Tra i paesaggi dei due componimenti se
ne estende un terzo, nel quale i piani
temporali possono arrivare a confondersi
e a fondersi, ma pure a sintetizzarsi e
rapprendersi, mantenendo la propria
consistenza per via di immagini
simboliche: è il paesaggio della vita di
Leopardi
L’anima è vasta, ha un’estensione quasi infinita
quando le si permette di immaginare, ed è lei a
contenere il paesaggio della vita, dove la geografia
reale non conta e luoghi geograficamente vicini si
allontanano, mentre le dimensioni degli oggetti si
fanno approssimative, e pure la presenza dell’io
appare soggetta a labilità
il paesaggio della vita di Leopardi è la musica di
sottofondo che occorre abituarsi a sentire quando si
leggano le sue poesie
O graziosa luna, io mi rammento
che, or volge l'anno, sovra questo colle
io venia pien d'angoscia a rimirarti:
e tu pendevi allor su quella selva
siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
il tuo volto apparia, che travagliosa
era mia vita: ed è, né cangia stile,
o mia diletta luna. E pur mi giova
la ricordanza, e il noverar l'etate
del mio dolore. Oh come grato occorre
nel tempo giovanil, quando ancor lungo
la speme e breve ha la memoria il corso,
il rimembrar delle passate cose,
ancor che triste, e che l'affanno duri!
Il paesaggio di Alla luna è memoria del passato ma
anche frutto di una percezione presente
Questo paesaggio idillico è rarefatto, limitato a tre
dettagli, colle, selva, luna, cui se ne può aggiungere
un quarto suggestivo: il pianto del poeta nel tempo
presente, che rende tutto un po’ sfocato, nebuloso e
tremulo (v.6). A volerlo dipingere, un notturno alla
Turner o alla Caspar Friedrick.
Caspar David Friedrich, "Paesaggio al chiaro di luna, 1808
Nella Ginestra, o il fiore del deserto, ad accoglierci
in esergo è una citazione dal vangelo di Giovanni
(III, 19), il più ermetico degli evangelisti. In un
paesaggio cosmico, abitato da tenebre e luce,
chiamate a rappresentare evidentemente le forze
del male e del bene, gli uomini compiono una
loro scelta originaria.
Il paesaggio va inteso nella sua valenza simbolica e
senza dimenticare la musica di sottofondo, il
paesaggio della vita che si sta concludendo: lo
sguardo del poeta è onnisciente, il suo pensiero
filosofante e malinconico è giunto al massimo
della sua espressività, quel pensare troppo, che
può certo essere una iattura giacché consente di
immaginare una felicità che poi è sempre negata,
trova una sua espressione poetica definitiva,
anche per via della morte imminente.
nell’ultima strofa, la ginestra flessibile (lenta, v.
297), come il giunco che Dante immaginò
crescesse sulla spiaggia dell’isola del purgatorio,
viene eletta protagonista dell’ultima contesa
cosmica cui siamo chiamati ad assistere: icona
della forza vera, non apparente, quella che
proviene dall’innocenza, da un aurorale coraggio,
dall’umiltà, dalla saggezza e da una sanità
dell’anima negata a chi vive annebbiato
dall’autocompiacimento.
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