L’ASTRATTISMO
Federica Sonedda 5 E ITER
Nelle arti figurative il concetto di astratto assume il significato di “non reale”.
L’arte astratta è quella che non rappresenta la realtà, crea immagini che non
appartengono alla nostra esperienza visiva. Essa, cioè, cerca di esprimere i
propri contenuti nella libera composizione di linee, forme, colori, senza
imitare la realtà concreta in cui noi viviamo.
L’astratto, in tal senso, nasce agli inizi del secolo precedente ma era già
presente in molta produzione estetica precedente, anche molto antica. Sono
astratte sia le figurazioni che compaiono sui vasi greci più antichi, sia le
miniature altomedievali, solo per fare alcuni esempi; in questi casi, però, la
figurazione astratta aveva un solo fine estetico ben preciso: quello della
decorazione.
L’arte astratta del secolo precedente ha invece un fine completamente
diverso: quello della comunicazione. Vuole esprimere contenuti e significati,
senza prendere in prestito nulla dalle immagini già esistenti intorno a noi.
L’astrattismo nasce quando nei quadri non vi è più alcun riferimento alla
realtà. Nasce quando i pittori procedono in maniera totalmente autonoma
rispetto alle forme reali, per cercare e trovare forme ed immagini del tutto
inedite e diverse da quelle già esistenti. In questo caso l’astrattismo ha un
procedimento che non è più definibile di astrazione, ma diviene totale
invenzione.
L’astrattismo nasce intorno al 1910, grazie al pittore russo Wassilj Kandinskij. Egli opera,
in quegli anni, a Monaco dove fonda il movimento espressionistico “Der Blaue Reiter”. Il
suo astrattismo conserva infatti una matrice fondamentalmente espressionistica. È’ teso
a suscitare emozioni interiori, utilizzando solo la capacità dei colori di trasmettere delle
sensazioni. Da questo momento la nascita dell’astrattismo ha la forza di liberare la
fantasia di molti artisti, che si sentono totalmente svincolati dalle norme e dalle
convenzioni fino ad allora imposte al fare artistico. I campi in cui agire per nuove
sperimentazioni si aprono a dismisura e le direzioni in cui si svolge l’arte astratta
appaiono decisamente eterogenee, con premesse ed esiti profondamente diversi.
I primi grandi esponenti dell’astrattismo vengono considerati il pittore svizzero Paul
Klee ed il russo Wassilij Kandinskij. Dal 1912 al 1920 si formano varie correnti artistiche
che maggiormente si avvicinano al concetto astratto. In Francia Delaunay, Kupka, Bruce
rappresentano l’Orfismo, cercando di ottenere, attraverso il solo effetto del colore steso
con la massima libertà, effetti musicali e simbolici. Il concetto di supremazia della pura
sensibilità si sviluppa in Russia con Malevic nel Suprematismo (1913), stranamente
elementare nell’accosto di elementi semplici come cerchi, quadrati, linee. La massima
essenzialità nell’ingenuo affiorare di forme e di colori viene mostrata dal Dadaismo, che
vede le sue origini contemporaneamente in Svizzera, Germania, America, Francia; viene
introdotto da Tzara, Arp, Ernst, Duchamp e Picabia. Un’arte rigorosamente applicata a
principi geometrici è rappresentata dai pittori Mondrian e Van Doesburg, i quali
costituiscono il gruppo De Stijl (1917-1932).
“ Il sole tramontava; tornavo dopo avere disegnato
ed ero ancora tutto immerso nel mio lavoro,
quando aprendo la porta dello studio, vidi davanti
a me un quadro indescrivibilmente bello.
All’inizio rimasi sbalordito, ma poi mi avvicinai a
quel quadro enigmatico, assolutamente
incomprensibile nel suo contenuto, e fatto
esclusivamente di macchie di colore.
Finalmente capii: era un quadro che avevo dipinto
io e che era stato appoggiato al cavalletto
capovolto. Il giorno dopo tentai, alla luce del sole,
di risuscitare la stessa impressione, ma non riuscì.
Benché il quadro fosse ugualmente capovolto,
distinguevo gli oggetti, e mancava quella luce
sottile del tramonto. Quel giorno, però, mi fu
perfettamente chiaro che l’oggetto non aveva
posto, anzi era dannoso ai miei quadri”.
Così Vasilij Kandinskij ricorda il
momento in cui si aprì davanti a lui la
strada dell’ASTRATTISMO, cioè di opere
che astraggono dalla rappresentazione
e da ogni narrazione realistica.
L’episodio narrato dall’artista descrive
bene come questa scoperta sia
avvenuta attraverso quel processo di
felice casualità che, nell’ambito della
scienza, si definisce “serendipità”: si
cerca una cosa e se ne trova un’altra più
importante.
Serendipity è una parola inglese che
indica la fortuna che arriva inaspettata; il
termine Serendipity fu coniato da Horace
Walpole nel 1754 sulla base di una
leggenda intitolata "I Tre Principi del
Serendip", l'antico nome dello Sri Lanka.
Walpole scriveva: "Quando le loro Altezze
viaggiavano scoprivano continuamente
per caso , cose che non stavano
assolutamente cercando". Altri significati:
la felice casualità; il dono di trovare cose
"belle e buone" anche senza averle mai
cercate e la capacità di trasformare in
"belle e buone" le cose che non lo sono;
chi o che cosa fa scoprire cose che non si
stavano cercando, fa sì che le cose
vadano a posto, insegna ad amare e ad
accettare la vita.
Locandina del film
Serendipity
Vasilij Kandinskij, Senza titolo,1910. Matita, acquerello
e inchiostro di china su carta. Parigi,Musée National d’Art
Moderne, Centre Georges Pompidou
Kandinskij cercava di capire
di chi era quel quadro e
scoprì che poteva, anzi
doveva dedicarsi a una
pittura in cui non fosse
riconoscibile nessun
oggetto.
Probabilmente nella storia è
capitato a molti artisti di
vedere un proprio quadro
capovolto, ma tale fatto non
generò scelte o progetti. Nel
1910, invece,a Kandinskij
questo errore banale disse
finalmente qualcosa tanto
che in seguito l’artista si
sentì autorizzato a
retrodatare al 1910 il primo
Acquerello
astratto,dipinto con
probabilità nel 1913 e
tutt’ora conservato al Musée
National d’Art Moderne
Georges Pompidou.
VASILIJ KANDINSKIJ
IL COLORE COME
LA MUSICA
BIOGRAFIA
Vasilij Kandinskij nasce a Mosca il 4 dicembre 1866 e lì compie gli studi
universitari laureandosi in Giurisprudenza nel 1892. Gli viene subito offerta
una cattedra all’università che, però, rifiuta volendosi dedicare alla pittura.
Già quando era studente universitario, infatti, aveva avuto modo di
conoscere le opere degli Impressionisti, visitando la loro esposizione
moscovita del 1895 e restandone profondamente colpito.
Nel 1896 si stabilisce a Monaco dove rimane fino al 1914 quando, allo
scoppio della Prima guerra mondiale, rientra in patria. Nella città bavarese
ha modo di entrare in contatto con numerosi pittori, critici d’arte e musicisti
con alcuni dei quali dà vita al Der Blaue Reiter. Tornato in Russia crea
l’istituto per la cultura pittorica e fonda l’Accademia di Scienze Artistiche.
Grazie al ruolo di primissimo piano che aveva in Russia, nel 1921
ottiene il permesso di recarsi in Germania per sei mesi ma non farà mai più
ritorno in patria. Nel 1922 diviene professore al Bauhaus di Weimar, libera
scuola d’arte mestieri, creato nel 1919 da Walter Gropius, dove dirige il
laboratorio di pittura parietale. Gli anni successivi, per motivi politici,
Kandinskij abbandona la Germania per la Francia. A Parigi vive gli ultimi
dieci anni della sua vita; muore nella residenza di Neuilly-sur-Seine il 13
dicembre 1944.
Uno
dei
suoi
primi
capolavori dipinto nel 1903 si
intitola “Il cavaliere azzurro”,
ancora ricco
di fascino
decorativo.
Su una collina verde-dorata,
che occupa quasi l’intera
superficie della tela e che è
disegnata da una delicata linea
curva continua, un cavaliere
dal mantello azzurro è lanciato
al galoppo sul suo bianco
destriero. I cavalieri erano un
soggetto
molto
amato
dall’artista che era legatissimo
alle
storie
popolari
del
Medioevo russo.
Vasilij Kandinskij, Il cavaliere azzurro,
Olio su tela. Zurigo, Collezione privata
Le riflessioni sui rapporti tra pittura e
musica convincono l’artista che la pittura
deve essere sempre più simile alla musica e
che i colori devono sempre più assimilarsi
ai suoni. Da ora in poi sarà sempre più
difficile individuare forme note nei dipindi
di Kandinskij, mentre assumeranno sempre
più rilevanza gli accostamenti di colore che
si comporranno in maniera da dar luogo a
una vera e propria festa per gli occhi.
Composizione VI, una grande tela realizzata nel
1913 e ora all’Ermitage, si basa su un precedente
dipinto dal titolo “diluvio universale”. Non c’è più
nulla di riconoscibile nei suoi dipinti; i colori accesi
si combinano per mostrare la fine del mondo, il
diluvio, creando però qualcosa di nuovo, il cantico
della nuova creazione che può aver luogo dopo la
distruzione del mondo.
Vasilij Kandinskij, Composizione VI, Olio
su tela.San Pietroburgo, Ermitage
Risale, invece, al 1926 il dipinto
“Alcuni cerchi”. In un campo scuro,
profondo
come
l’universo,
si
muovono dei cerchi colorati, alcuni
isolatamente, altri in agglomerazione.
I colori sono disposti sulla tela
facendo attenzione al mutamento di
tonalità.
Vasilij Kandinskij. Alcuni cerchi. Olio su tela.
New York, The Solomon R. Guggenheim Museum
L’azzurro, infine, è l’elemento
che caratterizza “Bleu de ciel” un
opera del 1940 eseguita in
Francia dove fluttuano forme
primordiali e a ciascuna di esse
sono associate linee, reticoli,
scacchiere di colori smaglianti.
Vasilij Kandinskij, Bleu de ciel, 1940.Olio su tela
Parigi, Musée d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou.
Il passaggio a una produzione esclusiva di opere astratte della forma
dell’olio su tela fu, comunque, piuttosto lento, come il pieno rispetto dei
principi teorici che aveva già enunciato ne “Lo spirituale nell’arte”. In questo
piccolo libro Kandinskij aveva proposto una schematizzazione dei colori, della
forma e della linea secondo i loro risvolti psicologici e spirituali.
La linea
Una semplice linea orizzontale produce una sensazione di freddezza e di
piattezza in quanto viene associata all’immobilità e al sonno.
Una linea verticale produce una sensazione di calore, ed è associata all’altezza.
La linea obliqua è instabile e dinamica.
La linea curva determina un effetto di calma e di tranquillità.
La linea spezzata produce effetto di nervosismo ed evoca il dramma.
La forma
Il quadrato è la forma più stabile e viene associato al colore rosso.
Il triangolo è la forma che contiene maggiore tensione ed è collegato al giallo.
Il cerchio forma pacata e priva di tensione, è associato al colore azzurro.
Il colore
Il colore azzurro evoca l’idea di infinito.
Il rosso evoca la forza e la passione.
Il giallo evoca l’eccitazione e il dinamismo.
I toni caldi e quelli freddi danno rispettivamente la sensazione di avanzare o di
retrocedere.
I colori secondari, quali il verde, l’arancione o il viola, assumono qualità
espressive intermedie ai primari.
PIET MONDRIAN
E DE STIJL
LA PITTURA COME ESPRESSIONE
DELL’UNIVERSALE
BIOGRAFIA
Nato a Amersfoort presso Utrecht (Olanda) nel 1872, Pieter (Piet)
Mondrian, studia all’Accademia di Belle Arti di Amsterdam dal 1892 al 1895.
In Olanda ben presto Mondriaan conosce la pittura dei Fauves e nel 1911
si trasferisce a Parigi, affascinato dall’esperienza cubista. Nel 1912,
esponendo alla seconda mostra del Moderne Kunstkring (Circolo d’arte
moderna) di Amsterdam, Mondriaan, per la prima volta, si firma “Mondrian”,
cioè con il cognome francesizzato; a Parigi Mondrian rimane fino al 1914,
quando rientra in patria a causa di una malattia del padre.
Lo scoppio della Prima guerra mondiale lo terrà nella neutrale Olanda
sino al 1919, anno del suo ritorno nella capitale francese.
In Olanda le sue ricerche in campo pittorico lo indirizzano verso
l’Astrattismo, e dopo la conoscenza di Theo van Doesburg, dà vita, con
questi, alla rivista “De Stijl”, ma tuttavia nel 1924 l’artista cessa la
collaborazione alla rivista per contrasti con lo stesso Van Doesburg. Poco
prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale , Mondrian abbandona
Parigi per la Gran Bretagna e, nel 1940, si trasferisce a New York, dove muore
nel 1944.
Nei primi dipinti
dell’artista
,
ad
esempio nel “Mulino
di sera”, eseguito
nel 1907, il mulino è
simbolo
del
paesaggio olandese;
i colori impiegati da
Mondrian, brillanti e
luminosi,
sono,
addirittura, ancora
riferibili a quelli del
Romanticismo.
Piet Mondrian,Mulino di Sera, 1907. Olio su tela. L’Aia, Gemeentemuseum
Piet Mondrian, Mulino al sole.Olio su tela
L’Aia, Gemeentemuseum
A distanza di appena un anno,
tuttavia,l’artista è stato capace
di cambiare radicalmente il
proprio modo di dipingere;
infatti nel “Mulino al Sole” fa
uso di piccole chiazze di colore
in un’interpretazione tutta
personale. I colori, invece, ridotti
al dominio dei tre primari, danno
luogo a una violenta e accecante
aggressione fauve (Il Fauvismo é
un movimento pittorico
francese, nato a Parigi nel 1905
e sciolto nel 1907, i cui principali
esponenti sono: Henri Matisse,
André Derain, Maurice de
Vlaminck. La caratteristica
principale è la violenza degli
accostamenti cromatici caldi e
freddi: colori puri, accesi e
luminosissimi si scontrano sulla
tela con "furia selvaggia").
L’Albero Rosso,Olio su tela,
L’Aia, Gemeentemuseum
L’Albero Orizzontale, Olio su tela,
Utica, Museum of Art.
L’Albero Blu, Tempera su cartone
L’Aia, Gemeentemuseum
L’Albero Grigio, Olio su tela,L’Aia,
Gemeentemuseum
E’ il tema dell’albero che mostra però, il grande cammino di Mondrian verso
l’Astrattismo. In “l’albero rosso” il tronco nodoso e ruvido è chiazzato da striature rosse
che, sui nudi rami paiono fiammelle. Alla forma presa dalla natura, comincia, in seguito
a sostituirsi un oggetto ridotto sempre più all’essenziale: “l’albero blu”protende i suoi
rami come fruste in un linearismo ancora art nouveau che si serve però, di lingue
azzurre, raggiate secondo una tecnica tipica dei disegni di Van Gogh. Lentamente
l’albero si adatta a un reticolo cubista fatto di decisi tratti verticali e orizzontali come
vedremo in “l’albero orizzontale” e “l’albero grigio”.
Infine in “melo in fiore”
l’albero è sparito. Di sé,
però, ha lasciato le sole
linee scure e curve dei
rami non più uniti al
tronco; ma i colori
verde, ocra e azzurro al
centro della
composizione,
consentono
all’osservatore di
continuare di vedere
l’albero lì dove avrebbe
dovuto essere e dove,
invece, esso si è
confuso con il cielo e la
terra.
Piet Mondrian, Melo in fiore, Olio su tela, L’aia
Gemeentemuseum
Piet Mondrian ritiene che :
“l’aspetto delle cose in natura cambia, mentre la
realtà rimane costante”; inoltre il pittore ritiene che
l’aspetto della natura è esteticamente superiore a
ogni tentativo di sua imitazione, perciò “se
desideriamo rappresentare in modo completo la
natura siamo costretti a cercare un’altra
espressione plastica”. Come Malevič, anche
Mondrian sentì la necessità di definire il proprio
stile individuale: il termine scelto fu
NEOPLASTICISMO; la pittura neoplastica doveva
congiungere ad una società che combini due
elementi di equivalente valore, il materiale e lo
spirituale.
Da queste
considerazioni
nascono opere il cui
linguaggio è ridotto
all’essenziale come in
“Composizione n. 10,
Molo e oceano” un
dipinto del 1915. Tutto
lo spazio immenso di
una porzione di
oceano è contenuto in
un ovale, nella parte
inferiore i segmenti
sono di grandi
dimensioni, mentre
tendono a
rimpicciolirsi dal
basso verso l’alto.
L’impressione è quella
di trovarci di fronte
alla concretizzazione
dei riflessi di luce sul
mare piatto.
Piet Mondrian,Composizione n. 10, Molo e
oceano,
Olio su tela, Otterlo,Rijksmuseum Kröller-Müller.
Di Neoplasticismo Mondrian comincia a
parlare attraverso le dense pagine della
rivista “De Stijl” dove il pittore scrive: “Mi ci
volle del tempo per scoprire che particolari
forme e colori naturali evocano stati d’animo
soggettivi che oscurano la realtà pura.
L’aspetto delle forme naturali si modifica
mentre la realtà rimane costante. Per creare
plasticamente la realtà pura è necessario
ricondurre le forme naturali agli elementi
costanti della forma e i colori naturali ai
colori primari”.
L’artista ebbe notevoli risultati anche nel design e
nell’architettura: risale al 1917 “la sedia rosso-blu” di
Rietveld e al 1923 la collaborazione fra Van Doesburg e
l’architetto Cornelis van Eesteren per il “progetto per
un’università in Amsterdam-Sud”.
Gerrit Thomas Rietveld, Sedia rosso
Blu. Legno dipinto, Amsterdam, Stedelijk
Museum
Piet Mondrian, Composizione in rosso, blu e giallo
Olio su tela,New York, Collezione privata
Piet Mondrian,Composizione, Olio su tela montata
su pannello in legno, Venezia, Peggy Guggenheim
Collection
Ma fù Mondrian, l’insuperato
maestro grazie ai suoi dipinti;
i colori da lui impiegati sono
soltanto i tre primari rosso,
giallo e blu – e talvolta si
riducono a uno solo – che si
dispongono in modo
asimetrico assieme a
superfici bianche all’interno
di una griglia sempre variabile
fatta di strisce nere (il bianco
e il nero sono non – colori in
quanto il bianco è la somma di
tutti i colori, mentre il nero, al
contrario, li assorbe tutti). I tre
colori e qualche linea retta
stabiliscono fra loro dei
rapporti poetici tali da
generare una sensazione di
pace, quiete e benessere
nell’osservatore.
KASIMIR MALEVIČ
E IL
SUPREMATISMO …
Tra i protagonisti dell’astrattismo Kasimir Malevič
(1878-1935) è colui al quale sono state dedicate minori
attenzioni: se le opere di Kandinskij e di Mondrian sono,
infatti, esposte nei maggiori musei del mondo, quelle dei
Russi sono state lungamente nascoste dal regime
sovietico.
Solamente per un caso fortuito un gruppo di quadri di
Malevič è proprietà del museo Stedelijk di Amsterdam:
nel marzo del 1927 l’artista si era infatti, recato a Berlino
con un folto gruppo di suoi lavori, che dovevano essere
esposti in Germania. Un telegramma lo costrinse a
ritornare in patria, dalla quale non riuscì più ad uscire,
forse anche a causa dei suoi legami familiari. Una parte
delle opere lasciate su suolo tedesco fu distrutta o
dispersa a causa della condanna nazista verso un arte
che si riteneva degenerata, mentre la parte residua fu
acquistata dal museo olandese.
Tutto questo però non può oscurare la potenza
innovativa del suo lavoro, che possiamo
considerare maturo già ai tempi in cui disegnò
costumi e scenografie per la rappresentazione
teatrale di “Vittoria sul Sole” di Matjusin e
Kručënyč. I disegni eseguiti per quest’opera
rappresentano il passaggio al Suprematismo: è
evidente un quadrato nero che nella quinta
scena del secondo atto diviene suprematista,
anche se Malevič stesso non si era reso conto
di quanto aveva realizzato.
La scenografia
era costituita da
un quadrato nero
su fondo bianco,
ripetuto poi in un
quadro del 1915 e
prima base per
l’Astrattismo
geometrico
che
Malevič
definì
“Suprematismo”:
un termine che
voleva significare
la
distanza
rispetto
al
Naturalismo e il
necessario
contatto dell’arte
con
una
sovrarealtà
spirituale.
Kasimir Malevič, Quadrato nero su fondo
bianco, Olio su tela . San Pietroburgo,
Museo Russo.
Il primo passo per comprendere
questo quadro è la posizione in cui il
pittore lo volle esporre nella prima
mostra che lo ospitò,
l’importantissima 0.10; infatti il
quadro era collocato all’incrocio tra il
soffitto e due pareti convergenti,
ovvero nel posto dove
tradizionalmente si collocavano le
icone sacre nelle case. Esse
dovevano proteggere l’abitazione e
fungere come strumenti di contatto
tra la terra e il cielo; quindi
l’immagine si deve porre come
elemento di congiunzione tra la terra
e lo spirito. Per rappresentarlo
sceglie il quadrato perché la natura
sa creare sfere e cerchi, ma solo
l’uomo, che domina le misure di
angoli e segmenti, sa costruire un
quadrato. A questo quadro, seguirono
croci nere, quadrati rossi e un ultimo,
“quadrato bianco su fondo bianco”.
Fotografia che illustra la collocazione
dell’opera nella mostra 0.10 tenutasi a
San Pietroburgo nel 1915
Kasimir Malevič, Quadrato bianco su fondo
bianco
Morì in povertà, dopo
essere stato completamente
emarginato,
però
volle
comunque apposto sulla sua
tomba la sua opera più
radicale ovvero “quadrato
nero su fondo bianco”. I suoi
quadri sono risaliti dalle
cantine alle sale dei musei
russi solo alla fine degli anni
’80
quando
decaddero,
insieme al regime le sue
rigide norme estetiche.
Kasimir Malevič
ARTE DEGENERATA
ARTE DEGENERATA (in
tedesco entartete
Kunst) è un termine che
divenne famoso nella
Germania del regime
nazista per indicare
quelle forme d'arte che
riflettevano valori o
estetiche contrarie a
quella ariana.
Manifesto per la Mostra
dell’Arte Degenerata.
A differenza di Mussolini, Adolf Hitler (1889-1945) aveva nei
confronti dell’arte un’attenzione precisa: da giovane avrebbe voluto
sfondare come pittore e architetto; le biografie ce lo descrivono
vagare per Linz, sua città d’origine, sognando di progettare palazzi,
strade e ponti sul Danubio. Andò a Vienna deciso ad entrare
all’Accademia ma fu più volte bocciato all’esame di ammissione.
Passava il tempo a dipingere acquerelli che rappresentavano castelli
e monumenti tedeschi. Giunto al potere, non tardò molto a
manifestare l’intenzione di distruggere la “pseudo arte” moderna, di
cui egli non era riuscito a diventare un protagonista che definiva nei
suoi discorsi pubblici “ la beffa culturale ebreo-bolscevica”. Hitler
sapeva di poter contare sul consenso del popolo e della buona
borghesia, che ritenevano l’arte d’Avanguardia una colossale truffa
organizzata da trafficanti. Nei suoi discorsi accusava il Cubismo, il
Dadaismo, il Futurismo e anche l’Impressionismo, perché alla base di
questi movimenti nati su suolo straniero stava una concezione della
vita antieroica, che sminuiva l’originario vitalismo germanico. Per
Hitler l’arte come lo sport, doveva rappresentare un tipo fisico ariano,
rigettando ogni deformità e ogni sperimentalismo tecnico per rendere
le immagini più comprensibile alla massa.
LA MOSTRA DELL’ARTE DEGENERATA :
UN BOOMERANG
I musei tedeschi furono spogliati dal
Nazismo delle opere cubiste, astrattiste,
dadaiste, espressioniste. Vennero prelevati
seimila tra quadri e sculture, in parte
destinati al rogo, in parte venduti all’asta in
Svizzera e da qui giunti in molti casi nei
musei svizzeri ed americani. Il programma
culminò con la Mostra dell’Arte degenerata
che aprì a Monaco nel 1937, che espose al
pubblico seicento opere sequestrate ai
musei e destinate alla distruzione. Nella
mostra le opere di grandi artisti come: Otto
Dix, Wassily Kandinsky, Paul Klee, Käthe
Kollowitz, Max Liebermann,Marc Chagall,
Ernst Ludwig Kirchner, Emil Nolde, Edward
Munch e molti altri senza escludere "il più
degenerato degli artisti", Pablo Picasso
erano accompagnate da scritte
dispregiative e anche da un indicazione del
prezzo, altissimo, che i musei avevano
pagato agli “speculatori ebrei”.
Otto Dix,Il fiammiferaio,1926,
Berlino, Nationalgalerie
Max Beckmann,Carnevale,1925,
Düsseldorf,Kunstmuseum
Visitatori in una delle sale dell’esposizione
Per un effetto
indesiderato e destinato
a diventare un
boomerang la mostra
attirò un pubblico tre
volte più vasto di quella
dedicata all’arte
ufficiale, attirati anche
dallo scandalismo per il
quale essa era stata
vietata ai più giovani. Si
trattò inoltre della prima
mostra itinerante
d’Europa; tra le sedi
toccate ci furono
Berlino, Francoforte,
Amburgo, Salisburgo e
Vienna.
Dal discorso di Adolf Hitler durante il congresso sulla cultura, 1935
"Sono certo che pochi anni di governo politico e sociale
nazionalsocialista porteranno ricche innovazioni nel campo della
produzione artistica e grandi miglioramenti nel settore rispetto ai
risultati degli ultimi anni del regime giudaico.
(…) Per raggiungere tale fine, l’arte deve proclamare imponenza e
bellezza e quindi rappresentare purezza e benessere. Se questa è
tale, allora nessun’offerta è per essa troppo grande. E se essa tale
non è, allora è peccato sprecarvi un solo marco. Perché allora essa
non è un elemento di benessere, e quindi del progetto del futuro,
ma un segno di degenerazione e decadenza. (…) Chiunque ad
esempio volesse giustificare i disegni o le sculture dei nostri
dadaisti, cubisti, futuristi o di quei malati espressionisti,
sostenendo lo stile primitivista, non capisce che il compito dell’arte
non è quello di richiamare segni di degenerazione, ma quello di
trasmettere benessere e bellezza. Se tale sorta di rovina artistica
pretende di portare all’espressione del "primitivo" nel sentimento
del popolo, allora il nostro popolo è cresciuto oltre la primitività di
tali "barbari".
Sala della Casa dell’Arte Tedesca,inaugurata da A. Hitler nel 1937. Secondo le
intenzioni del regime ospitò le opere della Nuova Germania Nazista, in nome del
“Nuovo Rinascimento Artistico dell’uomo ariano”.
John Heartfield
Adolf, l'Onnipotente:
ingoia oro e parla acciaio
Fotomontaggio,1932
(Adolf.Il superuomo,
Ingoia oro e vomita
sciocchezze)
John Heartfield
Adolf Hitler allo specchio
Fotomontaggio, 1933
(La crisi. Specchio delle mie brame,
chi è il più forte del reame?)
Dominato dalla passione per l’architettura, Hitler passava intere
giornate con il giovane architetto ALBERT SPEER (1905-1981), al
quale aveva affidato il progetto per la trasformazione urbanistica di
Berlino: grandi viali per consentire trionfali parate militari e un
immensa residenza personale che dominava la città, laghi artificiali
e cupole dorate. La più vasta cupola avrebbe dovuto accogliere 130
000 persone per le cerimonie ufficiali; con il suoi 250 metri di
altezza avrebbe superato ogni altro edificio circostante; l’unico
problema sarebbe stato trovare al Fΰhrer una collocazione
abbastanza evidente da non farlo sembrare piccolissimo
nell’immensità del locale. Dei piani di Speer venne realizzato
soltanto lo Stadio di Norimberga, e per metà: la guerra bloccò i lavori
che invece nell’Italia Fascista, condussero alla realizzazione della
cosiddetta Terza Roma all’Eur e del suo centro, il Palazzo della
Civiltà Italiana. Il Fascismo seppe comunque tollerare un
architettura che metteva l’Italia in relazione con il Razionalismo
Europeo.
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