Le tipizzazioni intraspecifiche per il controllo delle infezioni nosocomiali Edoardo Carretto Laboratori Sperimentali di Ricerca, Area Infettivologica IRCCS Policlinico “San Matteo”, Pavia E.C. 2004 Ruolo del Microbiologo clinico nel controllo delle infezioni ospedaliere • Rapida e corretta identificazione dell’agente eziologico • Tipizzazione dei microrganismi (specie e sottospecie) Metodi fenotipici • biotipo, antibiotipo, sierotipizzazione, tipizzazione fagica, PAGE, WB, MLEE, markers chemotassonomici Metodi genotipici • ibridazione, PCR, ribotipizzazione, sequenziamento • RAPD, PFGE, AFLP, MLST, ribotipizzazione, sequenziamento E.C. 2004 Tipizzazione microbica: quando? • Per identificare possibili clonalità fra gli isolati, per determinare le fonti di contagio e i meccanismi di trasmissione e per distinguere, nel singolo paziente, fra infezioni crociate, infezioni sequenziali indipendenti e reinfezioni conseguenti, ad esempio, a trattamenti antibiotici non adeguati. • Per realizzare sistemi di sorveglianza multicentrici in grado di monitorizzare l’epidemiologia di particolari microrganismi (patogeni multiresistenti) e seguirne la disseminazione in differenti aree geografiche in lunghi periodi di tempo = banche dati genomiche Oliveira DC, Tomasz A, de Lencastre H. Secrets of success of a human pathogen: molecular evolution of pandemic clones of meticillin-resistant Staphylococcus aureus. Lancet Infectious Diseases 2002, 2:180-9 E.C. 2004 Metodi di tipizzazione... • La metodica ideale nell’ambito della tipizzazione microbica dovrebbe possedere i seguenti requisiti teorici: a) essere in grado di dare un risultato positivo e non ambiguo per ogni isolato; b) essere altamente riproducibile (ovvero fornire, per uno stesso isolato, il medesimo risultato in esperimenti indipendenti); c) essere dotata di buona capacità discriminatoria (ovvero saper distinguere due ceppi epidemiologicamente non correlati); d) essere facilmente eseguibile e interpretabile; e) essere economica • Requisiti essenziali: ottima conoscenza delle metodiche, capacità di valutazione del contesto clinico-epidemiologico oggetto di analisi • Obiettivi da perseguire: standardizzazione, riproducibilità dei risultati (librerie epidemiologiche!?) E.C. 2004 Metodi di tipizzazione: scelta • Working group in epidemiologia molecolare: la tecnica RAPD è ideale nello studio di Acinetobacter spp., la PFGE nello studio di Pseudomonas aeruginosa, l’AFLP nella tipizzazione di Legionella pneumophila, la ribotipizzazione nell’analisi di stafilococchi coagulasi negativi, l’ERIC-PCR per lo studio di enterobatteri, l’MLST nella tipizzazione di stafilococchi aurei meticillino-resistenti... • La scelta del metodo di tipizzazione per una specie batterica deve quindi basarsi: 1) sul tipo di microrganismo e sul relativo stato dell’arte; 2) sul proprio know-how; 3) sul contesto clinico-epidemiologico oggetto di analisi. Obiettivi da perseguire: standardizzazione, riproducibilità dei risultati E.C. 2004 Buone norme • Mutazioni, delezioni, ricombinazioni, acquisizioni di tratti genomici (sino a interi cassetti genici) costituiscono la base della plasticità genomica dei microrganismi • Eseguire indagini di tipizzazione microbica prefiggendosi uno scopo e non “per vedere cosa viene”, ricordando sempre che esiste una variabilità intrinseca per ogni metodica. • Tale variabilità può essere ridotta • eseguendo l’analisi su tutti gli isolati in esame contemporaneamente; • introducendo ceppi sicuramente non correlati epidemiologicamente; • analizzando ceppi di riferimento E.C. 2004 Metodi di tipizzazione fenotipici METODICA Utilità Riproducib. Capacità discriminatoria Semplicità Interpretabilità Disponibilità Costo Antibiotipo Buona Buona Scarsa Eccellente Eccellente Eccellente Basso Biotipizzazione Buona Variabile Scarsa Buona Buona Buona Medio Sierotipizzazione Variabile Buona Variabile Buona Buona Variabile Medio Tipizzazione fagica Variabile Scarsissima Variabile Scarsa Scarsa Variabile Medio PAGE Eccellente Buona Buona Eccellente Scarsissima Buona Medio Immunoblotting Eccellente Buona Buona Buona Scarsissima Variabile Medio MLEE Eccellente Eccellente Buona Buona Eccellente Variabile Elevato E.C. 2004 Metodi di tipizzazione genotipici METODICA Utilità Riproducib. Capacità discriminatoria Semplicità Interpretabilità Disponibilità Costo Analisi plasmidica Variabile Scarsissima Variabile Complessa Variabile Buona Medio REA plasmidico Variabile Eccellente Buona Buona Eccellente Eccellente Medio Ribotipizzazione Eccellente Eccellente Buona Buona (*) Buona Variabile Elevato PFGE Eccellente Eccellente Eccellente Buona Buona Variabile Elevato PCR-based Eccellente Scarsissima Eccellente Buona Scarsa Buona Medio AFLP Eccellente Buona Eccellente Buona Scarsa Bassa Elevato Sequenziamento Ottima Eccellente Eccellente Complessa Eccellente Bassa Elevato * relativamente al sistema automatico E.C. 2004 Biotipo • Combinazione di reazioni biochimiche, enzimatiche o fermentative, valutati per lo più tramite metodiche sviluppate dal commercio. Tali metodiche, che hanno il vantaggio della rapidità, possono essere automatizzate. • Il biotipo, essendo anche espressione di risposte a stimoli ambientali – espressione o mancata espressione di un carattere o di una attività metabolica - è di scarso ausilio nella pratica come metodica di tipizzazione batterica. E.C. 2004 Antibiotipo • Il riscontro di un particolare profilo di sensibilità agli antibiotici, associato a una variazione nella sua incidenza, costituisce spesso nella pratica il primo campanello d’allarme che può far sospettare un outbreak infettivo. Tuttavia, come per il biotipo, poiché anche in questo caso il fenotipo di resistenza è spesso la risultante di differenti fattori (la maggior parte dei quali relativi all’ambiente) che agiscono su un patrimonio genetico “predisposto alla risposta”, non è sufficiente per fornire alcun tipo di indicazione relativamente alla possibile clonalità degli isolati analizzati. E.C. 2004 Sierotipizzazione • Valuta la presenza di determinanti espressi sulla superficie batterica. • VANTAGGI: rapidità, riproducibilità; in alcuni casi si dimostra una stretta correlazione fra sierotipo, fattori di virulenza e/o evidenza di quadri clinici particolari (esempio: Escherichia coli O157:H7). • UTILIZZATA più frequentemente nella tipizzazione di Streptococcus pneumoniae, Legionella pneumophila, Salmonella species, Shigella species, Haemophilus influenzae, Neisseria meningitidis, Pseudomonas aeruginosa. • SVANTAGGI: costo elevato. Non totale disponibilità di antisieri. Scarso potere discriminatorio per microrganismi appartenenti allo stesso sierogruppo. Alcuni microrganismi di una determinata specie non sono tipizzabili (Haemophilus influenzae); altri, quali lo stafilococco aureo, non hanno determinanti antigenici sufficientemente vari da essere utilizzati come strumenti di tipizzazione. E.C. 2004 Tipizzazione fagica • Si basano sulla suscettibilità dei microrganismi analizzati a batteriofagi (virus in grado di lisare le cellule batteriche) o batteriocine (sostanze prodotte da altri microrganismiin grado di inibire la crescita batterica. • Questa tecnica, di difficile interpretazione, è stata per anni la metodica di scelta nella tipizzazione di Staphylococcus aureus. Una combinazione di batteriofagi e batteriocine è stata utilizzata, storicamente, nella tipizzazione di Clostridium difficile. • Scarsissima disponibilità di reattivi; la maggior parte dei laboratori statunitensi hanno abbandonato gli stock di batteriofagi. E.C. 2004 PAGE (SDS-PAGE), immunoblotting • L’elettroforesi su gel di poliacrilammide permette di valutare proteine batteriche presenti su membrane o a livello cellulare. Una colorazione specifica permette quindi di rilevare le differenti bande, a seconda del loro peso molecolare. • La metodica è migliorata dalla coltura dei microrganismi in terreni contenenti 35S-metionina: la generazione dei bandeggi tadioattivi viene meglio evidenziata dalla autoradiografia • Si tratta di una tecnica dalla facile esecuzione, dotata di buon potere discriminatorio, che tuttavia ha infiniti problemi di interpretazione. E’ utile nell’identificazione e tipizzazione di batteri non comuni (Eikenella corrodens, Campylobacter species) ecc. • Simile la tecnica dell’immunoblotting, in cui il materiale proteico migrato dopo SDS-PAGE viene trasferito su una membrana di nitrocellulosa e fatto competere con anticorpi. La razione viene poi evidenziata utilizzando un substrato cromogeno.c E.C. 2004 PAGE (SDS-PAGE) E.C. 2004 Multilocus enzyme electrophoresis • La MEE si basa sull’analisi di variazioni elettroforetiche di un set di enzimi citoplasmici codificati sul cromosoma batterico. • Sebbene si tratti di una tecnica che valuta indirettamente variazioni alleliche, i dati ottenuti per numerose specie batteriche sono risultati perfettamente correlabili con quelli ottenuti da studi di ibridazione DNA-DNA. • Gli enzimi analizzati sono quelli codificati da geni housekeeping e sono essenziali per il metabolismo batterico, per cui questo target appare essere estremamente utile per fini di tipizzazione. Risultati correttamente valutabili devono comprendere l’analisi di almeno 10 enzimi. • I differenti isolati batterici possono essere categorizzati dalle combinazioni dei polimorfismi elettroforetici ottenuti; di fatto, non esistono isolati non tipizzabili. E.C. 2004 Tecniche di tipizzazione molecolari: esempi • Analisi plasmidica • RFLP (restriction fragment lenght polymorphism) • PFGE (pulsed field gel electrophoresis) • Ribotipizzazione (manuale, automatica) • RAPD (random amplified polymorphic DNA) • AFLP (amplified fragment lenght polymorphism) • MLST (multi-locus sequence typing) • REP-PCR (repetitive sequence- based PCR) E.C. 2004 Analisi plasmidica • Si basa sull’estrazione del DNA e plasmidico e sulla sua separazione (in base delle dimensioni) su gel di agarosio. • Questa metodica migliora in sensibilità qualora il DNA plasmidico venga digerito con enzimi di restrizione successivamente alla sua estrazione: ciò permette di determinare quanti plasmidi di identiche dimensioni riscontrati in ceppi differenti siano in realtà lo stesso plasmide. • Limiti intrinseci: non tutte le specie batteriche possiedono plasmidi; spesso gli stessi plasmidi hanno una scarsa eterogeneità nelle loro sequenze nucleotidiche. E.C. 2004 RFLP • Si basa sull’utilizzo di particolari enzimi, le endonucleasi di tipo II, che riconoscono e tagliano il DNA a doppia elica a livello di sequenze di basi specifiche, che sono ricorrenti. • I prodotti ottenuti dall’azione dell’endonucleasi possono essere separati attraverso l’elettroforesi su gel di agarosio o di poliacrilamide, ottenendo così un bandeggio che è caratteristico e specifico di quel particolare battere. • Presupposto della tecnica è che ogni specie batterica contiene, nel suo genoma, un numero specifico e pressoché costante di siti che possono essere riconosciuti da un particolare enzima di restrizione; dopo la digestione e la corsa elettroforetica il bandeggio ottenuto può essere considerato una sorta di “impronta molecolare” (fingerprint) tipico di quel battere. E.C. 2004 PFGE • Prevede l’utilizzo di enzimi di restrizione costituiti da un elevato numero di basi; si creano frammenti di DNA di lunghezza superiore ai 10 milioni di paia di basi. • Rispetto alle altre metodiche permette di analizzare l’intero genoma del battere in esame. • Ha tuttavia lo svantaggio di essere assai laboriosa, in particolare per quanto concerne l’estrazione del DNA e la sua purificazione (rotture del cromosoma batterico costituirebbero artefatti di difficile interpretazione) e per la difficile valutazione del peso molecolare delle bande ottenute: differenze dell’ordine delle 50-100 paia di basi non sono apprezzabili. • La sensibilità del test viene aumentata inserendo i ceppi da esaminare in una matrice di gel, quindi eseguendo la digestione enzimatica. La separazione delle bande su gel di agarosio viene eseguita utilizzando gradienti elettrici in varie direzioni (ortogonali, a esagono). • E’ evidente che questa metodica risente di numerose variabili: DNA intatto (la sua frammentazione può fornire risultati estremamente variabili), concentrazione del gel di agarosio, concentrazione dei tamponi, voltaggio, tempo di corsa elettroforetica. Ha peraltro una capacità discriminatoria molto elevata. E.C. 2004 PFGE di ceppi di Enterococcus faecium resistenti alla vancomicina E.C. 2004 Ribotipizzazione (1) Dopo estrazione del DNA cromosomico si esegue una digestione enzimatica con EcoRI. I frammenti ottenuti, separati mediante elettroforesi su gel d’agarosio e trasferiti su una membrana di nylon mediante Southern blotting, sono ibridati con una sonda a DNA “universale” che contiene l’operone rrnB dell’RNA ribosomale di E. coli (gli operoni rrn sono presenti nel genoma batterico in più copie). Il sistema di rilevazione, infine, prevede comunemente l’utilizzo di un coniugato anti-DNA e un substrato chemiluminescente. Il principio della ribotipizzazione risiede nella conservazione dei geni per l’rRNA e nell’eterogeneità delle sequenze spaziatrici e delle sequenze laterali: gli enzimi di restrizione taglieranno il DNA in siti che possono variare a seconda delle differenze in queste sequenze, generando frammenti di diversa lunghezza, mentre utilizzando come sonda l’rRNA o il DNA, da cui originano, questo ibridizzerà sempre con le stesse sequenze di DNA altamente conservate. E.C. 2004 Ribotipizzazione (2) L’analisi dei pattern ottenuti consente di evidenziare eventuali polimorfismi a livello di genere, specie e sottospecie utili sia per l’identificazione che per la tipizzazione di isolati batterici. Il RiboPrinter® (Qualicon, USA) è uno strumento in grado di eseguire la ribotipizzazione automatica: possiede una database storico e incrementabile; genera, analizza e memorizza i fingerprint ottenuti; riduce il tempo necessario per l’analisi a 8 ore dall’isolamento; consente standardizzazione, riproducibilità e universalità dei dati E.C. 2004 Ribotipizzazione automatica (RiboPrinter®) E.C. 2004 RAPD • Impiego di un unico primer arbitrario (non è necessario conoscere prima il genoma della specie). • Non essendo il primer specifico per una determinata sequenza ed essendo la PCR eseguita a bassa temperatura di appaiamento, il primer si appaierà al DNA genomico in corrispondenza di sequenze che non sono esattamente complementari. • A partire da uno stesso primer singoli stipiti danno un identico bandeggio. • La metodica RAPD può essere eseguita partendo da DNA purificato o da DNA batterico. In questo secondo caso è necessaria un'estrazione che può essere eseguita utilizzando enzimi litici o non detergenti non ionici. E.C. 2004 RAPD RAPD di ceppi di Bacillus cereus isolati in un outbreak ospedaliero E.C. 2004 Rep-PCR • Tecnica di tipizzazione molecolare che permette di amplificare sequenze geniche specie e sottospecie specifiche del genoma dei microrganismi. • Tali sequenze si trovano intercalate tra sequenze ripetute, non codificanti e altamente conservate sul cromosoma batterico. • I primer utilizzati sono quindi primer universali, strettamente complementari a queste sequenze ripetute, che si appaieranno con una elevata stringenza consentendo alla Taq-polimerase di amplificare le regioni variabili. • Dopo corsa elettroforetica e separazione degli ampliconi ottenuti vengono generati fingerprints specifici per ogni clone batterico utili per indagare le distanze filogenetiche dei microrganismi per scopi epidemiologici. E.C. 2004 rep-PCR Core Technology Microrganismo 2 Microrganismo 1 Primer Primer DNA Primer DNA Primer DNA DNA DNA DNA Rep-PCR Primer DNA Primer Primer D.B. 2004 MLST Questa metodica si basa sulla sequenza di frammenti di circa 500bp appartenenti a 11 geni housekeeping del genoma batterico, quali ad esempio abcZ (trasportatore abc di membrana), adk (adenilatochinasi), gdh (glucoso-6-fosfato deidrogenasi) ecc. I frammenti vengono amplificati con coppie di primers specifici e successivamente ibridati con il DNA cromosomico di un ceppo batterico di riferimento per definire e confermare la localizzazione cromosomica dei geni in esame. Vengono paragonate le sequenze di ogni frammento di gene di tutti i ceppi da tipizzare e agli isolati con identica sequenza viene assegnato lo stesso numero di allele. Per ogni singolo isolato si valuta la combinazione degli alleli ad uno stesso locus; si costruiscono successivamente dei dendrogrammi per visualizzare le relazioni filogenetiche tra gli isolati E’ una tecnica relativamente semplice, che può essere facilmente standardizzata con una buona riproducibilità inter-laboratorio Proc. Natl. Sci. USA 1998, 35, 3140-5 E.C. 2004 AFLP Questa tecnica combina il potere dell’RFLP alla flessibilità delle tecnologie basate sulla PCR, legando sequenze di adattatori riconosciute dai primer ai frammenti di restrizione. E’ caratterizzata da tre fasi: DIGESTIONE del DNA dei ceppi in esame, mediante una doppia digestione con i due enzimi di restrizione EcoRI (GAATTC) e MseI (TTAA). Si ha poi il LEGAME degli adattatori ai frammenti così ottenuti Nell’AMPLIFICAZIONE PRESELETTIVA i primer utilizzati riconoscono e si appaiano alle sequenze degli adattatori e dei siti di restrizione. Verranno amplificati solo i frammenti che hanno legato gli adattatori a entrambe le estremità: EcoRI-EcoRI; MseI-EcoRI; MseI-MseI Nell’AMPLIFICAZIONE SELETTIVA i primer utilizzati vengono scelti tra i 18 forniti nel kit commerciale; nove sono specifici per EcoRI, marcati con fluoresceina, e 9 specifici per MseI, non marcati. Verranno così amplificati solo i frammenti EcoRI-MseI Si ottengono coì dei fingerprinting che sono caratteristici per ogni isolato in esame Nucleic Acid Res. 1995, 23 (21), 4407-14 E.C. 2004 Sequenziamento di specie batteriche • Descritta per la prima volta alla fine degli anni ‘70, questa tecnica si è resa disponibile in microbiologia clinica solo recentemente, successivamente alla disponibilità di apparecchiature automatiche. • Il sequenziamento a fini identificativi si basa, in genere, sull’amplificazione con primers universali e successiva sequenza del gene che codifica per l’RNA ribosomale 16S, presente in tutti i genomi batterici ed estremamente conservato a livello di specie. Altre sequenze geniche utilizzabili possono essere quelle del 23S rDNA, o quelle di strutture specifiche per determinate specie batteriche. Esempio: geni per la flagellina in Borrelia burgdorferi; geni sodA, rpoB, hsp60 per stafilococchi coagulasi negativi. • La sequenza del 16S rDNA è pari a 1500bp; quella del 23S rDNA è di 2500bp. Per l’identificazione di nuove specie batteriche è ovviamente necessario sequenziare l’intero gene, mentre per identificare microrganismi di specie già descritte è in genere sufficiente sequenziare 500-1000bp del 16S rDNA E.C. 2004 Sequenziamento di specie batteriche • Dopo avere ottenuto l’amplificato dell’intero operone con una coppia di primer universali, si può eseguire una successiva amplificazione con due primer interni per selezionare la porzione di gene che può essere utile ai fini identificativi • Il prodotto di PCR viene quindi sequenziato utilizzando apparecchiature automatiche che consentono una separazione dei frammenti in allungamentoe che generano elettroferogrammi caratterizzati da picchi di diverso colore per ogni singola base. • La sequenza così ottenuta viene interpretata comparandola con quelle depositate in librerie pubbliche (ad esempio GenBank) e rilevando, tramite programmi di pubblico dominio (ad esempio Blast) la percentuale di similarità con sequenze microbiche già descritte. • Per identificare un microrganismo è quindi necessario avere una similarità del 99-100% univoca con il genoma di una singola sottospecie. E.C. 2004 Sviluppo del sequenziamento nella diagnostica microbiologica • Il metodo di Sanger, o di terminazione della catena mediante incorporazione di dideossinucleotidi marcati con isotopi radioattivi che agiscono da terminatori,è ancora oggi il metodo di sequenza su cui si basano i sequenziatori automatici. • La marcatura con il radioattivo è stata sostituita da quella con molecole fluorescenti, 4 fluorocromi diversi per le 4 basi azotate. La marcatura più utilizzata è quella dei “big-die-terminator”, molecole con sistema di trasferimento di energia da un donatore a un accettore. • Elettroforesi capillare, laser, emissioni di fluorescenza analizzati da una camera CCD (charge coupled device), la sequenza visualizzata in un grafico denominato elettroferogramma caratterizzato da una successione di picchi di 4 colori diversi. • Applicazioni: identificazione e tipizzazione batterica, indagini di epidemiologia molecolare, analisi di geni di resistenza, analisi di mutazioni. E.C. 2004 Esempio di ferogramma ottenuto con sequenziatore automatico E.C. 2004 Validazione dei risultati Nella più essenziale semplicità: “la generazione di un profilo genetico (fingerprint) che sia corretto per la metodica utilizzata, interpretabile (polimorfismi apprezzabili su un numero congruo di bandeggi) e… ...in un futuro forse non troppo lontano… … comparabile con profili ottenuti da altri centri e depositati in banche dati pubbliche” E.C. 2004 Analisi dei risultati: l’abc, ovvero gli indici di similarità • Gli indici di similarità vengono utilizzati per comparare fra loro i profili ottenuti applicando una tecnica molecolare di tipizzazione. • I più utilizzati sono il coefficiente di similarità di Dice (altrimenti noto come Sorensen), di Jaccard, di Pearson, di Simpson ecc. • In pratica tramite essi si esegue la valutazione quali-quantitativa dei bandeggi presenti in un determinato profilo (esempio: presenza/assenza di una banda; maggiore/minore intensità di una banda monomorfica). Se una banda è presente dà un risultato di 1, se è assente di 0, generandosi così una matrice binaria. • Uno degli indici di similarità più comunemente utilizzati è il coefficiente di similarità di Dice. E.C. 2004 caratteri comuni (M) 1 1 1 1 1 0 0 1 1 1 1 1 1 0 1 1 • Posto M il numero dei caratteri comuni fra due ceppi e A e B il numero delle variabili (cioè il numero di bande) per ogni microrganismo, il coefficiente di similarità di Dice può essere definito come Coefficiente di similarità di Dice: 2C/(A+B) 10/(6+7) = 0.769 E.C. 2004 Per analisi di similarità su campionature numerose, è necessario, se non indispensabile, avvalersi di strumenti informatici • i più semplici (es. NTSYS ecc.) elaborano matrici create dall’operatore, avvalendosi di correzioni statistiche (UPMGA - unweighted pair group method of averages algorithm) • altri, più complessi e costosi (GelCompar, BioNumerics, Taxotron ecc.), sono in grado di acquisire direttamente le immagini e di restituirle già elaborate in forma di dendrogrammi • in caso di utilizzo di strumenti automatizzati, il software di gestione può eseguire di per sé un’analisi di similarità (RiboPrinter) E.C. 2004 Software BioNumerics applicato alla tipizzazione di stafilococchi coagulasi negativi Limiti degli strumenti informatici Diversi lavori hanno puntualizzato come non sempre gli strumenti informatici siano in grado di fornire risultati attendibili. Il loro risultato deve essere sempre validato tramite analisi visuale dei profili ottenuti, e tale analisi deve comunque sempre tenere conto dei dati epidemiologici che sottendono l’esperimento. Speijer et al., 1999. JCM, 37:3654-61 Tenover FC et al. 1997. Infect. Control Hosp. Epidemiol. 18:426-39 Brisse, S., et al. 2002. J Clin Microbiol 40:1977-84. E.C. 2004 Generazione dei risultati: dendrogrammi • Una volta valutata la similarità fra ceppi, può essere necessario stabilire le relazioni che intercorrono tra loro qualora si analizzino più isolati. • I dendrogrammi sono diagrammi che rappresentano l’analisi dei dati ottenuti con una metodica molecolare. Essi presentano in ascissa il grado di similarità e in ordinata i ceppi analizzati. E.C. 2004 Metodi di tipizzazione: dendrogrammi Dendrogramma di ceppi di Enterococcus faecium analizzati utilizzando la ribotipizzazione con sistema automatico E.C. 2004 Limiti dei dendrogrammi • La valutazione dei dati di un dendrogramma deve, in linea generale, tenere conto che minime variazioni nel genoma di un battere possono condurre a variazioni del profilo, non escludendo una possibile clonalità. Quindi ceppi che presentano una variazione nella loro similarità inferiore 5% potrebbero considerarsi clonali o verosimilmente clonali. Addirittura, per l’analisi dei risultati ottenuti con alcune metodiche (PFGE, AFLP), tale limite può essere innalzato sino al 20%. E.C. 2004 PFGE e analisi dei dati Prevede l’utilizzo di enzimi di restrizione costituiti da un elevato numero di basi, in modo da creare molecole di DNA di lunghezza superiore ai 10 milioni di paia di basi. Rispetto ad altre metodiche permette di analizzare l’intero genoma del microrganismo in esame e viene considerata come uno standard per la tipizzazione di diversi microrganismi. I criteri interpretativi per l’analisi dei risultati ottenuti con questa metodica sono stati analizzati e discussi da Tenover FC et al., JCM, 1995, 33:2233-9 E.C. 2004 Eventi genetici in grado di modificare un fingerprint in PFGE MUTAZIONE PUNTIFORME = CREAZIONE DI UN NUOVO SITO DI RESTRIZIONE – assenza della banda in cui è avvenuta la mutazione – generazione di due piccoli frammenti di restrizione MUTAZIONE PUNTIFORME = PERDITA DI UN SITO DI RESTRIZIONE – assenza dei due frammenti di restrizione generati dal sito perso – generazione di un frammento di restrizione maggiore EFFETTO – diversità per tre bande complessive – rispetto al ceppo indice, creazione di un profilo con una banda in più EFFETTO – diversità per tre bande complessive – rispetto al ceppo indice, creazione di un profilo con una banda in meno E.C. 2004 Eventi genetici in grado di modificare un fingerprint in PFGE INSERZIONE DI UN FRAMMENTO DI DNA PRIVO DI SITI DI RESTRIZIONE – generazione di un frammento di restrizione maggiore – perdita di un frammento di restrizione minore PERDITA DI UN FRAMMENTO DI DNA PRIVO DI SITI DI RESTRIZIONE – generazione di un frammento di restrizione minore – perdita di un frammento di restrizione maggiore EFFETTO – diversità per due bande complessive – rispetto al ceppo indice, creazione di un profilo con lo stesso numero di bande E.C. 2004 Criteri di Tenover per PFGE CEPPI INDISTINGUIBILI RISPETTO AL CEPPO ORIGINE presentano lo stesso profilo (numero di bande, dimensioni) CEPPI STRETTAMENTE CORRELATI AL CEPPO ORIGINE ne differiscono per un unico evento genetico, che si traduce in 2-3 bande diverse come dimensioni. Esempio: ripetute subcolture! CEPPI VEROSIMILMENTE CORRELATI AL CEPPO ORIGINE ne differiscono per due diversi eventi genetici, che si traducono in 4-6 bande diverse come dimensioni. Esempio: ceppi raccolti in outbreak molto lunghi (tempo, numero di pazienti) CEPPI DIVERSI DAL CEPPO ORIGINE ne differiscono per tre o più diversi eventi genetici, che si traducono in >7 bande diverse come dimensioni. E.C. 2004 Ribotipizzazione e analisi dei dati Il principio della ribotipizzazione risiede nella conservazione dei geni per l’rRNA e nell’eterogeneità delle sequenze spaziatrici e delle sequenze laterali: gli enzimi di restrizione taglieranno il DNA in siti che possono variare a seconda delle differenze in queste sequenze, generando frammenti di diversa lunghezza, mentre utilizzando come sonda l’rRNA o il DNA, da cui originano, questo ibridizzerà sempre con le stesse sequenze di DNA altamente conservate. I criteri interpretativi per l’analisi dei risultati ottenuti con questa metodica sono stati analizzati e discussi da Grimont PAD et al., 2001 Grimont, P. A. D., and F. Grimont. 2001. rRNA gene restriction pattern determination (ribotyping) and computer interpretation, p. 107-133. In L. Dijkshoorn, K. J. Towner, and M. J. Struelens (ed.), New approaches for the generation and analysis of microbial typing data. Elsevier, Amsterdam. E.C. 2004 Ribotipizzazione e analisi dei dati Gli eventi genetici in grado di modificare un fingerprint ottenuto con tecnica di ribotipizzazione sono teoricamente gli stessi descritti per la PFGE, ma 1) l’elevata conservazione della regione genomica analizzata 2) la successiva ibridazione dei frammenti generati con una sonda a DNA “universale” che contiene l’operone rrnB dell’RNA ribosomale di E. coli sembrano suggerire che, con questa tecnica, variazioni di una singola banda possano essere sufficienti per definire come non correlati due ceppi microbici E.C. 2004 Metodiche basate sulla PCR RAPD: impiego di primers arbitrari (disegnati dall’operatore). ERIC-PCR (enterobacterial repetitive intergenic consensus sequences) REP-PCR (repetitive extragenic palindromic sequences) IS-PCR (insertional sequence) AFLP (amplified fragment lenght polymorphism EC 2000 E.C. 2004 Metodiche basate sulla PCR e analisi dei dati Non esistono linee guida assolute relativamente all’interpretazione dei dati ottenuti con queste differenti metodiche: c’è consenso sul ritenere che, utilizzando queste metodiche variazioni di tre o più bande possano essere sufficienti per definire come non correlati due ceppi microbici Renders N et al., 1996. JCM 34:3190-5 Speijer H et al., 1999. JCM 37:3654-61 E.C. 2004 Verso l’epidemiologia “globale”? Uno degli obiettivi più ambiziosi e forse il maggiore successo registrato nell’ambito dell’epidemiologia molecolare è stato il continuo tentativo di standardizzare le metodiche, al fine di ottenere risultati che fossero universalmente interpretabili al di là della variabilità intrinseca alle metodiche utilizzate. A tal fine hanno avuto grande importanza programmi di sorveglianza multicentrici, in genere relativi a microrganismi multiresistenti (MRSA, VRE, Acinetobacter baumannii, Legionella pneumophila, Klebsiella pneumoniae ESBL+. E.C. 2004 Working group e banche dati La creazione di differenti gruppi di lavoro multicentrici ha permesso da un lato la standardizzazione delle tecniche, dall’altro la creazione di banche dati genomiche contenenti i profili di particolari microrganismi. Tali banche dati sono pubbliche, facilmente accessibili tramite internet e potranno costituire, in prospettiva futura, le fondamenta per quella “epidemiologia molecolare globale” che permetterà di valutare la circolazione dei principali cloni microbici, traducendosi in miglioramento delle conoscenze e delle misure di prevenzione. E.C. 2004 http://www.cdc.gov/pulsenet http://www.ewi.med.uu.nl/gene Proposal enzymes of the GENE Project E.C. 2004 http://bioinformatics.phls.org.uk/ewgli http://mLst.zoo.ox.ac.uk L’errore da non commettere • Solo la corretta integrazione fra evidenza epidemiologica e dato laboratoristico può fornire risultati validi per il controllo di outbreak di infezioni nosocomiali. • Una stringenza clinico-epidemiologica può avere maggior valore di un profilo anonimo. L’isolamento di due microrganismi inusuali da due pazienti in letti contigui, con profili genomici differenti, deve far sospettare in prima istanza un errore nella tecnica, piuttosto che una reale non clonalità. • L’universo dell’epidemiologia molecolare rischia di essere un “universo parallelo” dal quale è difficile desumere informazioni esaustive di per sé. Solo uscendo dalla nostra stanza per vedere come è strutturato un reparto ove si è verificato un focolaio di infezione nosocomiale, potremo realmente validare i nostri risultati di tipizzazione microbica. E.C. 2004