• Noi alunni delle classi 1A e 1C siamo andati a visitare la miniera di
ittiolo accompagnati dalle docenti Grazia Cannoniero,Saveria
Palermo, Marilena Lo Re e scortati dalla protezione civile. Il comune
ha messo a disposizione un pulmino che alle ore 9:00 circa è
arrivato presso la scuola per portarci a destinazione. Dopo circa 20
minuti siamo giunti nei pressi di un piccola piazzola dove abbiamo
incontrato ragazzi e ragazze della protezione civile che ci hanno
condotto attraverso stradine rocciose ed in salita nei luoghi dove
veniva estratto e poi lavorato l’ittiolo. Arrivati al rifugio chiamato
anche museo a gruppi siamo entrati per apprendere e visionare
informazioni su Maria Bakunin e Oronzio Gabriele Costa nonché
immagini di fossili,di minerali e vecchie fotografie su come veniva
distillato l’ittiolo. La visita è stata interessante perché abbiamo
potuto avere notizie dell’ambiente boschivo, della particolarità di
alcuni alberi e fiori. Il signor De Mattia,che ci faceva da guida ci ha
dato delle informazioni a noi sconosciute sulla stradina che stavamo
percorrendo,infatti essa parte dai pressi della piazza Annunziata e
costeggia il Rio Secco ed era la vecchia strada che percorrevano i
lavoratori della miniera.
Quella stessa strada fu transitata dai tedeschi
inseguiti dagli americani durante lo sbarco a
Salerno nella seconda guerra mondiale. Oltre le
informazioni riferiteci abbiamo potuto anche
godere della bellezza del panorama sottostante
che arrivava fino a Pontecagnano e addirittura si
vede il mare. La strada del ritorno dalla miniera
è stata a volte pericolosa perché si scivolava e
noi alunni dovevamo fare molta attenzione a non
cadere. Comunque abbiamo imparato cose
interessanti e ci siamo anche divertiti.
1. Presentazione (Santoro)
2. Rassegne fotografiche (Delli Gatti, De
Cristofaro, Montani, Rinaldi, Ferro)
3. I Monti Picentini (Vassallo P.)
4. La storia della miniera (Di Vece F.)
5. Maria Bakunin (De Vivo)
6. L’ittiolo (Di Napoli, Lambiasi, Verace, Troisi)
7. L’altoforno (Morra, Ragno, Di Vece G, De
Rosa)
8. La teleferica (Cassiano)
I MONTI PICENTINI SONO UN
GRUPPO MONTUOSO
DELL’ APPENNINO CAMPANO.
SPOSTATI VERSO IL TIRRENO, SI
TROVANO TRA I MONTI LATTARI
IL MONTE PARTENIO, L’ ALTOPIANO
IRPINO E LA VALLE DEL FIUME
SELE.
LE VETTE PIU’ ELEVATE SONO:
• IL MONTE CERVIALTO E IL MONTE
POLVERACCHIO NELLA PARTE
ORIENTALE
• IL MONTE TERMINIO NELLA PARTE
OCCIDENTALE
UNA DEPRESSIONE CENTRALE, CHE METTE
IN COMUNICAZONE LA VALLE DEL FIUME
CALORE IRPINO E QUELLA DEL FIUME
TUSCIANO, DIVIDE IL GRUPPO IN DUE
SETTORI GEOLOGICAMENTE E
MORFOLOGICAMENTE DIFFERENTI.
SUL LATO OCCIDENTALE IL GRUPPO E’
MONTUOSO, COSTITUITO DA DOLOMIE,
E SI PRESENTA ALQUANTO SMEMBRATO.
LA PARTE ORIENTALE E’ COMPOSTA IN
GENERE DA CALCARI ED ASSUME UNA
FORMA COMPATTA.
IL GRUPPO MONTUOSO E’ RICCO DI ACQUE,
ALIMENTATO DA PRECIPITAZIONI E DAL
FENOMENO CARSICO. ALCUNI FIUMI CHE
NASCONO DALLE MONTAGNE SI DIRIGONO NEL
TIRRENO, COME AFFLUENTI O PER CONTO
PROPRIO. NELLA REGIONE CI SONO MOLTE
PRECIPITAZIONI. LA NEVE E’ PRESENTE IN
INVERNO SU AREE AL DI SOPRA DEI 1000m. LA
VEGETAZIONE E’ CARATTERIZZATA DA BOSCO
CEDUO MISTO ALTERNATO A CASTAGNETI.
I resti della miniera d’Ittiolo a Giffoni Valle
Piana si trovano ai piedi del monte Pettine, a
metà strada tra Giffoni e Serino, lungo la
strada provinciale Curti / Serino . La miniera
rappresenta una testimonianza emozionante
di storie vissute nel passato.
La sua storia è avvincente come un romanzo,
ricca di ricordi dai colori un po’ sbiaditi.
Il suo passato millenario è scritto nei suoi
monti, nei suoi fiumi, nelle sue rocce e nei
resti fossili.
Della miniera d’ittiolo si parla per la prima
volta nel 1924 sul “Piccolo corriere di
Salerno”, ma già nel 1870 il celebre
scienziato Oronzio Gabriele Costa aveva
dato inizio ai suoi studi su queste montagne.
Lo studioso constatò che in ere passate, a
causa di un cataclisma, c’era stato un tratto
di mare in cui i pesci si erano fossilizzati
insieme al limo marino.
Catastrofici cataclismi insieme a profonde
trasformazioni della materia diedero vita agli
Scisti Bituminosi ossia delle rocce
metamorfiche impregnate da prodotti fossili.
Da questi fossili si ricava l’ittiolo, che nel
passato era usato anche come un prodotto
medicinale da mettere sulle ferite.
Con il termine ittiolo si indica un sale di
ammonio solfato, ottenuto per distillazione
secca di uno scisto, contenente appunto
residui di pesce e animale marini fossilizzati.
La miniera fu aperta per volere di 2 giffonesi,
Alfonso D’Angelo e Gaetano Visconti, sotto
la direzione della dottoressa BAKUNIN ed
ebbe un notevole sviluppo sotto la direzione
del prof. Giordano, scienziato di grande
capacità.
La miniera andò in disuso dal 1945 in poi,
quando la scoperta del mercurio cromo
determinò il crollo verticale della domanda di
ittiolo e ne decretò la chiusura definitiva.
Gli ultimi ad utilizzarla sono stati i soldati
tedeschi per curarsi le ferite negli anni della
seconda guerra mondiale.
Maria Bakunin (Krasnojarsk, 2 febbraio 1873 – Napoli, 17
aprile 1960) è stata una chimica e biologa italiana, figlia
del rivoluzionario e filosofo Michail Bakunin.
Divenne, in età ancora giovanile, "preparatore" nei
laboratori dell'Università Federico II di Napoli ottenendo
nel 1895 la laurea in chimica con una tesi sulla
stereochimica. Presso la medesima università ricevette la
cattedra di chimica ed il titolo di professore emerito.
Si dedicò alla creazione della mappa geologica d’Italia: i
suoi studi si rivolsero in particolare alle rocce
metamorfiche impregnate di ittiolo, tipiche, fra l'altro,
delle montagne dei Picentini nell’area salernitana
La vera storia della miniera inizia con Maria Bakunin, per gli amici
Marussia, che tra il 1909 e il 1910 studiò gli scisti bituminosi,
rocce metaforiche che sono impregnate da prodotti originati dal
petrolio ma in particolare la rocce metamorfiche impregnate di
ittiolo che caratterizzano le montagne dei Picentini. Già nell’800
era stata avviata l’estrazione dì ittiolo cioè un olio chiamato
Tursenol che, lavorato, forniva una sostanza medicamentosa.
Maria Bakunin lavorò per molti anni presso il Comune di Giffoni
Valle Piana, come dimostrano le sue pubblicazioni e un documento
risalente agli anni Trenta del secolo scorso.
Essa avviò lo sfruttamento dei giacimenti e fornì
al Comune molte consulenze,invano: a Giffoni sono
ricordati gli studiosi che vi partecipavano, tranne
Lei, almeno fino ad ora.
In seguito lo sfruttamento di tali oli dovette
risultare troppo costoso rispetto ai benefici
ottenuti e per questo la miniera di ittiolo, dopo
alcuni anni, fu chiusa e ancora oggi, resta
abbandonata. Nel 1912 Marussia diventò
professore titolare della Cattedra di Chimica
tecnologica Organica.
Maria Bakunin, figlia del filosofo russo Michail
Bakunin,soggiornò a Giffoni Valle Piana insieme al
professore Francesco Giordano si dedicò alla definizione
della mappa geologica d’Italia, studiando e in particolare le
rocce metamorfiche impregnate d’ittiolo, che si trova anche
sui monti Picentini. Maria Bakunin eseguì l’estrazioni d’ittiolo
e approfondì la sua preparazione chimica ( la pietra nera).
^^^^ Nel 1906 due genius incoraggiati dalla Bakunin, a
temperature molto alte gli scisti bituminosi ricchi di resti di
pesci. Esso viene utilizzato per curare piccole infezioni come
l’ ascessi, la foruncolosi e molto altro. L’ ittiolo è molto
denso,marrone e puzzolente. L’ittiolo fu usato nella seconda
guerra mondiale per curare i soldati feriti.
A cosa serve:
• L'ittiolo o ictammolo o ammonio solfoittiolato è un unguento di
origine naturale utile per medicare piccole infezioni cutanee:
foruncolosi (acne), ascessi e ulcerazioni superficiali della cute e
delle mucose. È’ un fluido viscoso di colore nero-bruno, di odore
pungente e caratteristico. Ha un'azione debolmente antisettica,
antiflogistica, antiirritante e batteriostatica. Il principio attivo è
l'ammonio solfoittiolato. Viene venduto come unguento in tubo da
30g, in concentrazioni del 10% o 20%, come farmaco da banco,
senza presentazione di ricetta medica.
La sua azione dermatologica venne scoperta dal medico tedesco Paul
Gerson Unna.
In otologia, una mistura di glicerina ed ictammolo è stata usata per
generazioni per il trattamento topico delle infezioni dell'orecchio. È’
efficace contro i germi gram-positivi. È ben tollerato e non si hanno
indicazioni di effetti cancerogeni o mutageni.
Viene utilizzato anche nel campo cosmetico:
Viene impiegato anche in cosmetica. La denominazione INCI per
PSSO è Sodium Shale Oil Sulfonate. Si tratta della nomenclatura
comune impiegata per indicare gli ingredienti sulla confezione dei
cosmetici. L’abbreviazione "INCI" sta per International
nomenclature cosmetic ingredient (ingrediente cosmetico secondo
la nomenclatura internazionale). Essa fa riferimento a una nuova
terminologia sviluppata dalla COLIPA per tener conto della
necessità di un’impostazione veramente internazionale.
Giova rilevare che l’articolo 5 bis della direttiva sui prodotti
cosmetici fa riferimento alla CTFA, che è stata sostituita dall’INCI in
quanto designazione corretta della nomenclatura. Una
denominazione INCI può coprire diverse entità chimiche.
Numero EINECS o ELINCS 215-671-7. Si tratta di un riferimento al
codice numerico stabilito dall’inventario europeo delle sostanze
chimiche esistenti in commercio (European inventory of existing
commercial chemical substances — EINECS) per le sostanze
chimiche già note, ovvero dalla lista europea delle sostanze
chimiche notificate (European list of notified chemical substances
— ELINCS) per le sostanze chimiche nuove.
• Lo Ictammolo viene prodotto a partire da depositi di scisti
bituminosi ad alto contenuto di resti fossili di rettili marini
e pesci, detti anche ittioliti, da cui il nome. Un esempio
sono i depositi del Monte San Giorgio e di Besano Il
minerale bituminoso viene dapprima distillato a secco. Il
prodotto di distillazione viene quindi trattato tramite
solfonazione e ammoniazione. La consistenza untuosa
nerastra, l'odore pungente di gomma bruciata e la
colorazione nerofumo (pericolosa per i vestiti) sono
dovuti proprio alla derivazione dal catrame, e al
trattamento con zolfo.
Nel 1906 due “genius loci” Gaetano Visconti
e Alfonso D’Angelo, incoraggiati dalla
Bakunin, accarezzarono l’idea di
sfruttare la miniera ed ottennero i
primi permessi dal comune di Giffoni per
analizzare il minerale.
Fu costituita a Napoli il 9 novembre del
1912 la società Visconti-D’Angelo& C. che
affidò’ all’ing. Ettore Lanzinger la
costruzione di un forno, di forma
cilindrica, capace di contenere 3 quintali
di scisti bituminosi letteralmente
arrostiti ad una temperatura
variabile tra i 100° e 255c, con
riscaldamento a legna.
Costruito dalla società Bamag di
Stettino, il forno entrò’ quasi subito in
funzione con ottime distillazioni.
Dai limbicchi fuoriusciva il primo olio,
raccolto in apposite vasche, mentre i gas
oleosi si distillarono per “ascensum”,
ovvero il prodotto volatile usciva
dalla parte superiore
le analisi chimiche relative alla distillazione dell’ittiolo
furono eseguite dapprima dalla Bakunin e in seguito
dall’Ing. Paolo Chomè, già direttore degli altiforni
dell’Ilva. La miniera, che iniziò la produzione all’inizio
del 900, fece largo uso del lavoro femminile e minorile
quasi tutto proveniente dalle vicine frazioni di Curti e
Curticelle.
Si lavora quasi tutto l’anno, di giorno e di notte. Si
scavava con pali di ferro e piccozze, si frantumavano
gli scisti, che si presentavano stratificati e che
venivano trasportati agevolmente a valle sui carrelli di
una teleferica (qualche pezzo arrugginito è ancora
visibile), e si procedeva alla distillazione sul posto .
• La teleferica era un impianto a fune per il
trasporto esclusivo di merci, solitamente
privato.
• Si tratta in pratica di funivie aeree utili a
superare zone montuose,corsi d’acqua per
trasportare metalli,legna e altri tipi di
materiali.
• La struttura della teleferica poteva avere
funi molto possenti che trasportavano
diversi materiali.
• Questo tipo di teleferica venne usata nella
prima guerra mondiale.
• Invece la teleferica a funi meno possenti
trasportava legna, diversi tipi di materiale.
• La teleferica oltre a essere un mezzo di
trasporto era usato anche nella prima
guerra mondiale per trasportare cibo,
medicine ai feriti e ai affamati.
• La teleferica monofune è diversa dalla
teleferica normale: le sue funi potevano
essere più gracili e servivano per
trasportare pietre rare che si trovavano in
montagna.
• La teleferica bifune veniva chiamata
traente e portante: “traente” per la trazione
e “portante” per il sostegno.
• La teleferica venne usata come trasporto a
fune nelle centrali idroelettriche.
• La fune traente era detta a
“gravità”quando era aperta e a
“semianello” quando era chiusa.
• La teleferica trifune è molto simile alla
teleferica bifune per il sistema che usa.
• Essa era detta a “semianello a zavorra”.
Scarica

Document