IL MODELLO 231
PER LA SICUREZZA E L’AMBIENTE
14 ottobre 2011
avv. Mara Chilosi – [email protected]
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Il 231 in sintesi
• Il D.lgs. 231/2001 colpisce la “colpa di organizzazione”,
responsabilizzando gli enti per taluni reati commessi dalle persone
fisiche operanti al loro interno (cd. “reati-presupposto”)
• Quando viene accertato che il reato è stato commesso e che ciò è
avvenuto nell’interesse o a vantaggio dell’ente, a quest’ultimo
vengono comminate, a seconda dei casi, sanzioni pecuniarie e/o
interdittive
• L’unica difesa per l’ente è quella di dimostrare che l’illecito si è
verificato a causa della violazione, da parte della persona fisica,
delle “norme interne”. Si tratta, in altre parole, di dimostrare che
l’illecito si è consumato al di fuori della volontà dell’ente
• Le “norme interne” prendono per l’appunto il nome di “Modello 231”
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231, ambiente e sicurezza
• Tra i reati presupposto figurano quelli di omicidio colposo e lesioni
gravi e gravissime colpose commessi con violazione delle
norme antinfortunistiche (art. 25-septies) e, dal 16 agosto di
quest’anno, alcuni “reati ambientali” (art. 25-undecies), introdotti
dal D.lgs. 121/2011 in attuazione delle direttive 2008/99/CE e
2009/123/CE
• Peraltro, alcune fattispecie di “rilevanza ambientale” già erano state
attratte nell’“orbita 231” attraverso i reati di associazione per
delinquere e di truffa aggravata ai danni della PA, nonché, in
prospettiva, attraverso i reati informatici (SISTRI)
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I reati ambientali inclusi nel 231
•
•
Nuovi reati di cui agli artt. 272-bis e 733-bis c.p.
Reati previsti dal D.lgs. 152/2006, segnatamente:
– Alcuni reati previsti dalla normativa sugli scarichi di acque reflue (art. 137, c. 2, 3,
5/1-2, 11 e 13 D.lgs. 152/2006)
– Diversi reati previsti dalla disciplina generale sui rifiuti (artt. 256, c. 1/a-b, 3, 4, 5,
6 257, c. 1, 2, 258, c. 4/2, 259/1, 260, 260-bis, c. 6, 7/2-3, 8/1-2 D.lgs. 152/2006)
– Un reato previsto dalla normativa sulle emissioni in atmosfera (art. 279, c. 5
D.lgs. 152/2006)
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•
Reati previsti dalla L. 150/1992 sul commercio di specie animali e vegetali
protette e di mammiferi e rettili pericolosi
Reati previsti dalla L. 549/1993 recante misure a tutela dell’ozono
stratosferico e dell’ambiente
Reati previsti dal D.lgs. 202/2007 sull’inquinamento provocato dalle navi
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I “grandi assenti”
DIRETTIVA 2008/99/CE
• Art. 256, c. 2 e art. 255, c. 3 D.lgs. 152/2006, illecito abbandono di rifiuti
(sorprendente soprattutto in relazione all’art. 192, c. 4)
• Art. 29-quattordecies D.lgs. 152/2006, reati previsti dalla normativa IPPC
(sorprendente soprattutto alla luce della inclusione dei reati stabiliti dalle
normative settoriali)
• Art. 19 D.lgs. 133/2005, violazioni relative alla conduzione di impianti di
incenerimento di rifiuti
• Art. 16 D.lgs. 36/2003, violazioni relative ai criteri di accettabilità dei rifiuti in discarica
• Art. 10 D.lgs. 209/1999, violazioni relative ai divieti di utilizzo ed agli obblighi di
decontaminazione e smaltimento di apparecchiature contenenti PCB-PCT
• Art. 27 D.lgs. 334/1999, violazioni relative agli impianti a rischio di incidente rilevante
• Art. 13 D.lgs. 209/2003, violazioni relativa alla gestione dei veicoli fuori uso
CODICE PENALE
• Art. 434 c.p., Disastro ambientale
• Art. 635 c.p., Danneggiamento
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Il Modello 231
per ambiente e sicurezza
Per andare esente da responsabilità, l’ente deve dimostrare di aver
adottato ed efficacemente attuato un Modello di organizzazione e
gestione idoneo a prevenire reati della medesime specie di quello in
concreto verificatosi.
Con l’inclusione, fra i reati-presupposto, di quelli inerenti ad ambiente e
sicurezza sul lavoro, sembra evidente l’opportunità (se non la
necessità), per le imprese, di dotarsi del Modello, ancorché esso sia
volontario
Il regime è differente a seconda che il reato sia stato commesso da un
soggetto in posizione apicale (art. 6 D.lgs. 231/01) piuttosto che da un
soggetto in posizione subordinata (art. 7 D.lgs. 231/01). Indubbiamente
la posizione dell’Ente è più facile se il reato è commesso dai sottoposti.
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Reati commessi dagli apicali
Art. 6 d.lgs. 231/01: l’Ente non risponde se prova che (con inversione
dell’onere probatorio)
a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della
commissione del fatto, Modelli di organizzazione e di gestione idonei a
prevenire reati della specie di quello verificatosi (è peraltro prevista la
adozione tardiva del “modello riparatore”, con effetti sul regime
sanzionatorio)
b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di
curare il loro aggiornamento e' stato affidato a un Organismo dell’Ente
dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i
Modelli di organizzazione di gestione;
d) non vi e' stata omessa o insufficiente vigilanza da parte
dell'organismo di cui alla lettera b).
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Il Modello 231 per gli apicali
Il Modello è idoneo, efficace ed adeguato se una valutazione ex ante
da compiersi rispetto ai reati della stessa specie dimostra che:
1. è fondato sulla analisi/mappatura dei rischi
2. individua ex ante, come reato potenziale, quello che poi, in
concreto, si è realizzato tramite l’aggiramento del Modello
3. individua specifiche misure e protocolli di controllo, che
riguardino tanto lo svolgimento delle attività aziendali, quanto le
modalità di controllo da parte dell’OdV
4. individua modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee
ad impedire la commissione dei reati
5. prevede puntuali registrazioni e obblighi di informazione
6. stabilisce un sistema disciplinare per la violazione di misure,
protocolli, obblighi di informazione e registrazione
7. è conforme alle Linee Guida adottate dalle Associazioni di
Categoria (presunzione di idoneità)
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Reati commessi dai sottoposti
Art. 7 d.lgs. 231/01: l’Ente è responsabile se la commissione del reato è stata
resa possibile dall'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza, a meno
che l’Ente, prima della commissione del reato, abbia già adottato ed
efficacemente attuato un Modello di organizzazione, gestione e controllo
idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
Il Modello è idoneo, efficace e adeguato se
1.
prevede «misure idonee a garantire lo svolgimento dell'attività nel
rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente
situazioni di rischio»
2.
richiede «a) una verifica periodica e l'eventuale modifica dello stesso
[Modello] quando sono scoperte significative violazioni delle
prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti
nell'organizzazione o nell'attività»
3.
applica il Sistema disciplinare.
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La costruzione del Modello 231
1- Definire gli obiettivi del Modello per quanto riguarda la SSL, che confluiranno
nel Codice Etico (Politica ambientale)
2- Individuare i destinatari del Modello
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Revisione Sistema di deleghe
Revisione organigramma/funzionigramma
Revisione contratti con consulenti esterni
3- Effettuare la cd. “identificazione dei rischi” (cd. “mappatura”), ossia valutare
quali funzioni, in occasione di quali attività, possono commettere quali illeciti o
comunque adottare comportamenti che possono contribuire all’illecito altrui
4- Adottare misure di prevenzione in relazione ai reati a rischio
5- Adottare un Sistema disciplinare
6- Approvare il Modello (da CdA o AD a seconda dei livelli di normazione interna)
6- Nominare un OdV (da CdA)
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I diversi livelli di normazione interna
• Primo livello: Modello 231
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Identificazione dei rischi
Programma di prevenzione
Misure per apicali + misure “cerniera”
Codice Etico
Sistema disciplinare
Nomina OdV
• Secondo livello: SGA ISO 14001/EMAS
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Politica
Manuale
Procedure
Istruzioni operative
Dichiarazione ambientale
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"Il modello 231 per la sicurezza e l`ambiente" (avv. Mara Chilosi)