CINEMA E FILOSOFIA
di
Andrea Sani
Estetica cinematografica e filosofia del cinema
• Il rapporto tra cinema e filosofia può essere affrontato da due punti
di vista diversi: dal punto di vista dell’estetica cinematografica e dal
punto di vista della filosofia del cinema.
• L’estetica cinematografica analizza e valuta filosoficamente il
cosiddetto “linguaggio cinematografico”, cioè quegli elementi
linguistici che sono caratteristici del cinema, e che lo differenziano
dalle altre forme d’arte, come l’uso delle inquadrature, il movimento,
il montaggio, ecc.
• La filosofia del cinema, invece, consiste nel ricercare in un film la
presenza di classiche problematiche della storia della filosofia.
Pensiero per immagini
• La filosofia può esprimersi attraverso delle immagini?
• Al riguardo esistono due tradizioni filosofiche opposte: una che
risale a Platone e una che risale ad Aristotele.
Platone
• La tradizione filosofica che risale a Platone (427-347 a.C.) sembra
escludere il valore filosofico delle immagini.
• Secondo questa tradizione, la filosofia consiste nel cogliere, al di là
delle apparenze visibili, la realtà invisibile e astratta delle idee. La
conoscenza filosofica non richiede gli occhi del corpo, ma
esclusivamente l’uso degli occhi della mente.
Nel Fedro, Platone afferma che il vero essere, costituito
dall’insieme delle idee, è «incolore, privo di figura ed intangibile»
(Fedro, 247c).
Il mito della caverna: Repubblica, libro VII
• Secondo Platone, il filosofo è colui che non guarda più le ombre
proiettate nel buio della caverna ma che esce all’aria aperta e
conosce direttamente le cose, le quali, nel mito, simboleggiano le
idee.
Aristotele
• Una corrente filosofica diversa – che risale ad Aristotele (384-322
a.C.) – critica la trascendenza delle idee e rivaluta la dimensione
sensibile e con essa il mondo delle immagini, delle
rappresentazioni e quindi dell’arte.
• L’arte – afferma Aristotele nella Poetica – non imita il particolare,
ma l’universale, ossia quello che c’è di più vero e di più generale
nella realtà.
• La tragedia greca, per esempio, descrive personaggi e passioni
esemplari, cioè, appunto, universali, e per questo è molto vicina
alla filosofia.
• In generale, alla concezione platonica che denigra la conoscenza
per immagini, si può obiettare che talvolta le figure sensibili
possono aiutare a capire anche il pensiero astratto.
• Per esempio, la variazione di una grandezza può essere
compresa meglio con l’ausilio di un grafico, cioè tramite l’immagine
di una curva, che attraverso una serie di cifre.
• I cerchi di Eulero (1707-1783) possono essere utili per
visualizzare i ragionamenti di tipo sillogistico.
I miti come immagini mentali
• D’altra parte, l’utilizzo di immagini è stato ampiamente sfruttato
anche dai filosofi, per far comprendere ai non filosofi delle teorie
molto difficili.
• Lo stesso Platone, che pure ritiene imperfetta la conoscenza
tramite le immagini, nei suoi dialoghi ricorre spesso ai “miti”, che
sono, in fondo, immagini mentali (come il mito della caverna).
• Si pensi anche all’immagine platonica della biga alata nel Fedro,
che simboleggia l’anima umana.
Julio Cabrera
• Oggi anche il cinema, attraverso le sue immagini in movimento
può mettere in gioco problemi astratti e complesse questioni
filosofiche.
• Per approfondire il tema del rapporto cinema-filosofia può essere
utile la tettura del libro di Julio Cabrera, Da Aristotele a Spielberg.
Capire la filosofia attraverso i film (Bruno Mondadori, 1999).
Concettidea e concettimmagine
• Cabrera distingue due tipi di concetti: i concettidea e i
concettimmagine.
• I concettidea sono i concetti astratti tradizionali, presenti nei
dizionari e nei trattati di filosofia.
• I concettimmagine sono immagini (mentali nella letteratura, o
visive nel cinema), che riescono a rappresentare problematiche
universali concernenti il mondo, l’uomo o i valori, garantendo anche
un coinvolgimento emotivo.
Nella Critica della ragion
pratica (1788) di Immanuel
Kant
(1724-1804)
è
espresso il concettidea
della morale del dovere.
Nel film di Fred Zinnemann
Un uomo per tutte le
stagioni (1966) è espresso
il
concettimmagine
dell’etica kantiana.
Vico e gli universali fantastici
• Già il filosofo napoletano Giambattista Vico (1668-1744) nella
Scienza Nuova (1725, 1730 e 1744) distingue gli universali
ragionati dagli universali fantastici.
• Gli universali ragionati (che corrispondono ai concettidea di
Cabrera) sono i concetti astratti della filosofia:
VERO/FALSO
BENE/MALE
BELLO/BRUTTO
REALE/IMMAGINARIO
CASO/NECESSITA’
• Gli universali fantastici (che corrispondono ai concettimmagine
di Cabrera) sono le immagini fantastiche della poesia (per
esempio dell’Iliade o dell’Odissea) che esprimono caratteri tipici del
mondo e della vita.
Due universali fantastici (o concettimmagine):
Ulisse = la prudenza
(Odissea)
Armonica = la vendetta
(C’era una volta il West)
Fantascienza e filosofia
• Secondo Cabrera, non è vero che soltanto i film cerebrali e molto
dialogati possiedano una valenza speculativa.
• Persino un film “spettacolare” destinato al grande pubblico può
esprimere un messaggio filosofico.
• Uno dei generi cinematografici più “filosofici” è addirittura quello,
popolarissimo, di fantascienza.
Esperimenti mentali
• Alcuni film di fantascienza nel descrivere fenomeni insoliti o
straordinari, alludono – consapevolmente o inconsapevolmente –
alle teorie dei filosofi.
• Questi film riescono a visualizzare i cosiddetti “esperimenti
mentali” (o “ideali”) della filosofia.
• Gli esperimenti mentali sono frequenti soprattutto nelle opere dei
filosofi della mente, che discutono di improbabili trapianti del
cervello (cfr. i saggi di Hilary Putnam), o di fantastici raggi
teletrasportatori (cfr. i saggi di Derek Parfit).
• All’esperimento mentale del “cervello in una vasca” di Putnam è
ispirato il film Matrix (1999 e 2003), diretto dai fratelli Larry e Andy
Wachowski.
Hilary Putnam
Matrix
• Uno dei film più metafisici della storia del cinema è 2001: Odissea
nello spazio (2001: A Space Odyssey, 1968) di Stanley Kubrick,
che può considerarsi il concettimmagine della teoria filosofica del
superuomo .di Friedrich Nietzsche (1844-1900).
• L’azione del film di Kubrick inizia sulla Terra durante la preistoria,
quando i nostri progenitori vivevano allo stato bestiale.
• Su un territorio semidesertico, due gruppi di ominidi si sfidano per
il controllo di una fonte d'acqua.
• Il capo di una delle due tribù, dopo il suo incontro con un monolito
nero apparso improvvisamente davanti alla sua grotta, scopre che un
osso può essere usato come arma d’offesa e uccide il capo dei
suoi nemici.
• Con la più bella ellissi narrativa della storia del cinema – un osso
lanciato in alto da un ominide che si trasforma in un’astronave
– l’azione si sposta, poi, quattro milioni di anni dopo, nel 2001.
• Sulla Luna colonizzata, vicino alla base di Clavius, viene scoperto
un nuovo monolito che riceve un segnale fortissimo proveniente da
Giove.
• Così, un equipaggio di cosmonauti, guidato dal cervello
elettronico HAL 9000, si mette in viaggio sull'astronave Discovery
verso Giove, e cioè nella direzione indicata dal monolito.
• Però il computer di bordo HAL 9000 commette un errore, e poiché
non può sopportare la consapevolezza della propria fallibilità,
“impazzisce” e uccide quasi tutti gli astronauti.
• Dell’equipaggio della Discovery si salva soltanto l’astronauta
David Bowman (Keir Dullea), che riesce a disattivare il
computer.
• A questo punto, Bowman entra nell’atmosfera di Giove e viene
risucchiato in un’altra dimensione, passando attraverso un vortice
spazio-temporale di immagini e visioni psichedeliche.
• Al termine di questo trip allucinante, l'astronauta si risveglia
all’improvviso in una stanza settecentesca rococò. Qui Bowman
passa dalla maturità alla vecchiaia ed entra in agonia.
• Rivede infine il monolito nero e rinasce sotto forma di feto astrale
(Star Child), in una sorta di Eterno Ritorno.
• 2001: Odissea nello Spazio svolge alcuni grandi temi cari a
Stanley Kubrick: uno di questi è quello dell’Intelligenza Artificiale.
• Kubrick ammette già, in 2001: Odissea nello spazio l’idea (poco
realistica) che un computer possa provare delle reazioni emotive.
• In questo film, il computer HAL «impazzisce» e uccide quasi tutti
gli astronauti
• Il concetto fantascientifico che le macchine si umanizzino sarà
ripreso nel film A.I. Intelligenza artificiale (A.I. Artificial
Intelligence, 2001) di Steven Spielberg, che Kubrick stesso
avrebbe voluto realizzare.
• Ma qual è il significato profondo del film?
• Da quando 2001: Odissea nello spazio è apparso sullo schermo,
nel 1968, gli spettatori e i critici si sono scervellati per comprendere il
“messaggio” di questa opera enigmatica.
• Infatti, Kubrick ci lascia incerti sulla natura e sulla provenienza del
monolito, in cui alcuni vedono Dio, un essere extra-terrestre, la
Coscienza, la Tavola della Legge, il Primo Mattone dell’Universo,
ecc., ecc.
• In realtà, è proprio dall’ambiguità delle sue immagini che 2001:
Odissea nello spazio trae un fascino misterioso, di cui forse
sarebbe sprovvisto se ogni sequenza fosse spiegata con pedante
chiarezza.
• Secondo una delle interpretazioni più attendibili, il film
rappresenterebbe l’evoluzione dell’umanità dallo stadio bestiale
a quello umano, e poi, nel finale psichedelico, il mutamento dallo
stadio attuale di “uomo tecnologico” a quello di Uomo Nuovo.
• Come il monolito ha consentito nella preistoria il passaggio dalla
scimmia all’uomo, così, nel 2001, su Giove, consente l’evoluzione
dall’uomo al superuomo.
• Infatti, il feto astrale con cui si conclude il film è probabilmente il
superuomo, o meglio l’oltreuomo (Übermensch), di cui parla
filosofo tedesco Friedrich Nietzsche (1844-1900).
• Tale ipotesi è suggerita dal commento musicale che accompagna
l’inizio e la fine del capolavoro kubrickiano, tratto dal poema sinfonico
Così parlò Zarathustra (1896) di Richard Strauss, ispirato,
appunto, all’omonimo capolavoro di Nietzsche del 1883-85, in cui
l’antico profeta persiano Zarathustra, ritornato sulla Terra, annuncia
l’avvento dell’oltreuomo.
• Che lo Star Child di 2001 possa raffigurare l’Übermensch, è
avvalorato anche dal fatto che Nietzsche, nel discorso di
Zarathustra intitolato Le tre metamorfosi, paragona l’oltreuomo
proprio a un bambino.
• Le tre metamorfosi spiegano, secondo Nietzsche, come debba
svolgersi l’evoluzione dello spirito umano dall’obbedienza,
simboleggiata dal cammello, alla negazione violenta dei vecchi
valori, impersonata dal leone, infine alla pura affermazione di
sé, di cui è appunto immagine il fanciullo.
• Al bambino è associata la rinascita, la mancanza di un passato,
l’oblio.
• Il fanciullo non ha valori esterni a se stesso, e rappresenta
l’Übermensch che dev’essere creatore di valori sempre nuovi.
• In un’intervista del 1970 è lo stesso Kubrick a indicare la
possibile chiave di lettura nietzschiana di 2001: Odissea nello
spazio:
• “Quando l’astronauta che è sopravvissuto, Bowman, raggiunge
Giove, il monolito lo trascina in un campo di forze, attraverso degli
spazi interiori ed esterni, e lo trasporta infine in un’altra parte della
galassia. Qui è collocato in uno zoo umano, in una specie di
ospedale, un luogo pseudo-terrestre ricavato dai suoi sogni e
dalla sua immaginazione. Il tempo non esiste: la sua vita passa
dall’età matura alla vecchiaia e alla morte. Rinasce poi in un essere
potenziato, un bambino-stella, un angelo, un superuomo – se
volete – e ritorna sulla Terra pronto per la nuova tappa
dell’evoluzione e del destino umano”.
• Il film di Stanley Kubrick sembra presentare il superuomo come
il frutto dell’evoluzione, cioè come l’esponente ulteriore, sul piano
biologico, della specie umana.
• Oggi, però, una simile ipotesi interpretativa della teoria di
Nietzsche non è molto accreditata.
• L’Übermensch non appartiene a una razza superiore, ma è il
filosofo dell’avvenire che crea una nuova tavola di valori.
• Per Nietzsche il superuomo dovrà operare una “trasmutazione
di tutti i valori”, contrapponendo ai valori della rinuncia i valori
vitali che derivano dall’accettazione entusiastica della vita (forza,
audacia, capacità di dominio, ecc.).
Dioniso
• La figura dell’Übermensch teorizzata da Nietzsche risulta
profondamente ambigua, dato che oscilla tra quella della “bella
individualità” di origine umanistica (lo spirito forte e libero), e
quella del guerriero, che è spinto da un impulso più distruttivo che
costruttivo.
• Infatti, l’oltreuomo è colui che pecca di hybris, cioè della
tracotanza di chi è al di là del bene e del male.
• Ammettendo un’ideale continuità nell’opera di Stanley Kubrick, si
può supporre che il grande regista americano abbia sviluppato
queste due diverse concezioni dell’oltreuomo (inespresse in 2001:
Odissea nello spazio) in due dei suoi film successivi:
• Arancia meccanica (A Clockwork Orange, 1971) e Shining (The
Shining, 1980).
• Alex (Malcolm McDowell), il giovane protagonista di Arancia
meccanica che pratica l’ultraviolenza, è probabilmente l’emblema
dell’Übermensch che è al di là del bene e del male.
• Nietzsche sa che il superuomo verrà tacciato di immoralismo;
non dubita che “i buoni e i giusti chiamerebbero diavolo il
superuomo”. E anche l’Alex di Stanley Kubrick è l’incarnazione
del demoniaco.
•
Il diretto rapporto tra il feto astrale e il personaggio di Alex,
sembra dimostrato dall’affinità tra l’ultima immagine di 2001:
Odissea nello spazio, in cui è inquadrato l’occhio dello Star
Child, e la prima immagine di Arancia meccanica, che Kubrick
ha realizzato subito dopo 2001, con l’occhio di Alex in primo
piano, come a dimostrare che Alex è la personificazione negativa
dell’oltreuomo.
• Invece, Danny (Danny Lloyd), il bambino dotato di poteri extrasensoriali di uno dei film successivi di Kubrick, Shining, potrebbe
rappresentare il superuomo come figura “luminosa”, che “dona
la virtù” e redime.
• In effetti, grazie al suo shining (tradotto in italiano con
“luccicanza”), Danny si trova allo stadio dell’illuminazione, della
luce interiore.
• La relazione tra il puer di 2001: Odissea nello spazio e il
bambino di Shining è suggerita anche da un confronto tra i due
manifesti originali dei film. Il manifesto americano di Shining
mostra un viso infantile (probabilmente quello di Danny Lloyd), con
gli occhi sbarrati.
• Il volto del manifesto di Shining sembra quello di un fanciullo
molto piccolo (quasi un feto) e l’immagine ricorda appunto il
manifesto americano di 2001: Odissea nello spazio , che
rappresenta, in primo piano, lo Star Child.
•
Se si accetta la spiegazione in termini nietzschiani ed
“evoluzionisti” di 2001: Odissea nello spazio, allora la pietra che
opera la mutazione della scimmia in uomo e di Bowman in
superuomo potrebbe essere una sorta di lapis philosophorum,
cioè qualcosa di simile alla misteriosa “pietra filosofale” cercata
dagli alchimisti.
• La pietra filosofale, infatti, oltre a essere in grado di tramutare i
metalli vili in oro, doveva anche portare la psiche dell’alchimista
verso uno stadio superiore di umanità, e cioè trasformarla da
condizioni di umanità impure a condizioni pure o nobili.
• A tale proposito, gli alchimisti insistevano sul carattere non
ordinario della loro impresa e del loro oggetto:
• “Aurum nostrum – precisavano – non est aurum vulgi”, cioè “il
nostro oro non è l’oro volgare”.
• Non a caso, le immagini psichedeliche apparse a Bowman nel
suo viaggio “oltre l’infinito” sotto l’influenza della pietra nera,
presentano tutta una serie di variazioni cromatiche (giallo, verde,
rosso e violetto), che evocano la funzione dei colori nella
trasformazione alchemica dall’inferiore al superiore.
• La possibilità che il monolito piovuto dallo spazio possieda la
natura della pietra filosofale sembra ribadita dalla circostanza che il
lapis philosophorum è menzionato talvolta in alcuni testi con il
nome di lapis ex coelis (“pietra caduta dal cielo”).
• Per esempio, il poeta tedesco Wolfram von Eschenbach (1170
ca.-1220 ca.) , nel poema Parzival (1200-1210), scrive che la pietra
– da lui identificata con il mitico Graal – era uno smeraldo caduto
dalla fronte di Lucifero e portato a terra dagli angeli rimasti neutrali
durante la ribellione contro Dio.
• La tradizione esoterica delle pietre celesti, tramite fra uomo e Dio,
si ritrova anche nella religione islamica, dove la pietra nera della
Mecca custodita nella Kaaba (verosimilmente un aerolito) è
l’oggetto più sacro.
• E’ inoltre significativo il fatto che già Carl Gustav Jung – nei suoi
studi su Psicologia e alchimia (1944) – abbia esplicitamente
collegato al tema del lapis philosophorum proprio l’avvento
dell’oltreuomo nietzschiano.
• In Psicologia e alchimia Jung afferma:
• “Nell'antichità il mondo materiale abbondava di proiezioni di un
segreto psichico che appariva allora come un segreto della
materia, e tale rimase fino al declino dell'alchimia nel diciottesimo
secolo. L'intuizione estatica di Nietzsche vorrebbe strappare alla
pietra il segreto del superuomo, a quella pietra nella quale questi ha
finora dormito. Nietzsche vorrebbe cioè creare il superuomo, che nel
linguaggio dell'antichità potremmo chiamare anche l'uomo divino, a
somiglianza di tale immagine. Gli alchimisti procedevano invece in
senso opposto: cercavano la pietra miracolosa contenente
un’essenza pneumatica per ricavarne la materia capace di penetrare
in tutti i corpi (perché essa è lo ‘spirito’ che è penetrato nella pietra)
e di trasformare mediante trascolorazione tutti i metalli vili in
metalli nobili”.
• Forse, è proprio da suggestioni come queste, che Arthur Clarke e
Stanley Kubrick hanno tratto qualche spunto “filosofico” per ideare
la suggestiva trama di 2001: Odissea nello spazio.
Bibliografia:
• G. Deleuze, Cinema 1. L’immagine-movimento (1983), Milano,
Ubulibri, 1989.
• G. Deleuze, Cinema 2. L’immagine-tempo (1985), Milano, Ubulibri,
1989.
• J. Cabrera, Da Aristotele a Spielberg. Capire la filosofia attraverso i
film (1999), Milano, Bruno Mondadori, 2000.
• U. Curi, Lo schermo del pensiero. Cinema e filosofia, Milano,
RaffaelloCortina editore, 2000.
• A. Sani, Il cinema tra storia e filosofia, Firenze, Le Lettere, 2002.
• U. Curi, Ombre delle idee, Pendragon, 2002.
• U. Curi, Un filosofo al cinema, Milano, Bompiani, 2006.
• A. Sani, Il cinema pensa? Cinema, filosofia e storia, Torino,
Loescher, 2008.
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