L’ASTRATTISMO Federica Sonedda 5 E ITER Nelle arti figurative il concetto di astratto assume il significato di “non reale”. L’arte astratta è quella che non rappresenta la realtà, crea immagini che non appartengono alla nostra esperienza visiva. Essa, cioè, cerca di esprimere i propri contenuti nella libera composizione di linee, forme, colori, senza imitare la realtà concreta in cui noi viviamo. L’astratto, in tal senso, nasce agli inizi del secolo precedente ma era già presente in molta produzione estetica precedente, anche molto antica. Sono astratte sia le figurazioni che compaiono sui vasi greci più antichi, sia le miniature altomedievali, solo per fare alcuni esempi; in questi casi, però, la figurazione astratta aveva un solo fine estetico ben preciso: quello della decorazione. L’arte astratta del secolo precedente ha invece un fine completamente diverso: quello della comunicazione. Vuole esprimere contenuti e significati, senza prendere in prestito nulla dalle immagini già esistenti intorno a noi. L’astrattismo nasce quando nei quadri non vi è più alcun riferimento alla realtà. Nasce quando i pittori procedono in maniera totalmente autonoma rispetto alle forme reali, per cercare e trovare forme ed immagini del tutto inedite e diverse da quelle già esistenti. In questo caso l’astrattismo ha un procedimento che non è più definibile di astrazione, ma diviene totale invenzione. L’astrattismo nasce intorno al 1910, grazie al pittore russo Wassilj Kandinskij. Egli opera, in quegli anni, a Monaco dove fonda il movimento espressionistico “Der Blaue Reiter”. Il suo astrattismo conserva infatti una matrice fondamentalmente espressionistica. È’ teso a suscitare emozioni interiori, utilizzando solo la capacità dei colori di trasmettere delle sensazioni. Da questo momento la nascita dell’astrattismo ha la forza di liberare la fantasia di molti artisti, che si sentono totalmente svincolati dalle norme e dalle convenzioni fino ad allora imposte al fare artistico. I campi in cui agire per nuove sperimentazioni si aprono a dismisura e le direzioni in cui si svolge l’arte astratta appaiono decisamente eterogenee, con premesse ed esiti profondamente diversi. I primi grandi esponenti dell’astrattismo vengono considerati il pittore svizzero Paul Klee ed il russo Wassilij Kandinskij. Dal 1912 al 1920 si formano varie correnti artistiche che maggiormente si avvicinano al concetto astratto. In Francia Delaunay, Kupka, Bruce rappresentano l’Orfismo, cercando di ottenere, attraverso il solo effetto del colore steso con la massima libertà, effetti musicali e simbolici. Il concetto di supremazia della pura sensibilità si sviluppa in Russia con Malevic nel Suprematismo (1913), stranamente elementare nell’accosto di elementi semplici come cerchi, quadrati, linee. La massima essenzialità nell’ingenuo affiorare di forme e di colori viene mostrata dal Dadaismo, che vede le sue origini contemporaneamente in Svizzera, Germania, America, Francia; viene introdotto da Tzara, Arp, Ernst, Duchamp e Picabia. Un’arte rigorosamente applicata a principi geometrici è rappresentata dai pittori Mondrian e Van Doesburg, i quali costituiscono il gruppo De Stijl (1917-1932). “ Il sole tramontava; tornavo dopo avere disegnato ed ero ancora tutto immerso nel mio lavoro, quando aprendo la porta dello studio, vidi davanti a me un quadro indescrivibilmente bello. All’inizio rimasi sbalordito, ma poi mi avvicinai a quel quadro enigmatico, assolutamente incomprensibile nel suo contenuto, e fatto esclusivamente di macchie di colore. Finalmente capii: era un quadro che avevo dipinto io e che era stato appoggiato al cavalletto capovolto. Il giorno dopo tentai, alla luce del sole, di risuscitare la stessa impressione, ma non riuscì. Benché il quadro fosse ugualmente capovolto, distinguevo gli oggetti, e mancava quella luce sottile del tramonto. Quel giorno, però, mi fu perfettamente chiaro che l’oggetto non aveva posto, anzi era dannoso ai miei quadri”. Così Vasilij Kandinskij ricorda il momento in cui si aprì davanti a lui la strada dell’ASTRATTISMO, cioè di opere che astraggono dalla rappresentazione e da ogni narrazione realistica. L’episodio narrato dall’artista descrive bene come questa scoperta sia avvenuta attraverso quel processo di felice casualità che, nell’ambito della scienza, si definisce “serendipità”: si cerca una cosa e se ne trova un’altra più importante. Serendipity è una parola inglese che indica la fortuna che arriva inaspettata; il termine Serendipity fu coniato da Horace Walpole nel 1754 sulla base di una leggenda intitolata "I Tre Principi del Serendip", l'antico nome dello Sri Lanka. Walpole scriveva: "Quando le loro Altezze viaggiavano scoprivano continuamente per caso , cose che non stavano assolutamente cercando". Altri significati: la felice casualità; il dono di trovare cose "belle e buone" anche senza averle mai cercate e la capacità di trasformare in "belle e buone" le cose che non lo sono; chi o che cosa fa scoprire cose che non si stavano cercando, fa sì che le cose vadano a posto, insegna ad amare e ad accettare la vita. Locandina del film Serendipity Vasilij Kandinskij, Senza titolo,1910. Matita, acquerello e inchiostro di china su carta. Parigi,Musée National d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou Kandinskij cercava di capire di chi era quel quadro e scoprì che poteva, anzi doveva dedicarsi a una pittura in cui non fosse riconoscibile nessun oggetto. Probabilmente nella storia è capitato a molti artisti di vedere un proprio quadro capovolto, ma tale fatto non generò scelte o progetti. Nel 1910, invece,a Kandinskij questo errore banale disse finalmente qualcosa tanto che in seguito l’artista si sentì autorizzato a retrodatare al 1910 il primo Acquerello astratto,dipinto con probabilità nel 1913 e tutt’ora conservato al Musée National d’Art Moderne Georges Pompidou. VASILIJ KANDINSKIJ IL COLORE COME LA MUSICA BIOGRAFIA Vasilij Kandinskij nasce a Mosca il 4 dicembre 1866 e lì compie gli studi universitari laureandosi in Giurisprudenza nel 1892. Gli viene subito offerta una cattedra all’università che, però, rifiuta volendosi dedicare alla pittura. Già quando era studente universitario, infatti, aveva avuto modo di conoscere le opere degli Impressionisti, visitando la loro esposizione moscovita del 1895 e restandone profondamente colpito. Nel 1896 si stabilisce a Monaco dove rimane fino al 1914 quando, allo scoppio della Prima guerra mondiale, rientra in patria. Nella città bavarese ha modo di entrare in contatto con numerosi pittori, critici d’arte e musicisti con alcuni dei quali dà vita al Der Blaue Reiter. Tornato in Russia crea l’istituto per la cultura pittorica e fonda l’Accademia di Scienze Artistiche. Grazie al ruolo di primissimo piano che aveva in Russia, nel 1921 ottiene il permesso di recarsi in Germania per sei mesi ma non farà mai più ritorno in patria. Nel 1922 diviene professore al Bauhaus di Weimar, libera scuola d’arte mestieri, creato nel 1919 da Walter Gropius, dove dirige il laboratorio di pittura parietale. Gli anni successivi, per motivi politici, Kandinskij abbandona la Germania per la Francia. A Parigi vive gli ultimi dieci anni della sua vita; muore nella residenza di Neuilly-sur-Seine il 13 dicembre 1944. Uno dei suoi primi capolavori dipinto nel 1903 si intitola “Il cavaliere azzurro”, ancora ricco di fascino decorativo. Su una collina verde-dorata, che occupa quasi l’intera superficie della tela e che è disegnata da una delicata linea curva continua, un cavaliere dal mantello azzurro è lanciato al galoppo sul suo bianco destriero. I cavalieri erano un soggetto molto amato dall’artista che era legatissimo alle storie popolari del Medioevo russo. Vasilij Kandinskij, Il cavaliere azzurro, Olio su tela. Zurigo, Collezione privata Le riflessioni sui rapporti tra pittura e musica convincono l’artista che la pittura deve essere sempre più simile alla musica e che i colori devono sempre più assimilarsi ai suoni. Da ora in poi sarà sempre più difficile individuare forme note nei dipindi di Kandinskij, mentre assumeranno sempre più rilevanza gli accostamenti di colore che si comporranno in maniera da dar luogo a una vera e propria festa per gli occhi. Composizione VI, una grande tela realizzata nel 1913 e ora all’Ermitage, si basa su un precedente dipinto dal titolo “diluvio universale”. Non c’è più nulla di riconoscibile nei suoi dipinti; i colori accesi si combinano per mostrare la fine del mondo, il diluvio, creando però qualcosa di nuovo, il cantico della nuova creazione che può aver luogo dopo la distruzione del mondo. Vasilij Kandinskij, Composizione VI, Olio su tela.San Pietroburgo, Ermitage Risale, invece, al 1926 il dipinto “Alcuni cerchi”. In un campo scuro, profondo come l’universo, si muovono dei cerchi colorati, alcuni isolatamente, altri in agglomerazione. I colori sono disposti sulla tela facendo attenzione al mutamento di tonalità. Vasilij Kandinskij. Alcuni cerchi. Olio su tela. New York, The Solomon R. Guggenheim Museum L’azzurro, infine, è l’elemento che caratterizza “Bleu de ciel” un opera del 1940 eseguita in Francia dove fluttuano forme primordiali e a ciascuna di esse sono associate linee, reticoli, scacchiere di colori smaglianti. Vasilij Kandinskij, Bleu de ciel, 1940.Olio su tela Parigi, Musée d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou. Il passaggio a una produzione esclusiva di opere astratte della forma dell’olio su tela fu, comunque, piuttosto lento, come il pieno rispetto dei principi teorici che aveva già enunciato ne “Lo spirituale nell’arte”. In questo piccolo libro Kandinskij aveva proposto una schematizzazione dei colori, della forma e della linea secondo i loro risvolti psicologici e spirituali. La linea Una semplice linea orizzontale produce una sensazione di freddezza e di piattezza in quanto viene associata all’immobilità e al sonno. Una linea verticale produce una sensazione di calore, ed è associata all’altezza. La linea obliqua è instabile e dinamica. La linea curva determina un effetto di calma e di tranquillità. La linea spezzata produce effetto di nervosismo ed evoca il dramma. La forma Il quadrato è la forma più stabile e viene associato al colore rosso. Il triangolo è la forma che contiene maggiore tensione ed è collegato al giallo. Il cerchio forma pacata e priva di tensione, è associato al colore azzurro. Il colore Il colore azzurro evoca l’idea di infinito. Il rosso evoca la forza e la passione. Il giallo evoca l’eccitazione e il dinamismo. I toni caldi e quelli freddi danno rispettivamente la sensazione di avanzare o di retrocedere. I colori secondari, quali il verde, l’arancione o il viola, assumono qualità espressive intermedie ai primari. PIET MONDRIAN E DE STIJL LA PITTURA COME ESPRESSIONE DELL’UNIVERSALE BIOGRAFIA Nato a Amersfoort presso Utrecht (Olanda) nel 1872, Pieter (Piet) Mondrian, studia all’Accademia di Belle Arti di Amsterdam dal 1892 al 1895. In Olanda ben presto Mondriaan conosce la pittura dei Fauves e nel 1911 si trasferisce a Parigi, affascinato dall’esperienza cubista. Nel 1912, esponendo alla seconda mostra del Moderne Kunstkring (Circolo d’arte moderna) di Amsterdam, Mondriaan, per la prima volta, si firma “Mondrian”, cioè con il cognome francesizzato; a Parigi Mondrian rimane fino al 1914, quando rientra in patria a causa di una malattia del padre. Lo scoppio della Prima guerra mondiale lo terrà nella neutrale Olanda sino al 1919, anno del suo ritorno nella capitale francese. In Olanda le sue ricerche in campo pittorico lo indirizzano verso l’Astrattismo, e dopo la conoscenza di Theo van Doesburg, dà vita, con questi, alla rivista “De Stijl”, ma tuttavia nel 1924 l’artista cessa la collaborazione alla rivista per contrasti con lo stesso Van Doesburg. Poco prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale , Mondrian abbandona Parigi per la Gran Bretagna e, nel 1940, si trasferisce a New York, dove muore nel 1944. Nei primi dipinti dell’artista , ad esempio nel “Mulino di sera”, eseguito nel 1907, il mulino è simbolo del paesaggio olandese; i colori impiegati da Mondrian, brillanti e luminosi, sono, addirittura, ancora riferibili a quelli del Romanticismo. Piet Mondrian,Mulino di Sera, 1907. Olio su tela. L’Aia, Gemeentemuseum Piet Mondrian, Mulino al sole.Olio su tela L’Aia, Gemeentemuseum A distanza di appena un anno, tuttavia,l’artista è stato capace di cambiare radicalmente il proprio modo di dipingere; infatti nel “Mulino al Sole” fa uso di piccole chiazze di colore in un’interpretazione tutta personale. I colori, invece, ridotti al dominio dei tre primari, danno luogo a una violenta e accecante aggressione fauve (Il Fauvismo é un movimento pittorico francese, nato a Parigi nel 1905 e sciolto nel 1907, i cui principali esponenti sono: Henri Matisse, André Derain, Maurice de Vlaminck. La caratteristica principale è la violenza degli accostamenti cromatici caldi e freddi: colori puri, accesi e luminosissimi si scontrano sulla tela con "furia selvaggia"). L’Albero Rosso,Olio su tela, L’Aia, Gemeentemuseum L’Albero Orizzontale, Olio su tela, Utica, Museum of Art. L’Albero Blu, Tempera su cartone L’Aia, Gemeentemuseum L’Albero Grigio, Olio su tela,L’Aia, Gemeentemuseum E’ il tema dell’albero che mostra però, il grande cammino di Mondrian verso l’Astrattismo. In “l’albero rosso” il tronco nodoso e ruvido è chiazzato da striature rosse che, sui nudi rami paiono fiammelle. Alla forma presa dalla natura, comincia, in seguito a sostituirsi un oggetto ridotto sempre più all’essenziale: “l’albero blu”protende i suoi rami come fruste in un linearismo ancora art nouveau che si serve però, di lingue azzurre, raggiate secondo una tecnica tipica dei disegni di Van Gogh. Lentamente l’albero si adatta a un reticolo cubista fatto di decisi tratti verticali e orizzontali come vedremo in “l’albero orizzontale” e “l’albero grigio”. Infine in “melo in fiore” l’albero è sparito. Di sé, però, ha lasciato le sole linee scure e curve dei rami non più uniti al tronco; ma i colori verde, ocra e azzurro al centro della composizione, consentono all’osservatore di continuare di vedere l’albero lì dove avrebbe dovuto essere e dove, invece, esso si è confuso con il cielo e la terra. Piet Mondrian, Melo in fiore, Olio su tela, L’aia Gemeentemuseum Piet Mondrian ritiene che : “l’aspetto delle cose in natura cambia, mentre la realtà rimane costante”; inoltre il pittore ritiene che l’aspetto della natura è esteticamente superiore a ogni tentativo di sua imitazione, perciò “se desideriamo rappresentare in modo completo la natura siamo costretti a cercare un’altra espressione plastica”. Come Malevič, anche Mondrian sentì la necessità di definire il proprio stile individuale: il termine scelto fu NEOPLASTICISMO; la pittura neoplastica doveva congiungere ad una società che combini due elementi di equivalente valore, il materiale e lo spirituale. Da queste considerazioni nascono opere il cui linguaggio è ridotto all’essenziale come in “Composizione n. 10, Molo e oceano” un dipinto del 1915. Tutto lo spazio immenso di una porzione di oceano è contenuto in un ovale, nella parte inferiore i segmenti sono di grandi dimensioni, mentre tendono a rimpicciolirsi dal basso verso l’alto. L’impressione è quella di trovarci di fronte alla concretizzazione dei riflessi di luce sul mare piatto. Piet Mondrian,Composizione n. 10, Molo e oceano, Olio su tela, Otterlo,Rijksmuseum Kröller-Müller. Di Neoplasticismo Mondrian comincia a parlare attraverso le dense pagine della rivista “De Stijl” dove il pittore scrive: “Mi ci volle del tempo per scoprire che particolari forme e colori naturali evocano stati d’animo soggettivi che oscurano la realtà pura. L’aspetto delle forme naturali si modifica mentre la realtà rimane costante. Per creare plasticamente la realtà pura è necessario ricondurre le forme naturali agli elementi costanti della forma e i colori naturali ai colori primari”. L’artista ebbe notevoli risultati anche nel design e nell’architettura: risale al 1917 “la sedia rosso-blu” di Rietveld e al 1923 la collaborazione fra Van Doesburg e l’architetto Cornelis van Eesteren per il “progetto per un’università in Amsterdam-Sud”. Gerrit Thomas Rietveld, Sedia rosso Blu. Legno dipinto, Amsterdam, Stedelijk Museum Piet Mondrian, Composizione in rosso, blu e giallo Olio su tela,New York, Collezione privata Piet Mondrian,Composizione, Olio su tela montata su pannello in legno, Venezia, Peggy Guggenheim Collection Ma fù Mondrian, l’insuperato maestro grazie ai suoi dipinti; i colori da lui impiegati sono soltanto i tre primari rosso, giallo e blu – e talvolta si riducono a uno solo – che si dispongono in modo asimetrico assieme a superfici bianche all’interno di una griglia sempre variabile fatta di strisce nere (il bianco e il nero sono non – colori in quanto il bianco è la somma di tutti i colori, mentre il nero, al contrario, li assorbe tutti). I tre colori e qualche linea retta stabiliscono fra loro dei rapporti poetici tali da generare una sensazione di pace, quiete e benessere nell’osservatore. KASIMIR MALEVIČ E IL SUPREMATISMO … Tra i protagonisti dell’astrattismo Kasimir Malevič (1878-1935) è colui al quale sono state dedicate minori attenzioni: se le opere di Kandinskij e di Mondrian sono, infatti, esposte nei maggiori musei del mondo, quelle dei Russi sono state lungamente nascoste dal regime sovietico. Solamente per un caso fortuito un gruppo di quadri di Malevič è proprietà del museo Stedelijk di Amsterdam: nel marzo del 1927 l’artista si era infatti, recato a Berlino con un folto gruppo di suoi lavori, che dovevano essere esposti in Germania. Un telegramma lo costrinse a ritornare in patria, dalla quale non riuscì più ad uscire, forse anche a causa dei suoi legami familiari. Una parte delle opere lasciate su suolo tedesco fu distrutta o dispersa a causa della condanna nazista verso un arte che si riteneva degenerata, mentre la parte residua fu acquistata dal museo olandese. Tutto questo però non può oscurare la potenza innovativa del suo lavoro, che possiamo considerare maturo già ai tempi in cui disegnò costumi e scenografie per la rappresentazione teatrale di “Vittoria sul Sole” di Matjusin e Kručënyč. I disegni eseguiti per quest’opera rappresentano il passaggio al Suprematismo: è evidente un quadrato nero che nella quinta scena del secondo atto diviene suprematista, anche se Malevič stesso non si era reso conto di quanto aveva realizzato. La scenografia era costituita da un quadrato nero su fondo bianco, ripetuto poi in un quadro del 1915 e prima base per l’Astrattismo geometrico che Malevič definì “Suprematismo”: un termine che voleva significare la distanza rispetto al Naturalismo e il necessario contatto dell’arte con una sovrarealtà spirituale. Kasimir Malevič, Quadrato nero su fondo bianco, Olio su tela . San Pietroburgo, Museo Russo. Il primo passo per comprendere questo quadro è la posizione in cui il pittore lo volle esporre nella prima mostra che lo ospitò, l’importantissima 0.10; infatti il quadro era collocato all’incrocio tra il soffitto e due pareti convergenti, ovvero nel posto dove tradizionalmente si collocavano le icone sacre nelle case. Esse dovevano proteggere l’abitazione e fungere come strumenti di contatto tra la terra e il cielo; quindi l’immagine si deve porre come elemento di congiunzione tra la terra e lo spirito. Per rappresentarlo sceglie il quadrato perché la natura sa creare sfere e cerchi, ma solo l’uomo, che domina le misure di angoli e segmenti, sa costruire un quadrato. A questo quadro, seguirono croci nere, quadrati rossi e un ultimo, “quadrato bianco su fondo bianco”. Fotografia che illustra la collocazione dell’opera nella mostra 0.10 tenutasi a San Pietroburgo nel 1915 Kasimir Malevič, Quadrato bianco su fondo bianco Morì in povertà, dopo essere stato completamente emarginato, però volle comunque apposto sulla sua tomba la sua opera più radicale ovvero “quadrato nero su fondo bianco”. I suoi quadri sono risaliti dalle cantine alle sale dei musei russi solo alla fine degli anni ’80 quando decaddero, insieme al regime le sue rigide norme estetiche. Kasimir Malevič ARTE DEGENERATA ARTE DEGENERATA (in tedesco entartete Kunst) è un termine che divenne famoso nella Germania del regime nazista per indicare quelle forme d'arte che riflettevano valori o estetiche contrarie a quella ariana. Manifesto per la Mostra dell’Arte Degenerata. A differenza di Mussolini, Adolf Hitler (1889-1945) aveva nei confronti dell’arte un’attenzione precisa: da giovane avrebbe voluto sfondare come pittore e architetto; le biografie ce lo descrivono vagare per Linz, sua città d’origine, sognando di progettare palazzi, strade e ponti sul Danubio. Andò a Vienna deciso ad entrare all’Accademia ma fu più volte bocciato all’esame di ammissione. Passava il tempo a dipingere acquerelli che rappresentavano castelli e monumenti tedeschi. Giunto al potere, non tardò molto a manifestare l’intenzione di distruggere la “pseudo arte” moderna, di cui egli non era riuscito a diventare un protagonista che definiva nei suoi discorsi pubblici “ la beffa culturale ebreo-bolscevica”. Hitler sapeva di poter contare sul consenso del popolo e della buona borghesia, che ritenevano l’arte d’Avanguardia una colossale truffa organizzata da trafficanti. Nei suoi discorsi accusava il Cubismo, il Dadaismo, il Futurismo e anche l’Impressionismo, perché alla base di questi movimenti nati su suolo straniero stava una concezione della vita antieroica, che sminuiva l’originario vitalismo germanico. Per Hitler l’arte come lo sport, doveva rappresentare un tipo fisico ariano, rigettando ogni deformità e ogni sperimentalismo tecnico per rendere le immagini più comprensibile alla massa. LA MOSTRA DELL’ARTE DEGENERATA : UN BOOMERANG I musei tedeschi furono spogliati dal Nazismo delle opere cubiste, astrattiste, dadaiste, espressioniste. Vennero prelevati seimila tra quadri e sculture, in parte destinati al rogo, in parte venduti all’asta in Svizzera e da qui giunti in molti casi nei musei svizzeri ed americani. Il programma culminò con la Mostra dell’Arte degenerata che aprì a Monaco nel 1937, che espose al pubblico seicento opere sequestrate ai musei e destinate alla distruzione. Nella mostra le opere di grandi artisti come: Otto Dix, Wassily Kandinsky, Paul Klee, Käthe Kollowitz, Max Liebermann,Marc Chagall, Ernst Ludwig Kirchner, Emil Nolde, Edward Munch e molti altri senza escludere "il più degenerato degli artisti", Pablo Picasso erano accompagnate da scritte dispregiative e anche da un indicazione del prezzo, altissimo, che i musei avevano pagato agli “speculatori ebrei”. Otto Dix,Il fiammiferaio,1926, Berlino, Nationalgalerie Max Beckmann,Carnevale,1925, Düsseldorf,Kunstmuseum Visitatori in una delle sale dell’esposizione Per un effetto indesiderato e destinato a diventare un boomerang la mostra attirò un pubblico tre volte più vasto di quella dedicata all’arte ufficiale, attirati anche dallo scandalismo per il quale essa era stata vietata ai più giovani. Si trattò inoltre della prima mostra itinerante d’Europa; tra le sedi toccate ci furono Berlino, Francoforte, Amburgo, Salisburgo e Vienna. Dal discorso di Adolf Hitler durante il congresso sulla cultura, 1935 "Sono certo che pochi anni di governo politico e sociale nazionalsocialista porteranno ricche innovazioni nel campo della produzione artistica e grandi miglioramenti nel settore rispetto ai risultati degli ultimi anni del regime giudaico. (…) Per raggiungere tale fine, l’arte deve proclamare imponenza e bellezza e quindi rappresentare purezza e benessere. Se questa è tale, allora nessun’offerta è per essa troppo grande. E se essa tale non è, allora è peccato sprecarvi un solo marco. Perché allora essa non è un elemento di benessere, e quindi del progetto del futuro, ma un segno di degenerazione e decadenza. (…) Chiunque ad esempio volesse giustificare i disegni o le sculture dei nostri dadaisti, cubisti, futuristi o di quei malati espressionisti, sostenendo lo stile primitivista, non capisce che il compito dell’arte non è quello di richiamare segni di degenerazione, ma quello di trasmettere benessere e bellezza. Se tale sorta di rovina artistica pretende di portare all’espressione del "primitivo" nel sentimento del popolo, allora il nostro popolo è cresciuto oltre la primitività di tali "barbari". Sala della Casa dell’Arte Tedesca,inaugurata da A. Hitler nel 1937. Secondo le intenzioni del regime ospitò le opere della Nuova Germania Nazista, in nome del “Nuovo Rinascimento Artistico dell’uomo ariano”. John Heartfield Adolf, l'Onnipotente: ingoia oro e parla acciaio Fotomontaggio,1932 (Adolf.Il superuomo, Ingoia oro e vomita sciocchezze) John Heartfield Adolf Hitler allo specchio Fotomontaggio, 1933 (La crisi. Specchio delle mie brame, chi è il più forte del reame?) Dominato dalla passione per l’architettura, Hitler passava intere giornate con il giovane architetto ALBERT SPEER (1905-1981), al quale aveva affidato il progetto per la trasformazione urbanistica di Berlino: grandi viali per consentire trionfali parate militari e un immensa residenza personale che dominava la città, laghi artificiali e cupole dorate. La più vasta cupola avrebbe dovuto accogliere 130 000 persone per le cerimonie ufficiali; con il suoi 250 metri di altezza avrebbe superato ogni altro edificio circostante; l’unico problema sarebbe stato trovare al Fΰhrer una collocazione abbastanza evidente da non farlo sembrare piccolissimo nell’immensità del locale. Dei piani di Speer venne realizzato soltanto lo Stadio di Norimberga, e per metà: la guerra bloccò i lavori che invece nell’Italia Fascista, condussero alla realizzazione della cosiddetta Terza Roma all’Eur e del suo centro, il Palazzo della Civiltà Italiana. Il Fascismo seppe comunque tollerare un architettura che metteva l’Italia in relazione con il Razionalismo Europeo.