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P
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I Promessi Sposi
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Contesto Storico
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La Storia di Manzoni
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La Crisi nel ‘600
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La Dominazione Spagnola
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Le Donne del Seicento
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I Lanzichenecchi
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I Paesaggi
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Cinema e Televisione
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Parodia (Fantastico Don Rodrigo)
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Digressioni
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I Quadri
Contesto Storico
“I Promessi Sposi” è un romanzo storico di Alessandro Manzoni,ambientato nel
1600 in Italia, durante l’occupazione spagnola. benché l'ambientazione fosse stata
scelta da Manzoni con l'evidente intento di alludere al dominio austriaco sul nord
Italia, il romanzo è anche noto per l'efficace descrizione di alcuni episodi storici
del XVII secolo e delle condizioni di vita dei suoi abitanti. Infatti, Manzoni
inserisce nel suo romanzo diversi fatti storici realmente accaduti come le carestie e
le sommosse popolari dovute al pane e in seguito anche la discesa delle truppe
imperiali sul territorio milanese,che porteranno allo scoppio della peste. Durante
tutti questi eventi l’autore descrive parallelamente anche le condizioni dei
cittadini del territorio di Milano e inserisce delle critiche al sistema
amministrativo del tempo definendolo il più delle volte con affermazioni irrisorie.
Contesto Storico
Molto importante nel romanzo è anche il ruolo di alcune figure ecclesiastiche, che
della volte si vanno anche a contrapporre. Infatti accanto a una figura debole e inetta
come quella di don Abbondio, Manzoni presenta anche figure pure e coraggiose come
quelle di Fra Cristoforo e del cardinale Federigo Borromeo (quest’ultimo realmente esistito),
che esprimono le forza morale della chiesa del tempo, istituzione in grado di combattere
l’arroganza e le ingiustizie dei potenti del tempo.
A questi avvenimenti si mescolano e si intrecciano le vicende di Renzo e Lucia, e
spesso la loro piccola storia privata sembra scomparire, sommersa nella grande storia di
tutta l'epoca
La Storia di Manzoni
Alessandro Francesco Tommaso Manzoni (Milano, 7 marzo 1785 – Milano, 22 maggio
1873) fu uno scrittore, poeta e drammaturgo italiano.
È considerato uno dei maggiori romanzieri italiani di tutti i tempi,
principalmente per il suo celebre romanzo I promessi sposi, caposaldo della letteratura
italiana.
Nasce a Milano il 7 marzo 1785 da Giulia Beccaria e da don Pietro Manzoni, figlio
di Alessandro Valeriano, pronipote di un ricchissimo mercante - imprenditore lecchese,
Giacomo Maria Manzoni, e di Margherita di Fermo Porro.
Il giovane Manzoni dal 1801 al 1805 vive con l'anziano padre, don Pietro, dedica
buona parte del suo tempo alle ragazze e al gioco d'azzardo e ha modo anche di
frequentare l'ambiente illuministico dell'aristocrazia e dell'alta borghesia milanese. Il
compiacimento neoclassico del tempo gli ispira le prime esperienze poetiche.
Nel 1805 raggiunge la madre a Parigi, dove passa due anni, partecipando al
circolo letterario dei cosiddetti ideologi, filosofi di scuola ottocentesca.
Nel 1806-1807, mentre si trova a Parigi, appare per la prima volta in pubblico
come poeta, con due pezzi, uno intitolato Urania, in quello stile neoclassico del quale poi
lui stesso diventerà il più strenuo avversario; l'altro, invece, un carme commemorativo in
endecasillabi sciolti.
La Storia di Manzoni
Dal 1809 al 1827 ha occasione di frequentare i principali centri di cultura europea.
La morte di Napoleone nel 1821 ispirò a Manzoni il noto componimento lirico Il cinque
maggio. Gli eventi politici di quell'anno, uniti alla carcerazione di molti suoi amici, pesarono
molto sulla mente di Manzoni e il suo lavoro di quel periodo fu ispirato soprattutto dagli
studi storici, nei quali cercò distrazione dopo essersi ritirato a Brusuglio.
Intanto, con l'episodio dell'Innominato, storicamente identificabile come Francesco
Bernardino Visconti (ma di recente critici come Enzo Raimondi vedono nel Manzoni stesso la
fonte letteraria del personaggio), iniziò a prendere forma il romanzo Fermo e Lucia, la
versione originale de I promessi sposi, ambientato nei luoghi lecchesi della sua infanzia, che
fu completato nel settembre 1822. Dopo la revisione da parte di amici tra il 1823 e il 1827, esso
fu pubblicato, un volume per anno, portando a un tratto grande fama letteraria all'autore.
In seguito Manzoni, si trasferì a Firenze nel 1827, in modo da entrare in contatto e
"vivere" la lingua fiorentina delle persone colte, che rappresentava per l'autore l'unica lingua
dell'Italia unita. L'11 dicembre 1827 fu eletto socio dell'Accademia della Crusca. Rielaborò I
promessi sposi dopo la "risciacquatura in Arno" facendo uso dell'italiano nella forma
fiorentina colta e nel 1840 pubblicò questa riscrittura. Con ciò assumeva che quella era la
prima vera opera frutto totale della lingua italiana.
Nel 1860 fu nominato senatore del Regno: con questo incarico votò nel 1864 a favore
dello spostamento della capitale da Torino a Firenze fintanto che Roma non fosse stata
liberata. Come presidente della commissione parlamentare sulla lingua scrisse, nel 1868, una
breve relazione sulla lingua italiana: Dell'unità della lingua e dei mezzi di diffonderla.
La Storia di Manzoni
Alessandro Manzoni morì di
meningite il 22 maggio 1873. La
malattia fu la conseguenza di un
trauma cranico che si procurò il 6
gennaio quando cadde sbattendo la
testa su di uno scalino all'uscita
dalla chiesa di San Fedele di Milano.
Le sofferenze furono acuite dalla
morte del figlio maggiore Pier Luigi,
avvenuta il 27 aprile.
La Crisi nel '600
Nei primi decenni del ‘600 inizia un periodo di crisi che
colpisce tutta l’Europa, soprattutto Italia e Spagna
Polarizzazione della
Ricchezza
Si susseguono carestia,
che favoriscono la
diffusione di epidemie
Aumentano le rendite
e il Prelievo Fiscale
Il denaro nelle mani dei
proprietari era investito nel
lusso, non in attività
produttive
Indice
Le Reazioni alla
Crisi
In Spagna e in Italia del sud l’aristocrazia
reagisce alla diminuzione delle rendite con un
forte processo di rifeudalizzazione
Crisi Agricola
Guerra dei Trent’Anni
Rivolta Contadina
Pesante Fiscalismo
La Prostrazione dei Popoli Italiani
nel Periodo della Dominazione Spagnola
Per riacquistare la libertà dalla
dominazione Francese, iniziata dal 1400, gli
stati italiani si allearono tra loro e chiesero
l’intervento degli spagnoli. Gli Asburgo
sconfissero i francesi e con la pace di CateauCambrésis i popoli italiani furono soggetti al
dominio diretto o indiretto della Spagna, il
quale dominio comprendeva: Sicilia, Regno
di Sardegna, Regno di Napoli, Ducato di
Milano e Stato dei presidi.
Le condizioni della popolazione
italiana al tempo dell’oppressione spagnola
erano
terribili,
quest'ultimi
infatti,
imponevano sempre nuove imposte per
mantenere il loro numeroso esercito,
ripagare i debiti dello stato e soddisfare i
capricci dei regnanti.
La Prostrazione dei Popoli Italiani Nel Periodo della
Dominazione Spagnola
Quest’ultimi,
infatti,
preferivano impiegare le ricchezze
nel lusso. Nel 1600 i vari stati italiani,
ma anche la Spagna, attraversarono
una crisi economica causata da vari
fattori. Il principale fu la scoperta di
nuove
rotte
commerciali
che
tagliarono fuori l’area mediterranea
interessando maggiormente le città
bagnate
dall’Atlantico.
L’intensificarsi
degli
scambi
commerciali favorì l’accumulo di
ingenti capitali e il loro riutilizzo in
attività redditizie rese la zona molto
ricca.
La Prostrazione dei Popoli Italiani Nel Periodo
della Dominazione Spagnola
La malnutrizione e la conseguente debilitazione causarono delle epidemie che
colpirono duramente la penisola italiana. La disperazione delle popolazioni sempre più
povere e affamate era in aumento e per evitare rivolte fu creata la figura dell’untore una
persona bieca e meschina che, con pozioni o malefici, diffondeva la peste. Ma la fame di
ricchezze del regno portò a vendere i beni demaniali, i titoli, i privilegi, i feudi e si
accordava ai comuni una tassa per permettergli di riscattarsi dal giogo straniero per poi
farceli ricadere. Contemporaneamente la Spagna contraeva sempre nuovi debiti e la
classe dirigente non era in grado di porre un freno al continuo peggiorare della
situazione. Gli unici “rimedi” che adottarono furono nuove tasse sulle materie prime, e
nuovi ordini e divieti che non fecero altro che alimentare il contrabbando e contro il
quale il governo non trovò alcun rimedio. La situazione drammatica nella quale versava
l’Italia provocava disordini sociali. Nelle campagne molti si diedero alla macchia. Il
fenomeno del banditismo era molto diffuso nell’Italia Meridionale ove rappresentava
l’unica fonte di guadagno per i giovani. Le bande di fuorilegge del meridione agivano
come uno stato parallelo a quello già preesistente: riscuotendo tributi, creando
magistrati, celebrando matrimoni. Queste attività assicurarono alle bande l’appoggio dei
contadini. Quindi la conseguenza dello stato delle cose fu che l’Italia venne trascinata
ancora più nella crisi dalla Spagna.
La Prostrazione dei Popoli Italiani Nel Periodo della
Dominazione Spagnola
Questo, però, non avveniva nei paesi mediterranei dove la mentalità era
legata al passato: la terra era considerata la maggior ricchezza e serviva ad
accumulare le rendite. Ma non sempre queste terre erano sfruttate perché i
nobili o gli ecclesiastici che le possedevano erano soliti dedicarle
all’allevamento. Inoltre il sistema fiscale spagnolo colpiva soprattutto le attività
commerciali e produttive, preservando le rendite dei nobili, ma erano anche
svantaggiate da un sistema giuridico cavilloso. Il secondo motivo è che la
ricchezza spagnola si basava su un’economia di sfruttamento; dal nuovo mondo
erano importati metalli preziosi che erano alla base della ricchezza dell’impero.
Il rapido aumento della quantità d’oro causò un aumento dei prezzi rendendo la
vita difficile ai più poveri e agli imprenditori. La crisi economica, le guerre e le
carestie, quest’ultime causate da una piccola glaciazione, portarono ad una crisi
demografica che colpi l’intera Europa ma non fermo lo sviluppo degli altri paesi
ove il capitalismo era nel pieno del suo sviluppo.
Indice
La Prostrazione dei Popoli Italiani Nel Periodo della
Dominazione Spagnola
Indice
Le Donne del Seicento.
Le donne del seicento, aristocratiche o borghesi che fossero, avevano l'unico obiettivo di
diventare buone mogli: erano infatti sempre educate, sapevano leggere e scrivere (cosa che
invece non si vedeva nel periodo rinascimentale, ove erano rare le occasioni di incontrare
donne colte), fin da piccole venivano avviate agli atti di pietà e venivano istruite sulle religione
ed il culto. Seguivano gli ormai antichi modelli usati anche nel Rinascimento dovevano
provvedere ad una dote (commisurata alla ricchezza della propria famiglia), se non si sposavano
venivano mandate in convento (questo a volte non accadeva per le donne di basso ceto e quelle
campagnole) , ed era lì che imparavano le arti "obbligatorie" per le donne del tempo, ovvero
filare e tessere, cucinare e governare la casa. Il matrimonio, comunque, era il principale
obiettivo della donna. Le donne che non si sposavano rimanevano nella casa dei genitori, ed
erano forse anche più libere. Sebbene nel Rinascimento l'istruzione femminile veniva
considerata un'inutile perdita di tempo, nel cinquecento cominciarono a nascere istituzioni
scolastiche riservate alle donne; oltre ad imparare a governare la casa, imparavano anche a
leggere e a scrivere, come in una vera e propria scuola.
Indice
Le Donne del Seicento
La sfera del privato.
È proprio nell'Età Moderna che nacque la sfera del privato. I borghesi soprattutto cominciano a ritirarsi nel loro
ambiente. Le donne smettono di eseguire lavori non domestici, rimanendo più a casa con la famiglia instaurando
maggiore rapporto con i figli.
Le donne del ceto rurale.
Anche le donne dei ceti più bassi si occupavano della casa e filavano. Ma svolgevano molte altre faccende oltre a
queste. In campagna era a loro affidata la tosatura delle pecore e la raccolta del lino e la canapa, che sarebbe stata poi
da loro filata e tessuta. Coltivavano l'orto per poter raccogliere verdure e ortaggi, si occupavano dell’ovile, pollaio e della
stalla. Nelle stagioni estive, ove il lavoro nei campi si faceva più costante,Venivano aiutate dagli uomini per quanto
riguardava la raccolta del fieno e la sarchiatura della terra. L'economia campagnola prevedeva anche l'allevamento dei
bachi da seta, al quale si dedicavano esclusivamente le donne. In città le donne lavoravano anche come bambinaie,
lavandaie ed operaie tessili, quindi non "in proprio", bensì in una fabbrica tessile. A svolgere questi lavori erano perlopiù le
donne sole, le donne maritate affidavano loro stesse i bambini alle balie, per poter svolgere altri compiti.
Il matrimonio.
Non si svolgeva secondo scelta della ragazza, ma secondo la scelta che i genitori ritenevano più conveniente.
Non era l'unione di due innamorati, infatti, ma era un vero e proprio contratto tra due famiglie, interamente deciso dai
genitori di lei e di lui. Si badava sempre che fosse decoroso, anche quando si trattava di famiglie negli ambienti più umili.
Nelle famiglie principesche i matrimoni erano spesso stabiliti per garantire affari politici. Quasi sempre erano combinati
dalle famiglie quando gli sposi erano ancora piccoli; inoltre la sposa doveva avere anche una dote.
Indice
I Lanzichenecchi
I lanzichenecchi erano dei soldati mercenari di fanteria
provenienti dalle regioni del Sacro Romano Impero ,
che combatterono tra la fine del XV e la fine del XVII
secolo .
Origine e cenni storici.
Il termine deriva dal tedesco Landsknecht, cioè servo
della regione (Land = terra, patria + Knecht =
servitore), non era raro infatti che, con l'indebolirsi dei
legami di servitù feudale tipico del periodo
Rinascimentale, gli appartenenti a quell'umile ceto
sociale tentassero la fortuna aggregandosi in compagnie
mercenarie, sperando di arricchirsi con la rapina e il
saccheggio.
Furono istituiti da Massimiliano I nel 1847 sul modello
dei mercenari svizzeri, di cui diventarono presto feroci
antagonisti.
Durante le guerre dei contadini in Germania (1522-25)
vennero ingaggiati sia dalla nobiltà sia dalle schiere
contadine.
Indice
Lanzichenecchi (Combattimento)
Con precedenti storici nella e nello scozzese, anche i Lanzichenecchi combattevano in quadrati di fanti emulando i loro rivali
contemporanei, gli Svizzeri
Il combattimento avveniva a contatto fisico con il nemico: avevano grande importanza le prime linee, cioè i fanti dotati di
pettorale e quindi di maggior protezione ed i fanti armati di alabarde e di Zweihänder, che avevano l'incarico di tagliare le armi ad
asta del nemico. Le altre righe del quadrato erano composte dai fanti semplici, armati di picca.
Dal momento in cui il quadrato dei Lanzichenecchi veniva a contatto con il nemico, il combattimento diventava una vera e
propria mischia dove il coraggio personale, la forza e la brutalità erano le doti più utili. Tutti gli ufficiali incluso l'Oberst
combattevano a piedi nel quadrato insieme ai fanti comuni e questo dava qualche possibilità di carriera anche ai soldati che non
erano di nobili origini.
Le battaglie più famose a cui parteciparono i Lanzichenecchi sono quella di Marignano (Melegnano, 1515) e della Bicocca
dove i rivali Svizzeri persero la fama di essere imbattibili, oltre a quella di Pavia (1525). La loro impresa più famosa - e non in senso
positivo - fu sicuramente il citato del 1527.
I Paesaggi
1° capitolo:
L'autore descrive i paesaggi del romanzo che in alcuni
casi riflettono la situazione della storia;in altri casi invece la
discostano e la contraddicono.
Il romanzo si apre con una nota di "adagio" che nella
parte iniziale potrebbe non permettere il fluire della
narrazione. Però questo incipit paesaggistico- geografico ha
una sua cadenza rasserenante e una precisa funzione: mostra
tranquilli i paesaggi mascherando, almeno nella parte
iniziale, la società corrotta del tempo. La descrizione del
paesaggio avviene tramite una sorta di telecamera che dal
generale (macroscopico) passa al particolare (microscopico);
quindi partendo dal lago di Como e dalle catene non
interrotte di monti (anche questo aggettivo rende la
narrazione serena), fino ad arrivare al paesino e in particolare
alla strada che percorreva don Abbondio per tornare a casa.
Confrontando la descrizione del paesaggio visto da Fra
Cristoforo e quella del primo capitolo, possiamo notare
differenze rilevanti: nel primo paesaggio si aveva per
protagonista lo spazio, mentre qui è il tempo (la stagione
autunnale e il triste tempo storico di miseria). Il primo
capitolo è caratterizzato della serenità di don Abbondio sul
punto di infrangersi e in questo capitolo si evidenzia la carità
di fra Cristoforo.
I Paesaggi
5° capitolo:
Nella descrizione del poggio su cui si trovava
il palazzotto di don Rodrigo, Manzoni sottolinea la
trasandatezza, l'abbandono, la volgarità, e un'assenza
di stile che è di per sè una mancanza di ogni controllo
morale. Attraverso le finestre delle case del villaggio,
in cui vivevano le famiglie dei bravi, si notavano armi
da fuoco e attrezzi da lavoro: questo significava che la
violenza
era
quotidiana
come
il
lavoro.
La descrizione del palazzotto di Don Rodrigo
rispecchia la personalità del personaggio. Infatti il
palazzotto viene presentato come una cattedrale degli
orrori posta al centro di un terreno arido. A prima
vista, da' l’impressione di essere un forte militare in
disuso, tuttavia la presenza di due avvoltoi e di due
guardie invece dimostra il contrario. Lo stato di
decadenza del palazzotto, le imposte consunte e i
mastini ringhianti danno una sensazione di timore e
di diabolico, come in effetti è Don Rodrigo.
I Paesaggi
8° capitolo:
Alla fine dell'ottavo capitolo dei Promessi
Sposi, Manzoni realizza una descrizione
paesaggistica e dei sentimenti di Lucia di
grande effetto: l'addio ai monti. Lucia e
Renzo si stanno allontanando dal loro paese
su una barca. Lucia pensa al paesaggio che
sta abbandonando e data la sua grande
malinconia anche l'ambiente trasmette
tristezza, sottolineando il suo stato d'animo.
I Paesaggi
20° capitolo:
Nel ventesimo capitolo dei "Promessi Sposi" la descrizione del paesaggio
cupo e solitario, in cui tutto sembra dilatarsi entro i confini spazio temporali, ha la
funzione di creare l' atmosfera adatta all' entrata in scena del personaggio, l'
Innominato: un uomo solitario che vive su un' alta montagna. Qui più che altrove il
paesaggio svela la sua funzione di rivelatore di uno stato d' animo: la paura
collegata al senso di mistero. Il castello dell'Innominato era situato in un punto
imprecisato lungo il confine tra il Milanese e il Bergamasco e distante non più di
sette miglia dal palazzotto di don Rodrigo. L'edificio rispecchia l'indole del padrone:
Sorge in cima a un'erta collina al centro di una valle "angusta e uggiosa", che è a
cavallo del confine dei due stati, accessibile solo attraverso un sentiero tortuoso che
si inerpica verso l'alto e che è dominato dagli occupanti del castello, che sono
dunque al riparo dall'assalto di qualunque nemico; il castello è come un nido di
aquile in cui l'innominato non ha nessuno al di sopra di sé e da dove può dominare
anche fisicamente su tutto il territorio circostante, di cui egli è considerato l'assoluto
padrone.
Sistema Dei Personaggi
Tecnica Della Digressione
La tecnica della digressione consiste nell’allontanamento temporaneo dalla storia
principale che arricchisce il testo approfondendo alcuni aspetti secondari,
interrompendo la narrazione e aprendo una parentesi al fine di comprendere meglio
la trama.
Si possono utilizzare due tipi di digressione:
• Digressione di 1° grado: sono situate all’interno della storia e tutti gli elementi
introdotti da sono pertinenti alle situazioni. (Gertude)
• Digressione di 2° grado: diversamente da quelle di primo grado si muovono secondo
logiche esterne alla narrazione. (Bravi)
Le Digressioni nei Promessi Sposi
Nel più famoso romanzo italiano le digressioni costituiscono buona parte del racconto.
Manzoni utilizza la tecnica della digressione sia per approfondire le storie dei personaggi
parlando del loro passato, sia per spiegare al lettore il contesto storico di alcune vicende.
Alcune delle principali sono:
Le grida contro i bravi;
La storia di Fra Cristoforo;
La storia di Gertrude
Cardinal Federigo Borromeo.
Le Grida Contro i Bravi
I bravi erano uomini violenti al servizio dei signorotti spagnoli che assicuravano loro
protezione e impunità, continuando così ad agire indisturbati.
Manzoni inserisce nel primo capitolo del romanzo la digressione riguardo questi
criminali nell’occasione dell’incontro tra questi ultimi e Don Abbondio.
L’excursus, di carattere storico, consiste nella citazione di documenti seicenteschi (le
grida), emanati dai governatori lombardi per arginare il fenomeno del bravismo, molto
diffuso all’epoca.
Nonostante tutto ciò, questi banditi continuavano ad agire liberamente a causa della
società corrotta e della noncuranza del governo spagnolo in Italia.
La Storia di Fra Cristoforo
Figlio di un mercante, Lodovico crebbe fra gli agi che la
ricchezza paterna gli consentiva. Rifiutato dalla società
nobile per le sue origini borghesi cominciò a contrastarli
proteggendo i più deboli. Per attuare la sua opera di
bene fu costretto ad avvalersi di metodi violenti e
dell’aiuto dei bravi.
L’autore inserisce questa digressione biografica nel
quarto capitolo per motivare le azioni non sempre
ortodosse (ma sempre giuste) del frate.
Lodovico ebbe la vocazione dopo un evento cruciale
nella sua vita: l’uccisione di un nobile prepotente a
seguito di un duello.
Durante la permanenza in convento, dove cercò riparo
dalla giustizia, Lodovico matura la decisione di
diventare frate per redimere il suo peccato.
Dopo aver preso i voti, Cristoforo decise di incontrare la
famiglia dell’ucciso per chiedere perdono. Il fratello del
nobile accetta le umili scuse del frate, che finalmente
inizia la sua missione di pace per difendere i deboli.
La Storia di Gertrude
Gertrude nacque in una famiglia nobile e ricca che prima ancora della sua nascita la
destinò ad una vita claustrale, affinché tutto il patrimonio fosse ereditato dal primogenito.
Fin da bambina subisce un forte condizionamento psicologico da parte del padre che la fa
seguire da una monaca badessa con lo scopo di mostrarle un unico futuro: la vita in convento.
Crescendo Gertrude viene turbata dalle altre prospettive di vita delle amiche, facendo nascere in
lei un sentimento di indecisione. Nonostante ciò, si lascerà convincere dal padre ad accettare la
vita monastica.
Dopo poco però si pente della sua scelta e torna a casa per discutere del suo futuro,
venendo però emarginata da tutti. L’unica persona a rimanergli vicino è un giovane paggio per il
quale Gertrude prova una certa attrazione. Venendo scoperta da un cameriere con un messaggio
per il paggio, viene condannata alla reclusione. Per scampare a questa sorte la giovine invia una
lettera al padre dove si dichiara disposta a esaudire ogni suo volere.
Il genitore sfrutta questa occasione per costringerla alla monacazione, destino a cui Gertrude non
può più scappare.
Dopo alcuni anni di vita monastica la monaca
di Monza incontra Egidio, un malfattore che vive
accanto al convento, il quale trascina Gertrude in una
relazione che le dona inizialmente nuova vitalità. Presto
però questa storia si rivelerà fonte di rimorso. Per evitare
lo scandalo, gli uddue uccidono una convers che sapeva
della tresca amorosa. La storia di Gertrude viene
raccontata dal Manzoni per metterne in risalto la
personalità piuttosto controversa.
Cardinale Federigo Borromeo
Federigo Borromeo è uno dei personaggi storici di maggior rilevanza all’interno del
romanzo. Uomo dotto, scrittore prolifico ed eclettico (è stato autore di opere di morale, storia,
letteratura, arte ecc.) Federigo ha voluto mettere liberalmente la cultura alla portata di tutti,
anche attraverso l’istituzione della Biblioteca Ambrosiana, come argomenta Manzoni: "pensate
che generoso, che giudizioso che benevolo, che perseverante amatore del miglioramento umano”.
Il Cardinale viene presentato come un modello da seguire, al contrario di don
Abbondio che non rappresenta un buon esempio. Federigo fin da piccolo ha cercato di trovare
il modo di rendere utile la sua vita. Nel 1580 è entrato in collegio ed ha cercato di soddisfare
tutti i suoi doveri nel modo migliore possibile. Ha inoltre insegnato la dottrina religiosa ai
“rozzi” del paese ed ha soccorso gli infermi. Ha intrapreso la carriera religiosa, seguendo la sua
vocazione, perché voleva fare del bene e ad aiutare le persone in difficoltà. Quando
l’Innominato si reca dal Cardinale per confessarsi, questi lo accoglie con benevolenza e lo aiuta
nella sua conversione come avrebbe fatto con ogni altra persona che avesse chiesto il suo aiuto.
Discende da una nobile famiglia, non ha mai badato ai privilegi che dava la chiesa, ha
sempre vestito umilmente, non ha mai voluto avere privilegi ed ha caricato il suo
mantenimento e quello dei suoi servi sulle proprie entrate. Il cardinale è sempre disposto ad
aiutare chiunque ne abbia bisogno, che sia un ex criminale o un poveretto. Manzoni lo
paragona ad "un ruscello che, scaturito limpido dalla roccia, senza ristagnare né intorbidarsi mai, in un
lungo corso per diversi terreni, va limpido a gettarsi nel fiume”.
Il capitolo XXII°, ampia pausa in cui non vi è alcun intreccio con la storia, è
interamente dedicato al cardinale Federigo Borromeo.
Giovanni Verga
Verga nasce nel 1840 a Catania da una famiglia
benestante di idee liberali. Compie i primi studi presso
Antonio Abate, patriota entusiasta che gli trasmette la sua
passione per i romanzi storico - patriottici e per la narrativa
d'appendice: i suoi romanzi giovanili riflettono gli ideali
risorgimentali dello scrittore. Col passare degli anni Verga
decise di dedicarsi totalmente al mestiere di scrittore. Così
abbandona gli studi in legge (1869) e si trasferisce a
Firenze, allora capitale del regno. Tre anni dopo si
stabilisce a Milano, vero centro della cultura nazionale e
dell'industria editoriale.
Qui frequenta i salotti intellettuali e gli ambienti
della Scapigliatura, si dà alla vita mondana e agli amori.
Tra il 1866-1875 Verga raggiunse il successo con una serie
di romanzi che narrano vicende passionali ambientate nel
mondo aristocratico. Nel frattempo Verga amplia i suoi
riferimenti culturali: legge i realisti francesi. Mentre in
Italia si apre il dibattito sulla questione meridionale: in
questo clima nasce il suo progetto di un ciclo di cinque
romanzi ambientati in Sicilia.
Giovanni Verga
Storia Di Una Capinera
Il romanzo Storia di una capinera, scritto da
Giovanni Verga, narra la storia di una ragazza di nome
Maria, che dopo la morte della madre è costretta ad entrare
in convento, non per sua libera scelta,ma per decisione
familiare, in quanto il padre si era risposato ed aveva avuto
due figli: Gigi e Giuditta. In questa nuova famiglia Maria
non riceve più particolari attenzioni, infatti la matrigna
pensa solo ai suoi figli e non si cura di lei. Nel 1854 nella
città di Catania si diffonde un’epidemia di colera e Maria,
quasi ventenne, si reca con tutta la sua famiglia nella casa di
campagna a Monte Ilice. Proprio da lì, inizia a scrivere delle
lettere alla sua amica del cuore Marianna che aveva
conosciuto in convento, e le racconta dei fatti che
succedevano in famiglia, delle sue giornate trascorse in
campagna e dell’amore che provava per un ragazzo di nome
Nino, figlio dei loro vicini di casa. E’ proprio questo amore
che, trasformatosi ed ossessione, la porterà alla follia. Infatti
la matrigna, accortasi del sentimento di amore tra Maria e
Nino, fa del tutto per far sposare la figlia Giuditta a Nino,
mentre costringe Maria a tornare in convento per prendere i
voti.
Giovanni Verga
Storia Di Una Capinera
Distrutta e lacerata dal dolore per non poter amare liberatamene Nino, la
ragazza muore in una cella sotterranea del convento, usata solo per le malate di mente. Il
romanzo si conclude con una lettera di Suor Filomena, indirizzata a Marianna, alla quale
racconta gli ultimi momenti della vita di Maria e della sua ultima volontà: quella di farle
recapitare un piccolo involucro contenente un crocifisso d’argento, una ciocca di capelli e
alcune foglie di rosa da donare al suo Nino. Verga giustifica il titolo della sua opera in un
breve antefatto antefatto. Ci racconta che una volta vide una capinera chiusa in gabbia,
che era molto triste perché sentiva cinguettare gli altri uccellini liberi di volare sui prati.
Alla fine la poverina morì, ma non per la fame o il freddo, ma perché era stata privata
della libertà. Analogamente, gli racconteranno la triste storia di una ragazza rinchiusa in
un convento, che morì per essere stata imprigionata e per non essere stata libera di vivere
e amare. Quindi Verga paragona la capinera alla protagonista principale del romanzo:
Maria, la quale era stata privata della libertà.
I Quadri
L’Addio ai monti di Renato Guttuso.
L' Addio ai monti di Francesco Gonin.
La partenza de "I promessi sposi" di Michele Fanoli.
Cinema e Televisione
A partire dal 1908 anche il cinema
raggiunge l'opera manzoniana: molto
interessante è il Kolossal realizzato nel
1941 dal regista Mario Camerini con
grandiose ricostruzioni di ambienti e
edifici negli studi di Cinecittà e riprese
dal vero nei luoghi manzoniani. Inoltre,
c'è
un
attento
lavoro
di
documentazione svolto in contatto con
i responsabili del Centro Nazionale di
Studi Manzoniani.
Al 1967 risale la prima edizione televisiva del
romanzo con la regia di Sandro Bolchi e la
sceneggiatura dell'autorevole Riccardo Bacchelli.
Questa iniziativa della Rai, della durata di otto
puntate, attrae davanti al video un gran numero di
spettatori.
Cinema e Televisione
Un nuovo sceneggiato televisivo
avviene nel 1989 da alla Salvatore Nocita
direzione di un cast internazionale che
viene doppiato nelle cinque puntate andate
in onda su Rai1 riscuotendo un vastissimo
successo. Tra gli attori: Alberto Sordi,
Helmut Berger e Burt Lancaster
Nel 1990 il trio comico
Marchesini, Solenghi, Lopez
realizza per la TV una parodia
del romanzo che, replicata più
volte, ha raggiunto un ampia
popolarità.
Fantastico Don Rodrigo
Liceo Scientifico Statale
“Filippo Masci” di Chieti
Lavoro realizzato
dalla classe II^F
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