Il mondo arabo fra II e III millennio Snodi concettuali principali Primavera Araba: perché si parla di rivoluzione? Fanatismo religioso e strumentalizzazioni politiche Scenario militare e disastri umanitari Accoglienza e prospettive 17 dicembre 2010 La Rivoluzione dei Gelsomini inizia con il gesto disperato di un venditore ambulante che per disperazione si diede fuoco davanti alla sede del governatorato di Sidi Bou Said, vicino Tunisi. Le proteste dilagarono in tutta la Tunisia e il dittatore Ben Alì fu costretto a fuggire. Ben Alì era un ex generale dell’esercito, salito al potere nel 1987 dopo aver destituito il padre della patria Habib Bourguiba. Curiosità: un colpo di stato indolore ROMA – “Non fu un brutale colpo di stato: fu un’operazione di politica estera messa in piedi con intelligenza, prudenza, ma anche decisione dagli uomini che guidavano l’Italia in quegli anni. Sì, è vero, l’Italia sostituì Bourghiba con Ben Alì” Sono le parole di Fulvio Martini, ex capo Sismi, riportate da Nigro (1999) per “La Repubblica” Dopo il secondo conflitto mondiale, nei vari paesi arabi vennero a instaurarsi dittature di varia natura che hanno ricoperto un ruolo fondamentale nel contenere da un lato le ingerenze delle potenze occidentali dall’altro le possibili derive estremistiche di stampo islamista. A questi fattori determinanti se ne aggiunse presto un altro: la nascita di Israele (1948). Questo nuovo stato, sorto in seguito alla risoluzione n. 181 dell’ONU, si è sviluppato a spese dei paesi limitrofi, suscitando molta rabbia e sdegno in gran parte del mondo arabo. Dal 1948 ad oggi, Israele ha consolidato il proprio dominio sull’area palestinese attirandosi l’ostilità di molti paesi arabi, alcuni dei quali si erano già riuniti nella Lega Araba, nata nel 1945. I primi firmatari della Lega Araba furono: Egitto, Siria, Libano, Arabia Saudita, Iraq, Transgiordania. Relazioni diplomatiche con Israele Panoramica generale – Guerra Fredda Prima di descrivere le vicende della Primavera Araba, per capire come siamo arrivati all’ISIS, bisogna chiarire un dato di fatto: i libri di Storia ci dicono che la Guerra Fredda è finita ufficialmente nel 1989, con la caduta del Muro di Berlino e con la fine del comunismo russo. Ma dobbiamo riconoscere che, nonostante la vittoria del capitalismo americano (globalizzazione), l’ostilità fra USA e Russia rimane ancora molto forte, perché poggia su cause di ordine diverso; infatti, la Russia vorrebbe rinsaldare i propri confini, mentre gli americani sono sempre a caccia di nuove risorse (petrolifere e non), sia pure che si trovino in paesi vicini alla sfera d’influenza russa. Le potenze mondiali dell’Ovest USA Europa Dopo aver vinto la Seconda Guerra Mondiale, gli americani stabilirono un dominio quasi globale, basato sulla necessità di garantire da un lato il nuovo equilibrio geopolitico, dall’altro l’approvvigionamento energetico. Gli Usa sono collegati da un filo diretto con Israele, mentre le maggiori aziende petrolifere americane hanno forti interessi in Medio Oriente (Iraq, Kuwait, ecc.). L’Europa ha accettato di dare libero corso al processo di decolonizzazione, iniziato con l’indipendenza dell’India (1947). All’indomani della Seconda Guerra Mondiale, infatti, gli stati europei non poterono garantire l’assetto ante-guerra, perché indeboliti dai forti sacrifici bellici. Attualmente, l’imperialismo americano si è ridimensionato, e non si fonda più sull’ideologia della democrazia da esportare, bensì sulla necessità di combattere la presunta minaccia del terrorismo di matrice islamica. Nonostante l’indipendenza ottenuta dalle excolonie, l’influenza di alcuni stati europei rimane implicita, e a volte esce allo scoperto (com’è stato nel caso della Libia, quando il regime di Gheddafi, legato per lo più all’Italia, è caduto sotto i colpi di un’operazione militare essenzialmente guidata dalla Francia). Panoramica generale - decolonizzazione Il processo di decolonizzazione è stato ratificato dall’ONU nel 1960 attraverso la risoluzione n. 1514, meglio conosciuta come “La Dichiarazione della Decolonizzazione”. All’interno dell’ONU vi erano molti dei paesi appartenenti al Terzo Mondo ormai in via di sviluppo; questi paesi hanno favorito la nascita di diverse istituzioni che potessero monitorare l’intero processo nel rispetto della Carta delle Nazioni: nacquero così il Comitato di Decolonizzazione dell’ONU, il Congresso delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD), l’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (UNIDO), ecc. Il processo di decolonizzazione ebbe inizio negli anni ‘40, già durante la Seconda Guerra Mondiale, e può essere suddiviso in tre fasi. Panoramica generale - decolonizzazione Prima fase: negli anni ‘40 cominciano a rendersi indipendenti i paesi del Sudest asiatico, in particolare le Filippine (da Tokyo), l’India, il Pakistan, la Birmania e il Ceylon (dalla Gran Bretagna), l’Indonesia olandese (dall’Olanda, dopo un periodo di guerre cui parteciparono anche Gran Bretagna, Usa, Onu). Seconda fase: negli anni ’50 il processo interessò anche il Nord Africa. In particolare la Libia si sganciò dall’Italia nel 1951 (la risoluzione n. 289 diede il via all’ascesa di Idris, il quale dichiarò l’indipendenza libica sotto la propria sovranità); i protettorati francesi di Marocco e Tunisia ottennero l’indipendenza nel 1956-57, dopo una lunga crisi che coinvolse anche l’Algeria, colonia di fondamentale importanza per i francesi, i quali ne riconobbero l’indipendenza, nonostante la “vittoria” ottenuta con la famosa Battaglia d’Algeri. Focus: nel Sudest asiatico intanto la decolonizzazione continua: nel 1954 Vietnam, Cambogia e Laos ingaggiano una guerra contro i francesi, durata ben otto anni. Questi paesi rientravano nell’area dell’Indocina francese, e per conquistare l’indipendenza dovettero combattere ancora, nonostante la vittoria sui francesi, contro una coalizione guidata dagli Usa… con la famosa Guerra del Vietnam, durante gli anni ‘70, inizia il “declino” militare degli americani. La terza fase della decolonizzazione iniziò negli anni ‘60 e interessò l’Africa sub-sahariana. Per non esulare dal nostro percorso, teniamo fermo l’obiettivo del nostro discorso sul Nord Africa, partendo da un duplice punto di vista: 1) Il Nord Africa è connesso al Medio Oriente, per lingua e cultura: con l’espressione mondo arabo, infatti, ci riferiamo alla fascia geografica che include Nord Africa e Medio Oriente 2) Il Nord Africa è un importante crocevia: da un lato le coste africane, dall’altro quelle italiane.. il problema è riconoscere che esiste anche un mondo mediterraneo, e soprattutto, bisogna rendersi consapevoli del fatto che l’Italia (e non la Francia) sta al centro di questo mondo.. Mondo mediterraneo è un concetto-chiave: come vedremo nelle seguenti slide, sorvolando alcuni specifici scenari geografici, nel Mediterraneo sembrano concentrarsi le sorti dell’intero pianeta. Ma è opportuno riflettere su un dato: come tutti sanno, gli Usa hanno basi militari installate quasi ovunque (Sigonella è il centro logistico più importante del Mediterraneo), eppure il loro non è un dominio senza confronto. Come vedremo, infatti, altre potenze si affacciano all’orizzonte globale del nuovo millennio, e sono quelle potenze che dominano già da tempo l’emisfero est del mondo. La distinzione nord/sud è passata oggi in secondo piano rispetto alla distinzione ovest/est. La chiave di lettura giusta è quella che si fonda sulla definizione di Terzo Mondo. Nel Terzo Mondo rientrano in generale i paesi in via di sviluppo. Questi paesi si trovano nell’emisfero sud del mondo; nell’emisfero nord, infatti, si trovano i paesi del Primo Mondo (democrazie fondate sull’economia capitalistica) e quelli del Secondo Mondo (paesi socialisti e comunisti legati all’URSS). Dopo la caduta del Muro di Berlino (1989) e la fine del comunismo russo, la distinzione è diventata obsoleta per varie ragioni, la più importante delle quali è stata ben descritta dallo stesso Alfred Sauvy, al quale si deve l’espressione “Terzo Mondo”. Secondo Sauvy, non ha senso considerare come appartenenti allo stesso piano geopolitico (sud povero) paesi come le quattro Tigri Asiatiche e paesi come quelli dell’Africa sub-sahariana: Singapore, Hong Kong, Taiwan e Corea del Sud sono nazioni molto avanzate rispetto agli stati africani! Per questa ragione si parla oggi di “Quarto Mondo” riferendosi all’insieme dei paesi poveri con scarse prospettive di sviluppo. Le potenze mondiali dell’Est URSS Cina Durante la Guerra Fredda, l’Unione Sovietica La Cina ha dimostrato grande maturità dal ha conosciuto un lento declino, fino alla caduta punto di vista politico ed economico: questa del Muro di Berlino (1989) che ha sancito la nazione è tutt’oggi una dittatura comunista fine del Comunismo. fondata sul capitalismo (contraddizione Nonostante ciò, il colosso russo è riuscito a evidente ma felice); tuttavia, superare i propri limiti, grazie all’azione di a differenza della Russia (che non perde uomini come Putin, appartenenti al vecchio l’occasione di minacciare militarmente gli altri apparato sovietico e ora leader di uno degli paesi), la Cina ha preferito limitare il più stati più potenti al mondo: la Russia. possibile il rischio di eventuali guerre, dedicandosi invece a una crescita economica Forte delle sue riserve energetiche (gas) e della quanto più equilibrata possibile. La Cina, sua ritrovata capacità militare, la Russia insomma, ha preferito conquistare il mondo condiziona oggi le sorti di molti paesi, come puntando tutto sull’economia (cioè invadendo i l’Ucraina, la Siria, ecc. mercati con prodotti a basso costo). Le potenze mondiali: punti di forza - Gli USA hanno l’arsenale militare più forte e letale, e gran parte dell’economia mondiale risulta ancora legata al dollaro. - L’Europa ha l’Euro (per circa un decennio è stata la moneta più forte, dopo la sterlina). Attualmente, però, l’Euro ha subìto una forte crisi e ha perso valore, infatti, per avere 1 euro sono necessari 1,08 dollari (cambio al 27 maggio ‘15). - La Russia è indipendente dal punto di vista energetico e dimostra di non temere il confronto militare. È una quasi-dittatura. - La Cina possiede l’economia più sviluppata al mondo ed è fra i paesi più stabili dal punto di vista economico-finanziario, politico e sociale. È una dittatura. Le potenze mondiali: punti deboli - Gli USA stanno perdendo la leadership economica e finanziaria. - L’Europa subisce direttamente le crisi economico-finanziarie provenienti dagli USA, ciò producendo una destabilizzazione economica e politica in vari paesi dell’UE. Alla crisi del 2008, scaturita dal settore immobiliare americano, si aggiunge anche la precarietà politico-economica di alcuni paesi europei, che produce effetti negativi sulla stabilità dell’Euro; l’Italia ha appena superato il rischio-fallimento che ancora minaccia la Grecia). - La Russia è indipendente dal punto di vista energetico, e spesso non esita a dimostrare di non temere il confronto militare con gli USA. È una quasi-dittatura, e ha un ruolo importante nell’area di libero scambio euro-asiatica. - La Cina possiede l’economia più sviluppata al mondo ed è fra i paesi più stabili dal punto di vista economico-finanziario, politico e sociale. È una dittatura. Scenario mediterraneo Scenario Scenario Il mondo arabo (lingua e società) Lingua e comunicazione Da sempre la lingua è stata un fattore di coesione importantissimo per tutti i paesi arabi. La cultura araba è molto ricca e ha origini antiche: le prime testimonianze risalgono al VI secolo d.C.; sono poesie liriche d’argomento erotico e guerresco scritte da un gruppo di poeti che vivevano nell’ambiente dei beduini nomadi. Fra le molte produzioni, ricordiamo il ciclo de Le Mille e una notte. Dal punto di vista della comunicazione, ricordiamo la nascita del network informativo Al Jazeera (1995), che ha contribuito a definire la fisionomia transnazionale del mondo arabo, dando spazio all’informazione libera e plurale. Società e religione Il mondo arabo si caratterizza per la coincidenza di religione, società e stato: per il Corano, infatti, la religione è tutto, spiritualità, politica, cultura, società, famiglia, educazione, leggi dello Stato, morale individuale e della società (Gheddo). Dunque, l’Islam si presenta come un progetto globale che include tutti gli aspetti della vita (Stamer). Anche nei paesi più laicizzati, come la Tunisia, l’idea di fondo non cambia: l’Islam è allo stesso tempo religione, società e stato. Questo modello è sopravvissuto nei secoli, congelato e rigidamente codificato, senza mai farsi contaminare dai cambiamenti storici. A ciò bisogna aggiungere che il mondo islamico resta pur sempre una società di tipo patriarcale, dove la donna è completamente assoggettata alle regole imposte dall’uomo. In questo senso, la fotografia scelta come copertina per questa breve introduzione al mondo arabo risulta abbastanza significativa, emblematica. Focus: la lotta fra sciiti e sunniti La maggioranza della popolazione musulmana (80 %) appartiene alla ‘famiglia’ dei sunniti, mentre soltanto il 15% appartiene a quella degli sciiti. Come si evince dalla cartina successiva, sciiti e sunniti popolano variamente i diversi territori islamici, tuttavia sono a maggioranza sciita: Iran, Iraq, Bahrein, Azerbaijan; inoltre, sono presenti significative minoranze in Libano, Kuwait, Yemen. La lotta fra sciiti e sunniti risale al 632 d.C., anno in cui morì Maometto, fondatore dell’Islamismo. Per la successione si opposero due fazioni: gli sciiti (Shi’atul Alì) appoggiavano Alì, cugino e genero di Maometto, e affermavano che la comunità dovesse essere guidata dall’Imam (guida spirituale e temporale dotata di un potere divino trasmissibile per via ereditaria); i sunniti, invece, non essendoci stata una vera e propria designazione da parte del profeta, preferirono eleggere il ‘primo califfo’, in sintonia con la tradizione del Profeta (Sunna). Secondo i sunniti, il califfo è il guardiano della Shari’ah (Legge di Dio) e detiene un potere temporale di natura elettiva. Le origini del conflitto fra sciiti e sunniti Fattori di squilibrio nel mondo islamico L’influenza delle potenze estere sull’economia dei paesi arabi ha sicuramente favorito la nascita di forti sentimenti nazionalistici. Tale nazionalismo si aggrava anche a causa di un anti-semitismo sempre più forte e diffuso. Tutto ciò ha determinato una distorsione nell’intreccio fra dimensione politica e dimensione religiosa: per questa ragione bisogna intendere il fanatismo religioso come un fenomeno motivato politicamente ed economicamente. Possiamo allora distinguere quattro fasi nella storia recente del mondo arabo-islamico (prendiamo come riferimento i paesi più interessati dalla Primavera Araba) Focus: il ruolo dell’Italia Come dimostra il colpo di stato indolore (1987)effettuato in Tunisia con l’ausilio di un semplice referto medico, l’Italia repubblicana ha sempre preferito affidarsi più alla diplomazia che agli interventi militari. Il suo ruolo di mediazione diplomatica è una risorsa importante per tutta l’Eurozona e oltre. Ma sono molte le falle, molti i punti di criticità che rendono l’Italia incapace di porsi al centro dell’azione. Prima fase: equilibrio (repressivo) Seconda fase: Primavera Araba e guerre civili Terza fase: nuove realtà e reazioni autoritarie Quarta fase: internazionalizzazione Prima fase: equilibrio (repressivo) Ben Alì in Tunisia (1987-2010): generale dell’esercito salito al potere dopo aver destituito il padre della patria Bourguiba. Fuggito in Arabia Saudita in seguito al dilagare delle proteste. Mu’ammar Gheddafi in Libia (1969-2011): a 27 anni era capitano dell’esercito, si mise a capo di un gruppo di militari e organizzò un colpo di stato, spodestando re Idris I, ritenuto troppo debole nei confronti dell’Occidente. Nacque così la Repubblica libica, mentre Gheddafi, subito nominato colonnello, instaurava una vera e propria dittatura. Prima fase: equilibrio (repressivo) Hosni Moubarak in Egitto (1981-2011): era un ufficiale dell’aeronautica, divenne Vicepresidente della Repubblica d’Egitto e salì al potere in seguito all’uccisione del Presidente Al-Sadat. Ha governato per molti anni, con gli aiuti degli Usa, ma anche avvicinandosi alla Russia. Ha avuto un ruolo importante di mediazione nella questione israelo-palestinese, ma si è dovuto dimettere di fronte al caos nato dalla rivolta di Piazza Tahrir. Bashar Al-Assad in Siria (2000-): succeduto al padre, è il leader della Siria. Appartiene agli sciiti perché di fede alawita, ma governa un paese a maggioranza sunnita. È in diretta collisione con i paesi filo-americani e filo-israeliani a causa del sostegno dato agli Hezbollah in Libano e ad Hamas in Palestina. Ciò gli ha procurato una forte popolarità nel mondo arabo, mentre si rafforzano sempre più i rapporti diretti con Russia e Iran. Questi fattori spiegano il blocco in cui si trova oggi la Siria, dilaniata da una guerra civile ancora lontana dal trovare una qualsiasi risoluzione. Seconda fase: Primavera Araba La Primavera araba ha rappresentato l’inizio di una nuova era per il mondo arabo: gran parte della popolazione, specie nei paesi più laicizzati e moderni (Tunisia in testa), si è stancata di sopportare le continue vessazioni dei regimi dittatoriali, la corruzione, il degrado, ecc. Queste le cause della rivoluzione. Tuttavia, nonostante l’ampia diffusione di queste rivolte, la rivoluzione non ha prodotto risultati tangibili, certi e nuovi: a parte la Tunisia, che ha saputo riconquistare il proprio futuro, in molte altre zone le proteste sono rientrate, trasformandosi in guerre civili fra opposte fazioni (come in Siria) o fra diverse tribù (come in Libia). Insomma, quello che poteva essere una riscossa per i diritti civili si è presto trasformato nell’ennesimo conflitto per il potere. Terza fase: nuove realtà e reazioni autoritarie La Tunisia è oggi una democrazia in lento sviluppo L’Egitto è un paese rigidamente controllato dai militari La Libia è instabile, dilaniata da sanguinose lotte tribali La Siria soffre per una guerra civile interminabile, dovuta alla reazione autoritaria di Bashar al-Assad Quarta fase: internazionalizzazione