INTEGRAZIONE STORICA DI
“LO SCUDO DI TALOS”
a cura della classe IV°C con la coordinamento e la
supervisione della prof.ssa Simona Tamanza e la
partecipazione della prof.ssa Anna Crismani
presentazione redatta da Francesco Belletti
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Breve introduzione alle guerre greco-persiane
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“Sono Filippide, vincitore dell’ultima olimpiade, tu chi sei?”
pag. 42
”Devo forse ritenere che giudichi negativamente il rifiuto
che a quel tempo il nostro governo oppose alle richieste di
Aristagoras?” pag. 45
Battaglia di Maratona “Si dice che i nostri siano arrivati
quando gli Ateniesi avevano già vinto la battaglia” pag. 49
“Lo sai perché laggiù, nella città degli Spartani. Leotichides
siede sul trono che fu di Demaratos e questi vive ormai da
anni nell’esilio?” pag. 89
“O Demarato , il Gran Re ti attende” pag. 94
“Kleomenes, sdegnato per essere stato deposto e cacciato
dalla città, raccoglieva alleanze in Arcadia e Messenia” pag.
97
“La fine di Kleomenes fu orrenda” pag. 100
“Re Leonidas e Re Leotichidas partirono una mattina di
autunno con il loro seguito diretti a Corinto” pag. 102
“Themistokles, figlio di Neokles, concluse: il passo non è la
porta dell’Attica…bensì la porta di tutta la Grecia “pag. 103
“L’oracolo profetizzava spaventose sventure alla città” pag.
105
immagine riassuntiva
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schema di riferimento
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” Intanto sulle rive dell’Ellesponto migliaia e migliaia di
uomini lavoravano febbrilmente al grande ponte sotto la
guida degli architetti del Re” pag. 108
Battaglia delle Termopili “Leonidas si attestò al passo delle
Termopili” pag. 117
Battaglia di Salamina “Gli Ateniesi hanno sbaragliato la
flotta persiana presso l’isola di Salamina” pag. 148
Battaglia di Platea “...avrebbero cercato di raggiungere la
zona più angusta a ridosso dell’Heraion di Platea” pag. 166
“Io saprò intanto come disfarmi degli Efori e degli Anziani
e anche del Re Leotichidas, se necessario con l’aiuto del Re
di Persia” p. 212
Contatti tra Pausania e Serse attraverso il satrapo
Artabazos pag. 217
“Themistokles, il comandante ateniese che sconfisse la
nostra flotta a Salamina….potrebbe un giorno diventare
nostro alleato…” p. 227
“In quel momento udì un sordo boato, una specie di rombo
proveniente attaccano da sottoterra” pag. 285
“Gli Iloti attaccavano Sparta!” pag. 291
“Avevano chiesto aiuto agli Ateniesi e speravano nell’invio
di un forte contingente dall’Attica.” pag. 313
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la cultura spartana
chi era Erodoto?
Guerre greco-persiane
L’impero persiano era vastissimo: si estendeva dal fiume Indo, al mare Egeo e all’Egitto. Al tempo del re
Dario, per comodità amministrativa, era suddiviso in province, chiamate satrapie, governate da satrapi, che
erano legati da un vincolo di obbedienza e di dedizione assoluta al Gran Re. Ogni satrapia doveva versare
pesanti tasse.
LA RIVOLTA IONICA: LE ORIGINI DEL CONFLITTO FRA LA GRECIA E LA PERSIA
Dario impose alle colonie greche dell’Asia minore la presenza di suoi fiduciari, attraverso i quali controllava la
vita politica e sociale, ed esigeva da esse il pagamento di pesanti tasse. Nel 499 a.C. Mileto insieme
parecchie città elleniche dell’Asia minore si ribellarono all’egemonia persiana, dando inizio alla “rivolta
ionica”. A capo dell’insurrezione si pose Aristagora, tiranno di Mileto; egli organizzò la rivolta e convinse le
città che vi aderirono a cacciare i tiranni filopersiani (quello di Militane fu addirittura ucciso). Quando si
rese conto dell’impossibilità di difendersi da solo dai Persiani, chiese aiuto alle città della Grecia, ma ottenne
il sostegno solo di Atene e di Eretria, che fornirono 25 vascelli. Egli riuscì infine a incendiare Sardi, senza
conquistarne la fortezza; poi, visto l’insuccesso della ribellione, si ritirò dalla Ionia. I Persiani
riconquistarono presto le loro posizioni perdute, e Mileto, cinta d’assedio, venne rasa al suolo nel 494 a.C.
L’AVANZATA PERSIANA
Nel 490 a.c., i Persiani fecero il loro ingresso in Europa; guidati dall’esule ateniese Ippia (figlio di Pisistrato),
Dati e Artaferne, occuparono tutte le isole del mare Egeo. Nasso fu incendiata, mentre Delo venne
risparmiata. L’impresa militare contro Atene aveva l’aspetto di una “guerra civile fra baroni”???, con Ippia
passato ai Persiani da una parte, e Milziade, ex tiranno persiano del Chersoneso e al seguito di Dario nella
spedizione contro gli Sciiti, dall’altra. Responsabile della distruzione del ponte di barche sul Danubio???,
Miliziade si era stabilito definitivamente ad Atene, dove assunse grande potere. Nel 490 a.C. fu nominato
polemarco e posto a comando dell’esercito che si sarebbe opposto ai Persiani. I Persiani si resero conto che
la Grecia costituiva una minaccia e che l’unico modo per neutralizzarla consisteva nel sottometterla.
Nel 490 a.C. le truppe persiane si mossero contro la Grecia. Per prima cosa i Persiani fecero la richiesta di
“acqua e terra” ed alcune città greche, spaventate, si sottomisero al Gran Re. Le altre si allearono per
affrontare il nemici. Ebbero così inizio le guerre persiane. I Persiani fecero due spedizioni: la prima
comprende la battaglia di Maratona (490 a.C.); la seconda le battaglie delle Termopili (480 a.C.), di Salamina
(480 a.C.) e di Platea (479 a.C.).
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Filippide
“Sono Filippide, vincitore dell’ultima olimpiade, tu chi sei?” pag. 42
Nel 490 a.C. alla vigilia della battaglia di Maratona, gli Ateniesi mandarono un messaggero a
Sparta, Filippide, per chiedere aiuto contro l'invasione dei Persiani.
Erodoto nelle Storie VI, 105 racconta che durante il cammino Filippide presso il monte
Partenio (fra l’Argolide e l’Arcadia) si imbattè in Pan che gli ordinò di chiedere agli Ateniesi
perché non si curavano di lui che pure era favorevole a loro. Fu così che dopo la vittoria gli
Ateniesi consacrano a Pan un altare sull'acropoli dentro una grotta.
Gli Spartani rimandarono la decisione sull’invio di truppe al plenilunio, notte in cui gli eupatridi
si riunivano per prendere decisioni importanti. Quando però le truppe spartane raggiunsero
Maratona la battaglia era già stata vinta dagli Ateniesi.
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Aristagora di Mileto
”Devo forse ritenere che giudichi negativamente il rifiuto che a quel tempo il nostro governo
oppose alle richieste di Aristagoras?” pag. 45
Prima di porsi a capo della rivolta ionica Aristagora tentò di conquistare Nasso per acquistare
maggior considerazione dal re persiano Dario, per questo motivo Sparta negò il proprio aiuto
ad Aristagora nella rivolta ionica, perché lo considerava un traditore.
Erodoto (Storie V, 30-36) racconta che alcuni cittadini ricchi esiliati da Nasso si erano recati
a Mileto e avevano chiesto ad Aristagora aiuto per tornare in patria. Il tiranno si disse
disponibile ad aiutarli, ma contemporaneamente prese contatti con Artaferne, satrapo della
Ionia e della Lidia, per conquistare insieme a lui Nasso e le altre isole che da lei dipendevano.
Ma il suo piano fallì e Aristagora per salvarsi dalla collera del Gran Re Dario si pose a capo
della rivolta degli Ioni contro l’impero persiano. Per fare questo chiese aiuto a Sparta e
Atene, ma la prima lo negò, mentre la seconda inviò venti navi.
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Battaglia di Maratona
Nel 490 a.C., dopo la presa di Eretria che insieme ad Atene aveva inviato aiuti alle città della
Ionia, i Persiani volevano sconfiggere anche gli Ateniesi. Ippia, figlio di Pisistrato, li guidò a
Maratona, la località più adatta ad operazioni di cavalleria. Ippia la notte precedente ebbe la
seguente visione: gli parve di giacere insieme a sua madre. Secondo i Greci i sogni erano
veritieri e prestavano molta attenzione ai segni, così Ippia, dal sogno fatto, ipotizzò che,
rientrato ad Atene e recuperato il potere, sarebbe morto vecchio nella sua patria. Una volta
sbarcato a Maratona, però, dovette ricredersi. Gli capitò di starnutire e di tossire più forte
del solito, facendo cadere nella sabbia un dente. Poiché il dente, nonostante le accurate
ricerche, non si trovava, disse: “Questa terra non è mia, né potremmo assoggettarla: tutta la
porzione che mi spettava la occupa ora il mio dente.” (Erodoto VI, 106)
Gli Ateniesi, come seppero dell’arrivo dei Persiani, accorsero a Maratona per difendersi,
sotto la guida di dieci strateghi, tra i quali c’era Milziade. Gli strateghi inviarono a Sparta
l’emerodromo Filippide, al quale, durante il viaggio d’andata, si presentò il dio Pan che gli
chiese il motivo per cui gli Ateniesi non lo adoravano, visto che lui era sempre stato loro
favorevole. Una volta tornato ad Atene Filippide raccontò ai suoi concittadini dell’incontro:
così fu fondato ai piedi dell’acropoli un sacrario a Pan e in seguito a quel annunzio venne
propiziato con sacrifici annuali e con una corsa di fiaccole. Filippide fu mandato a Sparta per
chiedere degli aiuti per la battaglia contro i Persiani. Per cercare di ottenere lo scopo disse
le seguenti parole:
“O Spartani, gli Ateniesi vi chiedono di venire in loro aiuto e di non permettere che la città
più antica della Grecia cada in schiavitù per opera dei barbari: chè anche Eretria ora è stata
ridotta in schiavitù e la Grecia è stata privata d’una città importante.”(Erodoto VI,107)
Gli Spartani decisero di inviare aiuti, ma, per non violare la legge, non poterono mettersi in
marcia prima del plenilunio. Agli Ateniesi giunsero in soccorso i Plateesi, che erano sotto la
protezione di Atene. Le opinioni degli strateghi ateniesi erano discordi: mentre alcuni non
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Continua 
Battaglia di Maratona
volevano ingaggiare battaglia, altri, tra i quali Milziade, spingevano in tal senso. Così la
decisione passò al polemarco Callimaco. Milziade andò da lui e gli parlò così:
“Sta in te ora, Callimaco, rendere schiava Atene o renderla libera. Ora gli Ateniesi sono
giunti al più grave pericolo, e se dovranno abbassare il capo dinnanzi ai Medi è già deciso quel
che avranno a patire consegnati a Ippia. Se invece questa nostra città sopravvive, è in grado
di diventare la prima delle città greche. Se non combattiamo io mi attendo che una qualche
grossa discordia piombando su di noi sconvolga le menti degli Ateniesi tanto da spingerli a
parteggiare per i Medi. Se invece attaccheremo prima ancora che qualche insano pensiero si
insinui in qualcuno degli Ateniesi, se gli dei resteranno neutrali siamo in grado di
vincere.”(Erodoto VI, 109)
Dopo questo colloquio con Milziade, Callimaco votò in favore della battaglia. Gli strateghi
favorevoli allo scontro, quando toccava loro il turno di comando, lo cedevano a Milziade, il
quale accettava, ma non attaccò battaglia finché non giunse il suo turno effettivo. L’esercito
si schierò e poi si lanciò di corsa contro i barbari. Venuti in massa alle mani con i nemici,
combatterono in maniera memorabile. I Persiani prevalsero al centro, sfondarono le file dei
Greci e li seguirono all’interno. I Greci, invece, nelle due ali vincevano e lasciavano scappare i
barbari in fuga. Poi affrontarono i barbari che avevano sfondato il centro, riunendo le ali. I
Greci ebbero la meglio e dopo si misero ad inseguire i barbari in fuga, trucidandoli. I Persiani
che erano riusciti a mettersi in salvo, salparono con le navi, con l’intenzione di doppiare il
Sunnio e giungere così ad Atene prima delle truppe Ateniesi, che corsero a difendere la città
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Battaglia di Maratona
e riuscirono ad arrivare prima dei nemici, che, vedendo gli Ateniesi già là, volsero subito le
prue e tornarono in Asia. Nella battaglia di Maratona morirono circa 6400 Persiani e 192
Ateniesi. Dopo il plenilunio giunsero ad Atene 2000 Spartani, ma la battaglia aveva già avuto
luogo. Andarono comunque a Maratona, poiché avevano il desiderio di vedere i Medi, poi,
elogiati gli Ateniesi per l’impresa, ritornarono a Sparta.
Emerodromo= messaggero capace di compiere di corsa grandi distanze in un sol giorno.
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L’inganno di Cleomene
“ Lo sai perché laggiù, nella città degli Spartani. Leotichides siede sul trono che fu di
Demaratos e questi vive ormai da anni nell’esilio?” pag. 89
A Sparta erano in carica i due re Cleomene (520-488) e Demarato (510-491). I due non
andavano d’accordo e mentre Cleomene era a Egina e agiva per il bene della Grecia, Demarato
lo calunniava, spinto da odio e rancore. Cleomene, una volta ritornato da Egina, decise di
destituire Demarato accusandolo di non essere figlio legittimo di Aristone, precedente re di
Sparta. Aristone aveva sposato due mogli senza avere figli, poiché non voleva ammettere di
essere proprio lui la causa, si sposò per la terza volta con la moglie di un suo amico spartano
che con un inganno fu costretto a cedergliela. Dieci mesi dopo la donna diede alla luce
Demarato, ma Aristone, datagli la notizia mentre era a consiglio con gli Efori, dopo aver fatto
il conto dei mesi, disse che non poteva trattarsi di un figlio suo, poiché era trascorso troppo
poco tempo. Così Cleomene suggerì agli Spartani di interrogare l’oracolo di Delfi per sapere
se Demarato fosse oppure no figlio legittimo di Aristone. Cleomene però coinvolse Cobone,
uomo potente a Delfi, nell’inganno, e quest’ultimo persuase la pizia Periallo a dire che
Demarato non era figlio legittimo di Aristone. Quando l’intrigo fu scoperto Cobone fuggì da
Delfi e la profetessa periallo fu destituita dalla carica. (Erodoto VI, 61-66)
 collegamento a “i re di Sparta”
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La fuga di Demarato
“O Demarato , il Gran Re ti attende” pag. 94
Dopo l’inganno ordito da Kleomenes Demaratos andò in esilio presso il gran Re Dario che si
preparava per la spedizione contro l’Egitto e contro Atene. Prima di partire doveva però
scegliere il successore poiché presso i Persiani c’era la consuetudine che il re potesse partire
per una spedizione solo dopo aver designato chi avrebbe dovuto avere il comando dopo di lui.
La scelta non era facile perchè Dario aveva avuto tre figli prima di divenire re, il più anziano
dei quali era Artobazane, e quattro dopo la sua nomina, di questi il più anziano era Serse.
Quando Demaratos arrivò a Susa si presentò a Serse. Informato della contesa fra i figli di
Dario, Serse ed Artaserse, consigliò a Serse di dire di essere nato a Dario quando questi era
già re e dominava i Persiani, mentre Artobazane era nato quando Dario era ancora un privato
cittadino. Poiché anche l’usanza di Sparta voleva che se un re aveva avuto un figlio prima
dell’incoronazione e uno dopo la successione spettasse a quest’ultimo Dario si decise a
nominare Serse re dei Persiani (Erodoto VII, 3)
 cartina impero persiano
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Cartina impero persiano
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La fuga di Cleomene
“Kleomenes, sdegnato per essere stato deposto e cacciato dalla città, raccoglieva alleanze
in Arcadia e Messenia” pag. 97
Scoperto l’inganno Cleomene fu deposto e cacciato dalla città e fuggì in Tessaglia. Lì meditò
di marciare contro la sua patria raccogliendo alleanze in Arcadia e in Messenia. Ma gli Efori,
una volta venuti a conoscenza di questo fatto e timorosi per le sorti di Sparta, richiamarono
Cleomene e lo fecero rientrare in patria alle stesse condizioni alle quali anche prima aveva
regnato. (Erodoto VI, 74).
 cartina Peloponneso
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Cartina Peloponneso
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La morte di Cleomene
“La fine di Kleomenes fu orrenda” pag. 100
Cleomene, ritornato a Sparta, venne colto dalla follia, iniziò a bere e a comportarsi in modo
vergognoso. Gli Efori dichiararono che non si poteva tollerare una simile vergogna da parte di
un re così lo imprigionarono e lo legarono ad un ceppo nella piazza principale di Sparta. Un
giorno Cleomene costrinse l’Ilota che lo sorvegliava a consegnargli il pugnale e iniziò a
lacerarsi il corpo fino ad uccidersi. Dopo la morte di Cleomene Leonida affermò che la pazzia
era stata causata dalle droghe che gli avevano fatto assumere gli Efori. ( Erodoto VI, 75)
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Il piano di difesa
“Re Leonida e Re Leotichida partirono una mattina di autunno con il loro seguito diretti a
Corinto” pag. 102
Quando si diffuse la notizia che le truppe del Gran Re si stavano raccogliendo presso
l’Ellesponto, Re Leonida e Re Leotichida partirono per Corinto per incontrarsi con i vari
rappresentanti delle città elleniche per stabilire i piani di difesa contro l'avanzata persiana
guidata da re Serse. L'assemblea ebbe inizio e si decise che il comando supremo doveva
essere affidato a Sparta: i re spartani avrebbero condotto la battaglia via terra, mentre la
flotta sarebbe stata affidata al navarca Euribiade. Secondo Leotichida la linea di difesa
greca doveva essere disposta sull'istmo di Corinto, dove dovevano costruire delle mura.
Pensava poi che si dovessero difendere anche le Termopili, un passaggio stretto e angusto a
nord della Grecia inadatto alle tecniche di guerre
persiane, abituate ad una guerra di movimento basata sulla
cavalleria. In tal modo il numero consistente dei Persiani non
avrebbe potuto niente contro i ben addestrati opliti spartani.
Il passo si trovava nelle vicinanze del fiume Fenice e il villaggio
di Alpeni che sarebbe stato la base operativa degli Spartani.
Sul lato occidentale di questo passo il cammino era impossibile
mentre ad oriente si trovavano le spiagge e le paludi.
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Temistocle e l’oracolo
“Themistokles, figlio di Neokles, concluse: il passo non è la porta dell’Attica…bensì la porta
di tutta la Grecia “pag. 103 “L’oracolo profetizzava spaventose sventure alla città” pag.
105
Gli Ateniesi si recarono a Delfi per consultare l’oracolo sull’imminente guerra con i Persiani, le
parole della Pizia furono infauste. Su consiglio di Timone gli Ateniesi interrogarono
nuovamente l’oracolo che così vaticinò: “Pallade supplice con grave senno e con lunghi discorsi, Non può
placare l'Olimpi. Ma io ti dirò una parola, Irrevocabile: quando di Cecrope il monte e i recessi, Del Citerone
divino saranno conquisi, ad Atena, L'Onniveggente concede che un muro di legno rimanga, Inviolato, riparo
che giovi per te e pei tuoi figli. E non restare in attesa tranquilla dei fanti e cavalli, Che numerosi verranno
da terra; ma cedi piuttosto, Dando le spalle: affrontare più tardi potrai la battaglia. O Salamina divina! su te
molti figli di donna, Quando cosparsa sia Demetra, o venga raccolta, morranno” ma secondo Temistocle,
gli interpreti non avevano decifrato correttamente il responso della Pizia. Considerò infatti
un avvertimento la scomparsa del serpente dal recinto sacro, avvenuta in quei giorni, ed i
sacerdoti, rinvenendo intatto il cibo che gli veniva regolarmente offerto, annunziarono al
popolo che la dea “aveva abbandonato la città per guidarla verso il mare”. Temistocle dichiarò
che il “muro di legno” altro non indicava se non le navi; anche per questo motivo il dio
nominava Salamina “divina”, in quanto avrebbe dato nome ad un grande successo greco contro
i Persiani. Temistocle era convinto che la profezia si riferisse ai Persiani, convinse gli
Ateniesi a rinunciare ad un contributo più ricco di 10 dragme, per finanziare la costruzione di
una flotta navale, con lo scopo di creare la prima linea difensiva sul mare. La proposta di
Temistocle venne accettata nonostante alcuni ufficiali fossero contrari e proponessero
l’abbandono dell’Attica.
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I ponti sull’Ellesponto
“Intanto sulle rive dell’Ellesponto migliaia e migliaia di uomini lavoravano febbrilmente al
grande ponte sotto la guida degli architetti del Re” pag. 108
L’Ellesponto è lo stretto di mare che giace tra la Frigia e il Chersoneso tracico e che separa
l’Asia dall’Europa. Lì i Persiani costruirono un ponte di navi per permettere al loro immenso
esercito di attraversare questa striscia di mare. Ne furono costruiti due, il primo però a
causa di una struttura e di un ancoraggio mal progettati si ruppe. Il ponte fu ricostruito
correttamente e l’enorme esercito del Gran Re lo attraversò senza problemi. (Erodoto VII,
33-36)
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Battaglia delle Termopili
La via di accesso alla Grecia, nella sua parte più stretta, misura solo 50 piedi???, ma la parte
più angusta si trova nel territorio delle Termopili, delimitato dalla città di Alpeni . I Greci
decisero di attendere qui l’arrivo dei Persiani, poiché sapevano che essi non avrebbero potuto
usare in battaglia né moltitudini di soldati né la cavalleria. Alle Termopili furono mandati per
primi Leonida, re di Sparta, e i suoi uomini, perché gli alleati erano occupati con le feste
Carnee e quelle Olimpiche che duravano in successione nove giorni e in questo periodo ogni
attività militare era sospesa. Leonida scelse 300 uomini valorosi per formare il suo esercito.
Mentre Leonida e i suoi erano radunati alle Termopili, Serse, re dei Persiani, mandò un
esploratore a cavallo a spiarli. Egli non vide molto a causa del muro focese, però osservò che
gli Spartani facevano ginnastica e si pettinavano le chiome; infatti questo era uno dei pochi
lussi che la cultura spartana permetteva:curare il proprio corpo nella gravità dl momento era
considerato segno di fierezza. Quando l’esploratore riferì a Serse quanto aveva visto, il re
persiano ne rimase stupito e non riuscendo a comprendere chiamò Demarato, figlio di
Aristone. Costui spiegò a Serse che gli Spartani, gli uomini più valorosi della Grecia, erano
soliti adornarsi le chiome prima di prepararsi a dar battaglia. Serse, incredulo che i Greci in
pochi volessero combattere contro il suo numeroso esercito, mandò i suoi alleati, i Medi e i
Cissei, contro i Greci; ma nonostante la loro superiorità numerica essi erano meno valorosi
degli Spartani e furono decimati. Dopo di loro subentrarono all’assalto gli “Immortali”
dell’esercito persiano, comandati da Idarne. Ma anch’essi tornarono indietro sconfitti, poiché
gli Spartani fingevano di darsi alla fuga rivoltandosi poi improvvisamente contro il nemico che
li seguiva cogliendoli di sorpresa e decimandoli. Mentre Serse era indeciso su come
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Liceo Ginnasio Francesco Petrarca cartina Termopili
Continua 
Battaglia delle Termopili
procedere, Efialte, sperando in una ricompensa, si recò a colloquio con lui e gli svelò
l’esistenza di un sentiero che attraverso il monte porta alle Termopili. Questo causò la rovina
dei Greci che resistevano alle Termopili. Efialte guidò di notte i Persiani lungo il sentiero, e
questi attaccarono i Focesi di guardia. Caddero in molti e l’ oracolo di Delfi, Megistia,
osservando i morti sul terreno predisse che all’alba i Greci avrebbero trovato la morte e la
sconfitta: o Sparta sarebbe stata devastata o il loro re sarebbe morto. Ci fu un gran
trambusto nell’esercito greco: molti decisero di disertare e di andarsene, pochi decisero di
restare. Leonida stesso ne congedò molti preoccupandosi per la loro vita. Lui e i suoi Spartani
rimasero invece per combattere con onore. Solo i Tespiesi rimasero volontariamente al loro
fianco, mentre Leonida trattenne i Tebani come ostaggi. Al
sorgere del sole Serse si mosse all’attacco e trovò Leonida e i
suoi pronti a dare la vita per difendere la Grecia. Nella battaglia
perirono in molti tra cui lo stesso Leonida e gran parte dei suoi
soldati. Gli Spartani però continuarono a combattere con ardore
anche per difendere il corpo del loro amato re dai Persiani. Poi
però videro Efialte e capirono il tradimento; allora arretrarono
verso il colle, tutti ad eccezione dei Tebani. Lì gli Spartani si
difesero fino a perire sotto i dardi dei Persiani, che li avevano
ormai circondati da ogni parte. In quel luogo ora sorge in
memoria di Leonida e dei suoi eroi un monumento.
(Erodoto VII, 209-222)
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Il monumento di Leonida
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Cartina Termopili
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Battaglia di Salamina
I Greci mossero tutte le navi e mentre prendevano il largo i barbari gli furono addosso e
mentre gli altri Greci retrocedevano verso la riva un ateniese attaccò uno scafo nemico e
poiché la sua nave si incastrò gli altri Greci accorsero per aiutarlo.
Questa versione dell’inizio della battaglia navale di Salamina fornitata dagli Ateniesi
sottolinea il coraggio di questi ultimi; esistono però altre versioni, come quella degli Egineti i
quali si attribuiscono il merito di essersi schierati per primi. Di fronte agli Ateniesi erano
schierati i Fenici e di fronte agli Spartani gli Ioni.
La massa di navi venne distrutta a Salamina dagli Ateniesi e dagli Egineti che combattendo
con ordine e rispettando lo schieramento erano più forti rispetto ai barbari che non si erano
tenuti in linea e che non combattevano per la propria libertà come i Greci, ma lo facevano
invece per volontà di Serse.
Inoltre durante la battaglia molti Persiani morirono affogati, mentre i Greci, abili a nuotatori,
si salvarono.
Serse seguiva la battaglia seduto alle falde del monte che fronteggiava Salamina. Le navi che
sfuggivano agli Ateniesi venivano sconfitte dagli Egineti, infatti questi due popoli erano i
migliori fra i Greci.
Alla fine della battaglia i Greci si aspettavano un secondo scontro, ma Serse, timoroso per le
sorti del ponte sull’Ellesponto e temendo di venire bloccato in Europa, meditava la ritirata.
Non volendo però rivelare la sua volontà tentava di raggiungere Salamina.
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Battaglia di Salamina
Il generale persiano Mardonio propose a Serse di rimanere ed invadere la Grecia.
Serse concesse un esercito a Mardonio e tornò a Sardi.
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Battaglia di Platea
L'oracolo di Bacide che alludeva a questa battaglia suonava così: ...”Sul Termodonte e l’Asopo
che ha verdi le sponde gli Elleni Stanno adunati, e l’esercito barbaro emette clamori, Più che
non voglia il Destino ed il Fato ivi molti cadranno: Medi che portano l’arco, ove il giorno
assegnato sia giunto”. Alessandro re dei Macedoni, si spinse a cavallo sino ai presìdi degli
Ateniesi per parlare agli strateghi. Disse: "Ateniesi, affido a voi le mie parole come un pegno,
e dovete riferirle solo a Pausania, altrimenti decretereste la mia fine; non parlerei se non
avessi molto a cuore le sorti della Grecia intera; personalmente, in effetti, vanto una antica
origine ellenica e non vorrei vedere la Grecia ridotta da libera a schiava. Vi avverto che per
Mardonio e il suo esercito i sacrifici non si rivelano propizi; da tempo avreste dovuto
combattere. Ora ha deciso di lasciar perdere i sacrifici e di attaccare alle prime luci del
giorno: teme che si accresca il numero dei vostri soldati. Tenetevi pronti. E se questa guerra
finirà come vi augurate, qualcuno dovrà ricordarsi di me, che per simpatia ho deciso di
rivelarvi i piani di Mardonio, per impedire ai barbari di piombare su di voi all'improvviso".
Detto ciò se ne andò. Gli strateghi ateniesi si recarono sull'ala destra e riferirono a Pausania
quanto avevano appreso da Alessandro.Pausania ebbe paura dei Persiani e disse: "Lo scontro
avverrà al sorgere del sole: è bene che voi Ateniesi vi schieriate di fronte ai Persiani e noi di
fronte ai Beoti e ai Greci attualmente piazzati contro di voi, per la ragione seguente: voi
conoscete i Medi per esservi misurati con loro a Maratona. Noi siamo pratici di Beoti e
Tessali. È meglio che ci trasferiamo: voi qui e noi all'ala sinistra".Mardonio mandò un araldo
agli Spartiati: "Spartani, presso le genti di questo paese avete fama di essere uomini assai
valorosi: vi ammirano perché o uccidete i nemici o vi fate uccidere. Ma non c'era nulla di vero;
prima ancora che attaccassimo vi abbiamo visto abbandonare la posizione, mettendo alla
prova gli Ateniesi e andandovi a schierare di contro ai nostri schiavi. Ci aspettavamo che vi
misuravaste da soli coi Persiani, ed eravamo pronti a farlo. Ebbene, se voi non avete preso
l'iniziativa di questo discorso, la prenderemo noi. Perché non combattiamo lealmente, pari di
numero, voi per i Greci, giacché passate per tanto valorosi, e noi per i barbari?
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Continua 
Battaglia di Platea
Nei presso del monte Citerone, nei giorni precedenti alla battaglia vera e propria il
comandante Masistio tentò un attacco a sorpresa per evitare che col passare dei giorni la
forza d'urto greca aumentasse. Ma le sue speranze si infransero contro le falangigreche e
contro il terreno scomposto che non favoriva i movimenti dei cavalieri. Dopo il fallimento
della cavalleria i greci si spostarono per sistemarsi sulla pianura di fronte alla città di Platea.
Per otto giorni i due schieramenti si fronteggiarono, senza attaccare finchè Mardonio ordinò
una incursione di cavalleria nel passo di Driocefale da dove provenivano i rifornimenti ai greci.
L'operazione riuscì. Quindi sferrò finalmente l'attacco in massa e si trovò le truppe alleate
disposte così: a sinistra gli opliti ateniesi, a destra gli spartani, al centro gli opliti degli alleati
"minori"; grazie a questo schieramento ateniesi e alleati avevano accesso all'acqua del fiume
Asopo mentre gli spartani usavano la sorgente del Gargafia alle loro spalle. La carica della
cavalleria persiana fu preceduta dal lancio di numerosi giavellotti che provocarono
l'arretramento dei greci. I comandanti ellenici decisero di abbandonare le posizioni della
piana per rioccupare le zone collinose alle loro spalle, e soprattutto il passo dal quale
provenivano i rifornimenti che erano stati distrutti.Era una missione importartantissima, si
doveva svolgere di notte; gli alleati minori dovevano prendere posizione presso Platea, gli
ateniesi si sarebbero stabiliti al centro e gli spartani sulla destra. Qualcosa andò storto, un
contingente spartano si rifiutò di abbandonare la posizione e questo causò un ritardo nella
manovra del contingente stesso che col sorgere del sole non aveva raggiunto le posizioni
prefissate.All'alba Mardonio fece avanzare l'intero esercito con a destra Beoti e greci
alleati, a sinistra i persiani e al centro gli Asiatici. La cavalleria fu lanciata contro il
contingente rimasto isolato sulla piana per bloccarlo in attesa della fanteria imperiale. I
cavalieri persiani evitarono lo scontro diretto con gli opliti greci, così lanciavano giavellotti
dalla distanza. Giunse la fanteria che protesse gli arcieri che bersagliavano i fanti greci. Fino
a qui Mardonio ebbe la meglio, però commise un grave errore: serrò troppo i ranghi tra i
reparti, che assunsero un 'aspetto più compatto, ma che non resse l'urto della falange greca.
Gli opliti fecero breccia nello schieramento creando una situazione di caos nelle file persiane.
Sebbene la fanteria tentò una strenua resistenza la morte dello stesso Mardonio sancì
definitivamente la sconfitta persiana.
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Battaglia di Platea
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Trattative di Pausania con i
barbari e Cimone
“Io saprò intanto come disfarmi degli Efori e degli Anziani e anche del Re Leotichidas, se
necessario…con l’aiuto del Re di Persia.” pag. 212
Pausania, il re che guidò le truppe spartane nella battaglia di Platea contro il persiano
Mardonio, appoggiava e favoriva i Persiani perché era stato colpito dalla loro ricchezza e dal
loro lusso. Mirava a sovvertire gli ordinamenti di Sparta avvalendosi, se necessario, dell’aiuto
del re di Persia. I nobili Spartani avevano intuito ciò che voleva fare, ma non avevano prove
per accusarlo.
“La flotta ateniese al comando di Cimone si presentò all’imbocco del Bosforo e l’ammiraglio
gli inviò l’ordine di abbandonare la città” pag. 238
Alla fine delle guerre persiane l’uomo di spicco ad Atene era Cimone, esponente del partito
aristocratico e sostenitore della necessità di un’alleanza con Sparta contro i Persiani. Egli
comprese il progetto di Pausania e raccolse intorno a sé il sostegno di coloro che, come lui,
non approvavano la sua politica. Dopo essersi assicurato un buon seguito tra gli alleati Cimone
mandò a dire agli efori di richiamare Pausania a Sparta per la sua perdita di prestigio e il
turbamento prodotto in Grecia. ( Plutarco, Vita di Cimone 6,1-3)
Cimone, (510-425 a.C.), generale e statista Ateniese, era il figlio di Milziade, l’eroe di
Maratona, e fu fin dall’inizio filospartano. Ottenuto il comando della flotta, iniziò una
campagna di liberazione della costa meridionale della Tracia dalle truppe persiane; in seguito
all’allontanamento di Temistocle, Cimone diventò uno dei cittadini più potenti di Atene. Dopo
un primo soccorso a Sparta, non fu accolto positivamente e il contingente di Cimone fu
costretto a tornare ad Atene. Cimone venne esiliato con l’ostracismo. L’anno dopo essere
stato richiamato in patria da Pericle fu colpito da un’epidemia e morì.
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Contatti tra Pausania e Serse
Contatti tra Pausania e Serse attraverso il satrapo Artabazos pag. 217
Dopo la strage di Iloti nel “tempio di bronzo” provocata dagli Spartani, Pausania viene
richiamato e spera con delle relazioni segrete di dominare l’intera Grecia. Prende Bisanzio
con lo scopo di fuggire. Affida tutto in mano a Gongilo e scrive una lettera per il re nella
quale Gongilo chiede in moglie la figlia. Serse si compiace molto della lettera accettando la
richiesta e rispedisce un messaggero per ringraziarlo e per favorire le sue azioni.
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Contatti tra Pausania e
Temistocle e morte di Pausania
“ Ti si attribuiscono inoltre simpatie per i democratici ateniesi e contatti diretti con
Temistocle” p. 234
Pausania, quando architettò il tradimento, non lo rivelò subito a Temistocle, il vincitore della
battaglia di Salamina, ma solo dopo che quest’ultimo fu cacciato cacciato dalla città dal
partito aristocratico. Temistocle respinse l’offerta di collaborazione e rifiutò di collaborare
con lui. Solo dopo la morte di quest’ultimo si scoprirono i contatti tra i due. (Plutarco, Vita di
Temistocle 23, 1-4)
“Mi chiamo Argheilos e sono stato al servizio del Re Pausanias a Bisanzio” pag. 249
Gli efori sottoposero a dei controlli la vita di Pausania alla ricerca di prove più efficaci ed
indizi più sicuri a suo sfavore. Ma la prova fondamentale per l’accusa di Pausania fu la
denuncia sporta da un suo vecchio servitore, Argiglio, che presentò agli efori l’ultima lettera
scritta personalmente dal re. Essi, per avere una prova decisiva degli accordi di Pausania con i
Persiani e degli accordi stipulati con degli Iloti, vollero ascoltare con le proprie orecchie
qualche frase pronunciata direttamente da Pausania che lo compromettesse del tutto. Così,
dopo aver preso accordi con Argiglio, che tese una trappola al re, gli efori riuscirono ad udire
le sue parole. Quando Pausania capì che la sua fine era vicina, si rifugiò per alcuni giorni nella
casa di Bronzo, dove non poteva essere catturato, ma dopo alcuni giorni fu trascinato fuori
stremato e affamato e morì.
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Terremoto a Sparta
“In quel momento si udì un sordo boato, una specie di rombo proveniente da sottoterra.”
pag. 285
Nel 465 a.C., IV anno di regno di Archidamo, ci fu un violento terremoto che aprì voragini
nelle campagne di Sparta, staccò alcuni picchi del Taigeto e rase al suolo la capitale ad
eccezione di cinque case.
“Si racconta che nel mezzo del porticato si stavano esercitando insieme i ragazzi e i giovani,
quando, poco prima del terremoto, comparve una lepre; unti com’erano, i ragazzi uscirono di
corsa con gran divertimento per inseguirla, mentre i giovani rimasero là e il ginnasio crollò
loro addosso, uccidendoli tutti quanti. La loro tomba è chiamata tuttora Sismatia.” ( Plutarco,
Vita di Cimone, 16 4-6)
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La rivolta degli Iloti
“Gli Iloti attaccano Sparta.” pag. 291
Dopo il terrremoto che colpì il Peloponneso il re Archidamo, intuendo il pericolo di una rivolta
degli Iloti, comandò al trombettiere di segnalare un attacco nemico affinché gli Spartani si
adunassero in armi.
Gli Iloti infatti si armarono con l’intenzione di fare strage di Spartani, ma li trovarono già
schierati in armi. Iniziarono così una guerra aperta con il sostegno dei Perieci e dei Messeni.
(Plutarco, Vita di Cimone 16, 7)
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Richiesta di aiuto ad Atene
“Avevano chiesto aiuto agli Ateniesi e speravano nell’invio di un forte contingente
dall’Attica.” pag. 313
Gli Spartani chiesero l’aiuto degli Ateniesi contro i Messeni e gli iloti a Itome. In Atene
Efialte si oppose alla richiesta e scongiurò i concittadini di non soccorrere né risollevare una
città rivale di Atene. Cimone invece pospose l’espansione della sua patria all’interesse di
Sparta e persuase i popolo a portare aiuto alla città. L’audacia degli Ateniesi destò timore
negli Spartani che rimandarono indietro gli aiuti. Subito cominciò in Atene una persecuzione
degli elementi filospartani e Cimone con un piccolo pretesto fu ostracizzato. (Plutarco, Vita
di Cimone 16, 7-8 e 17, 3)
Cimone, (510-425 a.C.) è stato un generale e statista Ateniese, era il figlio di Milziade, l’eroe
di Maratona, e fu fin dall’inizio filospartano. Ottenuto il comando della flotta, iniziò una
campagna di liberazione della costa meridionale della Tracia dalle truppe persiane; in seguito
all’allontanamento di Temistocle, Cimone diventò uno dei cittadini più potenti di Atene. Dopo
un primo soccorso a Sparta, non fu accolto positivamente e il contingente di Cimone fu
costretto a tornare ad Atene. Cimone venne esiliato con l’ostracismo. L’anno dopo essere
stato richiamato in patria da Pericle fu colpito da un’epidemia e morì.
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Immagine riassuntiva
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Chi era Erodoto?
« Se si proponesse a tutti gli uomini di fare una scelta fra le
varie tradizioni e li si invitasse a scegliersi le più belle, ciascuno,
dopo opportuna riflessione, preferirebbe quelle del suo paese:
tanto a ciascuno sembrano di gran lunga migliori le proprie
costumanze.»
(Erodoto, Storie - libro III, 38)
Erodoto (Alicarnasso, 484 a.C. – Thurii, 425 a.C.) considerato dagli antichi il “padre della
storia” nelle “Storie” ha affrontato il tema delle guerre persiane e ha descritto paesi e
persone da lui conosciute in numerosi viaggi. Il titolo della sua opera “Storie” deriva
dal greco Ἰστορἴαι, Istoriai che significa indagine, ricerca. È ritenuto il "padre della
storia" in quanto, nella sua opera cerca di individuare le cause che hanno portato alla
guerra fra le poleis unite della Grecia e l'impero persiano ponendosi in una prospettiva
storica, utilizzando l'inchiesta e diffidando degli incerti resoconti dei suoi
predecessori. È considerato anche il "padre dell'etnografia" grazie alle sue descrizioni
dei popoli cosiddetti barbari (Persiani, Egiziani, Medi e Sciti) che, seppur con molte
inesattezze, mostrano un pensiero aperto ed una grande capacità d'osservazione.
Questa apertura mentale e curiosità verso culture non greche può che essere spiegato
pensando al luogo di nascita dello storico. Alicarnasso era, infatti, una città greca dalle
varie tradizioni ed in forte contatto con il mondo “barbaro”. La stessa biografia dello
storico porta il segno di questo intreccio di culture.
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Schema di riferimento
AVVENIMENTI STORICI
LO SCUDO DI TALOS
LE STORIE DI ERODOTO
Filippide a Sparta
Cap. III pag. 41-42
VI 105-106
Tradimento di Aristagora
Cap. III pag. 45-46
V 30-38
Richiesta di aiuto a Sparta
Cap. III pag. 45-46
V 49
"Noi Spartani potremmo dire…"
Cap. III pag. 47
VII 139
Battaglia di Maratona
Cap. III pag. 49
VI 102-120
Inganno di Cleomene
Cap. VI pag. 89
VI 61-71
Fuga di Demarato
Cap. VII pag. 94-96
VII 3
Fuga di Cleomene
Cap. VII pag. 97
VI 74
Ritorno a Sparta di Cleomene
Cap. VII pag. 100
VI 75
Piano di difesa
Cap. VII pag.102
VII 175-177
Temistocle
Cap. VII pag. 103-104
VII 143-144
Responso oracolo di Delfi
Cap. VII pag. 105
VII 140
Costruzione ponti sull'Ellesponto
Cap. VIII pag. 108-109
VII 1-36
Battaglia delle Termopili
Cap. VIII pag. 117-118
VII 205-212
Morte di Leonida
Cap. VIII pag. 123
VII 220
Tradimento di Efialte
Cap. IX pag. 137
VII 213-219
Battaglia di Salamina
Cap. X pag. 148
VIII 84-107
Pausania contro Mardonio
Cap. XI pag. 161
IX 7-12
Battaglia di Platea
cap. XI pag. 166
IX 46-70
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La cultura spartana
Particolarità e curiosità sulla cultura spartana e in particolare sul profondo senso di
disprezzo che ogni Spartano, degno di essere chiamato tale, provava nei confronti del lusso e
ancor più dello sfarzo.
i re di Sparta
le monete spartane
i pasti comuni
l’educazione dei figli
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I re di Sparta
Dinastia Agìade
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Dinastia Euripontide
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La dinastia Agìade
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Euristene
Agide I
Echestrato
Leobate
Dorisso
Agesilao I
Archelao
Teleclo
Alcamene
Polidoro
Euricrate
Anassandro
Euricratide
Leone
Anassandrida II
Cleomene I
Leonida I
Plistarco
Pleistoanasse
Pausania di Sparta
Agesipolide I
Cleombroto I
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c.930 a.C.
c.930 - c.900 a.C.
c.900 - c.870 a.C.
c.870 - c.840 a.C.
c.840 - c.820 a.C.
c .820 - c.790 a.C.
c.790 - c.760 a.C.
c.760 - c.740 a.C.
c.740 - c.700 a.C.
c.700 - c.665 a.C.
c.665 - c.640 a.C.
c.640 - c.615 a.C.
c.615 - c.590 a.C.
c.590 - 560 a.C.
c.560 - c.520 a.C.
c.520 - c.490 a.C.
c.490 - 480 a.C.
c.480 - c.459 a.C.
c.459 - 409 a.C.
c.409 - 395 a.C.
c.395 - 380 a.C.
c.380 - 371 a.C.
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Agesipolide II
Cleomene II
Areo I
Acrotato
Areo II
Leonida II
Cleomene III
c.371 - 370 a.C.
c.370 - 309 a.C.
c.309 - 265 a.C.
c.265 - 262 a.C.
c.262 - 254 a.C.
c.254 - 235 a.C.
c.235 - 222 a.C.
Dinastia Euripontide
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La dinastia Euripontide
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Procle
Soos
Euripone
Pritanide
Polidecte
Eunomo
Carillo
Nicandro
Teopompo
Anassandrida I
Zeuxidamo
Anassidamo
Archidamo I
Agasicle
Aristone
Demarato
Leotichida
Archidamo II
Agide II
Agesilao II di Sparta
Archidamo III
Agide III
Eudamida I
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c.890 a.C.
c.890 - c.860 a.C.
c.860 - c.830 a.C.
c.830 - c.800 a.C.
c.800 - c.780 a.C.
c.780 - c.750 a.C.
c.750 - c.720 a.C.
c.720 - c.675 a.C.
c.675 - c.645 a.C.
c.645 - c.625 a.C.
c.625 - c.600 a.C.
c.600 - c.575 a.C.
c.575 - c.550 a.C.
c.550 - c.515 a.C.
c.515 - c.491 a.C.
c.491 - 469 a.C.
c.469 - 427 a.C.
c.427 - 400 a.C.
c.400 - 360 a.C.
c.360 - 338 a.C.
c.338 - 331 a.C.
c.331 - c.305 a.C.
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Archidamo IV
Eudamida II
Agide IV
Eudamida III
Archidamo V
Eucleida
c.305 - c.275 a.C.
c.275 - c.245 a.C.
c.245 - 241 a.C.
c. 241 - 228 a.C.
c.228 - 227 a.C.
c.227 - 221 a.C.
(Eucleidas era in realtà un Agiade - suo fratello
Cleomene III depose il cosovrano euripontide e
ne diede i poteri a Eucleida)
Dinastia Agìade
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Le monete spartane
Tra i provvedimenti presi da Licurgo ci fu la ridistribuzione delle terre. A Sparta c’era
infatti una grande disuguaglianza e molti nullatenenti e poveri si riversavano in città ,mentre
la ricchezza era concentrata completamente nelle mani di pochi. Perciò Licurgo divise il
territorio della Laconia in trentamila lotti fra i Perieci e affidò la zona tributaria di Sparta,
divisa in novemila lotti, agli Spartiati. In seguito si accinse anche a spartire i beni mobili.
Per estirpare il lusso dichiarò fuori corso qualsiasi moneta d’ oro e d’ argento , e prescrisse
di ricorrere soltanto a monete di ferro: a queste assegnò un valore piccolo in rapporto ad un
peso ed a un volume grandi , così che per tenere in casa l’ equivalente di dieci mine
occorreva un vasto deposito e ci voleva una coppia di buoi per trasportarlo. La moneta di
ferro non era trasferibile presso gli altri greci , e aveva valore solo a Sparta : perciò non era
possibile comprare nessuno dei prodotti stranieri, nemmeno di poco valore o prezzo, nessun
carico di mercanzie approdava ai porti, e non mettevano piede in Laconia né indovini, né
sfruttatori di prostitute , né fabbricanti di monili d’ oro o d’ argento , poiché non c’era
moneta. Con l’ intenzione di attaccare ancora più a fondo il lusso e di eliminare il desiderio
di ricchezza , istituì i pasti in comune. I cittadini ,perciò, si dovevano riunire e mangiare
insieme gli stessi cibi e le stesse vivande. (Plutarco, Vita di Ligurgo 8 e 9)
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I pasti comuni
Gli Spartani chiamavano i pasti in comune “phiditia”, o perché suscitavano amicizia e affetto,
o perché abituavano alla frugalità e alla parsimonia. Ci si riuniva in gruppi di 15 persone, poco
più o poco meno. Ciascuno dei commensali portava ogni mese un medimno di farina, otto congi
di vino, cinque mine di formaggio, due mine e mezzo di fichi, e una modestissima somma per
l’acquisto di altri alimenti. Chi celebrava dei sacrifici o si era attardato a cacciare poteva
pranzare a casa, mentre tutti gli altri avevano l’obbligo di essere presenti. Per molto tempo si
osservò la consuetudine dei pasti in comune. Ad essi intervenivano anche i ragazzi, che vi
erano condotti come ad una scuola di frugalità. A tutti quelli che entravano nella sala, il più
anziano mostrava la porta e diceva:”da questa non esce parola”. Chi voleva partecipare ad un
pasto in comune veniva sottoposto ad un giudizio: ogni commensale gettava una pallina di
mollica dentro un vaso. La pallina era sferica se il voto era positivo, schiacciata se negativo.
Se si trovava anche solamente una pallina schiacciata il postulante non veniva ammesso,
perché volevano che tutti stessero volentieri in compagnia fra loro. Chi veniva respinto in
questo modo veniva chiamato “caddito” perché il vaso il cui si lanciavano le palline si chiamava
“caddichos”. La pietanza più rinomata a Sparta era il “brodo nero”. Tanto che gli anziani non
chiedevano neppure la carne, che lasciavano ai giovinetti, ma si saziavano con il brodo. Dopo
aver mangiato ogni commensale se ne andava via senza torcia per abituarsi a camminare al
buio tranquillamente senza paura. (Plutarco, Vita di Licurgo 12)
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L’educazione dei figli
I genitori non si occupavano molto dell’educazione dei propri figli; li portavano in un luogo
chiamato lesche, in cui c’erano i più anziani che esaminavano i più piccoli. Se il bambino era
ben formato ordinavano di allevarlo, mentre se era deformato lo inviavano nei “depositi”, cioè
lo gettavano in una voragine sulle pendici del Taigeto. Quando i figli raggiungevano i sette
anni venivano divisi in gruppi e li facevano vivere assieme; il capo del gruppo dava esempio agli
altri. Imparavano a leggere e a scrivere. Non indossavano nessuna tunica, ma avevano solo un
mantello per tutto l’anno e dormivano tutti assieme su dei pagliericci. A quell’età
frequentavano degli amanti; gli anziani si occupavano dei ginnasi e assistevano ai loro
combattimenti, li sorvegliavano, pensando di essere in un certo qual modo tutti padri,
pedagoghi e capi di tutti: così non restavano momenti in nessun luogo senza che qualcuno
commettesse qualche fallo e che venisse punito. Fra gli uomini di merito veniva eletto anche
un prefetto dei fanciulli e ogni gruppo si sceglieva un Irene, ragazzo uscito dalla fase
adolescente da due anni, e i Mellirene, il più vecchio tra i ragazzi. Dunque gli Ireni nelle
battaglie comandavano i fanciulli e in casa li usavano come servitori, quelli più grandi
portavano legna, i più piccoli verdure, e le rubavano, alcuni negli orti e altri nelle mense
comuni degli adulti, con cautela, e se uno veniva colto sul fatto meritava molti colpi di sferza,
perché dimostrava di rubare senza abilità. Rubavano qualsiasi cosa potevano, assalivano chi
faceva cattiva guardia o chi dormiva, e, se venivano visti, la pena era di frustate e di digiuno.
Ricevevano pasti scarsi perché si dovevano difendere da soli contro la fame ed erano
costretti a diventare audaci e astuti. Un risultato secondario era la crescita fisica. Il corpo
si sviluppava in altezza, se lo spirito vitale non incontrava ostacoli, spinto a espandersi verso
il basso da una grande quantità di cibo, ma si innalzava per la sua leggerezza mentre il corpo
cresceva. (Plutarco, Vita di Licurgo 16)
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