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LETIZIA ESPANOLI
DE-MENTE? NO! SENTE-MENTE
Gli strumenti innovativi della presenza e della relazione
magica
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Dall’impotenza all’accoglienza
 Stare
accanto alla persona affetta da demenza non
presume un tempo di impotenza, bensì di accoglienza
della persona e dalla sua malattia. E' possibile
accettare la malattia di qualcuno che amiamo? No! Non
si accetta una malattia come si riceve un pacco.
Accettare e' un verbo passivo e nulla di ciò che
riguarda l'anima può avvenire così. La malattia,
l'imprevisto, il dolore può essere solo accolto. Accolto
come un maestro che viene a insegnarti qualcosa, che
giunge a portarci qualcosa (nuove consapevolezze,
qualche volta opportunità di relazioni insperate…)
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Oltre la stanchezza e l’impotenza
 La
libertà di esprimere le proprie emozioni
senza reprimerle, negarle o piuttosto
“annegarle” in qualche farmaco? D’altra parte
anche per i famigliari, come per gli operatori
“la stanchezza è il terreno su cui coltivare
rabbia, risentimento, amarezza invece che
bontà, compassione ed empatia” scrive il dott.
R. Shlim nel suo bellissimo libro “Medicina &
compassione”
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Il sorriso Duchenne

“Gli psicologi hanno individuato un meccanismo neuronale che hanno
denominato retroazione facciale. Quando siamo felici, sul nostro volto
compare spontaneamente un sorriso. Ma è vero anche il contrario. Quando
sorridiamo vengono inviati dei messaggi al cervello, che interpreta il sorriso
come un segnale di gioia e dunque secerne i neurotrasmettitori
corrispondenti, che permettono un miglioramento dell’umore. Fare il muso
peggiore l’umore. A tale proposito è stato effettuato uno studio sulla base dei
una serie di immagini di giocatori di baseball degli anni Cinquanta. Dei
giudici imparziali dovevano classificare il sorriso dei giocatori: nessun
sorriso, sorriso limitato alla bocca oppure sorriso Duchenne (dal nome dello
studioso che descrisse nel dettaglio le contrazioni dei muscoli del viso). Il
risultato fu sorprendente: fino al 2009 il registro dei decessi mostrava
che gli atleti davvero sorridenti deceduti ogni anno erano due volte
meno numerosi degli altri. Un atteggiamento positivo manifestato
attraverso i sorrisi più frequenti, migliora la qualità della vita e
contribuisce a prolungarla”
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MARCIAL LOSADA

Marcial Losada, psicologo cileno, in collaborazione con i suoi colleghi ha analizzato
il linguaggio di numerosi team.

“Bravo!, Buona idea! Di cosa avresti bisogno per il tuo progetto?”, mentre per
affermazioni negative tipo: “Che idea stupida! Non vorrei fare l’avvocato del
diavolo ma… Come si può fare un’ affermazione simile?”.

Il ricercatore si è accorto che la proporzione degli interventi positivi rispetto a
quelli negativi era radicalmente diversa in ogni team considerato. I team con
prestazioni elevate si caratterizzavano per un rapporto di circa sei interazioni
positive contro una sola negativa. I team con prestazioni medie presentavano circa
due interazioni positive contro una negativa. Quanto ai team con prestazioni molto
basse, il loro punteggio non superava lo 0,36 ovvero tre volte più interventi
negativi che positivi. Grazie ai calcoli del team di ricercatori, Losada è riuscito a
individuare il rapporto critico necessario a ottenere delle performance elevate: 2,9
interventi positivi per ogni intervento negativo. Al di sotto di questa soglia i team
tendono ad arenarsi ed essere poco performanti”
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NOI SIAMO LA CURA …

Il dott. Lawrence Eghert ha condotto uno studio alla Harvard
Medical School, pubblicato poi sul “New England Journal of
Medicine” in cui ha casualmente diviso in due gruppi alcuni
pazienti. Un gruppo è stato trattato da anestesisti allegri e
ottimisti che scherzavano con i pazienti durante l’operazione,
dicendo loro che sarebbe andato tutto bene e che non avrebbero
provato dolore. L’altro gruppo è stato trattato da anestesisti a cui
era stato chiesto di essere burberi, frettolosi e indifferenti (è
interessante notare che gli anestesisti erano sempre gli stessi). Il
primo gruppo ha avuto bisogno della metà degli antidolorifici ed è
stato dimesso 2.6 giorni prima di media
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La mente è più forte della
medicina – dott.ssa Lissa Rankin
“
Senza il potere terapeutico
dell’ascolto, del tocco amorevole,
della parola, delle cure premurose e
dell’intenzione
curativa,
cosa
abbiamo da offrire ai pazienti, se
non la semplice tecnologia?”
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Dare un significato alla demenza…

La malattia è fragilità per chi la vive e per chi ama. Ma la malattia è
fragilità anche per chi assiste. Prendersi cura di corpi
accartocciati, tormentati dalla malattia e dall’autosufficienza,
spesso inondati di odori di morte anticipata è un’esperienza
lancinante. Possiamo “sostare” in questo dolore solo potendogli
dare un significato. Le persone che assistiamo diventano allora i
nostri Maestri. Come non restare basiti difronte a un marito che in
uno squarcio di consapevolezza sorride alla moglie e le dice di
amarla? Come non chiederci: “Ed io, oggi, uscendo di casa ho
dichiarato il mio amore”?... le persone che assistiamo, avvolti dalla
fragilità della vita ci spingono a migliorare la visione della sua
essenzialità.
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Con-tatto: dalla pelle al cuore
 Dunque,
sono stati documentati e riportati da
Goldschmidt e van Meines (19) i seguenti effetti:
riduzione di stress e ansietà, tramite la diminuzione
del cortisolo presente nel sangue; effetti positivi sulle
funzioni cardiovascolari; aumento della funzionalità
del sistema immunitario e della capacità respiratoria;
aumento del rilassamento fisico; aumento dei livelli di
ossitocina; riduzione della percezione del dolore;
miglioramento dell’autostima.
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Il valore dello yoga della risata

Riduzione della pressione arteriosa e dei livelli di cortisolo
nel sangue; aumento dell’HRV (Heart Rate Variability);
aumento della funzionalità del sistema immunitario;
attivazione dei muscoli del tronco per la stabilità della
colonna vertebrale; riduzione della percezione del dolore
cronico; miglioramento del tono dell’umore e riduzione della
depressione; miglioramento dei rapporti interpersonali,
dell’autostima, aumento dell’energia e della concentrazione;
miglioramento della soddisfazione rispetto alla propria vita .
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Heartmath e la coerenza cardiaca
“Quando il ritmo cardiaco è armonioso, da origine a una configurazione d’onda
coerente e uniforme che aiuta a mantenere sincronizzati, omogenei e allineati anche
gli altri sistemi interni. Gli studi scientifici mostrano che le emozioni positive
associate al cuore, come il prendersi cura di se e degli altri, l’amore, la compassione e
l’apprezzamento sono in grado di portare rapidamente i ritmi cardiaci a una
configurazione d’onda armoniosa e coerente. Un ritmo cardiaco coerente determina
una migliore sincronizzazione delle onde cerebrali con il cuore allineando la mente e
le emozioni, migliorando la chiarezza intellettiva e la percezione intuitiva. Da alcuni
studi è emerso che quando il ritmo cardiaco dei soggetti sottoposti a osservazione è
coerente, anche le loro prestazioni cognitive risultano migliorate in misura
significativa. Un altro studio ha scoperto una variazione rilevante nell’attività del
lobo frontale in associazione con l’incremento dell’armonia del battito cardiaco e
delle conseguenti informazioni trasmesse al cervello da parte del cuore. Ritmi
cardiaci coerenti evocano sensazioni di sicurezza e benessere”
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… un progetto per l’Italia… Il
Manifesto della Sente-Menza
“Noi crediamo nella presenza indissolubile del “nocciolo” vitale
ed autentico racchiuso in ciascuna persona affetta da demenza e quindi ci
impegniamo a svelarlo con Curiosità, custodirlo con Delicatezza e
onorarlo con Forza.
Noi crediamo nella bellezza e nelle possibilità della fragilità
umana e quindi ci impegniamo ad accoglierla, valorizzarla e trasformarla
Noi crediamo nell’Universo Amico e nella responsabilità
individuale e quindi ci impegniamo a scegliere idee e azioni per
accendere la felicità, coltivare la salute e far fiorire il ben-essere.
Noi crediamo nella forza della vita e nell’energia del campo che
prende origine dall’incontro tra le persone nel qui ed ora e quindi ci
impegniamo a mantenere dinamico e scintillante il nostro campo
individuale.”
+

Giorni fa, una moglie di una persona affetta da demenza, dopo aver imparato
alcune strategie dello yoga della risata ed averle provate con suo marito mi
ha scritto "Non ho parole per ringraziarti Letizia. Mi sono fidata di te e non
di quelle cose strane che mi hai fatto fare. Mi sentivo ridicola e peggio, in
colpa (come posso stare qui a ridere mentre mio marito viene inghiottito da
quella bastarda di malattia). Non ti nascondo che arrivata a casa mi sentivo
tuttavia diversa: più leggera e rilassata. Lui mi ha guardata e mi ha sorriso.
Ed io gli ho dato un bacio ridente (diresti tu). Nel pomeriggio ero seduta sul
divano mentre lui riposava ed ho iniziato a fare gli esercizi che mi avevi
insegnato... E' stato difficile all'inizio ma poi una risata e' partita dal
profondo. Più ridevo, più mi rendevo conto che stavo mescolando le lacrime
con la risata. E più passavano i minuti ed io ridevo, respiravo, piangevo più
sentivo che il cuore si alleggeriva. Poi, all'improvviso ho percepito la
presenza di mio marito che stava ridendo dietro di me. Rideva a crepapelle...
Ed io, con coraggio, insieme a lui. E' stato bellissimo. Abbiamo riso e
respirato, riso e respirato per più di cinque minuti. Alla fine lui (afasico si
dice vero?), mi ha guardata e mi ha detto (erano sei mesi che non sentivo la
sua voce): "Come sei bella!"... Cosa ti posso dire Letizia se non un grazie con
tutto il mio cuore. Oggi so che posso ridere con mio marito, che non e'
necessario piangersi addosso. Questo e' il marito che ho. A me gli strumenti
per continuare a comunicare con lui. Grazie perché da un po' di tempo io ho
"una risata sempre in tasca" ... Insegna Letizia a più operatori e familiari
possibili quello che tu sai. Ridere non ci farà guarire dalla demenza e dal
dolore, ma ci darà la forza per cambiare il modo di vivere questa
fottutissima malattia. E come dici tu: Ho ho ha ha ha"…
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GRAZIE CON TUTTO IL CUORE!
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