Nuove prospettive in psicologia clinica e in
psicoterapia
La svolta paradigmatica
Marco Inghilleri
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Costruttivista
L’epistemologia applicata alla
psicologia clinica
La riflessione epistemologica in Psicologia clinica mira
essenzialmente a porre due grandi problematiche:
1.
Come nasce e come si struttura la
conoscenza in Psicologia clinica?
2.
Quale rapporto sussiste tra teoria e pratica
in Psicologia clinica?
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
Dare risposta a tali domande solleva problemi metodologici in gran parte
sconosciuti al pensiero scientifico classico

Questo perché tutto ciò che è detto è detto da un osservatore

Cioè ogni operazione conoscitiva colloca al centro della riflessione non
solo l’oggetto della riflessione ma anche lo psicologo e i suoi assunti
teorico-metodologici.

Il COME ed il PERCHE’ conosciamo stabilisce il COSA
conosciamo.

Lo psicologo è implicato in atti conoscitivi che lo rinviano a diverse
configurazioni della realtà: a quelle del suo interlocutore e alle proprie.

Le strategie conoscitive si intersecano necessariamente con gli eventi
osservati
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Che cos’è l’epistemologia
Con il termine di epistemologia si è soliti indicare quella branca della
teoria generale della conoscenza che si occupa di problemi quali:

i fondamenti

la natura

i limiti

le condizioni di validità
del sapere scientifico, tanto delle scienze analitiche (logica e
matematica), quanto di quelle delle scienze empiriche (fisica, chimica,
biologia; psicologia, sociologia, storiografia ecc..).
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L’epistemologia trova il suo significato predominante
come quello di studio o discorso critico sulla
scienza. In particolare in essa si analizza tutto ciò
che avviene nelle scienze.
N.B. A differenza della scienza che è
essenzialmente descrittiva, l’epistemologia è
essenzialmente prescrittiva
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Uno dei principali scopi di tutte le epistemologie è stato quello
di individuare



le regole
i principi
i fondamenti
che gli scienziati consapevolmente o inconsapevolmente
applicano con nelle loro procedure e nell’esporre i risultati
delle loro ricerche
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Il discorso epistemologico in Psicologia clinica ci pone
nella condizione di

Meglio
mettere
a
fuoco
e
considerare
più
approfonditamente l’apparato teorico-metodologico di cui
è corredato il nostro sapere.

Valutare il processo di formazione della conoscenza e
come essa avviene

Operare una scelta teorica e metodologica adeguata alla
configurazione del problema conoscitivo

Assumere un atteggiamento critico rispetto al proprio
sapere
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L’epistemologia si interroga sulle conoscenze particolari che attengono alle
diverse discipline. Essa propone diverse visioni della scienza e del modo di
costruire il sapere scientifico.







Il pragmatismo valuta i concetti teorici in base alla loro adeguatezza e alle loro
conseguenze ed utilità pratiche
Il convenzionalismo evidenzia il carattere negoziale delle teorie e delle ipotesi
Lo strumentalismo sostiene che le teorie scientifiche non hanno valore
realistico, non sono né vere né false, ma semplicemente strumenti, mezzi,
utensili per fare previsioni sul mondo e su certi suoi eventi.
L’operazionismo cerca di tradurre i concetti scientifici, con le effettive
operazioni che permettono di individuare il significato espresso dal concetto
stesso. Il Concetto è sinonimo del corrispondente gruppo di operazioni.
Il neopositivismo ha sostenuto che una teoria ha significato solo se e soltanto
se è traducibile in un linguaggio empirico, cioè osservabile, di cui si può fare
esperienza.
Il fallibilismo dichiara che un’ipotesi o una teoria è scientifica solo quando è
esposta in linea di principio a tentativi continui e sistematici di confutazione. Solo
se una teoria resiste alla pressione di questi ultimi, possiamo asserire che è
confermata.
L’epistemologia post-Popperiana adotta una prospettiva storica, derivata da
un maggior interesse per la descrizione
della dinatura sociale della ricerca
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scientifica.
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Il posto della mente in un mondo di
corpi
La psicologia è diventata una scienza in un momento più
recente rispetto a ciò che è avvenuto per le discipline che
studiano il mondo dei corpi.
La psicologia si è trovata nella necessità di collocare il proprio
oggetto in relazione a quelli indagati dalle scienze di più
antica tradizione.
Per la psicologia si è presentato il compito di stabilire quale
fosse il posto della mente in un mondo di corpi.
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Un simile compito non era e non è tuttora facile
Quando si tratta di “mettere al proprio posto” gli oggetti di
indagine delle scienze naturali si ha sempre a che fare
con entità del medesimo tipo
Ad. Es. una cellula, una proteina, un’onda elettromagnetica
sono tutte entità con proprietà spazio-temporali,
energetiche ecc.
La mente appare possedere caratteristiche differenti rispetto
agli oggetti studiati dalle altre discipline.
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Ad Es. alla mente non possono essere assegnati, se non in
senso metaforico, attributi quali forma, superficie, peso,
lunghezza, altezza, volume, densità, spessore, colore,
movimento calore ecc
La mente risulta essere nel comune modo di intendere, una
realtà non localizzabile, non delimitata nello spazio.
Se il mondo dei corpi ci appare come un mondo di oggetti discreti,
separabili, scomponibili, il mondo della mente ci appare continuo.
Potete localizzare in qualche parte dello spazio i ragionamenti, i ricordi o
gli stati d’animo?
Posso con esattezza individuare il momento in cui la delusione ha iniziato
a farsi strada in me o quello in cui la delusione si è trasformata in
preoccupazione
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Particolarità della Mente
La mente gode di qualità esperenziali soggettive:
Una persona prova qualcosa ad essere quello che è
Ciò che si sviluppa nella mente ha un particolare modo di apparire che
dipende dal punto di vista del soggetto.(T. Nagel)
Esempio. “IO posso sentire il MIO dolore e TU non puoi. Io vedo il mondo
dal mio punto di vista, tu lo vedi dal tuo punto di vista Io sono
consapevole di me stesso e dei miei stati mentali interni in quanto del
tutto distinti dagli stati mentali degli altri” (J.Searle)
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La mente non può essere studiata come un fenomeno
neutrale, in modo indipendente dal soggetto che la
esperisce, cioè non può essere studiata “in terza persona”.
E’ sempre un IO che fa esperienze mentali, pertanto il punto di
vista “in prima persona” deve essere primario all’attenzione
dello psicologo clinico
La soggettività è in sostanza l’aspetto che demarca lo
studio della mente da quello dei corpi.
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Studiare scientificamente l’area della soggettività
è dunque possibile?
Le difficoltà sono principalmente, e in linea del tutto generale, riconducibili
all’adattarsi ai parametri di ‘osservabilità’ prescritti dalla scienza classica
e all’impossibilità di ridurre i complessi ‘oggetti’ qualitativi entro confini
che definiscono l’indagine sperimentale.
Nell’ambito clinico, descrivibile come una ricerca/azione che
avviene e si svolge tramite relazioni interumane, il metodo
sperimentale classico risulta fortemente inadeguato.
Infatti, esso procede tramite l’isolamento di variabili e la
verifica delle loro relazioni, il più possibile purificato dalla
soggettività dei partecipanti all’esperimento
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Se, quindi, per il metodo sperimentale l’osservazione deve
venire quanto più possibile preservata dalle distorsioni della
relazione soggetto osservatore/oggetto osservato, per il
metodo clinico il coinvolgimento osservatore/osservato va
accettato come mezzo di conoscenza.
La psicologia clinica e la psicoterapia si occupano di problemi
e difficoltà di tipo emotivo e affettivo, depurarla dei fatti
soggettivi vuol dire estirpare il loro stesso oggetto.
La verifica sperimentale, detto in breve, rischia di annullare gli
oggetti del lavoro clinico che sono proprio i sentimenti, gli
affetti, il simbolico, la soggettività e la relazione
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NE DERIVA UNA CONTRAPPOSIZIONE CHE
INVESTE
IL
MODO
FONDAMENTALE
DI
CONCEPIRE LA CONOSCENZA E GLI STESSI
OGGETTI DI STUDIO
Il dibattito ancora in corso sottolinea come alla
mente non si possa applicare la strategia delle
scienze naturali che per propria costituzione
espungono le apparenze e i significati soggettivi,
che costituiscono proprio l’area di indagine della
psicologia clinica e della psicoterapia.
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Da una parte vi sono quegli psicologi che aderiscono
alla
linea
scientifica
tradizionale,
quella
naturalistica, che studia i processi psichici
estraendoli dal loro contesto storico.
Sull’altro versante un certo numero di studiosi ha
tentato di inserire l’indagine psicologica nella
prospettiva storico-ermeneutica, ribaltando il
naturalismo classico e assegnando come oggetto di
tale indagine non già l’individuo astratto, bensì la
condizione storica specifica che caratterizza e dà
senso alla condotta dell’individuo.
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L’impostazione naturalistica, coerentemente alla sua
visione della realtà come datità esterna, adopera
metodologie misurazionistiche, che costringono i
fenomeni psicologici a diventare “cose” osservabili e
le persone “organismi assoggettati a leggi di
funzionamento”.
L’ordine
dei
significati
è
preventivamente stabilito dalle teorie e il traguardo
dell’oggettività scientifica costringe a rifiutare come
inquinante qualunque visione soggettiva.
Essa è caratterizzata dal pensiero logico scientifico
o paradigmatico finalizzato alla categorizzazione
della realtà con lo scopo di semplificare il più
possibile il numero di variabili e la quantità dei dati. Il
suo uso produce teorie, analisi e spiegazioni.
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L’impostazione storico-ermeneutica pone come obiettivo
della ricerca non la registrazione fedele e spassionata dei
fenomeni, ma l’interpretazione dei significati personali e
sociali.
Essa è caratterizzata dal pensiero narrativo o sintagmatico.
Trova espressione nelle situazioni in cui il soggetto cerca di
comprendere la realtà simbolica che lo circonda. Si occupa
delle azioni, delle intenzioni e delle vicissitudini umane ed è
proprio del discorso e del ragionamento quotidiano. Esso
consente di creare storie basate sull’intenzionalità e sulla
soggettività. Il suo uso produce racconti, drammi,
autobiografie.
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Queste diverse impostazioni non sono di per se giuste o sbagliate.
Esse prescrivono strategie conoscitive e modalità operative diverse che
devono però essere coniugate e configurate sulle caratteristiche
specifiche del fenomeno o di alcuni aspetti della realtà che si sta
indagando. La scelta teorica è una scelta pragmatica, legata ad un
criterio epistemologico di adeguatezza.
ESEMPIO:
Se le metodiche prescritte da un’impostazione naturalistica possono
rivelarsi una strategia conoscitiva appropriata per capire alcuni
meccanismi della dislessia, possono tuttavia rivelarsi infecondi per
studiare i rapporti tra stereotipi e pregiudizio
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Dalla scelta di prospettiva, con cui lo psicologo
indaga, studia i fenomeni di cui la sua disciplina si
interessa,
derivano
diverse
modalità
concettuali e diversi atteggiamenti con cui la
realtà viene ad essere configurata:
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
Realismo monista. Lo psicologo che colloca i propri
oggetti di studio entro un riferimento realista di tipo
monista, può operare tale scelta ora a livello ontologico,
ora a livello metodologico.

Vi viene postulata un'unica realtà di riferimento, indagabile
attraverso
l’adeguamento
delle
proprie
strategie
conoscitive al metodo empirico delle scienze naturali.

Il mondo è per il Monista indipendente dal soggetto che lo
conosce. Per lui la concettualizzazione e l’elaborazione
teorica seguono l’osservazione. L’epirista “fisicalista” o
“fenomenista” sostiene la priorità del dato rispetto alle
categorie di osservazione. La prescrizione più
intransigente dell’empirismo sostiene che si debba tener
conto solo dell’evidenza sensoriale,
solo di ciò di cui si fa
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esperienza.
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
Secondo un orientamento monista la mente è
intesa come manifestazione dell’attività biologica
del corpo.

La psicologia in questo caso è destinata o a
lasciare il posto alle neuroscienze, o a farsi
pesantemente condizionare da un modo di
pensare di tipo organicistico, dal momento che gli
oggetti di cui si occupa sono i processi somatici
dell’attività psichica e dovendo utilizzare concetti
riportabili a quelli delle scienze naturali.
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
Realismo ipotetico. Per lo psicologo realista ipotetico
l’unicità del reale può essere ritagliata in modi diversi e
ridistribuita ad altrettanti scienziati, ognuno dei quali ci
restituirà un diversa rappresentazione del mondo. Cioè la
realtà che esperiamo è unica ma può essere raccontata
con diversi linguaggi.

In questa prospettiva, per il realista ipotetico gli stati
fisiologici e gli stati psicologici, pur disponendo di un
diverso grado di accessibilità all’osservazione, non
rappresentano differenze di esistenza ma differenze nel
modo di considerare, descrivere e quindi di categorizzare le
manifestazioni di un’unica realtà.

Per il realista ipotetico l’obiettività della scienza si manifesta
solo entro i criteri della ricerca, solo dopo che è stato
deciso il problema all’interno di una certa disciplina,
insieme alle variabili, al metodo e alle procedure di
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controllo.
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
Realismo concettuale. Per lo psicologo realista concettuale non
esistono dati sensoriali puri, non organizzati, indipendenti da un qualche
impianto categoriale.

La realtà non è MAI separabile dai discorsi che la nominano e la
descrivono.

Lo psicologo ha accesso al reale attraverso una qualche forma di
preconoscenza. I fatti scientifici, sono costruiti proprio dalle teorie che
utilizziamo.

In un certo senso, la mente recupera dalla natura ciò che essa vi ha posto
(Eddington)

N.B. Non esistono fatti in sé, ontologicamente dati. Fatti e
spiegazioni emergono attraverso l’uso di una teoria e dei suoi
modelli esplicativi o interpretativi metodologicamente organizzati.

Per lo psicologo realista concettuale la realtà non è indipendente da un
certo contesto, dalle sue forme di relazione e dalle pratiche conoscitive.
Non esiste una fonte privilegiata di conoscenza, né un’unica realtà
possibile.
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
Tutti noi più o meno consapevolmente applichiamo
una qualche forma di epistemologia alle nostre
pratiche di psicologi.
Cioè assumiamo una qualche atteggiamento e trattiamo in un
certo modo il nostro modo di utilizzare una strumentazione
concettuale fabbricata da modelli, ipotesi, teorie e leggi.
N.B. Uno degli aspetti problematici presenti nella nostra
disciplina è che nella sua conoscenza scientifica non
esistono fatti in sé, ontologicamente dati (non ci sono
cose). Fatti e spiegazioni emergono proprio attraverso
l’uso di una teoria e dei suoi modelli esplicativi o
interpretativi metodologicamente organizzati.
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Nuove prospettive in psicologia clinica e in psicoterapia







La scienza è una costruzione sociale
La psiche è un costrutto generato dalle pratiche linguistiche,
scientifiche e di senso comune, utilizzate da una certa cultura, da una
certa società in una determinata epoca storica
La psicoterapia è un ossimoro professionale
Importanza del linguaggio (il linguaggio che utilizziamo ci utilizza)
La realtà è considerata il prodotto della prospettiva, degli strumenti
conoscitivi e del linguaggio mediante i quali la comunichiamo e la
percepiamo.
Il valore di una teoria dipende non dalla supposta veridicità ma dalla
sua efficacia nella risoluzione di problemi
Sostituzione della domanda del perché (ricerca delle cause) con
quella del come funziona (processi di costruzione di realtà)
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

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Spostamento del punto di vista dalle teorie dell’osservatore
a quelle dell’attore
Attribuzione di ruolo attivo, libero e responsabile dell’attore
Attenzione ai significati e ai processi cognitivi con cui
l’attore interpreta sé stesso e il mondo

Attenzione all’esperienza/esistenza dell’attore

Focalizzazione sul qui ed ora

Importanza attribuita al contesto

Rifiuto del determinismo, di meccanismi inconsci o
motivazionali

Importanza del costrutto di Identità rispetto a quello di
Personalità

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Importanza delle motivazioni
dell’attore
Psicologia e attuali
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Nuove prospettive in psicologia clinica e psicoterapia