Ultimo libro del Pentateuco Deuteronomio E’ il quinto libro della Bibbia. Riespone la legge alla nuova generazione, nata e cresciuta durante la marcia nel deserto. Deuteronomio Di norma il titolo di un libro dà un’indicazione del tema. Talvolta il significato del titolo può essere enigmatico, oppure si chiarisce soltanto leggendo il libro stesso. Il Deuteronomio è stato chiamato con vari nomi, e tutti offrono al lettore un’indicazione della sua natura. Secondo l’uso, il titolo ebraico del libro – come nel caso di tutti e cinque i libri della Torah, o Pentateuco – è tratto dalle sue parole iniziali,’elleh haddebarim, «queste sono le parole». Nella tradizione giudaica, il libro viene anche chiamato talvolta seper debarim, «il libro delle parole». Deuteronomio Di solito lo traduciamo, “seconda legge” o “ripetizione della legge”. Il punto è abbastanza interessante, ci si chiede il perché di questo titolo. La risposta è che Mosè ha ricevuto una serie di atti legislativi da Jhwh, e qui sembrerebbe che lui faccia una nuova sintesi, una sorta di revisione di questa legge fatta in modalità discorsiva. È un libro che possiamo definire di “ricordi”; il pensiero chiave è la richiesta di Dio di avere un popolo ubbidiente che si ricorda del patto. Il Deuteronomio proclama che Dio è uno, che l’uomo decaduto deve mettersi in regola con Lui, che il patto con Dio richiede da parte nostra ubbidienza, amore e giustizia. I contenuti Il Deuteronomio si presenta come una grande omelia, costituita dai discorsi che Mosè rivolge al popolo d'Israele, accampato alle steppe di Moab, in attesa di intraprendere la conquista della terra di Canaan. Mosè, con pazienza, racconta le passate esperienze e le benedizioni così da spronare la fede e la speranza della nuova generazione, esortando di non dimenticare in nessun modo la Legge di Dio ma di osservarla e metterla in pratica dedicandosi ad un servizio attivo e consacrato al Signore. Il materiale di cui è composto il Deuteronomio alterna sezioni in cui prevalgono aspetti esortativi e discorsivi, a sezioni in cui ci si occupa esclusivamente delle leggi che regolano la vita interna del popolo d'Israele. Se ne può tracciare uno schema: -Primo discorso di Mosè (1,1-4,43) -Secondo discorso di Mosè. Il codice deuteronomico (4,44-26,19) -Benedizioni e Maledizioni. Conclusione dell'Alleanza (27,1-28,68) -Terzo discorso di Mosè (28,69-30,20) -Ultime disposizioni e morte di Mosè (31,1-34,12). Le caratteristiche L'atmosfera che domina è quella del commiato o del testamento, che il grande condottiero affida al popolo nell'imminenza della conquista della terra, a cui egli non prenderà parte. Lo stile è quello dell'esortazione, Mosè cerca più di persuadere che di comandare. Tema fondamentale e ricorrente in tutte le parti del libro è la legge che Dio ha donato al popolo e da cui Israele non si deve mai allontanare, pena la perdita della terra e l'esilio. La legge è il frutto di una storia nella quale Dio ha manifestato la sua misericordia e la sua predilezione per Israele. Le pagine che rievocano gli eventi fondanti del popolo di Dio hanno, dunque, lo scopo di far cogliere l'intimo legame tra l'azione salvifica e l'obbedienza filiale, che ne scaturisce. La disposizione del libro richiama i trattati di alleanza in cui i due contraenti stipulano un patto costituito da una serie di precetti da osservare. All'osservanza delle leggi è connessa la benedizione di Dio per Israele, all'inadempienza la maledizione. Cap. 5 il decalogo I Dieci Comandamenti Nel secondo discorso al cap. 5 è importante sottolineare alcune varianti ce il deuteronomio introduce rispetto al testo dell’Esodo. La parola Dio è resa viva ed attuale. Si comincia con il primo comandamento sulla purezza della fede e contro le tentazioni idolatriche. Questo comandamento è radice degli altri ed è uno dei temi più cari dell’intero libro. Dopo il comandamento sul “nome” divino da non violare “invano”, cioè con uso magico ed offensivo, appare la prima variante di rilievo, ed è nel comandamento sul sabato. Il riposo e il culto del sabato, nel cap.20,8-11 dell’Esodo, erano considerati una celebrazione dell’opera della creazione (Genesi 2,1-4). Ora invece il sabato è visto come memoria della liberazione dalla schiavitù dell’Egitto; e quindi il giorno della libertà, in cui si deve ricordare il Signore che vince ogni oppressione e invita Israele a superare ingiustizia e schiavitù. Il decalogo Si passa poi alla serie degli altri comandamenti già noti: il rispetto dei genitori e della famiglia, la condanna dell’omicidio, del furto, della falsa testimonianza processuale. Il Decalogo - Rivalutazione della Donna Con l’ultimo comandamento, che unisce il nono e il decimo sotto l’imperativo del “non desiderare” (cioè del non progettare il male) si ha la seconda variazione di rilievo. La donna viene anticipata rispetto alla casa, al campo, agli schiavi, agli animali del prossimo: si tempera così, la visione arcaica maschilista che riduceva la donna a un bene di proprietà della famiglia. Il decalogo – le Tavole Il decalogo è sigillato da una nuova descrizione della visione divina del Sinai. Fuoco, nube, oscurità, voce poderosa, tavole di pietra, vogliono rimarcare la straordinarietà di questa esperienza diretta con Dio, della quale Mosè è mediatore, ed al quale vengono consegnate le parole (“le tavole”) in forma solenne, così come si contraeva un contratto, in duplice copia (5,22). L'origine Nel Deuteronomio sono riunite tradizioni molto antiche, ma la redazione finale va collocata dopo il ritorno dall'esilio babilonese, quando Israele si trova nella condizione di dover spiegare la catastrofe che si è abbattuta sull'intera nazione. La responsabilità di quella tragedia è imputata all'infedeltà del popolo, che più volte aveva violato il patto, liberamente sottoscritto con Dio. Il Deuteronomio diventa per questa generazione, che ritorna dall'esilio, il punto di riferimento per la ricostruzione d'Israele come popolo di Dio. Nel testo si intersecano materiali antichi con riletture più recenti. Vi si può vedere l'opera di una scuola, che ha rielaborato nell'epoca successiva all'esilio materiale più antico, inserendo in momenti cruciali le sue riflessioni teologiche. L'ottica con la quale tali letture sono proposte richiama quella dei profeti, e in particolare le parole del profeta Geremia. L'autore o redattore finale appartiene probabilmente ai secoli V-IV a.C. Mosè e il popolo Il Deuteronomio è un insieme di parole di Mosè rivolte a tutto Israele prima che entrasse nel paese; è quindi proposto al lettore come proveniente dall’inizio della storia di un popolo, mettendo in rilievo il momento in cui si è formata la nuova nazione. Si presenta come un libro trasmesso da chi guidava il popolo in origine e ha quindi il peso che può dargli un personaggio così autorevole del passato; era inteso a fondare un popolo e a guidare il suo modo di vivere. Mosè e il popolo Le parole di Mosè riferite in questi capitoli dovevano ricordare di nuovo al popolo la promessa della terra di cui ora godeva, come dono di Dio, con tutti i suoi benefici. Nel medesimo tempo vi era un monito contro la tendenza alla disobbedienza, all’idolatria e all’infedeltà che si erano manifestate durante i periodi nel deserto e che minacciavano di nuovo la possibilità di esistere a lungo in un buon paese. Considerando l’importanza di ricordare l’opera di Dio compiuta a favore di Israele, Mosè ribadì più volte al popolo che avrebbe dovuto rammentarsi di Dio e di quello che Egli aveva fatto per loro, perché imparassero a preservare il loro rapporto di fedeltà con Lui 8:18; 9:7;16:3. Mosè e il popolo Le parole di questo libro potevano quindi parlare al popolo di Dio in situazioni profondamente diverse: 1) quando il popolo non aveva ancora ricevuto e goduto i doni abbondanti e la prosperità della terra, ma aveva conosciuto soltanto le difficoltà della vita nel deserto; 2) quando aveva già vissuto a lungo nel paese, godendo e abituandosi a tutti i vantaggi della proprietà della terra; 3) quando tutti i doni di Dio – la terra, la sua abbondanza e il tempio – erano andati completamente perduti. Il libro è quindi necessariamente impegnato in una complessa impresa interpretativa, parla a nuove situazioni alla luce del passato, situazioni che potevano essere molto diverse dalle precedenti. il contesto letterario del Deuteronomio Lo studio del libro del Deuteronomio non può assolutamente ignorare il suo contesto letterario. È chiaro che esso riprende la narrazione là dove finisce il libro dei Numeri: Mosè e Israele, avendo attraversato il deserto, arrivano nelle pianure di Moab. Mosè è ancora il personaggio chiave, come nei libri precedenti; non sarà più così dopo il Deuteronomio. I libri precedenti, anche quando la loro natura è fortemente giuridica e didattica, sono sostenuti da una narrazione. Qui il genere è diverso. Il Deuteronomio è essenzialmente discorso. Inoltre, dopo il libro dei Numeri si potrebbe dire che il Deuteronomio, in un certo senso, è superfluo: l’ultima parte dei Numeri dice tutto sulla morte di Mosè, tranne il fatto in sé. il contesto letterario del Deuteronomio Tutto ciò indica il carattere di linea di confine del Deuteronomio, sia nella sua collocazione letteraria sia nella sua presunta collocazione storica. Da un lato la sua forma e la sua comprensione derivano da ciò che lo ha preceduto; esso riassume e porta a compimento il periodo iniziale della storia d’Israele, la storia della liberazione e della costituzione di un popolo che ha ricevuto le sue istruzioni dal Signore. La natura del libro, una sorta di testamento e di ultime volontà di Mosè, e la sua conclusione, con la morte di Mosè, segnano la fine di un’era. Adesso le generazioni future avranno a disposizione in questo libro l’intera storia della loro origine e ciò che Dio vuole da loro. Il fondamento è posto; non è necessario nulla di più. La Torah del Signore è completa. Discorso di Mosè Il terzo discorso di Mosè è importantissimo per il popolo Ebraico e comincia con: «Queste sono le parole del patto che il Signore comandò a Mosè di stabilire con i figli d’Israele nel paese di Moab […]» (28,69). Qui la parola importante è «patto». Ciò che segue nei successivi quattro capitoli formalizza in sostanza una relazione sotto forma di patto che si traduce nelle parole di Mosè, riferendo in particolare la dipartita di Mosè e richiamandosi alla responsabilità del popolo di conservare la Torah che gli è stata trasmessa. In questo severo discorso, in parte narrativo, è incluso quindi il solenne giuramento del popolo di osservare il patto (capp. 29 - 30), dando disposizioni per chi assumerà la guida quando Mosè se ne sarà andato (cap. 31) e invitando a un costante richiamo a Mosè, dinanzi alla prospettiva della disobbedienza al patto (cap. 32). Il discorso finale di Mosè inizia in 33,1 con le parole: «Questa è la benedizione con la quale Mosè, uomo di Dio, benedisse i figli d’Israele, prima di morire». È davvero la benedizione finale il suo ultimo testamento destinato al popolo. Fede e Ubbidienza Un particolare importante di tutto il libro di Deuteronomio è il legame tra fede ed ubbidienza. Questa formula di fede e ubbidienza avrebbe permesso al popolo di ereditare tutte le benedizioni promesse da Dio. L’assenza di fede e ubbidienza avrebbe aperto la porta ai giudizio di Dio, invece di benedizione ci sarebbe stata maledizione. Deut. 28:1-20. Riferimenti al Nuovo Testamento È uno dei quattro libri dell’Antico Testamento citati più frequentemente nel Nuovo Testamento, gli altri sono Isaia, i Salmi e Genesi. Quando Gesù fu tentato dal diavolo, egli ha risposto citando passi da Deuteronomio 8:3; 6:16; 6:13. Per rispondere alla domanda su quale fosse il più grande dei comandamenti Gesù citò Deut. 6:5. Nel capitolo 18:15-19 troviamo un’importante profezia messianica a cui il libro degli Atti fa riferimento 3:22- 23; 7:37. Ricordo / Identità Israele esisteva per volontà di Dio, non sarebbe stata una nazione se non fosse stato Dio a chiamare Abramo al Suo servizio. Dio ha voluto un popolo che fosse il suo tesoro particolare e attraverso lui manifestare a tutte le nazioni la sua misericordia e la sua potenza. In Abramo tutte le nazioni sono benedette Genesi 22.17-18; Esodo 19:5-6. Dio ha acquistato per sé un popolo, la chiesa non deve dimenticare che siamo chiamati a testimoniare di Lui 1° Pietro 2:9-10. Nell’ordinamento lasciatoci da Gesù, quello della Cena del Signore, siamo esortati a ricordare e proclamare che il Signore è morto per noi 1° Corinzi 11:23-26. Caratteristiche Alcune caratteristiche del Deuteronomio che danno un’idea del suo significato e del posto che occupa: 1. Il suo essere nella Bibbia come libro della legge per eccellenza, che pone tutti i problemi, le questioni relative al posto dove vivevano e al significato della legge, nell’ottica di un’esistenza sottomessa a Dio. 2. L’accento posto sulla predicazione e sull’insegnamento, sia per ciò che dice, sia per come lo dice. 3. L’evidente preoccupazione e il consapevole sforzo per parlare del mondo antico in un’epoca posteriore. 4. La presenza dei principi fondamentali della fede del giudaismo e del cristianesimo. 5. La profonda preoccupazione per la natura e la purezza del culto del popolo di Dio. 6. La centralità del dono del paese, con tutte le concomitanti ramificazioni teologiche e politiche del tema. 7. Il frequente uso del Deuteronomio nel Nuovo Testamento. 8. L’importanza delle questioni morali ed etiche, stabilita come elemento di fondazione, accanto ai profeti, della preoccupazione per un giusto ordine sociale. Leggere e studiare il Deuteronomio significa aprirsi a questi temi, sentirsi sfidati e messi in discussione, avere la visione del passato e una guida per il futuro, essere chiamati a un patto con Dio: essere cioè posti di fronte a decisioni per la vita e per la morte. Per tutto questo si deve leggere il Deuteronomio con molta attenzione. Fratelli di Gesù