La Natura Morta di Giovanni Fabio FRUTTA FIORI STRUMENTI MUSICALI Natura Morta è il termine utilizzato per indicare le rappresentazioni di forme ed oggetti inanimati; i temi principali di queste rappresentazioni sono composizioni di fiori recisi, frutta, verdura, selvaggina morta, vasi, libri e strumenti musicali. I primi cenni di natura morta vengono riscontrati in alcuni affreschi del periodo romano, dove troviamo le prime composizioni di oggetti inanimati. La natura morta è una corrente artistica appartenente al sedicesimo secolo. I principali esponenti di questo movimento furono gli olandesi, fortemente attratti dal gusto della descrizione miniaturistica, molto coerente con la natura morta. Ma è di un pittore italiano, Caravaggio, quello che pùò forse ritenersi il massimo esempio di questo genere di pittura. Frutta Caravaggio “Canestro di frutta” Cèzanne “Cesto di mele” Arcimboldi “Vertumno” De Pisis “Natura morta con ananas” La frutta è sicuramente una tra i soggetti principali delle nature morte, durante l'intera storia dell'arte. Le nature morte, però, all'interno della tradizione artistica italiana, non sono un soggetto molto frequente. L'Italia, patria dell'Umanesimo e sede del papato, è più legata alla figurazione umana, ai temi sacri e a quelli storicofilosofici. L'arte nordica è invece molto attenta alla rappresentazione analitica del reale e quindi tratta con attenzione il genere della natura morta. La prima natura morta con frutta, e forse la più famosa della storia dell'arte italiana, è probabilmente rappresentata dal “Canestro di frutta” di Caravaggio. Caravaggio Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, è il più grande pittore italiano del '600 e uno dei maggiori di tutti i tempi. Vissuto a cavallo dei due secoli, diventa erede della tradizione del '500 ma, al tempo stesso, apre una nuova via. Caravaggio affronta questo nuovo percorso ponendosi di fronte al problema esistenziale dell'uomo senza mezzi termini, al suo dramma nella ricerca della verità, ormai lontano da una serena e armoniosa visione rinascimentale. La verità nelle cose stesse, la rappresentazione della realtà è dunque il fondamento della pittura caravaggesca, una realtà che appare agli occhi della società contemporanea talmente sconvolgente da sembrare brutale volgarità. Ciò non significa che l'artista rappresenti in modo indifferente le cose, senza operare una scelta fra di esse, lasciando l'interpretazione agli spettatori, non significa la consueta "imitazione della natura". Al contrario, Caravaggio "vede" la realtà, ce ne presenta il significato ed emette giudizi morali su di essa per mezzo della luce, enucleando un oggetto, una persona o un particolare da un altro e lasciando nell'ombra il resto. Tema principale della sua cultura è quindi la realtà drammatica in cui vive l'uomo, espressa attraverso un linguaggio coerente di cui luce e ombra sono protagonisti. Canestro di frutta Intorno al 1591-92 il giovane pittore scende a Roma ed è proprio qui che svolge gran parte della sua attività. Lavora presso il Cavalier d'Arpino che lo spinge a dipingere nature morte che saranno fondamentali in tutta la sua pittura. La natura morta, infatti, non è un soggetto "nobile" che possa essere interpretato, come un tema religioso, secondo canoni consolidati dall'uso secolare, non è una "storia" da narrare per insegnare al popolo un qualsiasi concetto; la "natura morta" è solo se stessa, in tutta la sua "presenza" di oggetto e quindi meno adatta significati nascosti, più adatta invece ad esprimere il mondo interiore dell'artista, fatta soltanto di colori, luci ed ombre. La natura morta aiuta poi il Caravaggio a capire la realtà di per sè, non quella abbellita secondo la norma classica, ma quella quotidiana nella quale vive l'uomo. Di questa attività compiuta per studio scolastico, nulla è arrivato a noi. Ma senza questi studi, molto probabilmente non esisterebbe il “Canestro di frutta”, pressoché unico esempio di natura morta autonoma del Caravaggio, dove l'elemento naturale diventa protagonista, rilevandosi contro il fondo chiaro compatto, vivendo plasticamente per i rapporti fra luci e ombre, per il brillio degli acini d'uva, per la rotondità lucente della mela, del limone e della pesca, per la rugosità dei fichi, per il distendersi o accartocciarsi delle foglie. Questa verità di riproduzione non è una banale copia: nella sua straordinaria evidenza, nell'equilibrio compositivo fra pieni e vuoti, nel rapporto reciproco dei colori, la canestra assume una vitalità intensissima e si colloca fra i capolavori della pittura caravaggesca. Paul Cézanne nasce nel 1839 ad Aix-en-Provence. Nel 1858 si iscrive a Giurisprudenza, ma si accorge di non aver attitudine per il diritto e di essere interessato all'arte. Per seguire la sua vocazione, nel 1861 si trasferisce a Parigi, dove frequenta l'Académie Suisse. Cerca, senza successo, di iscriversi all'École des BeauxArts. Incerto sul suo futuro, Cézanne alterna il suo tempo tra Aix e Parigi, dove frequenta numerosi artisti, tra cui Pissarro, Renoir, Monet, Sisley e Bazille. Pur non entrando a far parte del gruppo, espone ad alcune mostre degli impressionisti tra cui la prima del 1874, da Nadar. La sua partecipazione alla terza, quella del 1877, segna l'inizio del suo isolamento artistico. Sul finire degli anni '70 Cézanne appare sempre meno legato a Monet e agli impressionisti. Comincia a maturare un nuovo stile pittorico attento alla struttura dello spazio e ai volumi degli oggetti. Realizza nature morte, ritratti e paesaggi di Provenza. Il 1895 può essere considerato l'anno della riscossa. La mostra allestita da Vollard riscuote infatti un gran successo, soprattutto tra gli artisti d'avanguardia. Anche il collezionismo comincia a guardare con sempre maggiore interesse al suo lavoro. Sul finire del secolo Cézanne si può considerare ormai famoso e "arrivato". Espone al Salon des Indépendants e all'estero. Nel 1904 il Salon d'Automne gli dedica un'intera sala. Paul Cézanne muore ad Aix nel 1906. Nel 1907, a Parigi, viene allestita una grande retrospettiva. La mostra rivela al pubblico la sua enorme statura. La visione delle sue ultime tele ha un impatto enorme su molti giovani artisti. In questo modo spalanca la strada a gran parte della ricerca artistica del '900. Cèzanne Cesto di mele "Avevo deciso di lavorare in silenzio fino al giorno in cui sarei stato capace di sostenere teoricamente i miei tentativi" (da una lettera del 1889). Con questa affermazione Cézanne intende dichiarare che la teoria razionale alla base delle sue opere doveva dedursi dalle opere stesse. Osservando il quadro si è indotti a pensare che la composizione dell'immagine sia stata costruita prima dall'artista con la realtà stessa. Il cesto con la frutta poggia su di un blocco squadrato, forse un mattone; i biscotti, che sono sovrapposti a due a due e incrociati, stanno in un piatto appoggiato su di un libro; la tovaglia sembra predisposta ad accogliere le mele tra le sue pieghe; il tutto è disposto sul piano di un tavolo che "inquadra" il gruppo di oggetti. La bottiglia costituisce l'asse centrale della composizione. Gli altri elementi non creano simmetria, ma il quadro nel suo complesso risulta bilanciato dalle diagonali generate da essi. Dal punto di vista cromatico l'equilibrio è stabilito essenzialmente dal colore più intenso nelle cose piccole, più spento sugli oggetti grandi. Inoltre ogni colore è sempre specifico rispetto ad un oggetto: così ogni mela ha il proprio colore. Il quadro stupisce per la sua "solidità" costruttiva: ogni forma ha un suo rilievo quasi tattile. Attraverso l'osservazione del dipinto, trova ampio riscontro l'affermazione del pittore che la geometria è alla base di qualsiasi elaborazione grafico-pittorica. De Pisis Natura morta con ananas Filippo De Pisis nacque a Ferrara nel 1896. L'artista subì nella giovinezza l'influenza di un ambiente culturale vivacissimo dominato da personalità come De Chirico, Carrà, Morandi. Si accostò al Futurismo dopo aver conosciuto Soffici e Govoni. Partito dalla tecnica del collage, sfruttata con volontà lirica, colse del Futurismo soprattutto il valore del ritmo pittorico. A Roma conobbe A. Spadini con il quale collaborò alla redazione delle riviste "La ronda" e "Valori Plastici". Si accostò per gli studi delle nature morte al '600 napoletano. Nel 1923 ad Assisi, insegnante di latino, approfondì la sua ricerca di misura e di sintesi. Nel 1925 si stabilì a Milano dove restò fino al 1943 per poi trasferirsi a Venezia; qui lavorò molto intensamente, fino a quando una grave malattia lo costrinse a ritirarsi in una casa di cura, dove dipinse ancora saltuariamente. Le ultime opere presentano esili tratti di colore su una tela per larga parte bianca. Morì a Milano nel 1956. Un ananas svetta nel dipinto, alto, piumato, imponente, anche se sullo sfondo. Adagiata bassa, in primo piano, altra frutta, in molte varietà scelte in sapiente accordo cromatico, tra cui uva e mele tagliate a metà. Tutti i frutti non su un tavolo, in un interno, ma "en plein air" : i colori dello sfondo richiamano quelli del cielo e del mare. All'orizzonte la sagoma leggera, appena accennata, di un veliero (De Pisis elaborò altre nature morte con elementi marini, in particolare le conchiglie). Il cromatismo vibrante di luce sembra richiamare alla formazione del pittore, che conobbe in Francia nel 1925 gli eredi di Impressionisti e Fauves. La composizione appare particolarmente poetica, isolando in un contesto aperto, infinito, elementi tradizionali di natura morta (tranne l'esotico ananas), colti talora come in trasparenza. Arcimboldi Giuseppe Arcimboldi nacque a Napoli nel 1527. Iniziò la sua carriera artistica realizzando cartoni narranti le storie di Caterina da Alessandria presso il Duomo di Milano. Grande importanza assunse per lui anche la sua presenza come pittore prediletto, prima dell'imperatore Massimiliano e successivamente di Rodolfo II, presso la corte di Praga. I suoi principali soggetti furono figure allegoriche e caricature, nelle quali raffigurava sembianze umane utilizzando composizioni di fiori o frutta. Eli morì relativamente giovane nel 1593 a Milano. Durante il '900 le sue opere furono viste come una anticipazione di alcuni aspetti del Surrealismo, riscuotendo così particolare fortuna. L'arte italiana, dopo aver fatto scuola in tutta Europa, appare disposta, sulla fine del 1500, ad accogliere suggerimenti artistici che vengono dal Nord. Acimboldi raccoglie questi suggerimenti e produce i così detti "Capricci". Per "Capriccio" si intende l'allegorismo spinto fino all'impossibilità di recuperare il significato dell'immagine, l'imitazione di motivi fuori dalla teorizzazione corrente dell'antico, l'applicazione spinta fino all'assurdo delle regole prospettiche e proporzionali. Natura morta con ananas La composizione segue la canonica impostazione del ritratto a mezzo busto. La struttura centrale è simmetricamente bilanciata dal disporsi regolare ed armonioso degli ortaggi, che costruiscono strutturalmente la figura. La composizione non risulta tuttavia rigida, grazie all'andamento morbido e semicircolare della ghirlanda di fiori che attraversa il busto (zucca), ed alla disposizione sfuggente delle spighe accompagnate dall'uva. Elemento fondamentale per il risultato armonioso del ritratto è il colore. Il colore è il protagonista del dipinto e ripropone il reale dato cromatico della frutta. Il rosso vivo delle mele che corrispondono alle gote, fa risultare la zona la più brillante dell'intera composizione; inoltre il colore rosso suggerisce un aspetto meno nobile ma sicuramente presente nel carattere di Rodolfo II, quello dell'amore verso il vino tipico degli uomini nordici (era di Praga), seppure sempre in armonia con un comportamento fiero e incorruttibile; Rodolfo II infatti viveva in castello alquanto austero, dal rigido cerimoniale di corte, ed era circondato da artisti. La zona delle spalle e del petto presenta colori tenui basati sul rapporto tra grigio e marrone; inoltre questa parte della tela risulta momento di passaggio e di riposo tra i due estremi coloristici del ritratto. Gli ortaggi che costituiscono il torace sono frutto della terra, al contrario delle mele, delle pere, dei melograni e delle ciliegie che definiscono il viso. La valenza coloristica e la luminosità del quadro risultano accentuate dalla presenza del fondo scuro. Fiori Van Gogh “Natura morta con girasoli” Giovanni da Udine “Vaso con fiori” Van Gogh “Natura morta con iris” Matisse “Fiori in vaso” Il fiore è sempre stato presente nella vita dell'uomo, poiché esso rappresenta un elemento naturale capace di nascere e sbocciare in qualunque luogo, anche senza il suo intervento. Tale elemento è stato e sempre sarà capace di attirare l'interesse di occhi scrutatori che vi vedono raccolte parti organizzate in modo armonioso e capaci di realizzare una struttura così ben composta da sembrare indistruttibile. Nel fiore si sono viste spesso espressioni allegoriche, più o meno legate a valori religiosi, come il giglio, simbolo di purezza cristiana. Nel mondo poetico, fin dall'età classica, poi nel Medioevo, nella cultura rinascimentale e barocca, molte sono le metafore relative ai fiori. La più semplice è quella che accomuna il carattere effimero del fiore reciso alla bellezza della donna, destinata a spegnersi nel tempo. Quindi il fiore, che veniva anche usato come ornamento dell'abito o dei capelli, allude al carattere transitorio di ciò che è bello, colorato, appariscente. Paradossalmente esso può essere accomunato alla simbologia del teschio: ciò che quest'ultimo comunica direttamente, il fiore lo allude indirettamente. Nella pittura non si hanno, in opere del passato, rappresentazioni di fiori come soggetto predominante; il fiore è considerabile motivo di secondario interesse. Tuttavia, quando il tema religioso cessò di essere esclusivo nella pittura, il fiore entrò a buon diritto in moltissimi quadri e venne nel tempo acquisendo sempre una maggiore autonomia nell'ambito del genere natura morta. Van Gogh Vincent Van Gogh nacque il 30 marzo del 1853. Intorno al 1880 si iscrisse all'Accademia di Belle Arti di Bruxelles, iniziando a rappresentare Dio attraverso la pittura. Van Gogh compì anche molti studi sul disegno, per perfezionarsi maggiormente e per riuscire a dipingere, rispettando la realtà il più possibile, le sue prime tele, raffiguranti il lavoro dei contadini. In seguito, i principali soggetti delle sue opere furono rappresentati da tessitori di telaio, mangiatori di patate, lavoratori di miniera, e qualunque altra espressione di vita quotidiana. Vincent si trasferì a Parigi dove conobbe l'arte degli Impressionisti, di Seurat e di Gauguin, con i quali condivise per qualche tempo sia vita che lavoro. La sua arte, totalmente libera da qualsiasi accademismo ma anche da un naturalismo troppo facile ed immediato, esce da tutti gli schemi precedenti. L'oggetto della sua ricerca, che realizza con colori intensi, in cui prevalgono i gialli e gli azzurri, sono "non la mano, ma il gesto; non una testa matematicamente esatta, ma il profondo della sua espressione". Egli spreme molto spesso direttamente dal tubetto il colore sul quadro, rimodellandolo poi con il pennello. Picchia sulla tela colpi irregolari, che lasciano segni di spessore e forma diversi: tratti, virgole, guizzi di colore che si accavallano vorticosi nelle nubi del cielo.Nonostante stesse vivendo l'inizio di quello che in futuro sarebbe stato un grande successo, egli era soggetto a sempre più numerose crisi nervose che pian piano lo portarono sull'orlo di una profonda pazzia, esplosa definitivamente il 29 luglio del 1890, quando estrasse la pistola e si sparò un colpo al petto. Natura morta con girasoli I girasoli sono divenuti il simbolo della pittura di Van Gogh. Dopo un periodo particolarmente tragico della sua vita, culminato con un ricovero in ospedale, l'artista riprese subito l'attività e, il 7 gennaio 1889, scrisse al fratello Theo: "Domani mi rimetto al lavoro, comincerò a fare una o due nature morte per ritrovare l'abitudine a dipingere". Nascono così i celebri girasoli, in più versioni: sono fiori ormai appassiti, ma emanano ugualmente una luce dorata e sorprendente, generata da piccoli tocchi di giallo acceso. Giovanni da Udine Giovanni Ricamatore, detto Giovanni Nani, noto come Giovanni da Udine, nacque il 27 ottobre 1487. Si formò presso Giovanni Martino da Udine, poi a Venezia, presso Giorgione. Verso il 1514 entrò a Roma nella bottega di Raffaello di cui divenne fedele collaboratore. Questi gli affidò l'esecuzione degli strumenti musicali nella 'Santa Cecilia' [1515, Pinacoteca Nazionale, Bologna] mentre è di particolare importanza la collaborazione ad alcune delle maggiori imprese raffaellesche, dal cartone per l'arazzo con la 'Pesca Miracolosa' alla Loggia di Psiche alla Farnesina, [1517-18] alle Logge Vaticane [concluse nel 1519] dove introdusse la sua grottesca imitata dalla Domus Aurea. Operò anche a Villa Madama, [1520-25] in Vaticano nella Sala dei Pontefici [1523-27] e in Castel S.Angelo. Dopo il sacco di Roma (1527), alterna soggiorni a Udine e nella capitale e dal 1534 lavorò in Friuli come architetto e come decoratore per i castelli di Spilimbergo e di Colleredo. Nel 1539-40 decora a Venezia il Palazzo Grinani, poi di nuovo a Roma lavora nelle Logge del terzo piano dei Palazzi Vaticani. Il suo stile è imitato dall'antico, ma gli elementi naturalistici che utilizza con gran ricchezza ornamentale gli conferiscono una vivacità di accenti e un fare del tutto nuovo. Fu così tra i grandi inventori della decorazione rinascimentale, che, grazie alla sua arte sia nelle parti pittoriche sia negli stucchi, seppe entrare nel vivo delle grandi creazioni architettoniche. Muore a Roma nel luglio 1561 e probabilmente viene sepolto nel Pantheon. Vaso con fiori Il quadro, dipinto da Giovanni da Udine, si fa risalire intorno al 1555, periodo in cui il pittore svolgeva i suoi lavori nel castello di Spilimbergo. Queste informazioni sarebbero deducibili dalla presenza dello stemma che il pittore ha voluto raffigurare sul vaso. Giovanni da Udine nella sua carriera pittorica fu fortemente influenzato dalla corrente fiamminga; questo quadro ne è una prova: i fiori sono riprodotti in modo perfetto grazie ad una attenta osservazione della realtà e all'utilizzo di colori vivaci che danno chiarezza ai contorni e definizione alle forme. Anche la raffigurazione del vaso, di per sé un elemento secondario, viene fatta con accuratezza, rispecchiando ogni minimo particolare. La composizione del mazzo si rivela attenta a definire una struttura ordinata e simmetrica. Colpisce il bagliore dei colori in contrasto con il fondo nero. Vincent Van Gogh nacque il 30 marzo del 1853. Intorno al 1880 si iscrisse all'Accademia di Belle Arti di Bruxelles, iniziando a rappresentare Dio attraverso la pittura. Van Gogh compì anche molti studi sul disegno, per perfezionarsi maggiormente e per riuscire a dipingere, rispettando la realtà il più possibile, le sue prime tele, raffiguranti il lavoro dei contadini. In seguito, i principali soggetti delle sue opere furono rappresentati da tessitori di telaio, mangiatori di patate, lavoratori di miniera, e qualunque altra espressione di vita quotidiana. Vincent si trasferì a Parigi dove conobbe l'arte degli Impressionisti, di Seurat e di Gauguin, con i quali condivise per qualche tempo sia vita che lavoro. La sua arte, totalmente libera da qualsiasi accademismo ma anche da un naturalismo troppo facile ed immediato, esce da tutti gli schemi precedenti. L'oggetto della sua ricerca, che realizza con colori intensi, in cui prevalgono i gialli e gli azzurri, sono "non la mano, ma il gesto; non una testa matematicamente esatta, ma il profondo della sua espressione". Egli spreme molto spesso direttamente dal tubetto il colore sul quadro, rimodellandolo poi con il pennello. Picchia sulla tela colpi irregolari, che lasciano segni di spessore e forma diversi: tratti, virgole, guizzi di colore che si accavallano vorticosi nelle nubi del cielo. Nonostante stesse vivendo l'inizio di quello che in futuro sarebbe stato un grande successo, egli era soggetto a sempre più numerose crisi nervose che pian piano lo portarono sull'orlo di una profonda pazzia, esplosa definitivamente il 29 luglio del 1890, quando estrasse la pistola e si sparò un colpo al petto. Van Gogh Natura morta con iris Nel maggio del 1890 Vincent nota, nel giardinetto della clinica in cui era ricoverato, il colore elegante dell'iris. Esegue così alcune tele che raffigurano questo soggetto che diventa simbolo di Arles e del suo mondo, ma acquista anche una sua dimensione autonoma, legata agli aspetti di decorativa eleganza che caratterizzano questo fiore. Insieme al girasole sembra essere l'elemento naturale prediletto dalla fragile sensibilità del pittore. Matisse Fiori in vaso Henri Matisse, pittore e scultore francese nato a CateauCambrésis nel 1869, si dedicò alla pittura solamente dopo aver abbandonato un impiego presso un avvocato. Matisse nelle sue prime opere pose particolare attenzione alla variazione della luce e dei colori. Di ritorno da un viaggio in Bretagna, compose una tavolozza di colori più chiari, segno che anche l'artista venne influenzato dalle idee impressionistiche. Per l'artista il colore, seguendo le idee del suo maestro, deve essere pensato, sognato e immaginato. Alla formazione della poetica matissiana concorsero le impressioni di Van Gogh, così come la conoscenza delle arti orientali della ceramica persiana oltre che dall'arte africana, intese come attraenti messaggi di indipendenza espressiva. Con l'inizio del XX secolo nei quadri del Matisse vi fu la completa eliminazione della tela di qualsiasi elemento che non fosse colore puro. Nel 1905 a Matisse e ad un gruppo di suoi amici venne dato l'appellativo Fauves. Essi esprimevano una nuova pittura con tecnica definita brutale, violenta e cromaticamente aggressiva. Verso il 1910, esaurita l'esperienza fauve, si avvicinò al movimento del Cubismo analitico. La stessa ripetizione di interni sempre uguali, con i vasi di fiori e le nature morte, suggerisce una consuetudine con il modello che va a tutto vantaggio dell'affinamento formale. Questo processo di affinamento venne completato con le opere degli ultimi anni. Matisse si occupò anche di decorazione teatrale e su ceramica. Mori a Cimiez nel 1954. Attraverso una pittura essenziale, impostata soprattutto sulla linea, sinuosa e quasi arabescante, e sui colori vivaci, Matisse sembra esprimere la gioia di vivere, l'ariosità e la limpidezza della natura a cui i fiori fanno riferimento. " Ecco le idee di allora: costruzione per mezzo di superfici colorate. Ricerca d'intensità nel colore, essendo la materia indifferente. Reazione contro la diffusione del tono locale nella luce. La luce non è soppressa ma essa si trova espressa da un accordo delle superfici colorate intensamente ". Così lo stesso autore, nel 1929, commentava le sue opere di inizio secolo, quando egli fu al centro delle tendenze fauviste. Più il colore è forte, più l'effetto è potente. Così i rossi, i blu, i gialli strutturano una tela in cui ombra,chiaroscuro, modellato, dettagli... tutti o quasi gli elementi della pittura tradizionale, sembrano essere superati. Strumenti Musicali Baschenis “Liuto, mandola, fogli…” Munari “Natura morta con strumenti” Picasso “Chitarra, spartito, bicchiere” Braque “Strumenti musicali” La storia della pittura e la storia degli strumenti musicali camminano insieme dall'antichità fino ai giorni nostri. Da sempre, infatti, la musica ha inspirato gli artisti che hanno lasciato reperti fin dai tempi più remoti. Si pensi all'arte mesopotamica (cofanetto di Ur), all'arte punica, famosa per le statuette dei suonatori di cetra, alle produzioni egizie, alle ceramiche greche, fino all'arte romana delle ville pompeiane. Gli strumenti diventano soggetti autonomi della natura morta in Europa nell’età della Controriforma e specialmente in Italia, Francia, Germania, Svizzera, Spagna, Scandinavia e in alcune città dell'Olanda. Il contenuto sacro che l'epoca propone ricompare in forme nuove attraverso "oggetti indicatori", come i liuti, che sembrano celare una morale allegorica e hanno un riferimento implicito alla tragicità della situazione umana nonché alla transitorietà dell'esistenza. Nella natura morta gli oggetti si trasformano quindi in metafore morali e religiose che hanno lo scopo di ammonire le persone, spingerle a pensare alla vita dopo la morte, così che la loro esistenza sia improntata agli ideali cristiani. Ma anche la pittura contemporanea si ispira alla musica, da Renoir, a Matisse, a Picasso, a Braque. Le elaborazioni degli artisti, tra '800 e '900, a differenza di quelle precedenti, non mirano più ad offrire una documentazione pittorica dello strumento. In esse è lo strumento stesso che propone all'artista forme e colori per la sua composizione. Baschenis Evaristo Baschenis, uno dei più insigni pittori bergamaschi del 600, nacque il 7 dicembre 1617 da Simone e Maddalena Francesca Volpi. La famiglia Baschenis ebbe una lunga tradizione in campo artistico tanto è vero che taluni suppongono che il collaboratore di Evaristo, firmante B.B., altri non sia che il fratello Bartolomeo. Baschenis prese gli ordini tra il 1640 e il 1643. La sua vita di sacerdote gli consentì di viaggiare e di esercitare la sua attività artistica con il massimo della libertà e della disponibilità di tempo, essendo egli tra l'altro in buone condizioni economiche. Baschenis si applicò quasi esclusivamente al genere della Natura morta, cucine e soprattutto strumenti musicali; questi ultimi sono gli unici attori della scena rappresentata, dal momento che Baschenis aboliva nelle sue opere la figura umana. L'interesse per gli strumenti musicali è dovuto al fatto che Evaristo era un musicista; inoltre è storicamente accertato che la pratica musicale, associata alla poesia, alla letteratura e alla storia, era allora diffusa nelle famiglie agiate bergamasche. Intorno agli anni '50, il pittore si legò d'amicizia con Jacques Courtois, detto il Borgognone delle battaglie, in soggiorno di lavoro nella città lombarda, con il quale intrattenne per lunghi anni rapporti epistolari e professionali. Egli eseguì copie delle sue opere, richiestissime dai collezionisti locali. Il lavoro più prestigioso e impegnativo di Baschenis fu quello realizzato per la biblioteca del monastero di San Giorgio Maggiore a Venezia. Importanti scoperte archivistiche, volte ad illuminare la sua vita e la sua attività artistica, sono il testamento olografo del pittore; l'inventario dei suoi beni e della sua collezione di dipinti; la nota della vendita di quanto conservato nella sua casa-bottega al momento della morte, sopraggiunta il 16 marzo 1677. Liuto, mandola, fogli… Questa opera rappresenta la variante autografata e firmata della versione più solenne della collezione Lodi. Secondo il critico Rosci il dipinto appartiene ad una fase più evoluta rispetto a quella denominata Barocca, in quanto il pittore realizza una più convincente logica costruttiva rispetto alle scenografie complesse e fastose degli anni '60. Tale argomentazione é suggerita dall'analisi della composizione, in cui gioca un attento utilizzo della luce, che non solo serve a mettere in chiaro le qualità della materia, dalla superficie vellutata della pesca, alla morbidezza brillante del damasco, ma scandisce anche la geometria della composizione. Si deve notare una caratteristica saliente nel dipinto: la polvere sulla pancia del liuto, messa ancora più in risalto dalle rotonde ditate su di essa presenti. Realismo? Allegoria? L'uno e l'altra. La lezione del Caravaggio induceva gli artisti a rappresentare la realtà degli oggetti; ma la polvere é anche espressione di quella vanitas, allegoria della caducità delle cose terrene, così che gli uomini erano spinti a pensare all'inesorabile scorrere del tempo, al lento decadere e al morire. Munari Cristoforo Munari pittore settentrionale vissuto a cavallo tra XVII e XVIII secolo, nacque a Reggio Lombardo nel 1667 e morì nel 1720. E' stato recentemente recuperato dalla critica e valorizzato in seguito ad una mostra organizzata a Parma presso il Palazzo della Pilotta nel 1964. Il pittore, che si distingue per nature morte di strumenti musicali, ma anche per rappresentazione di oggetti riferibili al tema 'cucine', risente dell'influenza diretta di Evaristo Baschenis e si collega ai pittori fiamminghi o fiammingheggianti, in particolare al Barentz. Natura morta con strumenti... In quest'opera l'artista ha unito un cornetto, un flauto diritto, un violino con il suo arco e il fondo ricurvo di un liuto, o comunque sia di un membro appartenente alla famiglia del mandolino. Il pittore ha indugiato sul fondo panciuto del liuto, mostrando in tal modo che la sua scelta nasce da un'esigenza prevalentemente decorativa. La luce definisce la composizione illuminando le tonalità calde degli strumenti e definendo il loro materiale: l'ebano del flauto, l'avorio del cornetto. Il nodo presente alla sommità degli strumenti sottolinea ulteriormente l'intento decorativo del dipinto. Manca un piano d'appoggio; per questo gli strumenti appaiono sospesi in una sorta di esaltante trofeo. Braque George Braque, nato ad Argenteuil sur Seine nel 1882, incomincia i suoi studi di pittura nel 1987 a Le Havre presso la scuola di Belle Arti. Tra il 1899 e il 1900 Braque completa il suo apprendistato a Parigi da un ex-impiegato del padre, Laberthe; nel 1902 frequenta l'Accademia Humbert e due anni dopo rinuncia agli studi accademici per incominciare a dipingere per conto proprio. Nel 1904 aderisce alla corrente del Fauvismo e nel 1906 espone dipinti fauves al "Salon des Indèpendants". Un anno prima di staccarsi dal Fauvismo conosce Picasso e Apollinaire e dipinge quadri che risentono l'influenza di Cézanne. Dal 1909 al 1912 lavora in stretto collegamento con Picasso; è il periodo del Cubismo analitico. Dopo aver participato alla Prima Guerra Mondiale, in cui viene gravemente ferito, torna a Parigi e nel 1917 pubblica Pensèes et Reflexions sur le peinture. Nel 1922 la sua pittura si evolve verso forme di un classicismo monumentale. Nel 1948 riceve il premio di pittura alla XXIV Biennale di Venezia. Nel 1952 decora il soffitto della sala Enrico II del Louvre. Muore a Parigi il 31 agosto del 1963. Strumenti musicali "La natura non è che un'ipotesi" - rispondeva Dufy, rappresentante del Fauvismo, a chi si meravigliava di fronte ai suoi quadri . Quello che volevano i Fauves, gruppo a cui Braque appartenne, era creare sensazioni emotive forti con l'aiuto delle forme ridotte all'essenziale. Tale esperienza, conclusasi nei primi anni del 1900, confluì poi per alcuni nel Cubismo, corrente secondo la quale, come sinteticamente espose Apollinaire "La geometria è per le arti figurative ciò che la grammatica è per l'arte dello scrivere". Nel dipinto di Braque Strumenti musicali l'obiettivo della rappresentazione documentaria sembra essere completamente caduto: appena si intravvedono le corde del mandolino; lo spartito è un foglio bianco con qualche generica traccia di scrittura; nemmeno la maggior cura riservata ai fiati può indurre a ricercare nell'opera un intento descrittivo. Vi prevale un'armonia di fondo, che dà unità al tutto. Le dimensioni degli oggetti nei rapporti tra loro, le loro forme, riferibili a elementi geometrici, l'organizzazione dello spazio, e soprattutto una piacevole armonia cromatica, in cui le tinte prevalenti, il verde intenso e luminoso del tappeto e l'ocra,in molte varianti, fino all'avorio dello spartito in piena luce, si armonizzano attraverso giustapposizioni ben modulate, evitando le brusche lacerazioni di altri pittori del tempo, come Matisse e Marquet. Picasso Chitarra, spartito, bicchiere Pablo Picasso nasce a Malaga nel 1881 e muore a Mougines nel 1973; figlio di un insegnante d'arte, Jos Ruiz Blasco e di Maria Picasso, rivela fin dall'infanzia una precoce attitudine all'arte. A sedici anni tiene la sua prima esposizione. Nel 1990 inizia nella sua pittura il periodo chiamato periodo blu, a causa dei colori della sua tavolozza. Nel 1904, dopo avervi fatto precedentemente dei viaggi, si trasferisce a Parigi. Nel 1906 incomincia a dipingere le 'Demoiselle D'Avignon' che segna la data di nascita del Cubismo. Nel 1920 ha inizio il periodo neoclassico, caratterizzato da nudi monumentali e da opere di stile cubista. Nel 1936 prende parte alla Guerra di Spagna combattendo con i repubblicani. Durante la Seconda Guerra Mondiale é a Parigi e si iscrive in questo periodo al Partito comunista. Nel 1946 si trasferisce nella Francia Meridionale con la madre dei suoi figli Claude e Paloma. Dopo il 1955 dipinge opere ispirate a Manet, Delacroix e Velasquez. Nel 1966 la Francia gli dedica una grande mostra al Grand Palais; due anni prima della morte riceve l'omaggio nazionale per i 90 anni. Come affronta Picasso il tema degli strumenti musicali? Il pittore ci offre molti esemplari di tale soggetto, riferibili quasi tutti agli anni compresi tra il 1912 e il 1913, caratterizzati da una notevole ricerca di sperimentalismo tecnico, volta a rompere in modo deciso con la tradizione e fornire nuove proposte, in grado non solo di stupire pubblico e critici, ma di aprire strade non ancora segnate. Questa pittura di avanguardia ha come elemento unificatore la tecnica del collage, che accosta materiali diversi, carta e giornali; il tratto pittorico è dato dal carboncino, dal gesso, dall'inchiostro. La sagoma della chitarra ha smarrito la propria forza descrittiva, ed è soltanto allusa nei tratti essenziali delle curve, del foro centrale, del manico. Ciò è in contrasto con i materiali usati quali: la carta da parati, nel suo semplice realismo rappresentativo, lo spartito, quasi leggibile e interpretabile, i fogli di giornale. Nell’ opera il giornale incollato copre una piccolissima parte, ma racchiude un significato importante in quella sola riga di titolo “La bataille s’est engage ”: la battaglia è iniziata. Tutti i critici d'arte vi hanno visto una provocazione, da taluni interpretata come una sfida a Braque, da altri come una simpatia del poeta verso correnti anarchiche e socialisteggianti dell'epoca.