Parliamo della tua vita …
Raccontaci di te
Sono nata il 16 maggio 1718 a
Milano (quando la
Lombardia era appena stata
annessa all’Impero
Asburgico), primogenita di
ventuno figli, in una facoltosa
famiglia arricchitasi con
l'industria della seta.
Quando hai scoperto la matematica?
L’ho scoperta nel 1737, quindi all’età di 19 anni,
quando mio padre mi obbligò a passare dallo
studio per le lingue (per le quali ero molto portata
… già allora ne conoscevo ben sette!) allo studio di
Filosofia e Matematica. Una decisione quindi
inizialmente obbligata ma per la quale ringrazio
mio padre. All’epoca la mia casa era diventata uno
dei salotti più in vista di Milano: furono gli
intellettuali che la frequentavano che mi
introdussero agli Elementi di Euclide, alla Logica e
alla Metafisica, alla Fisica generale, particolare e
sperimentale.
Nel 1738 sono state pubblicate, in una raccolta
dal titolo Propositiones Philosophicae, 191 mie
tesi filosofiche tratte dalle pubbliche
discussioni, riguardanti questioni di logica,
botanica, cosmologia, ontologia, meccanica,
pneumatologia, in cui esprimo la mia
convinzione che anche le donne debbano
essere istruite. Dopo questo decisi di non
prendere più parte alla vita mondana e
cominciai a dedicarmi intensamente allo
studio dell'algebra e della geometria.
Parlaci dei tuoi studi da quel
momento in avanti …
Iniziai ad analizzare l'opera postuma del marchese de
L'Hôpital, Traité Analytique des Sections Coniques. Nel
1740 iniziai un periodo di studi in collaborazione con
padre Ramiro Rampinelli, professore di fisica e
matematica a Milano, grazie al quale studiai il testo
dell'abate Reyneau, Analisi dimostrata (del 1708), ed è
in questo periodo che rinunciai a pubblicare il mio
commento sulle sezioni coniche per dispormi,
incoraggiata dal mio mentore e dall'aiuto di Jacopo
Riccati, alla stesura di un testo di analisi, le Istituzioni
Analitiche ad uso della Gioventù Italiana pubblicate in
italiano nel 1748 e dedicate all'imperatrice Maria
Teresa, opera che godette di larga fama e fu tradotta in
diverse lingue.
Quest’opera mi diede molto successo, giunsero
plausi da tutta l'Europa (dotti dell'Accademia
Reale di Francia, Maria Teresa d'Austria, papa
Benedetto XIV, Goldoni …). Nel 1750 sostituii il
padre nell'insegnamento della matematica
all'Università di Bologna, ma rinunciai per
dedicarmi, dopo la morte di mio padre, nel 1752,
ad opere di carità (ho fondato anche un
ospedale!), agli studi privati (diventai una vera e
propria teologa) e all'istruzione dei miei fratelli,
delle mie sorelle e dei domestici della casa. In
quel periodo coloro che si rivolgevano a me per
ottenere pareri di carattere scientifico venivano
cortesemente scoraggiati: l'Accademia di Torino,
ad esempio, mi chiese di esaminare i lavori di
Lagrange intorno al calcolo delle variazioni ma io
mi sottrassi, per continuare a lavorare al Trivulzio.
Quali sono stati i tuoi contributi dati
alla matematica?
Il più importante risultato dei miei sforzi è stato il volume
Instituzioni analitiche ad uso della gioventù italiana,
pubblicato a Milano nel 1748 e fu considerato come la
migliore introduzione ai lavori di Eulero. Il primo
volume tratta dell'analisi delle quantità finite e il
secondo dell'analisi infinitesimale. Una traduzione
francese del secondo volume, a opera di P. T. d'Antelmy
e integrato da Charles Bossut (1730-1814), è apparsa a
Parigi nel 1775. Una traduzione Inglese di tutta l'opera
da parte di John Colson (1680-1760) - titolare della
cattedra lucasiana di matematica all'Università di
Cambridge - rivista da John Hellins fu infine pubblicata
privatamente nel 1801 a spese del Barone Maseres.
Per cosa ti ricordiamo soprattutto
oggi?
Sicuramente per la Versiera. Scrissi un
commento a Traite analytique des sections
coniques du marquis de l'Hôpital che,
nonostante l'apprezzamento mostrato dai
pochi lettori del manoscritto, non venne mai
pubblicato. Vi veniva discussa una curva detta
appunto Versiera, come la battezzai nel 1748.
Colson, che tradusse il testo in Inglese,
probabilmente confuse le parole la versiera
con l'avversaria e quindi le tradusse come la
strega, per questo nel mondo anglosassone la
curva è nota come Witch of Agnesi.
Riferendosi probabilmente alla traduzione
inglese piuttosto che all'originale italiano,
come sarebbe stato ovvio, anche nei paesi di
lingua spagnola (Messico, Cuba, e Spagna in
particolare) la curva è nota con il suo nome
sbagliato.
In geometria, la versiera è una curva cubica del
piano, costruibile attraverso procedimenti
geometrici elementari, caratterizzata da una
forma a campana, simile a quella della
distribuzione gaussiana.
Il suo nome deriva dal latino versoria, che
indicava la corda legata all'estremità di una
vela e utilizzata per le virate.
Approfondiamo l’argomento: come
si costruisce la Versiera?
Adesso ve lo spiego: data un circonferenza di
centro (0,a) e una retta t parallela all'asse x di
equazione y = 2a tangente al cerchio nel
punto (0,2a), e un fascio di rette passanti per
l'origine degli assi, la versiera è il luogo dei
punti M che hanno: come ascissa, l'ascissa del
punto L di intersezione di una generica retta
del fascio con la tangente t; come ordinata,
l'ordinata del punto C di intersezione della
stessa retta del fascio con la circonferenza.
Applicando la costruzione sopra descritta,
l'equazione cartesiana della curva è:
y = ___8 a3 __
x2+4 a2
E le sue applicazioni?
La versiera trova applicazione in fisica nella
descrizione dei fenomeni di risonanza: ad
esempio un atomo colpito da una radiazione
monocromatica, emette una radiazione la cui
intensità dipende dalla frequenza della radiazione
emessa; la relazione tra questa due grandezze è
data dall'equazione della versiera, con il massimo
in corrispondenza della lunghezza d'onda della
luce incidente.
In statistica, la distribuzione di una variabile casuale
di Cauchy è espressa da una versiera.
Hai mai ricevuto dei
riconoscimenti?
Sì, mi è stato dedicato un cratere di
42 km su Venere, ed anche una
via a Milano, la mia città.
Come mai ad un certo punto della
tua vita hai deciso di chiudere con
la scienza?
Penso che l’uomo debba sempre operare per un
fine, il cristiano per la gloria di Dio; fino ad
allora spero che il mio studio sia stato a gloria
di Dio, perché giovevole al prossimo, ed unito
all’obbedienza, essendo tale la volontà e genio
di mio Padre: poi, cessando questa, ho trovato
modi e mezzi migliori per servire a Dio e
giovare al prossimo.
Ma torniamo alle origini: chi ti ha
incoraggiata? Chi sono stati i tuoi
precettori?
Fu il conte Carlo Belloni, decurione della città di
Pavia, ad aiutarmi a maturare in modo autonomo
il mio pensiero. I miei primi precettori erano
privati, ricordo gli abati Gemelli e Tagliazucchi,
che mi hanno introdotta nel mondo della cultura
secondo l'ideale enciclopedico tipico del sec.
XVIII. In seguito la mia formazione filosofica e
scientifica fu affidata ai professori Manara e
Casati.
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