Educazione degli adulti e formazione dei formatori Costabissara, 29 ottobre 2008 dott. Matteo Cornacchia Università di Trieste Struttura della proposta Il professionista: l’insegnante Macro L’adulto Metodo Micro L’organizzazione scuola Macro Le Organizzazioni Destinatario Micro Micro Macro Contesto La conoscenza delle metodologie formative L’applicazione delle tecniche Obiettivi: Comprendere la vicenda storica dell’EdA come disciplina Conoscere le principali teorie di apprendimento adulto Comprendere le caratteristiche dell’apprendimento e del cambiamento in età adulta Acquisire capacità di progettazione formativa L’educazione permanente L’educazione è un processo permanente che va assai oltre le attività specificamente realizzate nelle istituzioni scolastiche formative, coinvolgendo sempre più gli stessi soggetti in età adulta o comunque gli individui al di fuori delle sedi cosiddette formali dell’istruzione Educazione degli Adulti Si riferisce allo studio e alla ricerca degli ambiti teorico-operativi in cui gli individui adulti sono impegnati in processi di apprendimento finalizzati ad obiettivi diversi (sviluppo professionale, realizzazione di sé, cittadinanza attiva) Educazione degli Adulti Per l’UNESCO, l’EdA designa l’insieme dei processi di apprendimento, formali o di altro tipo, grazie ai quali gli individui, considerati come adulti dalle società alle quali appartengono, sviluppano le loro attitudini, arricchiscono le loro conoscenze e migliorano le loro qualificazioni tecniche o professionali e le riorientano in funzione dei loro propri bisogni o di quelli della società Educazione continua Il concetto si lega alla nozione di lifelong learning (apprendimento lungo il corso di vita): si caratterizza come un processo intenzionale predisposto e finalizzato allo specifico risultato ed ha come effetto un cambiamento dotato di relativa stabilità o di reversibilità voluta (cambiamento della situazione di partenza). Economia tradizionale Nuova economia Implicazioni per la formazione Lento cambiamento tecnologico Rapido cambiamento Importanza del tecnologico trasferimento tecnologico Campi tecnologici distinti Campi tecnologici interconnessi Programmi interdisciplinari Bassa competizione internazionale Forte competizione internazionale Conoscenza della nuova competizione Focalizzazione sul mercato interno Focalizzazione sul mercato globale Conoscenza delle nuove culture e dei nuovi linguaggi Prodotti standardizzati per un mercato di massa Prodotti complessi per consumatori sofisticati Necessità di un supporto tecnologico per gli affari I limiti delle teorie stadiali Si fermano all’età evolutiva; Presuppongono la suddivisione in stadi o tappe obbligate e irreversibili; Ritengono che ogni stadio presenti competenze e abilità specifiche; VIII Vecchiaia VII Età adulta VI Primato genitale V Pubertà IV III II I Integrità dell’IO e disperazione Generatività e stagnazione Intimità e isolamento Identità e dispetazione Latenza Industriosità e senso di inferiorità Genitale – locomotorio Spirito di iniziativa e senso di colpa Anale – uretrale – muscolare Vergogna e autonomia Orale – respiratorio Fiducia e sfiducia La teoria motivazionale di Maslow Bisogni fisiologici Legati alla sopravvivenza fisica (Mangiare, bere, dormire, ripararsi, ecc). Bisogni di sicurezza Consistono nella consapevolezza di avere punti fermi (sentirsi protetti e tranquilli, sapersi orientare in un ambiente, ecc.) Bisogni di appartenenza (o sociali) Nascono dal sentimento di sentirsi parte di un gruppo Bisogni di stima Esigenza di sentirsi stimati e/o apprezzati, rispettati, accettati Bisogni di autorealizzazione Esigenza di realizzare la propria identità, di portare a compimento le proprie aspettative Autorealizzazione Realizzazione di se stessi Stima Prestigio, rispetto, riconoscimento Sociali Appartenenza, amore, accettazione Sicurezza Primari Protezione, certezza, tranquillità Salute, riposo, Fame, Sete I principi dell’andragogia • Bisogno di conoscere • Autonomia del soggetto • Ruolo dell’esperienza • Disponibilità ad apprendere • Orientamento all’apprendimento • Motivazione I requisiti di un modello andragogico dell’apprendimento • Stabilire un clima favorevole • Creare un meccanismo di progettazione comune • Diagnosticare i bisogni di apprendimento • Progettare un modello di esperienze di apprendimento • Gestire le attività, mettere in atto il programma • Valutare il programma Modello Pedagogico Modello Andragogico Ruolo del formatore Trasmettitore Centralità Facilitatore E’ in compresenza con gli altri attori Concezione dell’apprendimento Apprendimento come rapporto causa effetto Predittività stimolorisposta L’apprendimento di realizza in situazione collettiva Tempi di apprendimento Ben definiti, stabili e uguali per tutti Tempi normativi Fasi di apprendimento Prima teoria in aula, poi esperienza sul campo Decontestualizzazione Obiettivi non necessariamente esplicitati al formando Apprendimento come costruzione di strutture mentali sempre più larghe e complete Non c’è predittività L’apprendimento tende ad essere individualizzato Ritmi variabili, personalizzati Tempi non normativi Teoria e pratica collegate (esperienza-contestoriflessione) Contestualizzazione Obiettivi e verifiche sono noti al formando Modello Pedagogico Modello Andragogico Legato all’esperienza del soggetto e non sola informazione L’esito è prodotto dall’esperienza Rilievo alla proposta formativa Risultato dell’apprendimento Legato alla ricezione dell’informazione L’esito è causato dall’azione formativa Rilievo all’offerta formativa Valutazione dell’apprendimento E’ il formatore che valuta La valutazione ha funzione selettiva Comunicazione Unidirezionalità della comunicazione Comunicazione come trasmissione di conoscenze Ruolo del formando Passivo, ricevitore dell’informazione Riferimento ad un repertorio medio di conoscenze presunte E’ il formando che si autovaluta La valutazione è autoregolamentata Circolarità della comunicazione Comunicazione come costruzione di conoscenze Attivo, consapevole elaboratore di informazioni Rilevanza delle competenze acquisite Intuitive learner Scholastic learner Skilled person Apprendista naturale Studente tradizionale Esperto disciplinare E’ il bambino che è tranquillamente in grado di imparare il linguaggio e gli altri sistemi simbolici e che si crea spontaneamente delle teorie per rendere conto del funzionamento del mondo fisico e sociale che gli sta attorno E’ il bambino/ragazzo (dalle elementari all’università) che affronta l’apprendimento degli alfabeti, dei concetti e delle forme disciplinari proposti a scuola. E’ colui che, posto in un contesto extrascolastico, risponde per lo più in base alle teorie sviluppate quando vestiva i panni dell’intuitive learner E’ un individuo, di qualsiasi età, che conosce concetti, pratiche epistemologiche e abilità connesse ad un determinato ambito ci competenza (più o meno disciplinare) e che è in grado di utilizzare tale competenza anche al di fuori dei contesti esplicitamente educativi H. Gardner, The unschooled mind, 1991 Come si apprende? Intuitive learner Scholastic learner Skilled person Apprendista naturale Studente tradizionale Esperto disciplinare Mostra una comprensione di tipo prevalentemente intuitivo. Le sue comprensioni sono spesso immature, incomplete e protoscientifiche, ma ciò nonostante si dimostrano sufficientemente potenti e funzionali per affrontare il mondo Mostra la sua comprensione svolgendo e riproponendo appropriatamente alle richieste poste da compiti ritualizzati e convenzionali. Risposte corrette a tali compiti non impediscono, ma nemmeno garantiscono, che dietro ad esse vi sia una “vera” comprensione Mostra una comprensione “genuina”: ovvero una comprensione (delle pratiche, dei linguaggi e dei concetti propri di una determinata area) mai definitiva e completa, sempre adattabile e in grado di affrontare, ridefinire e risolvere problemi posti in situazioni non previste Le modalità di apprendimento 10% di ciò che leggono 20% di ciò che ascoltano Processi passivi Contenutistici 30% di ciò che vedono 50% di ciò che vedono e ascoltano 70% di ciò che discutono con altri 80% di ciò che sperimentano 90% di ciò che insegnano ad altri Processi attivi o proattivi Relazionali Apprendimento “IN” Cognizione individuale Attività mentale pura Manipolazione di simboli Apprendimento di principi generali Apprendimento “OUT” Cognizione condivisa Manipolazione degli strumenti Ragionamento contestualizzato Competenze situate nei contesti • I contesti formativi nelle organizzazioni sono separati dai contesti lavorativi • I contesti formativi nelle organizzazioni sono costruiti come contesti scolastici tradizionali • L’unità di misura di ogni intervento formativo è l’individuo • E’ sempre possibile definire in modo formale ed esplicito il funzionamento di un’organizzazione • L’esperienza e i contesti sono variabili da azzerare… Approccio situato - culturale • L’apprendimento è una pratica fondamentalmente sociale • La conoscenza è integrata e distribuita nella vita delle comunità • L’apprendimento è un atto di appartenenza • L’apprendimento è coinvolgimento nelle pratiche • Il coinvolgimento deve essere legato alla possibilità di contribuire allo sviluppo della comunità • Non si impara quando ci è preclusa la partecipazione Il conflitto nelle organizzazioni «Il conflitto è un’interazione fra attori (individui, gruppi, organizzazioni…) in cui almeno un attore sperimenta un’incompatibilità nel pensare, rappresentare, percepire e/o sentire e/o volere con un altro attore (altri attori) in modo tale che la realizzazione (dei propri pensieri, emozioni, volontà) venga ostacolata dall’altro attore» (Glasl, 2001) • Diversi interessi • Diversi valori • Diverse percezioni • Carenza di informazioni • Stereotipi e pregiudizi • Problemi di comunicazione • Scarsità di risorse • Definizione dei ruoli Comunità di pratiche Sono gruppi di persone che condividono un interesse o una passione per qualcosa che fanno e che interagiscono con regolarità per imparare a farlo meglio Identità Condivisione di interessi e lealtà degli aderenti Interazione L’impegno deve essere esplicitato in discussioni, attività in comune e aiuto reciproco Presenza di Risorse e Pratiche condivise il processo può anche essere inconscio e spontaneo - Metafora dell’apprendistato • Nozione di scaffolding: creare un ambiente che riduca gli errori e le mancanze nei primi passi verso l’acquisizione di una competenza • Legitimate peripheral partecipation (Partecipazione periferica legittimata): i membri periferici del gruppo (solitamente i più giovani e meno esperti) sono pienamente legittimati alla partecipazione alla comunità Punti di forza Strength Opportunità Opportunities Punti di debolezza Weakness Rischi Threats BIANCO: fatti e dati oggettivi (computer) ROSSO: emozioni e intuizioni (senza riflettere, a pelle) NERO: negatività logica: perché una cosa non può o non deve essere fatta (grillo parlante) GIALLO: pensiero positivo, di ogni idea mette in luce gli aspetti vantaggiosi e positivi VERDE: idee innovative e originali BLU: controlla e organizza, pone le domande per definire un problema e stabilisce gli obiettivi da raggiungere (regia) Le fasi della formazione… Nascita della committenza Analisi delle esigenze Analisi sul campo e macroprogettazione Progettazione dell’intervento Ridefinizione della committenza Erogazione Microprogettazione Verifica dei risultati Erogazione Verifica dei risultati Restituzione al committente Metodologie formative • Lezione • Stage applicativo • Discussione • Ricerca/formazione • Dialogo maieutico • Lavoro di gruppo • Dimostrazione • Role Playing • Simulazione operativa • Gioco psico-pedagogico • Software didattico • Lavoro di progetto • Studio dei casi • Action learning • Autocaso • Survival training • Testimonianza • Stage osservativo Il metodo dei casi Cos’è: con lo studio di caso si presenta ai soggetti in formazione la descrizione di una situazione reale (e, in quanto tale, complessa) frequente o esemplare. La descrizione di un caso è un brano scritto al quale possono essere associati documenti, tabelle o schemi. Obiettivo: non è risolvere un problema, ma imparare ad affrontare i problemi, ad individuarli, a posizionarli. Vantaggi: tale metodica ha il pregio di incidere sugli atteggiamenti dei partecipanti, che spesso si trasformano in cambiamenti spontanei e duraturi. Svantaggi: pur innescando un’interattività molto alta, è ancora una metodologia a mediazione prevalentemente docente. Gli Incident Cos’è: è una variante del metodo dei casi, più utile al fine di sollecitare nei partecipanti maggior attenzione alla raccolta delle informazioni e alle modalità di riconoscimento delle soluzioni. Del caso si possono assumere soltanto i momenti critici, ovvero le “rotture”, i momenti di svolta Obiettivo: strutturare situazioni di problem-solving. Vantaggi: questa tecnica consente di lavorare sugli aspetti costitutivi del problem-solving, ovvero la problem-analysis e la content-analysis. Svantaggi: il rischio è di ridurre il processo di formazione e apprendimento alla soluzione di problemi, mettendo in secondo piano gli atteggiamenti riflessivi. Gli autocasi Cos’è: è un’altra variante del metodo dei casi, fondata su una maggior livello di partecipazione dei soggetti interessati, poiché il caso reale che verrà analizzato sarà tratto proprio dall’esperienza viva di qualcuno dei protagonisti presenti in aula, che dovrà utilizzare la forma narrativa per condividerlo con il resto del gruppo e fornire tutte le informazioni necessarie alla discussione. Obiettivo: non è valutare l’operato di qualcuno, ma analizzare una situazione realmente accaduta per evidenziarne le criticità e proporre soluzioni alternative. Vantaggi: propone soluzioni nettamente più “vere” rispetto alle altre metodologie Svantaggi: la componente emotiva potrebbe risultare eccessivamente ingombrante. I gruppi di studio Cos’è: la più tradizionale fra le varianti dello studio di caso, consiste nell’analisi e nell’approfondimento di un argomento in base ad aspetti scelti direttamente dai partecipanti. Nella fase iniziale il formatore guida i lavori, che poi proseguono in forma autogestita in sottogruppi Obiettivo: investire i formandi della responsabilità di ricerca delle fonti, delle informazioni e della costruzione di ipotesi operative Vantaggi: i formandi sono i veri protagonisti dell’attività di formazione e sono più direttamente coinvolti nella costruzione del percorso Svantaggi: un primo svantaggio è legato ai tempi necessari per svolgere attività di ricerca; inoltre è possibile che si ri-creino situazioni già ampiamente sperimentate nella realtà quotidiana L’action learning Cos’è: è una metodologia che utilizza un compito reale come veicolo di apprendimento, basandosi sulla premessa che non esiste apprendimento senza azione reale né azione intenzionale senza apprendimento. Obiettivo: consiste nell’acquisire la capacità di porsi interrogativi nuovi per affrontare situazioni nuove, anziché acquisire conoscenze già definite e consolidate: nel ricercare e ritrovare le domande anziché le risposte giuste Vantaggi: mai, come in questo caso, l’apprendimento è davvero situato. Svantaggi: la difficoltà di individuare (e strutturare) un compito significativo Il Role play Cos’è: è una tecnica che richiede ad alcuni partecipanti di recitare, cioè di rappresentare alcuni ruoli comportamentali per un periodo di tempo limitato, di fronte ad altri partecipanti, definiti “osservatori”. Alla rappresentazione segue un feedback collettivo Obiettivo: è capire come esprimere un comportamento, per renderesi conto delle proprie abilità, per “mettersi nei panni di un altro”, per valutare difficoltà create dal proprio comportamento Vantaggi: anzitutto aiuta a vincere la “curva della monotonia” in modo decisamente efficace. L’indice di apprendimento aumenta perché l’ascolto è unito all’agire. Svantaggi: il primo limite è rappresentato dal livello di realtà piuttosto basso. C’è inoltre il rischio che la rappresentazione diventi parodia… La simulata Cos’è: è una variante del Role-play, e consiste nel rappresentare situazioni particolari con un copione stabilito dai membri del gruppo, per raggiungere determinate competenze e in cui si suggeriscono sentimenti reali in una situazione programmata e costruita artificialmente. A differenza del Role-play, in cui il copione è libero per ciascun attore, con la simulata il gruppo costruisce prima il copione, poi effettua la rappresentazione. La formazione 1 L’intervento formativo non è la pronta risposta ad un bisogno rilevato ad un problema che si è verificato o ad una carenza che si è manifestata. Il giogo dell’immediata spendibilità ed utilità, al quale troppo spesso viene costretta la formazione, pare davvero poco coerente con il significato originario del formare Insegnare Insegnare vuol dire spesso agire nell’urgenza, decidere nell’incertezza, cioè operare senza avere il tempo di meditare, di utilizzare strumenti di riferimento, di chiedere consiglio, di attendere per conoscere meglio la situazione e prendere comunque una decisione quando sarebbe più ragionevole procrastinare, per poter disporre di più dati, utili a calcolare i probabili risultati dell’azione (Perrenoud, 1996). La complessità… L’idea di complessità comporta la rinuncia all’inutile tentativo di trovare regole e soluzioni certe e definitive, e rimanda ad una ricerca e costruzione continua di ipotesi di lavoro mai perfette, alle quali ancorare ipotesi di lettura, di interpretazione e d’azione mai conclusi (Romei, 2000) La formazione 2 La formazione va impostata in funzione della creazione di un ambiente di apprendimento capace di promuovere una riflessione guidata tra professionisti adulti, ai quali non vanno proposte modalità trasmissive – peraltro ritenute inadeguate per gli stessi studenti – ma offerti strumenti teorici per consentire un confronto con le esperienze professionali maturate da ciascuno. In altre parole la formazione deve centrare la sua attenzione non tanto sui “contenuti” da trasmettere al docente da formare, ma sullo sviluppo e facilitazione degli apprendimenti da parte degli stessi, sulla base della riflessione comune circa le “pratiche” effettive della comunità professionale. Vero quale formazione per gli IdR? • • • • • • • Atteggiamenti riflessivi Attitudine alla ricerca Sfondo andragogico Ricerca dell’essenziale Il formatore è facilitatore L’apprendimento è pratica sociale Modello della comunità di pratiche L’attitudine alla ricerca Il P.R. costruisce una teoria sul caso unico con cui si confronta, una teoria che può essere anche largamente indipendente da quelle consolidate della riflessione scientifica e tecnica. Il professionista esperto non pensa prima a un problema per poi prendere una decisione e passare all’azione, ma sperimenta facendo interagire mezzi e fini e ridefinendo continuamente la situazione (Moro, 2002). Svuotare e non riempire Gli adulti, oggi, sono pieni di troppe cose, di troppi attrezzi e strumenti che non servono a comprendere e a relazionarsi con il presente e con chi lo abita. La mente degli adulti è così piena di contenuti, ideologie, preconcetti che non c’è più spazio per il nuovo, per ciò che può accadere. La realtà ha bisogno di spazi di possibilità dove potersi esprimere. La formazione non è necessariamente finalizzata a riempire o ad aggiungere: con gli adulti, molto spesso, risulta essere molto più produttivo svuotare. L’apprendimento come pratica sociale Imparare è una questione di appartenenza ad una comunità tanto quanto un processo intellettivo, coinvolge tanto il cuore quanto la testa (Etienne Wenger) L’apprendimento come pratica sociale • Ritenere l’apprendimento una pratica fondamentalmente sociale; • Ritenere che la conoscenza sia integrata e distribuita nella vita della comunità • Considerare l’apprendimento come un atto di appartenenza • Considerare l’apprendimento come una forma di coinvolgimento nelle pratiche Le comunità di pratiche 1 Sono gruppi di persone che condividono una preoccupazione o una passione per qualcosa e imparano come fare a migliorare mentre interagiscono con regolarità Le comunità di pratiche 2 • Impegno reciproco • Impresa comune • Prassi condivisa o repertorio comune