La Natura Morta
di Giovanni Fabio
FRUTTA
FIORI
STRUMENTI
MUSICALI
Natura Morta è il termine
utilizzato per indicare le
rappresentazioni di forme ed
oggetti inanimati; i temi
principali di queste
rappresentazioni sono
composizioni di fiori recisi,
frutta, verdura, selvaggina
morta, vasi, libri e strumenti
musicali.
I primi cenni di natura morta
vengono riscontrati in alcuni
affreschi del periodo romano,
dove troviamo le prime
composizioni di oggetti
inanimati.
La natura morta è una
corrente artistica appartenente
al sedicesimo secolo. I
principali esponenti di questo
movimento furono gli olandesi,
fortemente attratti dal gusto
della descrizione
miniaturistica, molto coerente
con la natura morta.
Ma è di un pittore italiano,
Caravaggio, quello che pùò
forse ritenersi il massimo
esempio di questo genere di
pittura.
Frutta
Caravaggio
“Canestro
di frutta”
Cèzanne
“Cesto di
mele”
Arcimboldi
“Vertumno”
De Pisis
“Natura
morta con
ananas”
La frutta è sicuramente una
tra i soggetti principali delle
nature morte, durante l'intera
storia dell'arte. Le nature
morte, però, all'interno della
tradizione artistica italiana,
non sono un soggetto molto
frequente. L'Italia, patria
dell'Umanesimo e sede del
papato, è più legata alla
figurazione umana, ai temi
sacri e a quelli storicofilosofici. L'arte nordica è
invece molto attenta alla
rappresentazione analitica del
reale e quindi tratta con
attenzione il genere della
natura morta. La prima natura
morta con frutta, e forse la più
famosa della storia dell'arte
italiana, è probabilmente
rappresentata dal “Canestro di
frutta” di Caravaggio.
Caravaggio
Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, è il più
grande pittore italiano del '600 e uno dei maggiori di tutti
i tempi. Vissuto a cavallo dei due secoli, diventa erede
della tradizione del '500 ma, al tempo stesso, apre una
nuova via. Caravaggio affronta questo nuovo percorso
ponendosi di fronte al problema esistenziale dell'uomo
senza mezzi termini, al suo dramma nella ricerca della
verità, ormai lontano da una serena e armoniosa
visione rinascimentale. La verità nelle cose stesse, la
rappresentazione della realtà è dunque il fondamento
della pittura caravaggesca, una realtà che appare agli
occhi della società contemporanea talmente
sconvolgente da sembrare brutale volgarità. Ciò non
significa che l'artista rappresenti in modo indifferente le
cose, senza operare una scelta fra di esse, lasciando
l'interpretazione agli spettatori, non significa la consueta
"imitazione della natura". Al contrario, Caravaggio
"vede" la realtà, ce ne presenta il significato ed emette
giudizi morali su di essa per mezzo della luce,
enucleando un oggetto, una persona o un particolare da
un altro e lasciando nell'ombra il resto. Tema principale
della sua cultura è quindi la realtà drammatica in cui
vive l'uomo, espressa attraverso un linguaggio coerente
di cui luce e ombra sono protagonisti.
Canestro di frutta
Intorno al 1591-92 il giovane pittore scende a Roma ed
è proprio qui che svolge gran parte della sua attività.
Lavora presso il Cavalier d'Arpino che lo spinge a
dipingere nature morte che saranno fondamentali in
tutta la sua pittura. La natura morta, infatti, non è un
soggetto "nobile" che possa essere interpretato, come
un tema religioso, secondo canoni consolidati dall'uso
secolare, non è una "storia" da narrare per insegnare al
popolo un qualsiasi concetto; la "natura morta" è solo
se stessa, in tutta la sua "presenza" di oggetto e quindi
meno adatta significati nascosti, più adatta invece ad
esprimere il mondo interiore dell'artista, fatta soltanto di
colori, luci ed ombre. La natura morta aiuta poi il
Caravaggio a capire la realtà di per sè, non quella
abbellita secondo la norma classica, ma quella
quotidiana nella quale vive l'uomo. Di questa attività
compiuta per studio scolastico, nulla è arrivato a noi.
Ma senza questi studi, molto probabilmente non
esisterebbe il “Canestro di frutta”, pressoché unico
esempio di natura morta autonoma del Caravaggio,
dove l'elemento naturale diventa protagonista,
rilevandosi contro il fondo chiaro compatto, vivendo
plasticamente per i rapporti fra luci e ombre, per il brillio
degli acini d'uva, per la rotondità lucente della mela, del
limone e della pesca, per la rugosità dei fichi, per il
distendersi o accartocciarsi delle foglie. Questa verità di
riproduzione non è una banale copia: nella sua
straordinaria evidenza, nell'equilibrio compositivo fra
pieni e vuoti, nel rapporto reciproco dei colori, la
canestra assume una vitalità intensissima e si colloca
fra i capolavori della pittura caravaggesca.
Paul Cézanne nasce nel 1839 ad Aix-en-Provence.
Nel 1858 si iscrive a Giurisprudenza, ma si accorge di
non aver attitudine per il diritto e di essere interessato
all'arte. Per seguire la sua vocazione, nel 1861 si
trasferisce a Parigi, dove frequenta l'Académie Suisse.
Cerca, senza successo, di iscriversi all'École des BeauxArts. Incerto sul suo futuro, Cézanne alterna il suo tempo
tra Aix e Parigi, dove frequenta numerosi artisti, tra cui
Pissarro, Renoir, Monet, Sisley e Bazille. Pur non
entrando a far parte del gruppo, espone ad alcune
mostre degli impressionisti tra cui la prima del 1874, da
Nadar. La sua partecipazione alla terza, quella del 1877,
segna l'inizio del suo isolamento artistico. Sul finire degli
anni '70 Cézanne appare sempre meno legato a Monet e
agli impressionisti. Comincia a maturare un nuovo stile
pittorico attento alla struttura dello spazio e ai volumi
degli oggetti. Realizza nature morte, ritratti e paesaggi di
Provenza.
Il 1895 può essere considerato l'anno della riscossa. La
mostra allestita da Vollard riscuote infatti un gran
successo, soprattutto tra gli artisti d'avanguardia. Anche
il collezionismo comincia a guardare con sempre
maggiore interesse al suo lavoro.
Sul finire del secolo Cézanne si può considerare ormai
famoso e "arrivato". Espone al Salon des Indépendants
e all'estero. Nel 1904 il Salon d'Automne gli dedica
un'intera sala. Paul Cézanne muore ad Aix nel 1906.
Nel 1907, a Parigi, viene allestita una grande
retrospettiva. La mostra rivela al pubblico la sua enorme
statura. La visione delle sue ultime tele ha un impatto
enorme su molti giovani artisti. In questo modo spalanca
la strada a gran parte della ricerca artistica del '900.
Cèzanne
Cesto di mele
"Avevo deciso di lavorare in silenzio fino al giorno in cui
sarei stato capace di sostenere teoricamente i miei
tentativi" (da una lettera del 1889). Con questa
affermazione Cézanne intende dichiarare che la teoria
razionale alla base delle sue opere doveva dedursi dalle
opere stesse. Osservando il quadro si è indotti a pensare
che la composizione dell'immagine sia stata costruita
prima dall'artista con la realtà stessa. Il cesto con la
frutta poggia su di un blocco squadrato, forse un
mattone; i biscotti, che sono sovrapposti a due a due e
incrociati, stanno in un piatto appoggiato su di un libro; la
tovaglia sembra predisposta ad accogliere le mele tra le
sue pieghe; il tutto è disposto sul piano di un tavolo che
"inquadra" il gruppo di oggetti. La bottiglia costituisce
l'asse centrale della composizione. Gli altri elementi non
creano simmetria, ma il quadro nel suo complesso risulta
bilanciato dalle diagonali generate da essi. Dal punto di
vista cromatico l'equilibrio è stabilito essenzialmente dal
colore più intenso nelle cose piccole, più spento sugli
oggetti grandi. Inoltre ogni colore è sempre specifico
rispetto ad un oggetto: così ogni mela ha il proprio
colore. Il quadro stupisce per la sua "solidità" costruttiva:
ogni forma ha un suo rilievo quasi tattile. Attraverso
l'osservazione del dipinto, trova ampio riscontro
l'affermazione del pittore che la geometria è alla base di
qualsiasi elaborazione grafico-pittorica.
De Pisis
Natura morta con ananas
Filippo De Pisis nacque a Ferrara nel 1896. L'artista
subì nella giovinezza l'influenza di un ambiente
culturale vivacissimo dominato da personalità come
De Chirico, Carrà, Morandi. Si accostò al Futurismo
dopo aver conosciuto Soffici e Govoni. Partito dalla
tecnica del collage, sfruttata con volontà lirica, colse
del Futurismo soprattutto il valore del ritmo pittorico. A
Roma conobbe A. Spadini con il quale collaborò alla
redazione delle riviste "La ronda" e "Valori Plastici". Si
accostò per gli studi delle nature morte al '600
napoletano. Nel 1923 ad Assisi, insegnante di latino,
approfondì la sua ricerca di misura e di sintesi. Nel
1925 si stabilì a Milano dove restò fino al 1943 per poi
trasferirsi a Venezia; qui lavorò molto intensamente,
fino a quando una grave malattia lo costrinse a
ritirarsi in una casa di cura, dove dipinse ancora
saltuariamente. Le ultime opere presentano esili tratti
di colore su una tela per larga parte bianca. Morì a
Milano nel 1956.
Un ananas svetta nel dipinto, alto, piumato,
imponente, anche se sullo sfondo. Adagiata
bassa, in primo piano, altra frutta, in molte
varietà scelte in sapiente accordo cromatico, tra
cui uva e mele tagliate a metà. Tutti i frutti non
su un tavolo, in un interno, ma "en plein air" : i
colori dello sfondo richiamano quelli del cielo e
del mare. All'orizzonte la sagoma leggera,
appena accennata, di un veliero (De Pisis
elaborò altre nature morte con elementi marini,
in particolare le conchiglie).
Il cromatismo vibrante di luce sembra richiamare
alla formazione del pittore, che conobbe in
Francia nel 1925 gli eredi di Impressionisti e
Fauves. La composizione appare
particolarmente poetica, isolando in un contesto
aperto, infinito, elementi tradizionali di natura
morta (tranne l'esotico ananas), colti talora
come in trasparenza.
Arcimboldi
Giuseppe Arcimboldi nacque
a Napoli nel 1527. Iniziò la sua carriera
artistica realizzando cartoni narranti le storie
di Caterina da Alessandria presso il Duomo
di Milano. Grande importanza assunse per lui
anche la sua presenza come pittore
prediletto, prima dell'imperatore Massimiliano
e successivamente di Rodolfo II, presso la
corte di Praga. I suoi principali soggetti
furono figure allegoriche e caricature, nelle
quali raffigurava sembianze umane
utilizzando composizioni di fiori o frutta. Eli
morì relativamente giovane nel 1593 a
Milano. Durante il '900 le sue opere furono
viste come una anticipazione di alcuni aspetti
del Surrealismo, riscuotendo così particolare
fortuna. L'arte italiana, dopo aver fatto scuola
in tutta Europa, appare disposta, sulla fine
del 1500, ad accogliere suggerimenti artistici
che vengono dal Nord. Acimboldi raccoglie
questi suggerimenti e produce i così detti
"Capricci". Per "Capriccio" si intende
l'allegorismo spinto fino all'impossibilità di
recuperare il significato dell'immagine,
l'imitazione di motivi fuori dalla teorizzazione
corrente dell'antico, l'applicazione spinta fino
all'assurdo delle regole prospettiche e
proporzionali.
Natura morta con ananas
La composizione segue la canonica impostazione
del ritratto a mezzo busto. La struttura centrale è
simmetricamente bilanciata dal disporsi regolare
ed armonioso degli ortaggi, che costruiscono
strutturalmente la figura. La composizione non
risulta tuttavia rigida, grazie all'andamento
morbido e semicircolare della ghirlanda di fiori che
attraversa il busto (zucca), ed alla disposizione
sfuggente delle spighe accompagnate dall'uva.
Elemento fondamentale per il risultato armonioso
del ritratto è il colore. Il colore è il protagonista del
dipinto e ripropone il reale dato cromatico della
frutta. Il rosso vivo delle mele che corrispondono
alle gote, fa risultare la zona la più brillante
dell'intera composizione; inoltre il colore rosso
suggerisce un aspetto meno nobile ma
sicuramente presente nel carattere di Rodolfo II,
quello dell'amore verso il vino tipico degli uomini
nordici (era di Praga), seppure sempre in armonia
con un comportamento fiero e incorruttibile;
Rodolfo II infatti viveva in castello alquanto
austero, dal rigido cerimoniale di corte, ed era
circondato da artisti. La zona delle spalle e del
petto presenta colori tenui basati sul rapporto tra
grigio e marrone; inoltre questa parte della tela
risulta momento di passaggio e di riposo tra i due
estremi coloristici del ritratto. Gli ortaggi che
costituiscono il torace sono frutto della terra, al
contrario delle mele, delle pere, dei melograni e
delle ciliegie che definiscono il viso. La valenza
coloristica e la luminosità del quadro risultano
accentuate dalla presenza del fondo scuro.
Fiori
Van Gogh
“Natura
morta con
girasoli”
Giovanni
da Udine
“Vaso con
fiori”
Van Gogh
“Natura
morta con
iris”
Matisse
“Fiori in
vaso”
Il fiore è sempre stato presente nella vita
dell'uomo, poiché esso rappresenta un elemento
naturale capace di nascere e sbocciare in
qualunque luogo, anche senza il suo intervento.
Tale elemento è stato e sempre sarà capace di
attirare l'interesse di occhi scrutatori che vi
vedono raccolte parti organizzate in modo
armonioso e capaci di realizzare una struttura
così ben composta da sembrare indistruttibile.
Nel fiore si sono viste spesso espressioni
allegoriche, più o meno legate a valori religiosi,
come il giglio, simbolo di purezza cristiana. Nel
mondo poetico, fin dall'età classica, poi nel
Medioevo, nella cultura rinascimentale e
barocca, molte sono le metafore relative ai fiori.
La più semplice è quella che accomuna il
carattere effimero del fiore reciso alla bellezza
della donna, destinata a spegnersi nel tempo.
Quindi il fiore, che veniva anche usato come
ornamento dell'abito o dei capelli, allude al
carattere transitorio di ciò che è bello, colorato,
appariscente. Paradossalmente esso può
essere accomunato alla simbologia del teschio:
ciò che quest'ultimo comunica direttamente, il
fiore lo allude indirettamente. Nella pittura non si
hanno, in opere del passato, rappresentazioni di
fiori come soggetto predominante; il fiore è
considerabile motivo di secondario interesse.
Tuttavia, quando il tema religioso cessò di
essere esclusivo nella pittura, il fiore entrò a
buon diritto in moltissimi quadri e venne nel
tempo acquisendo sempre una maggiore
autonomia nell'ambito del genere natura morta.
Van Gogh
Vincent Van Gogh nacque il 30 marzo del 1853. Intorno al 1880 si iscrisse
all'Accademia di Belle Arti di Bruxelles, iniziando a rappresentare Dio attraverso la
pittura. Van Gogh compì anche molti studi sul disegno, per perfezionarsi
maggiormente e per riuscire a dipingere, rispettando la realtà il più possibile, le
sue prime tele, raffiguranti il lavoro dei contadini. In seguito, i principali soggetti
delle sue opere furono rappresentati da tessitori di telaio, mangiatori di patate,
lavoratori di miniera, e qualunque altra espressione di vita quotidiana. Vincent si
trasferì a Parigi dove conobbe l'arte degli Impressionisti, di Seurat e di Gauguin,
con i quali condivise per qualche tempo sia vita che lavoro. La sua arte, totalmente
libera da qualsiasi accademismo ma anche da un naturalismo troppo facile ed
immediato, esce da tutti gli schemi precedenti. L'oggetto della sua ricerca, che
realizza con colori intensi, in cui prevalgono i gialli e gli azzurri, sono "non la mano,
ma il gesto; non una testa matematicamente esatta, ma il profondo della sua
espressione". Egli spreme molto spesso direttamente dal tubetto il colore sul
quadro, rimodellandolo poi con il pennello. Picchia sulla tela colpi irregolari, che
lasciano segni di spessore e forma diversi: tratti, virgole, guizzi di colore che si
accavallano vorticosi nelle nubi del cielo.Nonostante stesse vivendo l'inizio di
quello che in futuro sarebbe stato un grande successo, egli era soggetto a sempre
più numerose crisi nervose che pian piano lo portarono sull'orlo di una profonda
pazzia, esplosa definitivamente il 29 luglio del 1890, quando estrasse la pistola e
si sparò un colpo al petto.
Natura morta
con girasoli
I girasoli sono
divenuti il simbolo
della pittura di Van
Gogh. Dopo un
periodo
particolarmente
tragico della sua vita,
culminato con un
ricovero in ospedale,
l'artista riprese
subito l'attività e, il 7
gennaio 1889, scrisse
al fratello Theo:
"Domani mi rimetto
al lavoro, comincerò
a fare una o due
nature morte per
ritrovare l'abitudine a
dipingere".
Nascono così i
celebri girasoli, in più
versioni: sono fiori
ormai appassiti, ma
emanano ugualmente
una luce dorata e
sorprendente,
generata da piccoli
tocchi di giallo
acceso.
Giovanni da Udine
Giovanni Ricamatore, detto Giovanni Nani, noto come
Giovanni da Udine, nacque il 27 ottobre 1487. Si formò
presso Giovanni Martino da Udine, poi a Venezia, presso
Giorgione. Verso il 1514 entrò a Roma nella bottega di
Raffaello di cui divenne fedele collaboratore. Questi gli
affidò l'esecuzione degli strumenti musicali nella 'Santa
Cecilia' [1515, Pinacoteca Nazionale, Bologna] mentre è
di particolare importanza la collaborazione ad alcune delle
maggiori imprese raffaellesche, dal cartone per l'arazzo
con la 'Pesca Miracolosa' alla Loggia di Psiche alla
Farnesina, [1517-18] alle Logge Vaticane [concluse nel
1519] dove introdusse la sua grottesca imitata dalla
Domus Aurea. Operò anche a Villa Madama, [1520-25] in
Vaticano nella Sala dei Pontefici [1523-27] e in Castel
S.Angelo. Dopo il sacco di Roma (1527), alterna soggiorni
a Udine e nella capitale e dal 1534 lavorò in Friuli come
architetto e come decoratore per i castelli di Spilimbergo e
di Colleredo. Nel 1539-40 decora a Venezia il Palazzo
Grinani, poi di nuovo a Roma lavora nelle Logge del terzo
piano dei Palazzi Vaticani. Il suo stile è imitato dall'antico,
ma gli elementi naturalistici che utilizza con gran
ricchezza ornamentale gli conferiscono una vivacità di
accenti e un fare del tutto nuovo. Fu così tra i grandi
inventori della decorazione rinascimentale, che, grazie
alla sua arte sia nelle parti pittoriche sia negli stucchi,
seppe entrare nel vivo delle grandi creazioni
architettoniche. Muore a Roma nel luglio 1561 e
probabilmente viene sepolto nel Pantheon.
Vaso con fiori
Il quadro, dipinto da Giovanni da Udine, si fa
risalire intorno al 1555, periodo in cui il pittore
svolgeva i suoi lavori nel castello di Spilimbergo.
Queste informazioni sarebbero deducibili dalla
presenza dello stemma che il pittore ha voluto
raffigurare sul vaso.
Giovanni da Udine nella sua carriera pittorica fu
fortemente influenzato dalla corrente fiamminga;
questo quadro ne è una prova: i fiori sono
riprodotti in modo perfetto grazie ad una attenta
osservazione della realtà e all'utilizzo di colori
vivaci che danno chiarezza ai contorni e
definizione alle forme.
Anche la raffigurazione del vaso, di per sé un
elemento secondario, viene fatta con
accuratezza, rispecchiando ogni minimo
particolare. La composizione del mazzo si rivela
attenta a definire una struttura ordinata e
simmetrica. Colpisce il bagliore dei colori in
contrasto con il fondo nero.
Vincent Van Gogh nacque il 30 marzo del 1853.
Intorno al 1880 si iscrisse all'Accademia di Belle Arti
di Bruxelles, iniziando a rappresentare Dio
attraverso la pittura. Van Gogh compì anche molti
studi sul disegno, per perfezionarsi maggiormente e
per riuscire a dipingere, rispettando la realtà il più
possibile, le sue prime tele, raffiguranti il lavoro dei
contadini. In seguito, i principali soggetti delle sue
opere furono rappresentati da tessitori di telaio,
mangiatori di patate, lavoratori di miniera, e
qualunque altra espressione di vita quotidiana.
Vincent si trasferì a Parigi dove conobbe l'arte degli
Impressionisti, di Seurat e di Gauguin, con i quali
condivise per qualche tempo sia vita che lavoro. La
sua arte, totalmente libera da qualsiasi
accademismo ma anche da un naturalismo troppo
facile ed immediato, esce da tutti gli schemi
precedenti. L'oggetto della sua ricerca, che realizza
con colori intensi, in cui prevalgono i gialli e gli
azzurri, sono "non la mano, ma il gesto; non una
testa matematicamente esatta, ma il profondo della
sua espressione". Egli spreme molto spesso
direttamente dal tubetto il colore sul quadro,
rimodellandolo poi con il pennello. Picchia sulla tela
colpi irregolari, che lasciano segni di spessore e
forma diversi: tratti, virgole, guizzi di colore che si
accavallano vorticosi nelle nubi del cielo. Nonostante
stesse vivendo l'inizio di quello che in futuro sarebbe
stato un grande successo, egli era soggetto a
sempre più numerose crisi nervose che pian piano lo
portarono sull'orlo di una profonda pazzia, esplosa
definitivamente il 29 luglio del 1890, quando
estrasse la pistola e si sparò un colpo al petto.
Van Gogh
Natura morta con iris
Nel maggio del 1890 Vincent nota, nel
giardinetto della clinica in cui era ricoverato, il
colore elegante dell'iris.
Esegue così alcune tele che raffigurano questo
soggetto che diventa simbolo di Arles e del suo
mondo, ma acquista anche una sua
dimensione autonoma, legata agli aspetti di
decorativa eleganza che caratterizzano questo
fiore.
Insieme al girasole sembra essere l'elemento
naturale prediletto dalla fragile sensibilità del
pittore.
Matisse
Fiori in vaso
Henri Matisse, pittore e scultore francese nato a CateauCambrésis nel 1869, si dedicò alla pittura solamente dopo aver
abbandonato un impiego presso un avvocato. Matisse nelle sue
prime opere pose particolare attenzione alla variazione della luce e
dei colori. Di ritorno da un viaggio in Bretagna, compose una
tavolozza di colori più chiari, segno che anche l'artista venne
influenzato dalle idee impressionistiche. Per l'artista il colore,
seguendo le idee del suo maestro, deve essere pensato, sognato
e immaginato. Alla formazione della poetica matissiana concorsero
le impressioni di Van Gogh, così come la conoscenza delle arti
orientali della ceramica persiana oltre che dall'arte africana, intese
come attraenti messaggi di indipendenza espressiva. Con l'inizio
del XX secolo nei quadri del Matisse vi fu la completa eliminazione
della tela di qualsiasi elemento che non fosse colore puro. Nel
1905 a Matisse e ad un gruppo di suoi amici venne dato
l'appellativo Fauves. Essi esprimevano una nuova pittura con
tecnica definita brutale, violenta e cromaticamente aggressiva.
Verso il 1910, esaurita l'esperienza fauve, si avvicinò al movimento
del Cubismo analitico. La stessa ripetizione di interni sempre
uguali, con i vasi di fiori e le nature morte, suggerisce una
consuetudine con il modello che va a tutto vantaggio
dell'affinamento formale. Questo processo di affinamento venne
completato con le opere degli ultimi anni. Matisse si occupò anche
di decorazione teatrale e su ceramica. Mori a Cimiez nel 1954.
Attraverso una pittura essenziale,
impostata soprattutto sulla linea,
sinuosa e quasi arabescante, e sui
colori vivaci, Matisse sembra esprimere
la gioia di vivere, l'ariosità e la
limpidezza della natura a cui i fiori
fanno riferimento.
" Ecco le idee di allora: costruzione per
mezzo di superfici colorate. Ricerca
d'intensità nel colore, essendo la
materia indifferente. Reazione contro la
diffusione del tono locale nella luce. La
luce non è soppressa ma essa si trova
espressa da un accordo delle superfici
colorate intensamente ". Così lo stesso
autore, nel 1929, commentava le sue
opere di inizio secolo, quando egli fu al
centro delle tendenze fauviste. Più il
colore è forte, più l'effetto è potente.
Così i rossi, i blu, i gialli strutturano una
tela in cui ombra,chiaroscuro,
modellato, dettagli... tutti o quasi gli
elementi della pittura tradizionale,
sembrano essere superati.
Strumenti Musicali
Baschenis
“Liuto,
mandola,
fogli…”
Munari
“Natura
morta con
strumenti”
Picasso
“Chitarra,
spartito,
bicchiere”
Braque
“Strumenti
musicali”
La storia della pittura e la storia degli strumenti
musicali camminano insieme dall'antichità fino
ai giorni nostri. Da sempre, infatti, la musica ha
inspirato gli artisti che hanno lasciato reperti fin
dai tempi più remoti. Si pensi all'arte
mesopotamica (cofanetto di Ur), all'arte punica,
famosa per le statuette dei suonatori di cetra,
alle produzioni egizie, alle ceramiche greche,
fino all'arte romana delle ville pompeiane. Gli
strumenti diventano soggetti autonomi della
natura morta in Europa nell’età della
Controriforma e specialmente in Italia, Francia,
Germania, Svizzera, Spagna, Scandinavia e in
alcune città dell'Olanda. Il contenuto sacro che
l'epoca propone ricompare in forme nuove
attraverso "oggetti indicatori", come i liuti, che
sembrano celare una morale allegorica e
hanno un riferimento implicito alla tragicità della
situazione umana nonché alla transitorietà
dell'esistenza. Nella natura morta gli oggetti si
trasformano quindi in metafore morali e
religiose che hanno lo scopo di ammonire le
persone, spingerle a pensare alla vita dopo la
morte, così che la loro esistenza sia improntata
agli ideali cristiani. Ma anche la pittura
contemporanea si ispira alla musica, da Renoir,
a Matisse, a Picasso, a Braque. Le
elaborazioni degli artisti, tra '800 e '900, a
differenza di quelle precedenti, non mirano più
ad offrire una documentazione pittorica dello
strumento. In esse è lo strumento stesso che
propone all'artista forme e colori per la sua
composizione.
Baschenis
Evaristo Baschenis, uno dei più insigni pittori bergamaschi del
600, nacque il 7 dicembre 1617 da Simone e Maddalena Francesca
Volpi. La famiglia Baschenis ebbe una lunga tradizione in campo
artistico tanto è vero che taluni suppongono che il collaboratore di
Evaristo, firmante B.B., altri non sia che il fratello Bartolomeo.
Baschenis prese gli ordini tra il 1640 e il 1643. La sua vita di
sacerdote gli consentì di viaggiare e di esercitare la sua attività
artistica con il massimo della libertà e della disponibilità di tempo,
essendo egli tra l'altro in buone condizioni economiche. Baschenis
si applicò quasi esclusivamente al genere della Natura morta,
cucine e soprattutto strumenti musicali; questi ultimi sono gli unici
attori della scena rappresentata, dal momento che Baschenis
aboliva nelle sue opere la figura umana. L'interesse per gli
strumenti musicali è dovuto al fatto che Evaristo era un musicista;
inoltre è storicamente accertato che la pratica musicale, associata
alla poesia, alla letteratura e alla storia, era allora diffusa nelle
famiglie agiate bergamasche. Intorno agli anni '50, il pittore si legò
d'amicizia con Jacques Courtois, detto il Borgognone delle
battaglie, in soggiorno di lavoro nella città lombarda, con il quale
intrattenne per lunghi anni rapporti epistolari e professionali. Egli
eseguì copie delle sue opere, richiestissime dai collezionisti locali. Il
lavoro più prestigioso e impegnativo di Baschenis fu quello
realizzato per la biblioteca del monastero di San Giorgio Maggiore a
Venezia. Importanti scoperte archivistiche, volte ad illuminare la sua
vita e la sua attività artistica, sono il testamento olografo del pittore;
l'inventario dei suoi beni e della sua collezione di dipinti; la nota
della vendita di quanto conservato nella sua casa-bottega al
momento della morte, sopraggiunta il 16 marzo 1677.
Liuto, mandola, fogli…
Questa opera rappresenta la variante
autografata e firmata della versione più solenne
della collezione Lodi. Secondo il critico Rosci il
dipinto appartiene ad una fase più evoluta
rispetto a quella denominata Barocca, in
quanto il pittore realizza una più convincente
logica costruttiva rispetto alle scenografie
complesse e fastose degli anni '60. Tale
argomentazione é suggerita dall'analisi della
composizione, in cui gioca un attento utilizzo
della luce, che non solo serve a mettere in
chiaro le qualità della materia, dalla superficie
vellutata della pesca, alla morbidezza brillante
del damasco, ma scandisce anche la
geometria della composizione. Si deve notare
una caratteristica saliente nel dipinto: la polvere
sulla pancia del liuto, messa ancora più in
risalto dalle rotonde ditate su di essa presenti.
Realismo? Allegoria? L'uno e l'altra. La lezione
del Caravaggio induceva gli artisti a
rappresentare la realtà degli oggetti; ma la
polvere é anche espressione di quella vanitas,
allegoria della caducità delle cose terrene, così
che gli uomini erano spinti a pensare
all'inesorabile scorrere del tempo, al lento
decadere e al morire.
Munari
Cristoforo Munari
pittore settentrionale
vissuto a cavallo tra
XVII e XVIII secolo,
nacque a Reggio
Lombardo nel 1667 e
morì nel 1720. E'
stato recentemente
recuperato dalla
critica e valorizzato in
seguito ad una
mostra organizzata a
Parma presso il
Palazzo della Pilotta
nel 1964. Il pittore,
che si distingue per
nature morte di
strumenti musicali,
ma anche per
rappresentazione di
oggetti riferibili al
tema 'cucine', risente
dell'influenza diretta
di Evaristo Baschenis
e si collega ai pittori
fiamminghi o
fiammingheggianti, in
particolare al
Barentz.
Natura morta
con strumenti...
In quest'opera l'artista ha
unito un cornetto, un
flauto diritto, un violino
con il suo arco e il fondo
ricurvo di un liuto, o
comunque sia di un
membro appartenente alla
famiglia del mandolino. Il
pittore ha indugiato sul
fondo panciuto del liuto,
mostrando in tal modo che
la sua scelta nasce da
un'esigenza
prevalentemente
decorativa. La luce
definisce la composizione
illuminando le tonalità
calde degli strumenti e
definendo il loro materiale:
l'ebano del flauto, l'avorio
del cornetto. Il nodo
presente alla sommità
degli strumenti sottolinea
ulteriormente l'intento
decorativo del dipinto.
Manca un piano
d'appoggio; per questo gli
strumenti appaiono
sospesi in una sorta di
esaltante trofeo.
Braque
George Braque, nato ad Argenteuil sur Seine nel
1882, incomincia i suoi studi di pittura nel 1987 a Le
Havre presso la scuola di Belle Arti. Tra il 1899 e il
1900 Braque completa il suo apprendistato a Parigi
da un ex-impiegato del padre, Laberthe; nel 1902
frequenta l'Accademia Humbert e due anni dopo
rinuncia agli studi accademici per incominciare a
dipingere per conto proprio. Nel 1904 aderisce alla
corrente del Fauvismo e nel 1906 espone dipinti
fauves al "Salon des Indèpendants". Un anno prima
di staccarsi dal Fauvismo conosce Picasso e
Apollinaire e dipinge quadri che risentono l'influenza
di Cézanne. Dal 1909 al 1912 lavora in stretto
collegamento con Picasso; è il periodo del Cubismo
analitico. Dopo aver participato alla Prima Guerra
Mondiale, in cui viene gravemente ferito, torna a
Parigi e nel 1917 pubblica Pensèes et Reflexions sur
le peinture. Nel 1922 la sua pittura si evolve verso
forme di un classicismo monumentale. Nel 1948
riceve il premio di pittura alla XXIV Biennale di
Venezia. Nel 1952 decora il soffitto della sala Enrico
II del Louvre. Muore a Parigi il 31 agosto del 1963.
Strumenti musicali
"La natura non è che un'ipotesi" - rispondeva Dufy,
rappresentante del Fauvismo, a chi si meravigliava
di fronte ai suoi quadri . Quello che volevano i
Fauves, gruppo a cui Braque appartenne, era creare
sensazioni emotive forti con l'aiuto delle forme
ridotte all'essenziale. Tale esperienza, conclusasi nei
primi anni del 1900, confluì poi per alcuni nel
Cubismo, corrente secondo la quale, come
sinteticamente espose Apollinaire "La geometria è
per le arti figurative ciò che la grammatica è per
l'arte dello scrivere". Nel dipinto di Braque Strumenti
musicali l'obiettivo della rappresentazione
documentaria sembra essere completamente
caduto: appena si intravvedono le corde del
mandolino; lo spartito è un foglio bianco con qualche
generica traccia di scrittura; nemmeno la maggior
cura riservata ai fiati può indurre a ricercare
nell'opera un intento descrittivo. Vi prevale
un'armonia di fondo, che dà unità al tutto. Le
dimensioni degli oggetti nei rapporti tra loro, le loro
forme, riferibili a elementi geometrici,
l'organizzazione dello spazio, e soprattutto una
piacevole armonia cromatica, in cui le tinte
prevalenti, il verde intenso e luminoso del tappeto e
l'ocra,in molte varianti, fino all'avorio dello spartito in
piena luce, si armonizzano attraverso
giustapposizioni ben modulate, evitando le brusche
lacerazioni di altri pittori del tempo, come Matisse e
Marquet.
Picasso
Chitarra, spartito,
bicchiere
Pablo Picasso nasce a Malaga nel 1881 e muore a
Mougines nel 1973; figlio di un insegnante d'arte, Jos
Ruiz Blasco e di Maria Picasso, rivela fin dall'infanzia
una precoce attitudine all'arte. A sedici anni tiene la
sua prima esposizione. Nel 1990 inizia nella sua
pittura il periodo chiamato periodo blu, a causa dei
colori della sua tavolozza. Nel 1904, dopo avervi fatto
precedentemente dei viaggi, si trasferisce a Parigi.
Nel 1906 incomincia a dipingere le 'Demoiselle
D'Avignon' che segna la data di nascita del Cubismo.
Nel 1920 ha inizio il periodo neoclassico,
caratterizzato da nudi monumentali e da opere di stile
cubista. Nel 1936 prende parte alla Guerra di Spagna
combattendo con i repubblicani. Durante la Seconda
Guerra Mondiale é a Parigi e si iscrive in questo
periodo al Partito comunista. Nel 1946 si trasferisce
nella Francia Meridionale con la madre dei suoi figli
Claude e Paloma. Dopo il 1955 dipinge opere ispirate
a Manet, Delacroix e Velasquez. Nel 1966 la Francia
gli dedica una grande mostra al Grand Palais; due
anni prima della morte riceve l'omaggio nazionale per
i 90 anni.
Come affronta Picasso il tema degli strumenti musicali? Il
pittore ci offre molti esemplari di tale soggetto, riferibili quasi
tutti agli anni compresi tra il 1912 e il 1913, caratterizzati da
una notevole ricerca di sperimentalismo tecnico, volta a
rompere in modo deciso con la tradizione e fornire nuove
proposte, in grado non solo di stupire pubblico e critici, ma di
aprire strade non ancora segnate. Questa pittura di
avanguardia ha come elemento unificatore la tecnica del
collage, che accosta materiali diversi, carta e giornali; il tratto
pittorico è dato dal carboncino, dal gesso, dall'inchiostro. La
sagoma della chitarra ha smarrito la propria forza descrittiva,
ed è soltanto allusa nei tratti essenziali delle curve, del foro
centrale, del manico. Ciò è in contrasto con i materiali usati
quali: la carta da parati, nel suo semplice realismo
rappresentativo, lo spartito, quasi leggibile e interpretabile, i
fogli di giornale. Nell’ opera il giornale incollato copre una
piccolissima parte, ma racchiude un significato importante in
quella sola riga di titolo “La bataille s’est engage ”: la
battaglia è iniziata. Tutti i critici d'arte vi hanno visto una
provocazione, da taluni interpretata come una sfida a
Braque, da altri come una simpatia del poeta verso correnti
anarchiche e socialisteggianti dell'epoca.
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La natura morta