’
La commistione stilizzata di tutte le espressioni
letterarie precedenti.
La lirica discorsiva e narrativa ionica e la lirica
religiosa dorica.
Il carattere interdialettale e tendenzialmente
‘imperialista’ della letteratura ateniese.
La preparazione di una nuova lingua comune
(che però sarà creata dalla filosofia, dalla
scienza e dalla storiografia più che dalla
poesia).
FERECRATE
Ferecrate, Busiride fr. 10 K.-A.
οὐ γὰρ ἦν τότ᾽ οὔτε Μάνης οὔτε Σηκὶς οὐδενὶ
δοῦλος, ἀλλ᾽ αὐτὰς ἔδει μοχθεῖν ἅπαντ᾽ ἐν οἰκίᾳ·
εἶτα πρὸς τούτοισιν ἤλουν ὄρθριαι τὰ σιτία,
ὥστε τὴν κώμην ὑπηχεῖν θιγγανουσῶν τὰς μύλας.
le donne-schiave
• i nomi degli schiavi
• l’economia domestica: le “cose di casa”
• le donne e la fatica come μόχθος
• la mattina presto
• il lavoro alla macina vs. il lavoro al telaio
• la colonna sonora della schiavitù
• schiavi domestici, donne, tratta degli schiavi.
ARISTOFANE
Aristofane, Cavalieri 40-72 [1]
ΟΙ. Α λέγοιμ᾽ ἂν ἤδη. νῷν γάρ ἐστι δεσπότης
ἄγροικος ὀργήν, κυαμοτρώξ, ἀκράχολος,
Δῆμος Πυκνίτης, δύσκολον γερόντιον
ὑπόκωφον. οὗτος τῇ προτέρᾳ νουμηνίᾳ
ἐπρίατο δοῦλον βυρσοδέψην, Παφλαγόνα
πανουργότατον καὶ διαβολώτατόν τινα.
οὗτος καταγνοὺς τοῦ γέροντος τοὺς τρόπους,
ὁ βυρσοπαφλαγών, ὑποπεσὼν τὸν δεσπότην
ᾔκαλλ᾽, ἐθώπευ᾽, ἐκολάκευ᾽, ἐξηπάτα
κοσκυλματίοις ἄκροισι, τοιαυτὶ λέγων·
“ὦ Δῆμε, λοῦσαι πρῶτον ἐκδικάσας μίαν,
ἐνθοῦ, ῥόφησον, ἔντραγ᾽, ἔχε τριώβολον.
βούλει παραθῶ σοι δόρπον;” εἶτ᾽ ἀναρπάσας
ὅ τι ἄν τις ἡμῶν σκευάσῃ τῷ δεσπότῃ
40
45
50
Aristofane, Cavalieri 40-72 [2]
Παφλαγὼν κεχάρισται τοῦτο. καὶ πρώην γ᾽ ἐμοῦ
μᾶζαν μεμαχότος ἐν Πύλῳ Λακωνικήν,
πανουργότατά πως παραδραμὼν ὑφαρπάσας
αὐτὸς παρέθηκε τὴν ὑπ᾽ ἐμοῦ μεμαγμένην.
ἡμᾶς δ᾽ ἀπελαύνει κοὐκ ἐᾷ τὸν δεσπότην
ἄλλον θεραπεύειν, ἀλλὰ βυρσίνην ἔχων
δειπνοῦντος ἑστὼς ἀποσοβεῖ τοὺς ῥήτορας.
ᾄδει δὲ χρησμούς· ὁ δὲ γέρων σιβυλλιᾷ.
ὁ δ᾽ αὐτὸν ὡς ὁρᾷ μεμακκοακότα,
τέχνην πεπόηται· τοὺς γὰρ ἔνδον ἄντικρυς
ψευδῆ διαβάλλει· κᾆτα μαστιγούμεθα
ἡμεῖς· Παφλαγὼν δὲ περιθέων τοὺς οἰκέτας
αἰτεῖ, ταράττει, δωροδοκεῖ λέγων τάδε·
“ὁρᾶτε τὸν Ὕλαν δι᾽ ἐμὲ μαστιγούμενον;
55
60
65
Aristofane, Cavalieri 40-72 [3]
εἰ μή μ᾽ ἀναπείσετ᾽, ἀποθανεῖσθε τήμερον”.
ἡμεῖς δὲ δίδομεν· εἰ δὲ μή, πατούμενοι
ὑπὸ τοῦ γέροντος ὀκταπλάσιον χέζομεν.
νῦν οὖν ἁνύσαντε φροντίσωμεν, ὦγαθέ,
ποίαν ὁδὸν νὼ τρεπτέον καὶ πρὸς τίνα.
70
il dialogo dei servi
• la scena comica ‘a due’
• il tono, il pianto ridicolo, le battute ‘megaresi’
• il vizio impersonato: servi e servi-padroni
• la satira politica: chi è schiavo di chi?
• il ‘mostro’ comico: uno schiavo un po’ peggiore
• l’autoironia dell’impotenza
• il servizio comico dei servi
MENANDRO
Menandro, Aspis 221-255 [1]
ΜΑΓΕΙΡΟΣ
ἂν καὶ λάβω ποτ᾽ ἔργον, ἢ τέθνηκέ τις,
εἶτ᾽ ἀποτρέχειν δεῖ μισθὸν οὐκ ἔχοντά με,
ἢ τέτοκε τῶν ἔνδον κυοῦσά τις λάθραι,
εἶτ᾽ οὐκέτι θύουσ᾽ ἐξαπίνης, ἀλλ᾽ οἴχομαι
ἀπιὼν ἐγώ. τῆς δυσποτμίας.
ΔΑΟΣ
πρὸς τῶν θεῶν,
μάγειρ᾽, ἄπελθε.
ΜΑ.
νῦν δέ <σοι> τί δοκῶ ποεῖν;
λαβὲ τὰς μαχαίρας, παιδάριον, θᾶττόν ποτε.
δραχμῶν τριῶν ἦλθον δι᾽ ἡμερῶν δέκα
ἔργον λαβών· ὤιμην ἔχειν ταύτας· νεκρὸς
ἐλθών τις ἐκ Λυκίας ἀφήιρηται βίαι
ταύτας. τοιούτου συμβεβηκότος κακοῦ
τοῖς ἔνδον, ἱερόσυλε, κλαούσας ὁρῶν
καὶ κοπτομένας γυναῖκας ἐκφέρεις κενὴν
225
230
Menandro, Aspis 221-255 [2]
τὴν λήκυθον; μέμνησο καιρὸν παραλαβὼν
τοιοῦτον. οὐ Σπινθῆρ᾽, Ἀριστείδην δ᾽ ἔχω,
235
ὑπηρέτην δίκαιον· ὄψομαί σ᾽ ἐγὼ
ἄδειπνον. ὁ δὲ τραπεζοποιὸς καταμενεῖ
εἰς τὸ περίδειπνον τυχὸν ἴσως.
ΤΡΑΠΕΖΟΠΟΙΟΣ
δραχμὴν ἐγὼ
ἂν μὴ λάβω κοπτόμενος ὑμῶν οὐδὲ ἓν
αὐτὸς διοίσω.
ΔΑ.
πρόαγε· τοῦτον οὐδ̣·[·]·ς
( desunt fortasse uersus i vel ii )
[
]·έλλων ἄρα
[
]α̣ π̣ρῶτ̣[α ··]τα.
ΔΑ.
πάνυ μ[ὲν οὖν.
ΤΡ. κακὸς κακῶ]ς ἀπόλοιο τοίνυν νὴ Δία
τοιό]ν̣δ̣[ε π]εποηκώς, ἀπόπληκτε· χρυσίον
ἔχων τοσοῦτο, παῖδας, ἥκεις δεσπότηι
240
245
Menandro, Aspis 221-255 [3]
ταῦτ᾽ ἀποκομίζων; κοὐκ ἀπέδρας; ποταπός π̣[οτ᾽ εἶ;
ΔΑ. Φρύξ.
ΤΡ.
οὐδὲν ἱερόν· ἀνδρόγυνος. ἡμεῖς μόνοι
οἱ Θρᾶικές ἐσμεν ἄνδρες· οἱ μὲν δὴ Γέται,
Ἄπολλον, ἀνδρεῖον τὸ χρῆμα· τοιγαροῦν
γέμουσιν οἱ μυλῶνες ἡμῶν.
ΔΑ.
ἐκποδὼν
ἀπαλλάγηθ᾽ ἀπὸ τῆς θύρας· καὶ γάρ τινα
ὄχλον ἄλλον ἀνθρώπων προσιόντα τουτονὶ
ὁρῶ μεθυόντων. νοῦν ἔχετε· τὸ τῆς τύχης
ἄδηλον· εὐφραίνεσθ᾽ ὃν ἔξεστιν χρόνον.
245
i servi-registi
• pedagoghi, cuochi, assistenti, maestri di mensa
• schiavi còlti e piccoli artigiani
• il servus callidus e l’ἀλαζών
• il servo di buon cuore
• il cuoco che ruba e l’indignazione sugli onesti
• le terre degli schiavi
• Davo come schiavo-regista
Il ‘dramma’ siciliano e la commedia
La misteriosa (l’assenza di opere intere fino a Teocrito
e ad Archimede) ma influente (l’esempio delle
monete del VI sec. a.C.) cultura siciliana e le origini
doriche del dramma (δρᾶμα)
La koine occidentale di tipo dorico: Epicarmo (il nome
di un genere?) e Sofrone (la fortuna).
I genitivi ἐμέος e τέος, ϝίσαμι (< ϝίσαντι), δεικνύειν (<
δεικνύοντι), πεφύκειν, πέποσχα, il dat. pl. in -εσσι,
κάρρων (per κρείσσων), ψιν, ψε (per σφιν, σφε)
Le differenze dall’attico, la lingua naturale e ‘parlata’,
i composti parodici, l’influsso della tragedia.
La commedia attica
L’ateniese parlato e le differenze tra Aristofane e
Menandro: i volgarismi.
La grammatica attica (imperativi in -ο e in -σο,
ἔδοσαν ed ἔδωκαν, futuri dorici e non,
ἔμελλον ed ἤμελλον, comparativi in -ω e
in -ονα, πλέον / πλεῖν / πλεῖον ἢ …), i cori e i
composti paratragici (e paraepici e paralirici),
gli ‘stranieri’ parlanti nei dialetti locali (le
lingue diverse ma comunicanti), i metricismi
(-οιατο, -μεσθα, etc.), Erfindungen comiche.
La letteratura ateniese e panellenica.
Un’invenzione ionica: la prosa
La poesia degli Eoli e la prosa degli Ioni: l’affrancamento dalla
tradizione e dal sentimento e la riproduzione intellettuale e discorsiva
di una realtà positiva.
Gli Ioni alla guida culturale e spirituale della Grecia dall’età arcaica
all’inizio di quella classica: i Greci yauna, l’influsso sull’architettura,
sulle arti e sulla scienza orientale (persiana in primis).
La koiné ionica e l’influenza dell’alfabeto ionico (l’es. di χ), poi
generalizzato (Atene 403, Beozia 370, ecc.), e della terminologia
ionica.
L’estrazione e la lingua ionica dei primi prosatori (Talete, Anassimandro,
Anassimene; Eraclito; Ecateo), e quindi del genere in quanto tale
(Erodoto e Tucidide; Ippocrate di Coo; Antioco di Siracusa, Ellanico
di Lesbo); le poche tracce di una prosa dorica (dalle Dialexeis ad
Archimede); le differenze stilistiche (maggiore o minore letterarietà),
non linguistiche tra i γένη della prosa; poetismi e/o arcaismi.
La prosa ‘paraletteraria’:
αἶνοι, λόγοι, μῦθοι, leggi ed elenchi
L’Αἴσωπος λογοποιός e i riflessi poetici da
Archiloco a Platone (Phaed. 60c, 61b).
Genealogie, elenchi di vincitori (ad
Olimpia dal 776 a.C.), liste di sacerdoti o
governanti (gli efori a Sparta dal 757 a.C.,
gli arconti ad Atene dal 683 a.C.), leggi.
La prosa didascalica e narrativa:
logografia, storiografia, scienza,
filosofia
La lingua dei primi logografi tra pretese
poetiche e koiné d’uso microasiatica.
Epicismi, forme non contratte, ionismi
arcaici, l’‘ingenuità’ e il gusto narrativo
(l’esempio degli Iamata di Epidauro).
TUCIDIDE
Tucidide, II 62s. [1]
“Τὸν δὲ πόνον τὸν κατὰ τὸν πόλεμον, μὴ γένηταί τε πολὺς
καὶ οὐδὲν μᾶλλον περιγενώμεθα, ἀρκείτω μὲν ὑμῖν καὶ ἐκεῖνα
ἐν οἷς ἄλλοτε πολλάκις γε δὴ ἀπέδειξα οὐκ ὀρθῶς αὐτὸν
ὑποπτευόμενον, δηλώσω δὲ καὶ τόδε, ὅ μοι δοκεῖτε οὔτ᾽ αὐτοὶ
πώποτε ἐνθυμηθῆναι ὑπάρχον ὑμῖν μεγέθους πέρι ἐς τὴν
ἀρχὴν οὔτ᾽ ἐγὼ ἐν τοῖς πρὶν λόγοις· οὐδ᾽ ἂν νῦν ἐχρησάμην
κομπωδεστέραν ἔχοντι τὴν προσποίησιν, εἰ μὴ
καταπεπληγμένους ὑμᾶς παρὰ τὸ εἰκὸς ἑώρων. οἴεσθε μὲν
γὰρ τῶν ξυμμάχων μόνων ἄρχειν, ἐγὼ δὲ ἀποφαίνω δύο
μερῶν τῶν ἐς χρῆσιν φανερῶν, γῆς καὶ θαλάσσης, τοῦ
ἑτέρου ὑμᾶς παντὸς κυριωτάτους ὄντας, ἐφ᾽ ὅσον τε νῦν
νέμεσθε καὶ ἢν ἐπὶ πλέον βουληθῆτε· καὶ οὐκ ἔστιν ὅστις τῇ
ὑπαρχούσῃ παρασκευῇ τοῦ ναυτικοῦ πλέοντας ὑμᾶς οὔτε
βασιλεὺς
Tucidide, II 62s. [2]
οὔτε ἄλλο οὐδὲν ἔθνος τῶν ἐν τῷ παρόντι κωλύσει. ὥστε οὐ
κατὰ τὴν τῶν οἰκιῶν καὶ τῆς γῆς χρείαν, ὧν μεγάλων
νομίζετε ἐστερῆσθαι, αὕτη ἡ δύναμις φαίνεται· οὐδ᾽ εἰκὸς
χαλεπῶς φέρειν αὐτῶν μᾶλλον ἢ οὐ κηπίον καὶ ἐγκαλλώπισμα πλούτου πρὸς ταύτην νομίσαντας ὀλιγωρῆσαι, καὶ γνῶναι ἐλευθερίαν μέν, ἢν ἀντιλαμβανόμενοι αὐτῆς
διασώσωμεν, ῥᾳδίως ταῦτα ἀναληψομένην, ἄλλων δὲ
ὑπακούσασι καὶ τὰ προκεκτημένα φιλεῖν ἐλασ-σοῦσθαι, τῶν
τε πατέρων μὴ χείρους κατ᾽ ἀμφότερα φανῆναι, οἳ μετὰ
πόνων καὶ οὐ παρ᾽ ἄλλων δεξάμενοι κατέσχον τε καὶ
προσέτι διασώσαντες παρέδοσαν ὑμῖν αὐτά (αἴσχιον δὲ
ἔχοντας ἀφαιρεθῆναι ἢ κτωμένους ἀτυχῆσαι), ἰέναι δὲ τοῖς
ἐχθροῖς ὁμόσε μὴ φρονήματι μόνον,
ἀλλὰ
καὶ
καταφρονήματι. αὔχημα μὲν γὰρ καὶ
Tucidide, II 62s. [3]
ἀπὸ ἀμαθίας εὐτυχοῦς καὶ δειλῷ τινὶ ἐγγίγνεται,
καταφρόνησις δὲ ὃς ἂν καὶ γνώμῃ πιστεύῃ τῶν ἐναντίων
προύχειν, ὃ ἡμῖν ὑπάρχει. καὶ τὴν τόλμαν ἀπὸ τῆς ὁμοίας
τύχης ἡ ξύνεσις ἐκ τοῦ ὑπέρφρονος ἐχυρωτέραν παρέχεται,
ἐλπίδι τε ἧσσον πιστεύει, ἧς ἐν τῷ ἀπόρῳ ἡ ἰσχύς, γνώμῃ δὲ
ἀπὸ τῶν ὑπαρχόντων, ἧς βεβαιοτέρα ἡ πρόνοια. τῆς τε
πόλεως ὑμᾶς εἰκὸς τῷ τιμωμένῳ ἀπὸ τοῦ ἄρχειν, ᾧπερ
ἅπαντες ἀγάλλεσθε, βοηθεῖν, καὶ μὴ φεύγειν τοὺς πόνους ἢ
μηδὲ τὰς τιμὰς διώκειν· μηδὲ νομίσαι περὶ ἑνὸς μόνου,
δουλείας ἀντ᾽ ἐλευθερίας, ἀγωνίζεσθαι, ἀλλὰ καὶ ἀρχῆς
στερήσεως καὶ κινδύνου ὧν ἐν τῇ ἀρχῇ ἀπήχθεσθε. ἧς οὐδ᾽
ἐκστῆναι ἔτι ὑμῖν ἔστιν, εἴ τις καὶ τόδε ἐν τῷ παρόντι δεδιὼς
ἀπραγμοσύνῃ ἀνδραγαθίζεται· ὡς τυραννίδα γὰρ ἤδη ἔχετε
αὐτήν,
Tucidide, II 62s. [4]
ἣν λαβεῖν μὲν ἄδικον δοκεῖ εἶναι, ἀφεῖναι δὲ ἐπικίνδυνον.
τάχιστ᾽ ἄν τε πόλιν οἱ τοιοῦτοι ἑτέρους τε πείσαντες
ἀπολέσειαν καὶ εἴ που ἐπὶ σφῶν αὐτῶν αὐτόνομοι οἰκήσειαν·
τὸ γὰρ ἄπραγμον οὐ σῴζεται μὴ μετὰ τοῦ δραστηρίου
τεταγμένον, οὐδὲ ἐν ἀρχούσῃ πόλει ξυμφέρει, ἀλλ᾽ ἐν ὑπηκόῳ,
ἀσφαλῶς δουλεύειν.
un dominio che schiavizza
• paraclesi e parenesi: il ‘tiranno’ educatore
• domini pubblici e domini privati
• la libertà ‘ricostituente’
• la schiavitù che erode
• il peso dei padri e della libertà conquistata
• sicurezza di sé e disprezzo; speranza e riflessione
• δουλεία vs. ἐλευθερία: la στέρησις ἀρχῆς
• responsabilità e schiavitù dell’ἀρχή/τυραννίς
PSEUDO-SENOFONTE
Pseudo-Senofonte, Costituzione
degli Ateniesi 1,8-12 [1]
εἴη μὲν οὖν ἂν πόλις οὐκ ἀπὸ τοιούτων διαιτημάτων ἡ
βελτίστη, ἀλλ᾽ ἡ δημοκρατία μάλιστ᾽ ἂν σῴζοιτο οὕτως. ὁ
γὰρ δῆμος βούλεται οὐκ εὐνομουμένης τῆς πόλεως αὐ-τὸς
δουλεύειν, ἀλλ᾽ ἐλεύθερος εἶναι καὶ ἄρχειν, τῆς δὲ
κακονομίας αὐτῷ ὀλίγον μέλει· ὃ γὰρ σὺ νομίζεις οὐκ εὐνομεῖσθαι, αὐτὸς ἀπὸ τούτου ἰσχύει ὁ δῆμος καὶ ἐλεύ-θερός
ἐστιν. εἰ δ᾽ εὐνομίαν ζητεῖς, πρῶτα μὲν ὄψει τοὺς
δεξιωτάτους αὐτοῖς τοὺς νόμους τιθέντας· ἔπειτα κολάσουσιν οἱ χρηστοὶ τοὺς πονηροὺς καὶ βουλεύσουσιν οἱ
χρηστοὶ περὶ τῆς πόλεως καὶ οὐκ ἐάσουσι μαινομένους
ἀνθρώπους βουλεύειν οὐδὲ λέγειν οὐδὲ ἐκκλησιάζειν. ἀπὸ
τούτων τοίνυν τῶν ἀγαθῶν τάχιστ’ ἂν ὁ δῆμος εἰς δουλεί-
Pseudo-Senofonte, Costituzione
degli Ateniesi 1,8-12 [2]
αν καταπέσοι. τῶν δούλων δ᾽ αὖ καὶ τῶν μετοίκων πλείστη
ἐστὶν Ἀθήνησιν ἀκολασία, καὶ οὔτε πατάξαι ἔξεστιν αὐτόθι
οὔτε ὑπεκστήσεταί σοι ὁ δοῦλος. οὗ δ᾽ ἕνεκέν ἐστι τοῦτο
ἐπιχώριον ἐγὼ φράσω. εἰ νόμος ἦν τὸν δοῦλον ὑπὸ τοῦ
ἐλευθέρου τύπτεσθαι ἢ τὸν μέτοικον ἢ τὸν ἀπελεύθερον,
πολλάκις ἂν οἰηθεὶς εἶναι τὸν Ἀθηναῖον δοῦλον ἐπάταξεν ἄν·
ἐσθῆτά τε γὰρ οὐδὲν βελτίων ὁ δῆμος αὐτόθι ἢ οἱ δοῦλοι καὶ
οἱ μέτοικοι καὶ τὰ εἴδη οὐδὲν βελτίους εἰσίν. εἰ δέ τις καὶ
τοῦτο θαυμάζει, ὅτι ἐῶσι τοὺς δούλους τρυφᾶν αὐτόθι καὶ
μεγαλοπρεπῶς διαιτᾶσθαι ἐνίους, καὶ τοῦτο γνώμῃ φανεῖεν
ἂν ποιοῦντες. ὅπου γὰρ ναυτικὴ δύναμίς ἐστιν, ἀπὸ χρημά-
Pseudo-Senofonte, Costituzione
degli Ateniesi 1,8-12 [3]
των ἀνάγκη τοῖς ἀνδραπόδοις δουλεύειν, ἵνα λαμβάνωμεν
<ὧν> πράττῃ τὰς ἀποφοράς, καὶ ἐλευθέρους ἀφιέναι. ὅπου δ᾽
εἰσὶ πλούσιοι δοῦλοι, οὐκέτι ἐνταῦθα λυσιτελεῖ τὸν ἐμὸν
δοῦλον σὲ δεδιέναι· ἐν δὲ τῇ Λακεδαίμονι ὁ ἐμὸς δοῦλος σ᾽
ἐδεδοίκει· ἐὰν δὲ δεδίῃ ὁ σὸς δοῦλος ἐμέ, κινδυνεύσει καὶ τὰ
χρήματα διδόναι τὰ ἑαυτοῦ ὥστε μὴ κινδυνεύειν περὶ ἑαυτοῦ.
διὰ τοῦτ᾽ οὖν ἰσηγορίαν καὶ τοῖς δούλοις πρὸς τοὺς
ἐλευθέρους ἐποιήσαμεν—καὶ τοῖς μετοίκοις πρὸς τοὺς
ἀστούς, διότι δεῖται ἡ πόλις μετοίκων διά τε τὸ πλῆθος τῶν
τεχνῶν καὶ διὰ τὸ ναυτικόν· διὰ τοῦτο οὖν καὶ τοῖς
μετοίκοις εἰκότως τὴν ἰσηγορίαν ἐποιήσαμεν.
schiavi e liberi nell’Atene democratica
• la logica perversa ma ferrea della democrazia
• il demos e la libertà nel male
• ἐλευθερία, εὐνομία e la schiavitù del demos
• la ἀκολασία dei servi, dei liberti, dei meteci
• l’estetica servile del demos
• la τρυφή dei servi e l’economia marittima
• i servi che guadagnano e non temono: servi ricchi
• l’isegoria dei meteci
Erodoto, la filosofia, la medicina
La lingua semplice (scevra di γλῶσσαι), varia e
‘internazionale’ del viaggiatore di Alicarnasso.
Arcaismi, forme non contratte, epicismi e
atticismi, periodi più articolati: la tradizione
manoscritta e la stilizzazione letteraria.
Le γνῶμαι filosofiche tra retorica e poesia:
Eraclito e Democrito.
Ippocrate ἄκρατος: concisione e chiarezza.
La lingua ufficiale della dodecapoli e
della giambografia: la prosa ‘orale’
Il carattere autoctono della prosa ionica e il rifiuto dei concetti
tradizionali di origine orientale (ma si veda Eraclito): i fatti
e la ragione.
Gli scritti per la lettura (cf. Plat. Parm. 127c) e il carattere
orale delle frasi (le ripetizioni, le pospositive, i parallelismi
e la sottolineatura continua della struttura della frase).
Dalle parole-forza alle parole-segno (es. di ὕπνος, φύσις,
ἀνάγκη).
Il pensiero discorsivo e razionale: l’isolamento e l’espressione
distinta di ogni nozione (l’opposizione dei termini, l’articolo
e l’aggettivo neutro, le formanti nominali -της, -σις e -μα e
la razionalizzazione del linguaggio), agilità e precisione.
ANTIFONTE
Antifonte, VS 87 B 44 fr. B c. II [1]
<τοὺς ἐκ καλῶν πατέ->
ρων ἐπ̣<αιδούμεθά τε κ<αὶ σεβόμεθα,
τοὺς δὲ <ἐκ μὴ καλοῦ οἴκ<ου ὄντας
οὔτε ἐπ<αιδούμεθα οὔτε σεβόμ<εθα.
ἐν τούτω<ι δὲ
πρὸς ἀλλή<λους
βεβαρβαρώ<μεθα, ἐπεὶ φύσει
πάντα πάντ<ες
ὁμοίως πεφύκ<α-
Antifonte, VS 87 B 44 fr. B c. II [2]
μεν καὶ βάρβαροι καὶ Ἕλλην<ες
εἶναι. σκοπεῖν
δὲ παρέχει τὰ
τῶν φύσει <ὄντων
ἀναγκαί<ων
πᾶσιν ἀν<θρώποις· π<ορίσαι
τε κατ<ὰ ταὐτὰ
δυνα<τὰ πᾶσι,
καὶ ἐν <πᾶσι τούτοις οὔτε β<άρβαρος ἀφώρισ<ται
Antifonte, VS 87 B 44 fr. B c. II [3]
[δ’] ἡμῶν ο̣<ὐδεὶς
οὔτε Ἕλλην<·> ἀναπνέομεν
τε γὰρ εἰς τὸν ἀέρ<α> ἅπαντες
κατὰ τὸ στόμ<α
κ>αὶ κατ<α> τὰς ῥῖνας κ<αὶ ἐσθίομε>ν χ<ερσὶν ἅ<παντες ....>
abolire la schiavitù?
• καλοί e non
• rispetto e deferenza
• la ‘barbarie’ della discriminazione
• l’unità naturale del genere umano
• la critica sofistica dell’aristocrazia
• la superiorità della φύσις sul νόμος
• una nuova forma (retorica) del diritto del più
forte?
TEOPOMPO
Teopompo, FGrHist 115 F 122a
πρώτους δ᾽ ἐγὼ τῶν Ἑλλήνων οἶδα ἀργυρωνήτοις δούλοις
χρησαμένους Χίους, ὡς ἱστορεῖ Θεόπομπος ἐν τῆι ἑβδόμηι καὶ
δεκάτηι τῶν Ἱστοριῶν· “Χῖοι πρῶτοι τῶν Ἑλλήνων μετὰ
Θετταλοὺς καὶ Λακεδαιμονίους ἐχρήσαντο δούλοις, τὴν
μέντοι κτῆσιν αὐτῶν οὐ τὸν αὐτὸν τρόπον ἐκείνοις
<ἐποιήσαντο>. Λακεδαιμόνιοι μὲν γὰρ καὶ Θετταλοὶ
φανήσονται κατασκευασάμενοι τὴν δουλείαν ἐκ τῶν
Ἑλλήνων τῶν οἰκούντων πρότερον τὴν χώραν ἣν ἐκεῖνοι
νῦν ἔχουσιν, οἱ μὲν Ἀχαιῶν, Θετταλοὶ δὲ Περραιβῶν καὶ
Μαγνήτων, καὶ προσηγόρευσαν τοὺς καταδουλωθέντας οἱ
μὲν εἵλωτας, οἱ δὲ πενέστας. Χῖοι δὲ βαρβάρους κέκτηνται
τοὺς οἰκέτας καὶ τιμὴν αὐτῶν καταβάλλοντες”.
Teopompo, FGrHist 115 F 122b
Θεόπομπός φησι τοὺς δουλεύοντας τῶν ἐλευθέρων
πενέστας καλεῖσθαι παρὰ Θεσσαλοῖς, ὡς παρὰ
Λακεδαιμονίοις εἵλωτας.
tipi di schiavitù
• il cinismo dei Chii
• dalle invasioni al mercato
• la schiavizzazione del sostrato
• i servi della gleba di Eoli e Dori
• la manodopera barbara
• il prezzo degli schiavi
• i nomi della schiavitù
Atene e la retorica
La sopravvivenza della lingua di cultura ionica.
La prosa fatta per l’azione: l’attico dall’arcaismo (il duale, i
verbi atematici, λαμβάνω/λήψομαι, πόλις, -ττ- e -ρρ-) alla
Kunstprosa.
La retorica di importazione (Siracusa?): Gorgia di Leontini (le
figure retoriche), Trasimaco di Calcedonia (il ritmo
prosastico e i cola).
Politologia e storiografia: la Costituzione degli Ateniesi e
Tucidide (ἐς, αἰεί, ἵνα, ὡς, ἤν, δορί, οὐ σμικρός, μὴ θέλω).
Lisia figlio di Cefalo (l’atticismo giudiziario); Antifonte e la
differenza tra Tetralogie e discorsi giudiziari; Iperide e
l’anticipo della koiné; Demostene e la prosa di tutta la
Grecia.
PLATONE
Platone, Leggi 776b-778a [1]
[776b] κτήματα δὲ τὸ μετὰ τοῦτο ποῖα ἄν τις κεκτημένος
ἐμμελεστάτην οὐσίαν κεκτῇτο; τὰ μὲν οὖν πολλὰ οὔτε
νοῆσαι χαλεπὸν οὔτε κτήσασθαι, τὰ δὲ δὴ τῶν οἰκετῶν
χαλεπὰ [776c] πάντῃ. τὸ δ᾽ αἴτιον, οὐκ ὀρθῶς πως καί τινα
τρόπον ὀρθῶς περὶ αὐτῶν λέγομεν· ἐναντία γὰρ ταῖς χρείαις,
καὶ κατὰ τὰς χρείας αὖ, ποιούμεθα περὶ δούλων καὶ τὰ
λεγόμενα […] [776d] τί χρὴ ποιεῖν περὶ κτήσεως οἰκετῶν; ὃ δὴ
παριὼν τῷ λόγῳ ἔτυχον εἰπών, καὶ σύ με εἰκότως τί ποτε
φράζοιμι ἠρώτησας, τόδε ἐστίν. ἴσμεν ὅτι που πάντες
εἴποιμεν ἂν ὡς χρὴ δούλους ὡς εὐμενεστάτους ἐκτῆσθαι καὶ
ἀρίστους· πολλοὶ γὰρ ἀδελφῶν ἤδη δοῦλοι καὶ ὑέων τισὶν
κρείττους πρὸς ἀρετὴν πᾶσαν γενόμενοι, σεσώκασιν
δεσπότας [776e] καὶ κτήματα τάς τε οἰκήσεις αὐτῶν ὅλας.
ταῦτα γὰρ
Platone, Leggi 776b-778a [2]
ἴσμεν που περὶ δούλων λεγόμενα […]. οὐκοῦν καὶ τοὐναντίον,
ὡς ὑγιὲς οὐδὲν ψυχῆς δούλης, οὐδὲ πιστεύειν οὐδέποτ᾽
οὐδὲν τῷ γένει δεῖ τὸν νοῦν κεκτημένον; ὁ δὲ σοφώτατος
ἡμῖν τῶν ποιητῶν καὶ ἀπεφήνατο, ὑπὲρ τοῦ Διὸς ἀγορεύων,
ὡς— [777a] “ἥμισυ γάρ τε νόου, φησίν, ἀπαμείρεται εὐρύοπα
Ζεύς / ἀνδρῶν, οὓς ἂν δὴ κατὰ δούλιον ἦμαρ ἕλῃσι” (Od. XVII
322s.). ταῦτα δὴ διαλαβόντες ἕκαστοι τοῖς διανοήμασιν οἱ μὲν
πιστεύουσί τε οὐδὲν γένει οἰκετῶν, κατὰ δὲ θηρίων φύσιν
κέντροις καὶ μάστιξιν οὐ τρὶς μόνον ἀλλὰ πολλάκις
ἀπεργάζονται δούλας τὰς ψυχὰς τῶν οἰκετῶν· οἱ δ᾽ αὖ
τἀναντία τούτων δρῶσι πάντα […]. [777b] δῆλον ὡς ἐπειδὴ
δύσκολόν ἐστι τὸ θρέμμα ἄνθρωπος, καὶ πρὸς τὴν ἀναγκαίαν
διόρισιν, τὸ δοῦλόν τε ἔργῳ διορίζεσθαι καὶ ἐλεύθερον
καὶ
Platone, Leggi 776b-778a [3]
δεσπότην, οὐδαμῶς εὔχρηστον ἐθέλειν εἶναί τε καὶ
γίγνεσθαι φαίνεται, [777c] χαλεπὸν δὴ τὸ κτῆμα […]. δύο δὴ
λείπεσθον μόνω μηχανά, μήτε πατριώτας ἀλλήλων εἶναι
τοὺς [777d] μέλλοντας ῥᾷον δουλεύσειν, ἀσυμφώνους τε εἰς
δύναμιν ὅτι μάλιστα, τρέφειν δ᾽ αὐτοὺς ὀρθῶς, μὴ μόνον
ἐκείνων ἕνεκα, πλέον δὲ αὑτῶν προτιμῶντας· ἡ δὲ τροφὴ τῶν
τοιούτων μήτε τινὰ ὕβριν ὑβρίζειν εἰς τοὺς οἰκέτας, ἧττον δέ,
εἰ δυνατόν, ἀδικεῖν ἢ τοὺς ἐξ ἴσου. διάδηλος γὰρ ὁ φύσει καὶ
μὴ πλαστῶς σέβων τὴν δίκην, μισῶν δὲ ὄντως τὸ ἄδικον, ἐν
τούτοις τῶν ἀνθρώπων ἐν οἷς αὐτῷ ῥᾴδιον ἀδικεῖν· ὁ περὶ τὰ
τῶν δούλων οὖν ἤθη καὶ πράξεις γιγνόμενός τις ἀμίαντος
[777e] τοῦ τε ἀνοσίου πέρι καὶ ἀδίκου, σπείρειν εἰς ἀρετῆς
ἔκφυσιν ἱκανώτατος ἂν εἴη, ταὐτὸν δ᾽ ἔστ᾽
Platone, Leggi 776b-778a [4]
εἰπεῖν τοῦτο ὀρθῶς ἅμα λέγοντα ἐπί τε δεσπότῃ καὶ τυράννῳ
καὶ πᾶσαν δυναστείαν δυναστεύοντι πρὸς ἀσθενέστερον
ἑαυτοῦ. κολάζειν γε μὴν ἐν δίκῃ δούλους δεῖ, καὶ μὴ
νουθετοῦντας ὡς ἐλευθέρους θρύπτεσθαι ποιεῖν· τὴν δὲ
οἰκέτου πρόσρησιν χρὴ σχεδὸν [778a] ἐπίταξιν πᾶσαν
γίγνεσθαι, μὴ προσπαίζοντας μηδαμῇ μηδαμῶς οἰκέταις,
μήτ᾽ οὖν θηλείαις μήτε ἄρρεσιν, ἃ δὴ πρὸς δούλους φιλοῦσι
πολλοὶ σφόδρα ἀνοήτως θρύπτοντες χαλεπώτερον
ἀπεργάζεσθαι τὸν βίον ἐκείνοις τε ἄρχεσθαι καὶ ἑαυτοῖς ἄρχειν.
trattare con gli schiavi
• la stranezza degli umani
• schiavo, libero e padrone
• la necessità degli schiavi
• trattarli bene tra etica e interesse
• l’errore della confidenza
• la parvenza di uguaglianza
• la diversità ‘nell’anima’
• “non vogliono rassegnarsi”
Filosofia e retorica: Isocrate e Platone
La conversazione cólta di Platone: i poetismi, le etimologie
popolari (vd. Cratilo), l’attico puro (il duale), parole usuali in
significato generale (i neutri e l’articolo), l’algebra linguistica.
La storia girovaga di Senofonte: l’attico impuro e l’annuncio della
koiné (la rarità del duale, dorismi e ionismi, poetismi, coinismi).
La lingua aulica e la grammatica attica di Isocrate.
La koiné in Aristotele: l’attico che diventa greco comune e prosa
del pensiero razionale (l’ordo verborum, le pospositive, gli
elementi verbali e nominal-verbali, l’articolo dimostrativo,
varietas e unità).
La lingua dei vasai e delle tabellae defixionis: l’attico che non
rimane.
Il problema della tradizione manoscritta e l’emendazione (già
antica) delle anomalie.
ARISTOTELE
Aristotele, Politica 1253b 1-1255b 40 [1]
[1253b 1-12] ἐπεὶ δὲ φανερὸν ἐξ ὧν μορίων ἡ πόλις συνέστηκεν, ἀναγκαῖον πρῶτον περὶ οἰκονομίας εἰπεῖν· πᾶσα
γὰρ σύγκειται πόλις ἐξ οἰκιῶν. οἰκονομίας δὲ μέρη ἐξ ὧν
πάλιν οἰκία συνέστηκεν· οἰκία δὲ τέλειος ἐκ δούλων καὶ
ἐλευθέρων. ἐπεὶ δ᾽ἐν τοῖς ἐλαχίστοις πρῶτον ἕκαστον
ζητητέον, πρῶτα δὲ καὶ ἐλάχιστα μέρη οἰκίας δεσπότης καὶ
δοῦλος, καὶ πόσις καὶ ἄλοχος, καὶ πατὴρ καὶ τέκνα, περὶ
τριῶν ἂν τούτων σκεπτέον εἴη τί ἕκαστον καὶ ποῖον δεῖ εἶναι.
ταῦτα δ᾽ ἐστὶ δεσποτικὴ καὶ γαμική (ἀνώνυμον γὰρ ἡ
γυναικὸς καὶ ἀνδρὸς σύζευξις) καὶ τρίτον τεκνοποιητική
(καὶ γὰρ αὕτη οὐκ ὠνόμασται ἰδίῳ ὀνόματι. ἔστωσαν δὴ αὗται
τρεῖς ἃς εἴπομεν.
Aristotele, Politica 1253b 1-1255b 40 [2]
[1253b 18-20]
τοῖς μὲν γὰρ δοκεῖ ἐπιστήμη τέ τις εἶναι ἡ δεσποτεία, καὶ ἡ
αὐτὴ οἰκονομία καὶ δεσποτεία καὶ πολιτικὴ καὶ βασιλική.
[1254b 20-23]
τοῖς δὲ παρὰ φύσιν τὸ δεσπόζειν νόμῳ γὰρ τὸν μὲν δοῦλον
εἶναι τὸν δ᾽ἐλεύθερον, φύσει δ᾽οὐθὲν διαφέρειν)· διόπερ
οὐδὲ δίκαιον· βίαιον γάρ.
[1254b 14-17]
ὁ γὰρ (1) μὴ αὑτοῦ φύσει ἀλλ᾽ ἄλλου ἄνθρωπος ὤν, οὗτος
φύσει δοῦλός ἐστιν, ἄλλου δ᾽ ἐστὶν ἄνθρωπος ὃς ἂν κτῆμα ᾖ
ἄνθρωπος ὤν, (2) κτῆμα δὲ ὄργανον πρακτικὸν καὶ χωριστόν.
Aristotele, Politica 1253b 1-1255b 40 [3]
[1254b 22-23] ὁ κοινωνῶν λόγου τοσοῦτον ὅσον αἰσθάνεσθαι ἀλλὰ μὴ ἔχειν.
[1253b 30-1254a 1] οὕτω καὶ τὸ κτῆμα ὄργανον πρὸς ζωήν
ἐστι, καὶ ἡ κτῆσις πλῆθος ὀργάνων ἐστί, καὶ ὁ δοῦλος κτῆμά
τι ἔμψυχον, καὶ ὥσπερ ὄργανον πρὸ ὀργάνων πᾶς ὑπηρέτης.
εἰ γὰρ ἠδύνατο ἕκαστον τῶν ὀργάνων κελευσθὲν ἢ
προαισθανόμενον ἀποτελεῖν τὸ αὑτοῦ ἔργον, καὶ ὥσπερ τὰ
Δαιδάλου φασὶν ἢ τοὺς τοῦ Ἡφαίστου τρίποδας, οὕς φησιν ὁ
ποιητὴς αὐτομάτους θεῖον δύεσθαι ἀγῶνα, οὕτως αἱ
κερκίδες ἐκέρκιζον αὐταὶ καὶ τὰ πλῆκτραἐκιθάριζεν, οὐδὲν
ἂν ἔδει οὔτε τοῖς ἀρχιτέκτοσιν ὑπηρετῶν οὔτε τοῖς δεσπόταις
δούλων.
Aristotele, Politica 1253b 1-1255b 40 [4]
[1254a 21-24] τὸ γὰρ ἄρχειν καὶ ἄρχεσθαι οὐ μόνον τῶν
ἀναγκαίων ἀλλὰ καὶ τῶν συμφερόντων ἐστί, καὶ εὐθὺς ἐκ
γενετῆς ἔνιαδιέστηκε τὰ μὲν ἐπὶ τὸ ἄρχεσθαι τὰ δ᾽ ἐπὶ τὸ
ἄρχειν.
[1255b 16-20] οὐ ταὐτόν ἐστι δεσποτεία καὶ πολιτική, οὐδὲ
πᾶσαι ἀλλήλαις αἱ ἀρχαί, ὥσπερ τινές φασιν. ἡ μὲν γὰρ
ἐλευθέρων φύσει ἡ δὲ δούλων ἐστίν, καὶ ἡ μὲν οἰκονομικὴ
μοναρχία􀀉μοναρχεῖται γὰρ πᾶς οἶκος, ἡ δὲ πολιτικὴ
ἐλευθέρων καὶ ἴσων ἀρχή.
Aristotele, Politica 1253b 1-1255b 40 [5]
[1255a 4-11] διχῶς γὰρ λέγεται τὸ δουλεύειν καὶ ὁ δοῦλος.
ἔστι γάρ τις καὶ κατὰ νόμον δοῦλος καὶ δουλεύων· ὁ γὰρ
νόμος ὁμολογία τίς ἐστιν ἐν ᾧ τὰ κατὰ πόλεμον κρατούμενα
τῶν κρατούντων εἶναί φασιν. τοῦτο δὴ τὸ δίκαιον πολλοὶ
τῶν ἐν τοῖς νόμοις ὥσπερ ῥήτορα γράφονται παρανόμων,
ὡς δεινὸν ὂν εἰ τοῦ βιάσασθαι δυναμένου καὶ κατὰ δύναμιν
κρείττονος ἔσται δοῦλον καὶ ἀρχόμενον τὸ βιασθέν.
[1255a 24-28] τήν τε γὰρ ἀρχὴν ἐνδέχεται μὴ δικαίαν εἶναι τῶν
πολέμων, καὶ τὸν ἀνάξιον δουλεύειν οὐδαμῶς ἂν φαίη τις
δοῦλον εἶναι: εἰ δὲ μή, συμβήσεται τοὺς εὐγενεστάτους εἶναι
δοκοῦντας δούλους εἶναι καὶ ἐκ δούλων, ἐὰν συμβῇ
πραθῆναι ληφθέντας.
Aristotele, Politica 1253b 1-1255b 40 [6]
[1254b 27-1255a 1] βούλεται μὲν οὖν ἡ φύσις καὶ τὰ σώματα
διαφέροντα ποιεῖν τὰ τῶν ἐλευθέρων καὶ τῶν δούλων, τὰ μὲν
ἰσχυρὰ πρὸς τὴν ἀναγκαίαν χρῆσιν, τὰ δ᾽ ὀρθὰ καὶ ἄχρηστα πρὸς
τὰς τοιαύτας ἐργασίας, ἀλλὰ χρήσιμα πρὸς πολιτικὸν βίον
(οὗτος δὲ καὶ γίνεται διῃρημένος εἴς τε τὴν πολεμικὴν χρείαν
καὶ τὴν εἰρηνικήν), συμβαίνει δὲ πολλάκις καὶ τοὐναντίον,
τοὺς μὲν τὰ σώματα ἔχειν ἐλευθέρων τοὺς δὲ τὰς ψυχάς· ἐπεὶ
τοῦτό γε φανερόν, ὡς εἰ τοσοῦτον γένοιντο διάφοροι τὸ σῶμα
μόνον ὅσον αἱ τῶν θεῶν εἰκόνες, τοὺς ὑπολειπομένους πάντες
φαῖεν ἂν ἀξίους εἶναι τούτοις δουλεύειν. εἰ δ᾽ ἐπὶ τοῦ σώματος
τοῦτ᾽ ἀληθές, πολὺ δικαιότερον ἐπὶ τῆς ψυχῆς τοῦτο
διωρίσθαι· ἀλλ᾽ οὐχ ὁμοίως ῥᾴδιον ἰδεῖν τό τε τῆς ψυχῆς κάλλος
καὶ τὸ τοῦ σώματος.
Aristotele, Politica 1253b 1-1255b 40 [7]
[1255a 12-21] αἴτιον δὲ ταύτης τῆς ἀμφισβητήσεως, καὶ ὃ ποιεῖ
τοὺς λόγους ἐπαλλάττειν, ὅτι τρόπον τινὰ ἀρετὴ
τυγχάνουσα χορηγίας καὶ βιάζεσθαι δύναται μάλιστα, καὶ
ἔστιν ἀεὶ τὸ κρατοῦν ἐν ὑπεροχῇ ἀγαθοῦ τινος, ὥστε δοκεῖν μὴ
ἄνευ ἀρετῆς εἶναι τὴν βίαν, ἀλλὰ περὶ τοῦ δικαίου μόνον εἶναι
τὴν ἀμφισβήτησιν (διὰ γὰρ τοῦτο τοῖς μὲν ἄνοια δοκεῖν τὸ
δίκαιον εἶναι, τοῖς δ᾽ αὐτὸ τοῦτο δίκαιον, τὸ τὸν κρείττονα
ἄρχειν)· ἐπεὶ διαστάν-των γε χωρὶς τούτων τῶν λόγων οὔτε
ἰσχυρὸν οὐθὲν ἔχου-σιν οὔτε πιθανὸν ἅτεροι λόγοι, ὡς οὐ δεῖ
τὸ βέλτιον κατ᾽ ἀρετὴν ἄρχειν καὶ δεσπόζειν.
tra natura e cultura
• la scomposizione come processo ermeneutico
• πόλις, οἰκία e lo ‘specifico disciplinare’
• νόμος e/o φύσις?
• la funzione naturalmente strumentale dello schiavo
• rapporti asimmetrici e simmetrici: casa e città
• schiavitù naturale e schiavitù contingente
• schiavitù del corpo e schiavitù dell’anima
• la forza e il valore
L’unità di tre nozioni
La lingua letteraria da Aristotele all’età moderna: la lingua di Polibio, di
Strabone, di Plutarco; la lingua avversata dagli atticisti.
La lingua parlata, d’uso, dell’età di Alessandro Magno e dei secoli successivi: la testimonianza dei papiri documentari e di opere a finalità
non principalmente letteraria come il Nuovo Testamento; l’evoluzione
della lingua in rapporto ad Aufstieg und Niedergang dell’impero
culturale greco; l’inevitabile varietas di ogni lingua parlata.
La lingua ‘madre’ del greco medioevale e moderno, con la sua nuova
differenziazione in parlate non corrispondenti in nulla agli antichi
dialetti, e caratterizzate da una sostanziale unità di fondo.
La codificazione ortografico-grammaticale e l’insegnamento scolastico
da un lato, le varietà e ‘irregolarità’ fonetiche e di pronuncia dall’altro:
la koiné come fluttuante insieme di tendenze (la progressiva e
inarrestabile scomparsa del perfetto, dell’ottativo, del futuro,
dell’infinito, la semplificazione del sistema dei casi).
La norma ideale e le tendenze naturali, la tradizione e l’evoluzione, la
fissità e il cambiamento.
DIODORO SICULO
Diodoro Siculo, XXXIV 2,1-16 [1]
1. Ὅτι μετὰ τὴν Καρχηδονίων κατάλυσιν ἐπὶ ἑξήκοντα ἔτεσι
τῶν Σικελῶν εὐροούντων ἐν πᾶσιν, ὁ δουλικὸς αὐτοῖς
ἐπανέστη πόλεμος ἐξ αἰτίας τοιαύτης. ἐπὶ πολὺ τοῖς βίοις
ἀναδραμόντες καὶ μεγάλους περιποιησάμενοι πλούτους
συνηγόραζον οἰκετῶν πλῆθος, οἷς ἐκ τῶν σωματοτροφείων
ἀγεληδὸν ἀπαχθεῖσιν εὐθὺς χαρακτῆρας ἐπέβαλλον καὶ
στιγμὰς τοῖς σώμασιν. 2. ἐχρῶντο δὲ αὐτῶν τοῖς μὲν νέοις
νομεῦσι, τοῖς δ᾽ ἄλλοις ὥς πῃ ἑκάστῳ ἡ χρεία ἐπέβαλλε.
βαρέως δ᾽ αὐτοῖς κατά τε τὰς ὑπηρεσίας ἐχρῶντο, καὶ
ἐπιμελείας παντελῶς ὀλίγης ἠξίουν, ὅσα τε ἐντρέφεσθαι καὶ
ὅσα ἐνδύσασθαι. ἐξ ὧν οἱ πλείους ἀπὸ λῃστείας τὸ ζῆν
ἐπορίζοντο, καὶ μεστὰ φόνων ἦν ἅπαντα, καθάπερ
στρατευμάτων διεσπαρμένων τῶν λῃστῶν. 3. οἱ δὲ
στρατηγοὶ κωλύειν
Diodoro Siculo, XXXIV 2,1-16 [2]
μὲν ἐπεχείρουν, κολάζειν δὲ οὐ τολμῶντες διὰ τὴν ἰσχὺν καὶ
τὸ βάρος τῶν κυρίων, οἳ ἐδέσποζον τῶν λῃστῶν,
ἠναγκάζοντο περιορᾶν λῃστευομένην τὴν ἐπαρχίαν· οἱ
πλεῖστοι γὰρ τῶν κτητόρων ἱππεῖς ὄντες τῶν Ῥωμαίων, καὶ
κριταὶ τοῖς ἀπὸ τῶν ἐπαρχιῶν κατηγορουμένοις στρατηγοῖς
γινόμενοι, φοβεροὶ τοῖς ἄρχουσιν ὑπῆρχον. 4. πιεζόμενοι δὲ οἱ
δοῦλοι ταῖς ταλαιπωρίαις καὶ πληγαῖς τὰ πολλὰ παραλόγως
ὑβριζόμενοι, οὐχ ὑπέμενον. συνιόντες οὖν ἀλλήλοις κατὰ τὰς
εὐκαιρίας συνελάλουν περὶ ἀποστάσεως, ἕως εἰς ἔργον τὴν
βουλὴν ἤγαγον. 5. ἦν δέ τις οἰκέτης Ἀντιγένους Ἐνναίου,
Σύρος τὸ γένος ἐκ τῆς Ἀπαμείας, ἄνθρωπος μάγος καὶ
τερατουργὸς τὸν τρόπον. οὗτος προσεποιεῖτο θεῶν
ἐπιτάγμασι καθ᾽ ὕπνον προλέγειν τὰ μέλλοντα, καὶ πολλοὺς
διὰ τὴν εἰς τοῦτο τὸ
Diodoro Siculo, XXXIV 2,1-16 [3]
μέρος εὐφυΐαν ἐξηπάτα. ἐντεῦθεν προϊὼν οὐ μόνον ἐξ
ὀνείρων ἐμαντεύετο, ἀλλὰ καὶ ἐγρηγορότως θεοὺς ὁρᾶν
ὑπεκρίνετο καὶ ἐξ αὐτῶν ἀκούειν τὰ μέλλοντα. 6. πολλῶν δ᾽
ὑπ᾽ αὐτοῦ σχεδιαζομένων ἀπὸ τύχης ἔνια πρὸς ἀλήθειαν
ἐξέβαινε· καὶ τῶν μὲν μὴ γινομένων ὑπ᾽ οὐδενὸς
ἐλεγχομένων, τῶν δὲ συντελουμένων ἐπισημασίας
τυγχανόντων, προκοπὴν ἐλάμβανεν ἡ περὶ αὐτὸν δόξα.
τελευταῖον διά τινος μηχανῆς πῦρ μετά τινος ἐνθουσιασμοῦ
καὶ φλόγα διὰ τοῦ στόματος ἠφίει, καὶ οὕτω τὰ μέλλοντα
ἀπεφοίβαζεν. 7. εἰς γὰρ κάρυον ἤ τι τοιοῦτο τετρημένον ἐξ
ἑκατέρου μέρους ἐνετίθει πῦρ καὶ τὴν συνέχειν αὐτὸ
δυναμένην ὕλην· εἶτα ἐντιθεὶς τῷ στόματι καὶ προσπνέων
ποτὲ μὲν σπινθῆρας, ποτὲ δὲ φλόγα ἐξέκαεν. οὗτος πρὸ τῆς
ἀποστάσεως ἔλεγε τὴν
Diodoro Siculo, XXXIV 2,1-16 [4]
Συρίαν θεὸν ἐπιφαινομένην αὐτῷ λέγειν ὅτι βασιλεύσει· καὶ
τοῦτο οὐ πρὸς ἄλλους μόνον, ἀλλὰ καὶ πρὸς αὐτὸν τὸν
κύριον αὑτοῦ διετέλει λέγων. 8. εἰς δὲ γέλωτα τρεπομένου
τοῦ πράγματος, ὁ μὲν Ἀντιγένης ψυχαγωγούμενος ἐπὶ τῇ
τερατείᾳ παρῆγε τὸν Εὔνουν εἰς τὰ σύνδειπνα – τοῦτο γὰρ
ὄνομα τῷ τερατίᾳ – καὶ διηρώτα περὶ τῆς βασιλείας καὶ πῶς
ἑκάστῳ χρήσεται τῶν παρόντων· τοῦ δὲ ἀτρέπτως πάντα
διηγουμένου, καὶ ὡς μετρίως χρήσεται τοῖς κυρίοις, καὶ τὸ
σύνολον ποικίλως τερατευομένου, γέλωτες ἐγίνοντο τοῖς
παρακεκλημένοις, καί τινες αὐτῶν ἀπὸ τῆς τραπέζης
ἀξιολόγους μερίδας αἴροντες ἐδωροῦντο, ἐπιλέγοντες ὅπως,
ὅταν γένηται βασιλεύς, τῆς χάριτος μνημονεύοι. 9. οὐ μὴν
ἀλλ᾽ ἡ τερατεία προῆλθεν εἰς ἀληθινὸν ἀποτέλε-
Diodoro Siculo, XXXIV 2,1-16 [5]
σμα βασιλείας, καὶ τὴν ἀνταπόδοσιν τοῖς παρὰ τὰ δεῖπνα
δεξιωσαμένοις ἐν γέλωτι οὐ χωρὶς σπουδῆς ἐποιήσατο τῆς
χάριτος. ἀρχὴ δὲ τῆς ὅλης ἀποστάσεως ἐγένετο τοιαύτη. 10.
Δαμόφιλός τις ἦν Ἐνναῖος, τὴν δ᾽ οὐσίαν μεγαλόπλουτος,
ὑπερήφανος δὲ τὸν τρόπον. οὗτος κακῶς εἰς ὑπερβολὴν
ἐκέχρητο τοῖς δούλοις, καὶ ἡ γυνὴ δὴ Μεγαλλὶς
ἀντεφιλονείκει τἀνδρὶ πρὸς τὴν τιμωρίαν καὶ τὴν ἄλλην
ἀπανθρωπίαν τὴν περὶ τοὺς δούλους. ἐξ ὧν ἀποθηριωθέντες οἱ
προπηλακιζόμενοι συνέθεντο πρὸς ἀλλήλους ὑπὲρ
ἀποστάσεως καὶ φόνου τῶν κυρίων. καὶ πρὸς τὸν Εὔνουν
ἐλθόντες ἠρώτων εἰ συγχωρεῖται παρὰ τῶν θεῶν αὐτοῖς τὸ
βεβουλευμένον. ὁ δὲ μετὰ τερατείας, ὡς εἰώθει, συνθέμενος
ὅτι συγχωροῦσι, παραχρῆμα πείθει ἔχεσθαι τῆς ἐγχειρήσεως.
11. εὐθὺς οὖν τετρακοσίους
Diodoro Siculo, XXXIV 2,1-16 [6]
τῶν ὁμοδούλων συνήθροισαν, καὶ ὡς ἂν ὁ καιρὸς ἐδίδου
καθοπλισθέντες εἰς τὴν Ἔνναν τὴν πόλιν εἰσπίπτουσιν,
ἀφηγουμένου αὐτῶν καὶ τοῦ πυρὸς τὰς φλόγας
τερατευομένου τούτοις τοῦ Εὔνου. ταῖς δ᾽ οἰκίαις
ἐπεισελθόντες πλεῖστον φόνον εἰργάζοντο, μηδ᾽ αὐτῶν τῶν
ὑπομαζίων φειδόμενοι. 12. ἀλλὰ ταῦτα μὲν τῆς θηλῆς
ἀποσπῶντες προσήρασσον τῇ γῇ· εἰς δὲ τὰς γυναῖκας οὐδ᾽
ἔστιν εἰπεῖν, καὶ ταῦτα βλεπόντων τῶν ἀνδρῶν, ὅσα
ἐνύβριζόν τε καὶ ἐνησέλγαινον, πολλοῦ αὐτοῖς πλήθους τῶν
ἀπὸ τῆς πόλεως δούλων προστεθέντος, οἳ καὶ κατὰ τῶν
κυρίων πρότερον τὰ ἔσχατα ἐνδεικνύμενοι οὕτω πρὸς τὸν
τῶν ἄλλων φόνον ἐτρέποντο. 13. οἱ δὲ περὶ τὸν Εὔνουν
πυθόμενοι τὸν Δαμόφιλον ὅτι κατὰ τὸν πλησίον τῆς
πόλεως περίκηπον διατρίβει μετὰ τῆς γυναικός,
Diodoro Siculo, XXXIV 2,1-16 [7]
εἷλκον ἐκεῖθεν διά τινων ἐξ αὑτῶν σταλέντων αὐτόν τε καὶ
τὴν γυναῖκα δεδεμένους ἐξαγκωνίσαντες, πολλὰς κατὰ τὴν
ὁδὸν ὕβρεις ὑποσχόντας. μόνης δὲ τῆς θυγατρὸς αὐτῶν οἱ
δοῦλοι ὤφθησαν εἰς πάντα φεισάμενοι διὰ τὸ φιλάνθρωπον
αὐτῆς ἦθος καὶ περὶ τοὺς δούλους συμπαθὲς καὶ βοηθητικὸν
κατὰ δύναμιν. ἐξ ὧν ἐδείκνυτο τῶν δούλων οὐχὶ ὠμότης εἶναι
φύσεως τὰ γινόμενα εἰς τοὺς ἄλλους, ἀλλὰ τῶν
προϋπηργμένων εἰς αὐτοὺς ἀδικημάτων ἀνταπόδοσις. 14. τὸν
δὲ Δαμόφιλον καὶ τὴν Μεγαλλίδα εἰς τὴν πόλιν οἱ
ἀπεσταλμένοι ἑλκύσαντες, ὥσπερ ἔφημεν, εἰς τὸ θέατρον
εἰσήγαγον, συνεληλυθότος ἐνταῦθα τοῦ πλήθους τῶν
ἀποστατῶν. καὶ τοῦ Δαμοφίλου τεχνάσασθαί τι πρὸς τὴν
σωτηρίαν ἐγχειρήσαντος καὶ πολλοὺς τοῦ πλήθους τοῖς
λόγοις ἐπ-
Diodoro Siculo, XXXIV 2,1-16 [8]
αγομένου, Ἑρμείας καὶ Ζεῦξις πικρῶς πρὸς αὐτὸν
διακείμενοι πλάνον τε ἀπεκάλουν, καὶ οὐκ ἀναμείναντες τὴν
ἀκριβῆ τοῦ δήμου κρίσιν ὁ μὲν διὰ τῶν πλευρῶν τὸ ξίφος
ὠθεῖ, ὁ δὲ πελέκει τὸν τράχηλον ἔκοψεν. ἐκεῖθεν αἱρεῖται
βασιλεὺς ὁ Εὔνους οὔτε δι᾽ ἀνδρείαν οὔτε διὰ στρατηγίαν,
διὰ δὲ μόνην τερατείαν καὶ τὸ τῆς ἀποστάσεως ἄρξαι, ἅμα δὲ
καὶ τῆς προσηγορίας οἱονεί τινα καλὸν οἰωνὸν ἐχούσης πρὸς
τὴν τῶν ὑποταττομένων εὔνοιαν. 15. τῶν ὅλων δὲ τοῖς
ἀποστάταις καταστὰς κύριος καὶ συναγαγὼν ἐκκλησίαν
ἀνεῖλε μὲν τοὺς ἐζωγρημένους τῶν Ἐνναίων, ὅσοις οὐκ ἦν ἡ
τέχνη ὅπλα ἐργάζεσθαι, ἐκείνους δὲ δεδεμένους τοῖς ἔργοις
ὑπέβαλλεν. ἔδωκε δὲ καὶ ταῖς θεραπαίναις τὴν Μεγαλλίδα
χρήσασθαι ὡς ἂν βούλοιντο· καὶ αὗται κατε-
Diodoro Siculo, XXXIV 2,1-16 [9]
κρήμνισαν αἰκισάμεναι. καὶ αὐτὸς δὲ τοὺς ἰδίους ἀνεῖλε
κυρίους Ἀντιγένη καὶ Πύθωνα. 16. περιθέμενος δὲ διάδημα
καὶ πάντα τὰ ἄλλα τὰ περὶ αὑτὸν βασιλικῶς διακοσμήσας
τήν τε συμβιοῦσαν αὐτῷ, Σύραν καὶ συμπολῖτιν οὖσαν,
βασίλισσαν ἀποδείξας συνέδρους τε τοὺς συνέσει
δοκοῦντας διαφέρειν ποιησάμενος, ὧν ἦν Ἀχαιὸς καὶ
τοὔνομα καὶ τὸ γένος, ἀνὴρ καὶ βουλῇ καὶ χειρὶ διαφέρων,
καὶ ἐν τρισὶν ἡμέραις πλείους τῶν ἑξακισχιλίων τὸν δυνατὸν
καθοπλίσας τρόπον καὶ ἑτέρους συνεπαγόμενος ἀξίναις καὶ
πελέκεσι χρωμένους ἢ σφενδόναις ἢ δρεπάνοις ἢ ξύλοις
πεπυρακτωμένοις ἢ καὶ μαγείρων ὀβελοῖς, ἐπῄει πᾶσαν
λεηλατῶν τὴν χώραν, καὶ πλῆθος ἄπειρον οἰκετῶν
προσλαμβάνων ἐθάρρησε καὶ στρατηγοῖς Ῥωμαίων
πολεμῆσαι, καὶ συμπλακεὶς τῷ
Diodoro Siculo, XXXIV 2,1-16 [10]
πλήθει πολλάκις ἐκράτησεν, ἔχων ἤδη στρατιώτας ὑπὲρ τοὺς
μυρίους.
la rivolta degli schiavi in Sicilia
• previsioni che si avverano: lingue che si capiscono,
parti animate che si animano
• disparità di vita e genesi del brigantaggio
• malaffare e politica dell’inazione
• propaganda e persuasione: la storia di Euno
• la brutalità di padroni e servi: la strage di Enna
• efferatezza di natura o terribile vendetta?
• il caso della figlia di Damofilo e Megallide
• esecuzioni sommarie ed elezioni emotive
Il quadro storico
Commercianti, soldati, intellettuali dalle πόλεις-stato alla cittadinanza ‘allentata’
dell’età ellenistica: la lingua locale dalla funzione politica di lingua della comunità a
vernacolo per esteriori rivendicazioni di indipendenza.
Le tappe di un’evoluzione storico-linguistica: le invasioni persiane, l’egemonia
ateniese, l’egemonia macedone e l’impero di Alessandro Magno, l’impero romano.
La minaccia persiana: dalla koiné ionica del VI sec. a.C. alla koiné ionico-attica (475431 a.C.); la resistenza contro i Persiani e l’egemonia di Atene e di Sparta.
L’impero culturale di Atene: il sistema giudiziario (dal 446 a.C.), le cleruchie, le arti e
l’aristocrazia dello spirito (l’ininfluenza linguistica delle egemonie di Sparta e di
Tebe).
I Macedoni da Alessandro I (490-454) ad Archelao (413-400) e da Filippo ad
Alessandro Magno, e la consacrazione dell’attico sotto l’impero macedone: il nuovo
periodo di espansione (a differenza del V secolo) e l’affermarsi della cultura
ellenistica (Alessandria, Pergamo, Antiochia).
La soppressione delle peculiarità attiche e il formarsi di una lingua comune dalla Sicilia
all’India, dall’Egitto al Mar Nero: la lingua urbana e ufficiale delle classi dirigenti e
i patois locali (il declino delle koinai occidentali).
Il carattere ‘impoetico’ della koiné, lingua della scienza e della filosofia: il lessico
intellettuale dell’Occidente (precisione e sfumature).
I confini del greco: latino, aramaico, partico, arabo, armeno, slavo; influenze, prestiti,
calchi.
ATENEO
Ateneo, VI 267c-e [1]
διαφέρειν δέ φησι Χρύσιππος (SVF fr. 353) δοῦλον οἰκέτου
γράφων ἐν δευτέρῳ περὶ ὁμονοίας διὰ τὸ τοὺς ἀπελευθέρους
μὲν δούλους ἔτι εἶναι, οἰκέτας δὲ τοὺς μὴ τῆς κτήσεως
ἀφειμένους. "ὁ γὰρ οἰκέτης, φησί, δοῦλός ἐστι κτήσει
κατατεταγμένος." καλοῦνται δ᾽ οἱ δοῦλοι, ὡς μὲν Κλείταρχός
φησιν ἐν ταῖς Γλώσσαις, ἆζοι καὶ θεράποντες καὶ
ἀκόλουθοι καὶ διάκονοι καὶ ὑπηρέται, ἔτι δ᾽ ἑπάμονες καὶ
λάτρεις. Ἀμερίας (fr. 13 Hoffmann) δὲ ἑρκίτας φησὶ καλεῖσθαι
τοὺς κατὰ τοὺς ἀγροὺς οἰκέτας. Ἕρμων δὲ ἐν Κρητικαῖς
Γλώτταις μνῴτας τοὺς εὐγενεῖς οἰκέτας, Σέλευκος (fr. 36
Mueller) δ᾽ ἄζους τὰς θεραπαίνας καὶ τοὺς θεράποντας,
ἀποφράσην δὲ τὴν δούλην καὶ βολίζην, σίνδρωνα δὲ τὸν
δουλέκδουλον, ἀμφίπολον δὲ τὴν περὶ τὴν δέσποιναν
θεράπαιναν,
Ateneo, VI 267c-e [2]
πρόπολον δὲ τὴν προπορευομένην. Πρόξενος δ᾽ἐν δευτέρῳ Λακωνικῆς πολιτείας (FGrHist 703 F 5) ἐπικαλεῖ-σθαί
φησιν χαλκίδας παρὰ Λακεδαιμονίοις τὰς θερα-παίνας.
Ἴων δ᾽ ὁ Χῖος ἐν Λαέρτῃ (TrGF 19 F 14) τὸν οἰκέτην ἐπὶ δούλου
τέθεικεν εἰπών·
ἴθι μοι, δόμον, οἰκέτα, κλεῖσον ὑπόπτερος,
μή τις ἔλθῃ βροτῶν.
Ἀχαιὸς δ᾽ ἐν Ὀμφάλῃ (TrGF 20 F 32) περὶ τοῦ Σατύρου λέγων
φησίν·
ὡς εὔδουλος, ὡς εὔοικος ἦν,
ἰδίως λέγων ὡς χρηστὸς ἐς τοὺς δούλους ἐστὶ καὶ τοὺς
οἰκέτας. ὅτι δὲ οἰκέτης ἐστὶν ὁ κατὰ τὴν οἰκίαν διατρίβων
κἂν ἐλεύθερος ᾖ κοινόν.
terminologia servile
• un opera-contenitore: Ateneo e Panfilo
• sapere onomastico
• interessi dialettologici
• differenziazioni sinonimiche
• gli exempla (e i frammenti)
• un sapere da studiosi
Le fonti della koiné
I testi documentari (lettere, conti, ecc.) e gli errori (ει/ι, la pronuncia
delle occlusive, α/ε, gli errori dei forestieri).
Papiri (Egitto ed Ercolano ante 79 d.C.) e iscrizioni: le differenti
tipologie di errore.
I testi letterari e gli inconvenienti della ‘tradizione’ (quella ‘a monte’:
letterarizzante; quella ‘a valle’: analogista e/o innovatrice); i testi
documentari come indicatori della lingua d’uso nelle opere letterarie.
I testi ‘paraletterari’: i Settanta e il Nuovo Testamento; il valore
documentario dei testi biblici per lo studio della koiné e l’antichità
della loro tradizione (il Vaticano e il Sinaitico del IV sec.,
l’Alessandrino del V sec.); il problema della paternità delle
particolarità (gli autori o i copisti?).
L’influenza del parlato sulla lingua ufficiale: l’esempio di οὐδείς/οὐθείς e
dei gruppi -ττ-/-σσ-.
I testi letterari non arcaizzanti (Aristotele, Menandro, Polibio) e il greco
moderno: l’evoluzione della lingua.
I caratteri della koiné
Da un ritmo quantitativo a un ritmo accentuativo (fenomeno indoeuropeo, cui si oppone
in parte solo il lituano): l’ingresso dell’accento nella ritmica e l’affievolirsi delle
distinzioni quantitative all’interno dello stesso timbro.
La scomparsa di ϝ, y, s-.
La scomparsa del duale (Ar.: 37x δύο: 10x + δραχμάς, 27x + duale; Men.: δύο + pl.) e
la rianimazione fittizia degli atticisti.
La scomparsa dell’ottativo, doppione del congiuntivo (vd. sanscrito, persiano, latino,
ecc.): il mantenimento del valore desiderativo, il progressivo arretramento di quello
potenziale (la concorrenza del futuro: qualcuno potrebbe fare / farà forse), di quello
irreale (la concorrenza del passato: facciamo come se tu fossi / che eri), di quello
dipendente dai tempi storici (‘congiuntivo del passato’: la concorrenza del
congiuntivo); «la perdita di un’eleganza da aristocratici» (Meillet).
Il verbo dalla complicazione indoeuropea (le ‘anomalie’) all’uniformazione
paradigmatica: i verbi atematici e le forme ‘irregolari’ ricondotti a una coniugazione
‘normale’; la debole e ambigua des. 3 pers. pl. -ντ e il prevalere di -σαν.
La riduzione delle forme nominali anomale, la riduzione dei comparativi, la progressiva
scomparsa del medio, la rapida scomparsa del perfetto (la concorrenza dell’aoristo,
nello sbiadirsi dei valori aspettuali), la scomparsa della flessione consonantica, lo
sviluppo delle preposizioni (specie nei Settanta).
I LXX: RUT
Rut, 2 [1]
καὶ τῇ Νωεμιν ἀνὴρ γνώριμος τῷ ἀνδρὶ αὐτῆς ὁ δὲ ἀνὴρ
δυνατὸς ἰσχύι ἐκ τῆς συγγενείας Αβιμελεχ καὶ ὄνομα αὐτῷ
Βοος 2 καὶ εἶπεν Ρουθ ἡ Μωαβῖτις πρὸς Νωεμιν πορευθῶ δὴ
εἰς ἀγρὸν καὶ συνάξω ἐν τοῖς στάχυσιν κατόπισθεν οὗ ἐὰν
εὕρω χάριν ἐν ὀφθαλμοῖς αὐτοῦ εἶπεν δὲ αὐτῇ πορεύου
θύγατερ 3 καὶ ἐπορεύθη καὶ συνέλεξεν ἐν τῷ ἀγρῷ
κατόπισθεν τῶν θεριζόντων καὶ περιέπεσεν περιπτώματι
τῇ μερίδι τοῦ ἀγροῦ Βοος τοῦ ἐκ συγγενείας Αβιμελεχ 4 καὶ
ἰδοὺ Βοος ἦλθεν ἐκ Βαιθλεεμ καὶ εἶπεν τοῖς θερίζουσιν
κύριος μεθ᾽ ὑμῶν καὶ εἶπον αὐτῷ εὐλογήσαι σε κύριος 5 καὶ
εἶπεν Βοος τῷ παιδαρίῳ αὐτοῦ τῷ ἐφεστῶτι ἐπὶ τοὺς
θερίζοντας τίνος ἡ νεᾶνις αὕτη 6 καὶ ἀπεκρίθη τὸ παιδάριον
τὸ ἐφεστὸς ἐπὶ τοὺς θερίζοντας καὶ εἶπεν ἡ παῖς ἡ Μωαβῖτίς
ἐστιν ἡ ἀποστραφεῖσα μετὰ Νωεμιν ἐξ ἀγροῦ Μωαβ 7 καὶ
εἶπεν
Rut, 2 [2]
συλλέξω δὴ καὶ συνάξω ἐν τοῖς δράγμασιν ὄπισθεν τῶν
θεριζόντων καὶ ἦλθεν καὶ ἔστη ἀπὸ πρωίθεν καὶ ἕως ἑσπέρας
οὐ κατέπαυσεν ἐν τῷ ἀγρῷ μικρόν 8 ¶ καὶ εἶπεν Βοος πρὸς
Ρουθ οὐκ ἤκουσας θύγατερ μὴ πορευθῇς ἐν ἀγρῷ συλλέξαι
ἑτέρῳ καὶ σὺ οὐ πορεύσῃ ἐντεῦθεν ὧδε κολλήθητι μετὰ τῶν
κορασίων μου 9 οἱ ὀφθαλμοί σου εἰς τὸν ἀγρόν οὗ ἐὰν
θερίζωσιν καὶ πορεύσῃ κατόπισθεν αὐτῶν ἰδοὺ ἐνετειλάμην
τοῖς παιδαρίοις τοῦ μὴ ἅψασθαί σου καὶ ὅ τι διψήσεις καὶ
πορευθήσῃ εἰς τὰ σκεύη καὶ πίεσαι ὅθεν ἂν ὑδρεύωνται τὰ
παιδάρια 10
καὶ ἔπεσεν ἐπὶ πρόσωπον αὐτῆς καὶ
προσεκύνησεν ἐπὶ τὴν γῆν καὶ εἶπεν πρὸς αὐτόν τί ὅτι εὗρον
χάριν ἐν ὀφθαλμοῖς σου τοῦ ἐπιγνῶναί με καὶ ἐγώ εἰμι ξένη 11
καὶ ἀπεκρίθη Βοος καὶ εἶπεν αὐτῇ ἀπαγγελίᾳ ἀπηγγέλη μοι
ὅσα πεποίηκας μετὰ τῆς πενθερᾶς σου μετὰ τὸ ἀποθανεῖν τὸν
Rut, 2 [3]
ἄνδρα σου καὶ πῶς κατέλιπες τὸν πατέρα σου καὶ τὴν μητέρα
σου καὶ τὴν γῆν γενέσεώς σου καὶ ἐπορεύθης πρὸς λαὸν ὃν
οὐκ ᾔδεις ἐχθὲς καὶ τρίτης 12 ἀποτείσαι κύριος τὴν ἐργασίαν
σου καὶ γένοιτο ὁ μισθός σου πλήρης παρὰ κυρίου θεοῦ
Ισραηλ πρὸς ὃν ἦλθες πεποιθέναι ὑπὸ τὰς πτέρυγας αὐτοῦ 13
ἡ δὲ εἶπεν εὕροιμι χάριν ἐν ὀφθαλμοῖς σου κύριε ὅτι
παρεκάλεσάς με καὶ ὅτι ἐλάλησας ἐπὶ καρδίαν τῆς δούλης σου
καὶ ἰδοὺ ἐγὼ ἔσομαι ὡς μία τῶν παιδισκῶν σου 14 ¶ καὶ εἶπεν
αὐτῇ Βοος ἤδη ὥρᾳ τοῦ φαγεῖν πρόσελθε ὧδε καὶ φάγεσαι
τῶν ἄρτων καὶ βάψεις τὸν ψωμόν σου ἐν τῷ ὄξει καὶ ἐκάθισεν
Ρουθ ἐκ πλαγίων τῶν θεριζόντων καὶ ἐβούνισεν αὐτῇ Βοος
ἄλφιτον καὶ ἔφαγεν καὶ ἐνεπλήσθη καὶ κατέλιπεν 15 καὶ
ἀνέστη τοῦ συλλέγειν καὶ ἐνετείλατο Βοος τοῖς παιδαρίοις
αὐτοῦ λέγων καί γε ἀνὰ μέσον τῶν δραγμάτων συλλεγέτω
Rut, 2 [4]
καὶ μὴ καταισχύνητε αὐτήν 16 καὶ βαστάζοντες βαστάξατε
αὐτῇ καί γε παραβάλλοντες παραβαλεῖτε αὐτῇ ἐκ τῶν
βεβουνισμένων καὶ ἄφετε καὶ συλλέξει καὶ οὐκ ἐπιτιμήσετε
αὐτῇ 17 ¶ καὶ συνέλεξεν ἐν τῷ ἀγρῷ ἕως ἑσπέρας καὶ
ἐρράβδισεν ἃ συνέλεξεν καὶ ἐγενήθη ὡς οιφι κριθῶν 18 καὶ
ἦρεν καὶ εἰσῆλθεν εἰς τὴν πόλιν καὶ εἶδεν ἡ πενθερὰ αὐτῆς ἃ
συνέλεξεν καὶ ἐξενέγκασα Ρουθ ἔδωκεν αὐτῇ ἃ κατέλιπεν ἐξ
ὧν ἐνεπλήσθη 19 καὶ εἶπεν αὐτῇ ἡ πενθερὰ αὐτῆς ποῦ
συνέλεξας σήμερον καὶ ποῦ ἐποίησας εἴη ὁ ἐπιγνούς σε
εὐλογημένος καὶ ἀπήγγειλεν Ρουθ τῇ πενθερᾷ αὐτῆς ποῦ
ἐποίησεν καὶ εἶπεν τὸ ὄνομα τοῦ ἀνδρός μεθ᾽ οὗ ἐποίησα
σήμερον Βοος 20 καὶ εἶπεν Νωεμιν τῇ νύμφῃ αὐτῆς
εὐλογητός ἐστιν τῷ κυρίῳ ὅτι οὐκ ἐγκατέλιπεν τὸ ἔλεος αὐτοῦ
μετὰ τῶν ζώντων καὶ μετὰ τῶν τεθνηκότων καὶ εἶπεν αὐτῇ
Νωεμιν ἐγγίζει ἡμῖν ὁ ἀνὴρ ἐκ τῶν ἀγχιστευόντων ἡμᾶς
Rut, 2 [5]
ἐστιν 21 καὶ εἶπεν Ρουθ πρὸς τὴν πενθερὰν αὐτῆς καί γε ὅτι
εἶπεν πρός με μετὰ τῶν παιδαρίων μου προσκολλήθητι ἕως ἂν
τελέσωσιν ὅλον τὸν ἀμητόν ὃς ὑπάρχει μοι 22 καὶ εἶπεν
Νωεμιν πρὸς Ρουθ τὴν νύμφην αὐτῆς ἀγαθόν θύγατερ ὅτι
ἐπορεύθης μετὰ τῶν κορασίων αὐτοῦ καὶ οὐκ ἀπαντήσονταί
σοι ἐν ἀγρῷ ἑτέρῳ 23 καὶ προσεκολλήθη Ρουθ τοῖς κορασίοις
Βοος συλλέγειν ἕως οὗ συνετέλεσεν τὸν θερισμὸν τῶν κριθῶν
καὶ τῶν πυρῶν καὶ ἐκάθισεν μετὰ τῆς πενθερᾶς αὐτῆς.
serva per amore
• Rut, la moabita: serva e straniera
• una vicenda di amarezze
• la fedeltà alla famiglia acquisita
• il lavoro serio e duro
• l’affezione di Booz: dono e dignità
• la nascita di un amore e il riscatto di Rut
• la serva e la storia della salvezza: Obed - Iesse Davide
IL NUOVO TESTAMENTO:
LA LETTERA A FILEMONE
Lettera a Filemone [1]
Παῦλος δέσμιος Χριστοῦ Ἰησοῦ καὶ Τιμόθεος ὁ ἀδελφὸς
Φιλήμονι τῷ ἀγαπητῷ καὶ συνεργῷ ἡμῶν 2 καὶ Ἀπφίᾳ τῇ
ἀδελφῇ καὶ Ἀρχίππῳ τῷ συστρατιώτῃ ἡμῶν καὶ τῇ κατ᾽
οἶκόν σου ἐκκλησίᾳ, 3 χάρις ὑμῖν καὶ εἰρήνη ἀπὸ θεοῦ πατρὸς
ἡμῶν καὶ κυρίου Ἰησοῦ Χριστοῦ. 4 Εὐχαριστῶ τῷ θεῷ μου
πάντοτε μνείαν σου ποιούμενος ἐπὶ τῶν προσευχῶν μου, 5
ἀκούων σου τὴν ἀγάπην καὶ τὴν πίστιν, ἣν ἔχεις πρὸς τὸν
κύριον Ἰησοῦν καὶ εἰς πάντας τοὺς ἁγίους, 6 ὅπως ἡ κοινωνία
τῆς πίστεώς σου ἐνεργὴς γένηται ἐν ἐπιγνώσει παντὸς
ἀγαθοῦ τοῦ ἐν ἡμῖν εἰς Χριστόν. 7 χαρὰν γὰρ πολλὴν ἔσχον
καὶ παράκλησιν ἐπὶ τῇ ἀγάπῃ σου, ὅτι τὰ σπλάγχνα τῶν
ἁγίων ἀναπέπαυται διὰ σοῦ, ἀδελφέ. 8 Διὸ πολλὴν ἐν Χριστῷ
παρρησίαν ἔχων ἐπιτάσσειν σοι τὸ ἀνῆκον 9 διὰ τὴν ἀγάπην
μᾶλλον παρακαλῶ, τοιοῦτος ὢν ὡς Παῦλος
Lettera a Filemone [2]
πρεσβύτης νυνὶ δὲ καὶ δέσμιος Χριστοῦ Ἰησοῦ·
10
παρακαλῶ σε περὶ τοῦ ἐμοῦ τέκνου, ὃν ἐγέννησα ἐν τοῖς
δεσμοῖς, Ὀνήσιμον, 11 τόν ποτέ σοι ἄχρηστον νυνὶ δὲ [καὶ] σοὶ
καὶ ἐμοὶ εὔχρηστον, 12 ὃν ἀνέπεμψά σοι, αὐτόν, τοῦτ᾽ ἔστιν
τὰ ἐμὰ σπλάγχνα· 13 Ὃν ἐγὼ ἐβουλόμην πρὸς ἐμαυτὸν
κατέχειν, ἵνα ὑπὲρ σοῦ μοι διακονῇ ἐν τοῖς δεσμοῖς τοῦ
εὐαγγελίου, 14 χωρὶς δὲ τῆς σῆς γνώμης οὐδὲν ἠθέλησα
ποιῆσαι, ἵνα μὴ ὡς κατὰ ἀνάγκην τὸ ἀγαθόν σου ᾖ ἀλλὰ κατὰ
ἑκούσιον. 15 Τάχα γὰρ διὰ τοῦτο ἐχωρίσθη πρὸς ὥραν, ἵνα
αἰώνιον αὐτὸν ἀπέχῃς, 16 οὐκέτι ὡς δοῦλον ἀλλ᾽ ὑπὲρ
δοῦλον, ἀδελφὸν ἀγαπητόν, μάλιστα ἐμοί, πόσῳ δὲ μᾶλλον
σοὶ καὶ ἐν σαρκὶ καὶ ἐν κυρίῳ. 17 εἰ οὖν με ἔχεις κοινωνόν,
προσλαβοῦ αὐτὸν ὡς ἐμέ. 18 εἰ δέ τι ἠδίκησέν σε ἢ
Lettera a Filemone [3]
ὀφείλει, τοῦτο ἐμοὶ ἐλλόγα. 19 ἐγὼ Παῦλος ἔγραψα τῇ ἐμῇ
χειρί, ἐγὼ ἀποτίσω· ἵνα μὴ λέγω σοι ὅτι καὶ σεαυτόν μοι
προσοφείλεις. 20 ναὶ ἀδελφέ, ἐγώ σου ὀναίμην ἐν κυρίῳ·
ἀνάπαυσόν μου τὰ σπλάγχνα ἐν Χριστῷ. 21 Πεποιθὼς τῇ
ὑπακοῇ σου ἔγραψά σοι, εἰδὼς ὅτι καὶ ὑπὲρ ἃ λέγω ποιήσεις.
22 ἅμα δὲ καὶ ἑτοίμαζέ μοι ξενίαν· ἐλπίζω γὰρ ὅτι διὰ τῶν
προσευχῶν ὑμῶν χαρισθήσομαι ὑμῖν. 23 Ἀσπάζεταί σε
Ἐπαφρᾶς ὁ συναιχμάλωτός μου ἐν Χριστῷ Ἰησοῦ, 24
Μᾶρκος, Ἀρίσταρχος, Δημᾶς, Λουκᾶς, οἱ συνεργοί μου. 25 Ἡ
χάρις τοῦ κυρίου Ἰησοῦ Χριστοῦ μετὰ τοῦ πνεύματος ὑμῶν.
Cristianesimo e schiavi
• una posizione ambigua, tra condanna e tolleranza
• schiavo e figlio
• schiavo e fratello
• il vangelo nelle persone
• l’importanza dell’amore spontaneo
• l’assenza di una critica sociale
• la liberazione del cuore e la liberazione del corpo
IL NUOVO TESTAMENTO:
IL VANGELO DI GIOVANNI
Giovanni, 13,1-17 [1]
πρὸ δὲ τῆς ἑορτῆς τοῦ πάσχα εἰδὼς ὁ Ἰησοῦς ὅτι ἦλθεν αὐτοῦ
ἡ ὥρα ἵνα μεταβῇ ἐκ τοῦ κόσμου τούτου πρὸς τὸν πατέρα,
ἀγαπήσας τοὺς ἰδίους τοὺς ἐν τῷ κόσμῳ εἰς τέλος ἠγάπησεν
αὐτούς. 2
καὶ δείπνου γινομένου, τοῦ διαβόλου ἤδη
βεβληκότος εἰς τὴν καρδίαν ἵνα παραδοῖ αὐτὸν Ἰούδας
Σίμωνος Ἰσκαριώτου, 3 εἰδὼς ὅτι πάντα ἔδωκεν αὐτῷ ὁ
πατὴρ εἰς τὰς χεῖρας καὶ ὅτι ἀπὸ θεοῦ ἐξῆλθεν καὶ πρὸς τὸν
θεὸν ὑπάγει, 4 ἐγείρεται ἐκ τοῦ δείπνου καὶ τίθησιν τὰ ἱμάτια
καὶ λαβὼν λέντιον διέζωσεν ἑαυτόν· 5 εἶτα βάλλει ὕδωρ εἰς
τὸν νιπτῆρα καὶ ἤρξατο νίπτειν τοὺς πόδας τῶν μαθητῶν καὶ
ἐκμάσσειν τῷ λεντίῳ ᾧ ἦν διεζωσμένος. 6 ἔρχεται οὖν πρὸς
Σίμωνα Πέτρον· λέγει αὐτῷ· κύριε, σύ μου νίπτεις τοὺς
πόδας; 7 ἀπεκρίθη Ἰησοῦς καὶ εἶπεν αὐτῷ· ὃ ἐγὼ ποιῶ σὺ
οὐκ οἶδας ἄρτι, γνώσῃ δὲ μετὰ ταῦτα.
Giovanni, 13,1-17 [2]
8 λέγει αὐτῷ Πέτρος· οὐ μὴ νίψῃς μου τοὺς πόδας εἰς τὸν
αἰῶνα. ἀπεκρίθη Ἰησοῦς αὐτῷ· ἐὰν μὴ νίψω σε, οὐκ ἔχεις
μέρος μετ᾽ ἐμοῦ. 9 λέγει αὐτῷ Σίμων Πέτρος· κύριε, μὴ τοὺς
πόδας μου μόνον ἀλλὰ καὶ τὰς χεῖρας καὶ τὴν κεφαλήν. 10
λέγει αὐτῷ ὁ Ἰησοῦς· ὁ λελουμένος οὐκ ἔχει χρείαν εἰ μὴ τοὺς
πόδας νίψασθαι, ἀλλ᾽ ἔστιν καθαρὸς ὅλος· καὶ ὑμεῖς καθαροί
ἐστε, ἀλλ᾽ οὐχὶ πάντες. 11 ᾔδει γὰρ τὸν παραδιδόντα αὐτόν·
διὰ τοῦτο εἶπεν ὅτι οὐχὶ πάντες καθαροί ἐστε. 12 ὅτε οὖν
ἔνιψεν τοὺς πόδας αὐτῶν [καὶ] ἔλαβεν τὰ ἱμάτια αὐτοῦ καὶ
ἀνέπεσεν πάλιν, εἶπεν αὐτοῖς· γινώσκετε τί πεποίηκα ὑμῖν; 13
ὑμεῖς φωνεῖτέ με· ὁ διδάσκαλος, καί· ὁ κύριος, καὶ καλῶς
λέγετε· εἰμὶ γάρ. 14 εἰ οὖν ἐγὼ ἔνιψα ὑμῶν τοὺς πόδας ὁ
κύριος καὶ ὁ διδάσκαλος, καὶ ὑμεῖς ὀφείλετε ἀλλήλων νίπτειν
τοὺς πόδας·
Giovanni, 13,1-17 [3]
15 ὑπόδειγμα γὰρ ἔδωκα ὑμῖν ἵνα καθὼς ἐγὼ ἐποίησα ὑμῖν
καὶ ὑμεῖς ποιῆτε. 16 ἀμὴν ἀμὴν λέγω ὑμῖν, οὐκ ἔστιν δοῦλος
μείζων τοῦ κυρίου αὐτοῦ οὐδὲ ἀπόστολος μείζων τοῦ
πέμψαντος αὐτόν. 17 εἰ ταῦτα οἴδατε, μακάριοί ἐστε ἐὰν
ποιῆτε αὐτά.
Il Dio-servo
• la radice nell’amore ‘fino in fondo’
• il contesto conviviale
• la lavanda dei piedi, tra servizio e purificazione
• il dialogo con Pietro: la scomodità del farsi servire
• il maestro che si umilia
• il servizio reciproco
• la libertà nel servizio
Poi, dopo di lui, ci fu quel numero di Natale che a Radio City fanno tutti
gli anni. Frotte di angeli che vengono fuori dai palchi e da tutte le parti,
dovunque ti giri c’è gente che porta crocifissi e roba simile, e tutti quanti
– sono migliaia – cantano come matti Venite tutti o Fedeli! Ve li
raccomando io. Passa per un numero maledettamente religioso, lo so, e
anche carino e via dicendo, ma io non vedo proprio che cosa ci sia di
carino e di religioso in un mucchio di attori che trascinano crocifissi
avanti e indietro per il palcoscenico, Dio santo. Quando finirono tutto
quanto e cominciarono a tornarsene nei palchi, si vedeva lontano un
miglio che morivano dalla voglia di fumarsi una sigaretta, o che so io.
L’anno prima l’avevo visto con la vecchia Sally Hayes, e lei non la finiva
più di dire che era una meraviglia, e i costumi e questo e quest’altro. Io
avevo detto che se il vecchio Gesù l’avesse visto, come minimo avrebbe
vomitato – tutti quei costumi da carnevale e compagnia bella. Sally mi
aveva detto che ero un ateo sacrilego. È probabile.
schiavitù rituali
• le persone e le cose, disumano e umano
• coazione e libertà
• fato e scelta
• una piaga da debellare e un costume da diffondere
la libertà come passaggio dalla
schiavitù al servizio
alla fine di una carrellata...
A Gesù piacerebbe veramente una cosa sola, il tizio che suona i
timpani nell’orchestra. Sarà da quando avevo otto anni che lo sto a
guardare. Io e mio fratello Allie, se eravamo coi nostri genitori e
compagnia bella, cambiavamo sempre di posto e andavamo avanti per
poterlo guardare. È il più bravo timpanista che abbia mai veduto.
Durante ogni pezzo gli capiterà di percuotere i timpani sì e no un paio
di volte, ma non ha mai l’aria annoiata quando sta lì senza far niente.
Poi, quando li percuote, lo fa in un modo così carino e dolce, con
quell’espressione tesa sul viso.
(J.D. Salinger, Il giovane Holden, trad. it. di Adriana Monti)
la gioia del servizio
Come ognuno deve sentirsi responsabile di tutto. Su
una parete della nostra scuola c’è scritto grande “I care”.
È il motto intraducibile dei giovani americani migliori.
“Me ne importa, mi sta a cuore”: il contrario esatto del
motto fascista “Me ne frego”.
(L. Milani, Lettera ai giudici, 24 ottobre 1965)
epilogo
[email protected]
Scarica

slides del corso - Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica