ASSOCIAZIONE
FIGLI DELLA CHIESA
IDENTITÁ E FORMAZIONE
4. L’Associazione in conformità al carisma delle
Figlie della Chiesa si propone di:
4.1. far riscoprire ai suoi membri la radicale
novità cristiana che deriva dai sacramenti e in
particolare dai sacramenti dell’iniziazione perché
possano viverne il dono secondo la vocazione
ricevuta da Dio. Il battesimo ci rigenera alla vita
di figli di Dio, l’unzione dello Spirito, riconfermata
col sigillo della Cresima, ci costituisce templi
spirituali, l’Eucaristia ci unisce a Gesù Cristo e ci
fa suo Corpo, ci fa Chiesa.
«Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli
uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio,
anche voi venite impiegati come pietre vive per la
costruzione di un edificio spirituale, per un
sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali
graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo[…].
Io vi esorto come stranieri e pellegrini ad
astenervi dai desideri della carne che fanno
guerra all’anima. La vostra condotta tra i pagani
sia irreprensibile, perché mentre vi calunniano
come malfattori, al vedere le vostre buone opere
giungano a glorificare Dio nel giorno del giudizio.
State sottomessi ad ogni istituzione umana per
amore del Signore: sia al re come sovrano,
sia ai governanti come suoi inviati per punire i
malfattori e premiare i buoni. Perché questa è la
volontà di Dio: che, operando il bene, voi
chiudiate la bocca all’ignoranza degli stolti.
Comportatevi come uomini liberi, non servendovi
della libertà come di un velo per coprire la
malizia, ma come servitori di Dio.
Onorate tutti, amate i vostri fratelli,
temete Dio, onorate il re.
Domestici, state soggetti con profondo rispetto ai
vostri padroni, non solo a quelli buoni e miti, ma
anche a quelli difficili. È una grazia per chi
conosce Dio subire afflizioni, soffrendo
ingiustamente; che gloria sarebbe infatti
sopportare il castigo se avete mancato? Ma se
facendo il bene sopporterete con pazienza la
sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. A
questo infatti siete stati chiamati […].
E finalmente siate tutti concordi, partecipi delle
gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto
fraterno, misericordiosi, umili; non rendete male
per male, né ingiuria per ingiuria, ma, al contrario,
rispondete benedicendo; poiché a questo siete
stati chiamati per avere in eredità la benedizione».
(1Pt 2,4-5.11-21.3,8-9)
«I cristiani né per regione, né per voce, né per
costumi sono da distinguere dagli altri uomini.
Infatti, non abitano in città proprie, né usano un
gergo che si differenzia, né conducono un
genere di vita speciale. La loro dottrina non è
nella scoperta del pensiero di uomini multiformi,
né essi aderiscono ad una corrente filosofica
umana, come fanno gli altri. Vivendo in città
greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e
adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel
cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita
sociale mirabile e indubbiamente paradossale.
Vivono nella loro patria, ma come forestieri;
partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono
distaccati come stranieri:
ogni patria straniera è patria loro.
Si sposano come tutti e generano figli, ma non
gettano i neonati. Mettono in comune la mensa,
ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono
secondo la carne. Dimorano nella terra, ma
hanno la loro cittadinanza nel cielo.
Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita
superano le leggi.
Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. Non
sono conosciuti, e vengono condannati. Sono
uccisi e riprendono a vivere. Sono poveri e
fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto
abbondano. Sono disprezzati, e nei disprezzi
hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati
giusti. Sono ingiuriati e benedicono; sono
maltrattati ed onorano. Facendo del bene
vengono puniti come malfattori; condannati
gioiscono come se ricevessero la vita. Dai
giudei sono combattuti come stranieri, e dai
greci perseguitati, e coloro che li odiano non
saprebbero dire il motivo dell’odio.
A dirla in breve, come è l’anima nel corpo così
nel mondo sono i cristiani.
L’anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i
cristiani nelle città della terra.
L’anima abita nel corpo, ma non è del corpo;
i cristiani abitano il mondo,
ma non sono del mondo»
(Dalla “Lettera a Diogneto”)
«I laici derivano il dovere e il diritto all’apostolato
dalla loro stessa unione con Cristo capo. Infatti,
inseriti nel corpo mistico di Cristo per mezzo del
Battesimo, fortificati dalla virtù dello Spirito Santo
per mezzo della Confermazione, sono deputati
dal Signore stesso all’apostolato. Essi sono
consacrati per formare un sacerdozio regale e
una nazione santa (cfr 1Pt 2,4-10) onde offrire
sacrifici spirituali mediante ogni attività e
testimoniare dappertutto il Cristo. Inoltre con i
sacramenti, soprattutto con l’Eucaristia, viene
comunicata e alimentata quella carità che è
come l’anima di tutto l’apostolato […].
Per l’esercizio di tale apostolato lo Spirito Santo,
che opera la santificazione del popolo di Dio per
mezzo del ministero e dei sacramenti, elargisce
ai fedeli anche dono particolari (cfr 1Cor 12,7),
“distribuendoli a ciascuno come vuole” (1Cor
12,11), affinché, “mettendo ciascuno a servizio
degli altri la grazia ricevuta”, contribuiscano
anch’essi, “come buoni dispensatori delle diverse
grazie ricevute da Dio” (1Pt 4,10), all’edificazione
di tutto il corpo nella carità (cfr Ef 4,16).
Dall’aver ricevuto questi carismi, anche i più
semplici, sorge per ogni credente il diritto e il
dovere di esercitarli per il bene degli uomini e per
l’edificazione della Chiesa nella Chiesa e nel
mondo, con la libertà dello Spirito Santo, il quale
“spira dove vuole” (Gv 3,8)» (AA 3).
«Le condizioni odierne richiedono che
(l’apostolato dei laici) sia assolutamente più
intenso e più esteso. Infatti l’aumento
costante della popolazione, il progresso
scientifico e tecnico, le relazioni sempre più
strette fra gli uomini, non solo hanno
allargato straordinariamente i campi
dell’apostolato dei laici, in gran parte
accessibili solo ad essi, ma hanno anche
suscitato nuovi problemi che richiedono il
loro sollecito impegno e zelo.
Tale apostolato si rende tanto più urgente
in quanto l’autonomia di molti settori della
vita umana si è assai accresciuta, come è
giusto, talvolta però con un certo distacco
dall’ordine etico e religioso e con grave
pericolo della vita cristiana […]. Di questa
molteplice e urgente necessità è segno
l’evidente intervento dello Spirito Santo, il
quale rende oggi i laici sempre più
consapevoli della loro responsabilità e
ovunque li stimola al servizio di Cristo e
della Chiesa» (AA 1).
«La parrocchia offre un luminoso esempio di
apostolato comunitario, fondendo insieme tutte le
differenze umane che vi si trovano e inserendole
nell’universalità della chiesa. Si abituino i laici a
lavorare nella parrocchia intimamente uniti ai loro
sacerdoti, ad esporre alla comunità della chiesa i
propri problemi e quelli del mondo e le questioni
che riguardano la salvezza degli uomini, perché
siano esaminati e risolti con il concorso di tutti; a
dare, secondo le proprie possibilità, il loro
contributo ad ogni iniziativa apostolica e
missionaria della propria famiglia ecclesiastica.
Coltivino costantemente il senso della diocesi, di
cui la parrocchia è come cellula, sempre pronti,
all’invito del loro pastore, ad unire le proprie forze
alle iniziative diocesane» (AA 10).
«L’apostolato nell’ambiente sociale, cioè
l’impegno d’informare dello spirito cristiano la
mentalità e i costumi, le leggi e le strutture della
comunità in cui uno vive, è compito e obbligo dei
laici così che non può mai essere debitamente
assolto dagli altri. In questo campo i laici
possono esercitare l’apostolato del simile verso il
simile, qui completano la testimonianza della vita
con la testimonianza della parola. Qui nel campo
del lavoro, o della professione, o dello studio,
o dell’abitazione, o del tempo libero,
o dell’associazione, sono i più atti
ad aiutare i fratelli» (AA 13).
«L’apostolato può raggiungere piena efficacia
soltanto mediante una multiforme e integrale
formazione; la quale è richiesta non soltanto dal
continuo progresso spirituale e dottrinale del
laico, ma dalle varie circostanze di cose, di
persone, di compiti a cui la sua attività deve
adattarsi. Questa formazione all’apostolato deve
poggiarsi su quei fondamenti che da questo
sacrosanto concilio altrove sono stati affermati e
dichiarati (cfr LG cap. II, IV, V; UR 4, 6, 7, 12)».
(AA 29)
5. A quanti desiderano intraprendere il cammino
formativo specifico, dopo un congruo tempo
di frequentazione libera della fraternità viene
consegnato, durante un rito di accoglienza,
il Vangelo. Tale rito, che introduce alla prima
tappa, così come quelli di ingresso alla
seconda e alla terza tappa dei quali ai
numeri seguenti (8, 11), viene celebrato in
una significativa festa dell’anno liturgico a
scelta della fraternità.
6. La prima tappa della formazione, tappa
dell’Ascolto della Parola di Dio, è costituita
dall’apprendimento del metodo della lectio
divina. Vanno posti o verificati i fondamenti
della fede biblica e proposta l’esperienza
della fraternità radunata dalla Parola di Dio
da cui viene insieme purificata e costituita
come comunità di fede. È anche un tempo
di riscoperta del dono di vita ricevuto nel
Battesimo, sacramento della fede, che ci fa
figli e figlie della Chiesa.
7. La proposta della lectio viene fatta
possibilmente con scadenza settimanale
e preferibilmente sui testi liturgici della
domenica successiva.
8. Per questa prima tappa si prevede un
tempo di due anni, alla fine del quale viene
consegnato il Messale; celebrando così
l’ingresso alla seconda tappa.
9. La seconda tappa della formazione è la
tappa della mistagogia (esperienza e
approfondimento) del mistero della Chiesa
e della sua vita liturgica, con particolare
attenzione alla celebrazione dell’Eucaristia
e ai sacramenti della Riconciliazione e
della Cresima.
10. L’approfondimento, che non può prescindere
dall’esperienza viva, si fa durante appositi
incontri mensili con l’aiuto del Catechismo della
Chiesa Cattolica, dei Documenti del Concilio, del
Magistero, delle Lettere Pastorali del Vescovo
del luogo e di alcuni scritti della Fondatrice.
Durante questa tappa viene anche presentato
lo Statuto dell’Associazione.
11. Anche per questa tappa si prevedono due
anni di cammino, al termine dei quali si celebra il
passaggio alla terza tappa con la consegna della
Liturgia delle Ore.
12. La terza tappa sostiene e accompagna i
fratelli e le sorelle nella loro vita in Cristo e nella
Chiesa, li educa alla preghiera della Chiesa e li
aiuta ad assumersi quegli impegni di servizio, di
animazione, di missionarietà che sono maturati
in loro lungo il cammino secondo la vocazione di
ciascuno. È la tappa del discernimento
spirituale e vocazionale che li porta a
testimoniare la Chiesa, secondo il particolare
dono ricevuto, all’interno della fraternità,
nell’ambiente di vita e di lavoro, nella comunità
cristiana parrocchiale e diocesana.
13. Vanno presi in considerazione in
questa tappa in modo particolare i sussidi
ecclesiali e propri che sostengono la vita
spirituale, aiutano nel discernimento,
formano al dialogo e orientano in
particolare l’impegno apostolico dei laici.
Viene approfondita anche la Regola di vita
come sostegno del cammino spirituale
personale.
14. A conclusione di questa tappa, che prevede
un cammino di altri due anni, si è accolti
come membri effettivi dell’Associazione.
Durante il rito di accoglienza, che viene
celebrato ordinariamente nel giorno di
Pentecoste, vengono consegnati lo Statuto
e la Regola di vita.
15. La formazione permanente degli Associati è
costituita dagli incontri di Lectio della
fraternità, seguiti da un momento specifico
di studio secondo il proprio piano formativo
e dagli incontri regionali e nazionali, di cui ai
numeri seguenti. Si sollecitano gli Associati
a vivere anche momenti di ritiro con la
comunità delle Figlie della Chiesa o nella
fraternità almeno nei tempi forti dell’anno
liturgico.
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