Corso di Storia delle Relazioni Internazionali
A.A. 2013/2014
1
Giovanni Bernardini [email protected]
La Distensione
1966-1975
2
Schizofrenia nei rapporti USA-URSS
• Indipendentemente dalle crisi “periferiche”,
dalla metà degli anni ‘60 negli Stati Uniti
crescono spinte che favoriscono la Distensione
con l’Unione Sovietica:
• Ragioni interne: crisi del ‘Cold War consensus’
• Ragioni internazionali: crisi della leadership
consensuale esercitata dagli Stati Uniti, e più
in generale del prestigio morale di Washington
nel mondo (soprattutto in conseguenza della
Guerra in Vietnam)
3
Schizofrenia nei rapporti USA-URSS
• Europa occidentale:
– Economia: declino relativo dell’egemonia
statunitense
– Vietnam: l’Europa ha una posizione ormai
secondaria nei piani statunitensi
– Cuba: rischi per l’Europa senza
contropartita
– Esclusione permanente dal ‘club atomico’ in
seguito al TNP
– Timore di un ‘condominio’ delle
superpotenze
4
Schizofrenia nei rapporti USA-URSS
• Apice della crisi: ritiro della Francia di De
Gaulle dalla NATO (non dal Patto Atlantico)
• De Gaulle è convinto (o sembra esserlo) che
l’Unione Sovietica sia cambiata e che si possa
perseguire una distensione con l’est (URSS e
Cina). Altri lo lo avrebbero seguito a breve
• Nasce così l’idea di affermare la distensione
come obiettivo dell’Alleanza, accanto alla
difesa comune (1967). Da parte americana, è il
tentativo di ricondurre entro la sede
istituzionale esistente le divergenze con gli
alleati
5
Schizofrenia nei rapporti USA-URSS
• Sullo sfondo, una crisi ben più grande rimane
sul punto di esplodere: i mutati rapporti di
forza economica tra Europa e USA rispetto alla
fine della Seconda Guerra Mondiale
• Inoltre: crisi sistemica dell’economia
capitalista, che si aggraverà negli anni a venire
per l’aumento del prezzo delle fonti di energia
e la diminuzione della produttività
6
Schizofrenia nei rapporti USA-URSS
• Da parte di Washington è sempre più forte il
desiderio di una tregua nella Guerra Fredda
per ‘mettere ordine in casa’. Non a caso, una
delle letture più convincenti della distensione
parla più che altro di ricerca di ‘stabilizzazione’
• Se si giunge a qualche risultato, è perché
dall’altra parte della cortina di ferro si vive una
situazione con risvolti del tutto simili
7
Schizofrenia nei rapporti USA-URSS
• Unione Sovietica:
• Dal 1964 c’è un cambio di leadership: dopo
l’esito della crisi cubana, Krusciov viene
progressivamente allontanato, a vantaggio di
Breznev, personaggio ben più incline alla
stabilizzazione rispetto a chi lo aveva
preceduto
• Tentativi di riforma economica, sia in URSS che
nel COMECON: sostanziale fallimento, ritardo
tecnologico (colmabile solo grazie all’ovest),
problemi di credito e alimentari
8
• Gravi crisi all’interno della propria ‘sfera
d’influenza:
– Primavera di Praga – Dottrina Breznev della
sovranità limitata: segnale di forza o debolezza ?
– Conseguente perdita di prestigio presso i paesi di
recente indipendenza: sempre più Mosca e
Washington hanno problemi simili con i ‘non
allineati’ e il Terzo Mondo: ne è un esempio la
difficoltà sovietica di porre dei limiti alle attività
dei comunisti vietnamiti
– Cina: dalla tensione agli scontri
9
• Necessità di raffreddare almeno alcuni dei
fronti ‘caldi’: rapporti con l’Europa, con gli
Stati Uniti, corsa agli armamenti nucleari
• Per questo, nonostante la crisi cecoslovacca e
l’impressione che essa provoca in occidente,
continuano le trattative per il Trattato di Non
Proliferazione
• L’episodio appare sempre meno come un caso
isolato e limitato alla questione atomica, e
sempre più come una logica di dialogo tra le
Superpotenze, animate da desideri
convergenti. Trovare un “codice di condotta”
per la Guerra Fredda
10
Nixon, Kissinger e la nuova
politica estera
11
Chi era Richard Milhous Nixon ?
Il “Cold Warrior”…
…il Vicepresidente…
…l’anti-Kennedy…
… il Presidente del
“realismo”
12
Critica superficiale…
13
“Signor Presidente…”
14
Le dimissioni di Nixon
• Il caso “Watergate”: il termine diverrà proverbiale,
assieme ad altri scandali dell’amministrazione Nixon
• Shock per l’opinione pubblica americana
• Il prestigio dell’istituzione presidenziale stessa è
scossa all’interno come a livello internazionale: una
questione di credibilità. Questo minerà il corso della
distensione.
• La difficile successione di Ford
• Il potere del Congresso e di alcuni gruppi di pressione
uscirà accresciuto dalla vicenda
15
… critiche più profonde
• Nixon rappresenta (almeno inizialmente) l’ultimo
esponente di un repubblicanesimo da Guerra Fredda
che aveva fatto propri i precetti economici del
welfare state (“Siamo tutti keynesiani”) e la dottrina
del containment. Prima di lui, la sfida di Barry
Goldwater; dopo di lui, la “valanga” di Reagan
• Fu un traghettatore, consapevole o meno ?
16
… critiche più profonde
• O tentò un’operazione “gattopardesca”
(perché tutto rimanga com’è, che tutto cambi)
?
• Di certo, il suo pensiero e la sua opera aveva
molto a che vedere con la ridefinizione dell’
“egemonia consensuale” statunitense
17
• Certamente, Nixon era cosciente di:
– Declino (quantomeno) relativo della potenza
statunitense
– Necessità di concludere la guerra del Vietnam:
questo gli fa guadagnare l’elezione alla Presidenza.
“Vietnamizzazione del conflitto”.
– Esigenze di ridimensionamento dell’impegno
diretto americano all’estero (discorso di Guam;
dottrina Nixon)
– Imprescindibile dialogo con l’Unione Sovietica e
tattica “del bastone e della carota” per limitare gli
effetti destabilizzanti della sua politica estera (“era
di negoziato”)
18
Henry Kissinger
• “mente europea della politica americana”
• Critica dei limiti concettuali della politica
estera statunitense dalle origini
– Messianesimo e crociata morale
– Il compito dell’amministrazione Nixon:
“educare il popolo americano alle necessità
dell’equilibrio di potenza”.
• Coscienza dei limiti di azione
19
Henry Kissinger
• MA: non si distacca dall’ “ossessione per la
credibilità”
• E soprattutto: la sua visione strategica
bipolare finisce per azzerare le specificità
nazionali e regionali, come altri “cold warrior”
prima di lui
• Obiettivo: ricerca della stabilità e della
legittimità del sistema di relazioni
internazionali
20
• Da un sistema bipolare a uno multipolare.
Equivoco: si tratta di una definizione
descrittiva, prima ancora che prescrittiva.
• Rimane una differenza tra le due
Superpotenze, che hanno responsabilità e
raggio d’influenza globale, e le altre medie
potenze (Cina, Europa) regionali
• Il dialogo bipolare è dunque esclusivo per sua
stessa natura
21
• Il problema NON E’ la natura interna del
regime sovietico, ma l’aggressività della sua
politica estera
• Quindi, l’obiettivo NON E’ trasformare
l’Unione Sovietica, ma indurla (‘stick and
carrot’) ad abbandonare i suoi progetti di
destabilizzazione del sistema internazionale
• Per questo, essa deve accettare la legittimità
del sistema stesso e cooperare a costruire
l’equilibrio e la stabilità
22
• Trattare con Mosca:
• Diplomazia strettamente personale, sin dal
febbraio 1969
• Massima segretezza
23
• “La distensione non può essere perseguita
selettivamente (…), è indivisibile”: teoria e
pratica del linkage, la capacità di legare gli
eventi tra di loro
• Esempio: senza progressi in Vietnam, stallo
delle trattative SALT. Il 1970 verrà ricordato
come un “anno perso” per le relazioni tra le
due superpotenze, mentre altri facevano
progressi nel dialogo con Mosca
24
• Inoltre, la riconduzione della politica estera al
bipolarismo rende piatto il mondo della
diplomazia statunitense ed impoverisce di
contenuti il dialogo con gli altri paesi
– Esempio: la Cina e i magri risultati oltre il
breve termine
– Altro esempio: Cile di Allende
25
• Esigenza imprescindibile: ottenere la
collaborazione sovietica per risolvere la guerra
in Vietnam
• Il linkage si trasforma in una ‘prigione’
• Già alla fine di gennaio c’era un accordo
sostanziale tra Nixon e Breznev
sull’accettazione della parità strategica e sulla
necessità di limitare gli armamenti strategici
26
• Eppure: l’inizio ufficiale dei negoziati sarà soltanto a
novembre
• Delegazioni sovietiche e americane con esperti di
massimo livello si incontrano alternativamente a
Vienna ed Helsinki
• Tre questioni in discussione:
– Missili statunitensi collocati in Europa: da considerare
strategici ? Si concluse con un rinvio
– MIRV. Stessa conclusione
– ABM. Compromesso
• Firma dell’accordo il 26 maggio 1972, durante la
visita di Nixon a Mosca: la prima di un presidente
statunitense in URSS dai tempi della conferenza di
Yalta
27
• Una valutazione: risultati commisurati alle
aspettative ? Di certo non si interruppe la
corsa agli armamenti nucleari
• Sicuramente l’apertura alla Cina rese i sovietici
inclini a raggiungere un compromesso
28
• Reazioni divergenti negli Stati Uniti e in
Europa
• Soprattutto: i progressi, se questi vi furono,
coinvolsero quasi esclusivamente la
componente militare della rivalità est-ovest. In
una certa misura, la strategia kissingeriana
non raggiunge lo scopo, e non sopravvivrà alla
sua esperienza diretta di governo
29
• Ulteriori incontri al vertice: nel 1973 negli Stati
Uniti e nel 1974 in Unione Sovietica
• Risultati:
– Convenzioni sulle armi biologiche
– Trattato sui sistemi ABM
– “Principi basilari delle relazioni”
– “Accordo per la prevenzione della guerra
nucleare”
– Altri accordi di cooperazione bilaterale
– Premesse per il SALT II
30
• MA: poteri ormai limitati di Nixon a causa
dell’incedere dello scandalo Watergate
• In più: il clima è cambiato, distensione diventa
in breve tempo una “parolaccia” che Ford
cercherà di evitare in ogni modo durante la
campagna elettorale
• Critiche da destra e da sinistra
31
• Non c’è stato un cambiamento di mentalità e
di sensibilità popolare, proprio l’elemento che
Kissinger sottostimava
• Riemerge il tema dei diritti umani e della
moralità della politica estera.
“Détente=appeasement”
• Il vero o apparente “nuovo espansionismo
sovietico” sembra darne prova
• L’Afghanistan è la “tomba” definitiva della
distensione
32
L’apertura alla Cina
33
L’apertura alla Cina
• Nixon e Kissinger ne valutano l’opportunità da
prima di entrare in carica
• Che senso ha fossilizzarsi in Vietnam in onore
alla “dottrina del domino” quando si può
raggiungere un accordo in funzione
antisovietica col più grande paese del mondo?
• L’elemento definitivo che li persuade all’azione
è lo scontro armato tra Cina e URSS nel marzo
del 1969 lungo il fiume Ussuri: è ormai
impossibile non vedere che il campo
comunista è diviso in due
34
L’apertura alla Cina
• Da parte cinese: necessità economiche e di
stabilizzazione durante e dopo la Grande
Rivoluzione culturale
• “Assicurazione” contro i tentativi di Mosca di
avere il predominio sull’Asia e di recuperare la
centralità nella galassia comunista
• USA e Cina condividono quindi un interesse
strategico per bilanciare lo strapotere
sovietico (anche se per gli Stati Uniti l’urgenza
è sempre l’uscita dal Vietnam)
35
L’apertura alla Cina
• Nel luglio del 1971 Kissinger compie un
viaggio a sorpresa in Cina per tre giorni
• Un anno dopo Nixon è a Pechino: finiscono 25
anni di ostilità e non riconoscimento
• Sui sovietici l’impatto della notizia è fortissimo
• In realtà, gli incontri servono soprattutto a
chiarire le fonti di disaccordo, che pure
rimangono
• Taiwan: la RPC si impegna a soluzioni
pacifiche, ma gli Stati Uniti riconoscono che
esiste UNA Cina
36
L’apertura alla Cina
• Impegno a lavorare per la normalizzazione
delle relazioni reciproche
• Accordo che né i due contraenti né “nessun
altro paese” devono cercare l’egemonia
sull’area Asia-Pacifico
• Ufficiosamente, ai sovietici sarà fatto sapere
che, in caso di attacco contro la Cina, gli Stati
Uniti non sarebbero rimasti neutrali
37
L’apertura alla Cina
• Perché non si arrivarono a risultati più
importanti? Persino il riconoscimento ufficiale
arriverà soltanto nel 1979
• Di nuovo, la logica della Guerra Fredda: in quel
momento tutte le trattative erano orientate in
chiave anti-sovietica, e questo impedisce di
cogliere ulteriori opportunità
38
Il Vietnam di Nixon
39
• Jeffrey Kimball, “Nixon’s Vietnam War”
• Keith L. Nelson, “The Making of Détente:
soviet-american relations in the shadow of
Vietnam”
40
• Fallimento dei primi negoziati diretti nel 1968: lo
zampino di Nixon ?
• Promessa elettorale di concludere la guerra (la parola
‘vittoria’ di fatto scompare)
• Nei primi sei mesi si chiarisce la strategia di Nixon e
Kissinger:
– Ricerca di collaborazione sovietica
– Vietnamizzazione del conflitto (incontro delle Midway,
Dottrina Nixon). È un’idea del Segretario della Difesa Laird,
a Kissinger non piace perché limita il margine di manovra
della diplomazia.
– Trattative dirette con il Vietnam del Nord a Parigi
41
• Il “piano per il Vietnam” promesso da Nixon,
in realtà non esisteva
• Viene comunque mantenuto l’impegno a
diminuire il numero di militari statunitensi
impiegati:
– 540.000 all’ingresso alla Casa Bianca
– 139.000 alla fine del 1971
– 25.000 alla fine del 1972
– Nel 1973 abolita la leva obbligatoria
– Le critiche di Kissinger: intaccata la “credibilità”
42
• Al contempo: gli sforzi diplomatici erano
dedicati ad evitare l’umiliazione di una vittoria
militare nord-vietnamita: neanche Nixon vuole
essere “il primo presidente americano a
perdere una guerra”
• Prendono forma i termini del “patto con il
diavolo”: ritiro delle forze statunitensi solo in
cambio della solenne promessa di Hanoi di
cessare la sua aggressione militare contro il
sud e di accordare al governo di Saigon
un’adeguata opportunità di sopravvivenza
43
• Contemporaneamente, ricerca del sostegno di Mosca
(e poi Pechino) per tenere a freno il governo di Ho
Chi Minh e spingerlo ad un atteggiamento più
conciliante durante le trattative di Parigi. In realtà, la
fine del monolitismo comunista rende le cose più
complesse (concorrenza URSS-Cina)
• Molto più ambigue sono le richieste statunitensi in
merito al sostegno economico e militare che Mosca
fornisce al Vietnam: atteggiamento “cinico”, si
esprime “comprensione” perché non si può
condannare il supporto di una superpotenza ad un
alleato
44
• Per il momento, nessuna flessibilità da parte
di Hanoi: le operazioni belliche continuano, e
si chiede il ritiro incondizionato delle truppe
statunitensi
• Si realizza uno dei peggiori incubi di Kissinger:
i nord vietnamiti hanno pochi incentivi al
compromesso poiché sono coscienti che Nixon
non avrebbe osato invertire il disimpegno
statunitense già intrapreso, contro l’opinione
pubblica e il Congresso.
45
• Di fronte allo stallo della diplomazia,
Kissinger è favorevole ad innalzare il livello
dello scontro militare.
• Necessità di una “mossa a sorpresa” che
dimostri la risolutezza della Casa Bianca nel
perseguire i propri piani: la vittima
designata è la Cambogia. Il paradosso: per
terminare il conflitto si finirà per
estenderne i confini.
46
• Nixon non era convinto fino in fondo, per
ragioni di opinione pubblica.
• La Cambogia era neutrale da anni, ma ormai il
suo regime fondava la propria politica sulla
convinzione che la vittoria dei comunisti in
Vietnam fosse solo una questione di tempo
47
• Tacita approvazione della costruzione di
“santuari” nord-vietnamiti, e soprattutto
dell’utilizzo del proprio territorio per condurre
operazioni militari (“sentiero di Ho Chi Minh”)
• Il Presidente Johnson aveva espressamente
rifiutato l’ipotesi che i suoi generali gli
avevano prospettato: colpire le unità
vietnamite in Cambogia
• Nixon al contrario ordina nell’aprile del 1969
una campagna segreta di bombardamenti
48
• Il regime di Phnom Penh non reagisce, ma rifiuta
categoricamente l’ingresso alle truppe statunitensi e
sud vietnamite
• Colpo di stato del generale Lon Nol, incoraggiato
dall’intelligence statunitense
• Il 30 aprile Nixon annuncia che forze di terra sono
entrate in Cambogia con l’approvazione del nuovo
regime.
• Dal punto di vista militare l’intera operazione è un
disastro senza appello. Ritiro in tempi brevi. Cosa più
grave: se si cercava una prova che la
vietnamizzazione stava funzionando, il risultato è del
tutto controproducente.
49
• Da quello mediatico, il risultato se possibile è anche
peggiore
– In patria: accuse di bypassare il controllo del
Congresso
– Rinnovate proteste contro l’attacco ad un paese
neutrale. Quattro studenti uccisi all’università di
Kent, Ohio, il 4 maggio 1970
– Dimissioni di membri minori dell’amministrazione
“disgustati” dal comportamento della Casa Bianca.
Kissinger li definirà in modo sprezzante “bleeding
hearts”
– In Cambogia: dopo il ritiro delle truppe
statunitensi, quelle sud vietnamite uccidono e
saccheggiano, infiammando in senso
antiamericano l’opinione pubblica locale
50
• Si scatena una guerra civile che finirà
soltanto con l’affermazione del regime
dei Khmer Rossi di Pol Pot e con una
tragedia che ha pochi paragoni nella
storia
51
• Nonostante questo, la Casa Bianca
sembrava non imparare dai propri errori.
Nel febbraio 1971 viene lanciata
l’operazione Lam Son 719: 36.000 unità
sud vietnamite invadono il Laos, con
supporto di forze aeree USA. Ulteriore
disastro militare. Dimostrazione di
debolezza delle truppe sud vietnamite;
ritiro.
52
• Dopo una fase di calma relativa, Hanoi
progetta una nuova offensiva nel maggio del
1971, di fronte al peggioramento della
posizione statunitense
• Eppure, a Washington si diffonde la
convinzione, supportata da Kissinger, che
l’apertura alla Cina farà crollare Hanoi “entro
l’anno”. Il giudizio degli storici non è univoco:
dopo l’apertura alla Cina, Hanoi ha giocato
maggiormente che in passato sulla rivalità
Pechino-Mosca.
53
• Ulteriore mossa di Washington: dal dicembre
del 1971 bombardamenti “preventivi” sul
Vietnam del nord
• Altro fallimento: nel marzo del 1972 le truppe
del nord irrompono nella zona demilitarizzata
lungo il confine
54
• Misure estreme di Nixon: minato il porto di
Haiphong per arrestare il flusso di armi
proveniente dall’Unione Sovietica. Paradosso:
Pechino invia immediatamente una squadra di
sminatori…
• La diplomazia tra le due superpotenze non si
interrompe: nonostante i timori di
Washington, e nonostante i danni arrecati ad
alcune navi sovietiche, Mosca non protesta e
non cancella il meeting
• ”
55
• Condizionato dallo stallo dell’offensiva militare
e dalla diplomazia triangolare, il regime di
Hanoi torna al tavolo negoziale con spirito più
conciliante
• Da settembre le prospettive di accordo sono
migliori: cade la richiesta pregiudiziale di un
governo di coalizione (che includa il FLN) a sud
56
• Da parte sua, Kissinger promette a Le Duc Tho
il ritiro totale delle forze statunitensi (ormai
ridotte a 39.000 unità) entro due mesi, e
concede un cessate il fuoco senza chiedere il
ritiro delle truppe dalla parte di Vietnam del
sud che era stata occupata. Soprattutto,
promette che il regime di Saigon entrerà in
trattative dirette con Hanoi
• L’accordo, insieme alle visite a Pechino e
Mosca, portano Nixon al risultato sperato…
57
• Una volta rieletto, Nixon passa alle “maniere forti” :
– Bombardamenti di Hanoi ed Haiphong a dicembre
per rafforzare la posizione di Saigon (feroci critiche
di Le Duc Tho)
– Impegno segreto di Kissinger per la reintroduzione
di truppe statunitensi in caso di violazione degli
accordi da parte di Hanoi
– D’altra parte, minaccia di cancellazione di
qualunque aiuto statunitense e firma di una pace
separata con Hanoi, nel caso in cui Thieu avesse
rifiutato gli accordi di Parigi.
58
• L’accordo per il cessate il fuoco viene infine
stipulato a Parigi il 27 gennaio 1973.
Washington si impegnava a rimuovere le
proprie forze armate entro sessanta giorni, e
le parti si accordavano sullo scambio di
prigionieri di guerra
• Tuttavia: ambigui i termini dell’accordo relativi
ai negoziati tra le due fazioni per
l’organizzazione di elezioni democratiche
59
• Alla partenza da Saigon, la “vietnamizzazione”
era avvenuta in una certa misura:
– l’esercito del Vietnam del Sud era la quinta
maggiore forza militare del mondo, sulla
carta
– Disponeva dell’arsenale lasciato sul campo
dagli statunitensi
60
– MA: sfuma ben presto, anche dal punto di vista
formale, la promessa di un ritorno delle truppe
statunitensi. Nel novembre del 1973 il Congresso
ignora il veto di Nixon e promulga il War Powers
Act: in assenza di esplicita disposizione del
Congresso, il personale militare statunitense
inviato in combattimento all’estero deve essere
rimpatriato entro due mesi. È la fine della
“presidenza imperiale”, e l’inizio della “sindrome
del Vietnam”, ovvero la riluttanza ad utilizzare la
forza militare statunitense all’estero.
61
• Il 9 marzo 1975 le truppe vietnamite del nord
invadono il sud, spezzandone di fatto la
continuità territoriale
• In Laos, gli alleati del Viet Minh conquistano il
potere negli stessi giorni
• In Cambogia i Khmer rossi conquistano la
capitale e danno vita all’operazione “anno
zero”
• Il 30 aprile cade Saigon; il corpo diplomatico
statunitense fugge e porta con se 70.000
cittadini vietnamiti
62
63
• Cosa lascia la guerra del Vietnam:
– Vittime vietnamite oltre il milione di unità militari (se la
definizione ha un senso)
– Vittime civili nello stesso ordine di grandezza
– Decine di migliaia durante le operazioni belliche e
soprattutto i bombardamenti dell’era Nixon
– 59.000 vittime statunitensi; 22.000 (stima per difetto) tra il
1969 e il 1975
– 153.000 feriti (gravi)
– Costi che, negli anni 69-75, erano nell’ordine di 50 miliardi
di dollari all’anno
– Soprattutto: la perdita di supporto nazionale per la guerra
e la diffidenza nei confronti del governo federale
64
Born down in a dead man's town
The first kick I took was when I hit the ground
End up like a dog that's been beat too much
Till you spend half your life just covering up
Got in a little hometown jam
So they put a rifle in my hand
Sent me off to a foreign land
To go and kill the yellow man
Come back home to the refinery
Hiring man said "son if it was up to me“
Went down to see my V.A. man
He said "son, don't you understand“
65
I had a brother at Khe Sahn
Fighting off the Viet Cong
They're still there, he's all gone
He had a woman he loved in Saigon
I got a picture of him in her arms now
Down in the shadow of the penitentiary
Out by the gas fires of the refinery
I'm ten years burning down the road
Nowhere to run ain't got nowhere to go
66
• Come ha sottolineato uno storico: Nixon era
preoccupato dalle conseguenze della guerra
sull’immagine del paese e della presidenza; Kissinger
delle “ramificazioni geopolitiche” e dell’ossessione
della credibilità. Entrambi sottovalutano le ragioni
dell’altro, e soprattutto le considerazioni di carattere
militare
• Ogni volta che le ragioni di politica interna si fanno
pressanti, Nixon e Kissinger si allontanano a causa di
sensibilità ed esigenze diverse
• Un “ritiro onorevole” è uno dei tanti principi che
Kissinger non riesce a spiegare
67
• Di certo, la lente del bipolarismo aveva
deformato la realtà: i sovietici non erano in
grado di fornire l’aiuto che Washington
attendeva
• L’ossessione per la “credibilità” finisce per
svolgere lo stesso, tragico ruolo della dottrina
del domino
68
La distensione europea
• La Distensione tra le due Superpotenze è
essenzialmente un tentativo di stabilizzazione
dell’ordine bipolare: ridimensionare i costi e i
rischi
• Strategia intrinsecamente conservatrice di
Nixon e Kissinger: congelare lo status quo,
soprattutto in Europa
• Tuttavia, in Europa occidentale crescono le
voci di dissenso rispetto alla stabilizzazione sin
dagli anni ‘70
69
La distensione europea
• La prima manifestazione è la Détente condotta
dal Presidente francese De Gaulle
• Sin dal 1964 tenta un dialogo con Mosca: è un
tentativo di riprendere i tradizionali rapporti
franco-russi
• Il fondamento di questa politica è che l’Unione
Sovietica stia cambiando, e che sia un paese
sempre meno comunista e rivoluzionario e
sempre più simile alla vecchia Russia zarista
70
La distensione europea
• A fronte di questa evoluzione, era giusto che
gli europei si sottraessero alle logiche di
Guerra Fredda statunitensi e ricercassero una
loro politica indipendente per iniziare a
mutare la condizione di divisione del
continente: “Un’Europa dall’Atlantico agli
Urali”
71
La distensione europea
• Questa politica si scontra con due limiti:
– Ciò che la Francia ha da offrire all’URSS in termini
economici è limitato
– Soprattutto: la crisi cecoslovacca dimostra che la
trasformazione dell’URSS ipotizzata da De Gaulle
in realtà non è ancora compiuta
• A raccogliere il testimone della distensione
europea a partire dalla fine degli anni ‘60 sarà
la Repubblica Federale Tedesca con il
Cancelliere Willy Brandt: la “Ostpolitik” o
“politica orientale”
72
La distensione europea
• L’idea fondamentale è che, per indurre un
mutamento nei paesi dell’est e anche in URSS,
sia necessario:
– Far crescere la fiducia sulle reciproche
intenzioni non aggressive (“firma di trattati
di rinuncia all’uso della forza”)
– Nel caso della Germania, dimostrare che il
paese è realmente cambiato e che non
esiste più alcun rischio di rinascita
aggressiva. Riconoscere la realtà emersa
dalla Seconda Guerra Mondiale
73
La distensione europea
– Intensificare i contatti economici,
secondo il principio per cui dove si fanno
“affari” c’è meno rischio di escalation
militari
– Intensificare i contatti est-ovest tra
individui e società, in modo da
“instillare” il cambiamento a est: dagli
scambi tra studenti, agli incontri religiosi,
ai meeting sportivi, alla riscrittura
condivisa della storia per i libri di testo
74
La distensione europea
• In concreto, il governo Brandt normalizzava le
relazioni tra la Repubblica Federale Tedesca e
l’Unione Sovietica, poi con tutti i vicini
orientali. Questo passa attraverso il definitivo
riconoscimento dei crimini commessi dal
nazismo e delle responsabilità del popolo
tedesco
75
76
La distensione europea
• L’ultimo passaggio è il riconoscimento che
ormai esistono due stati tedeschi e che essi
devono avere rapporti per il bene del
popolo tedesco (che rimane uno)
• Questo non chiude la porta alla
riunificazione (cosa di cui all’epoca molti
accusarono Brandt), ma lascia aperta la
possibilità che questo avvenga
esclusivamente con mezzi pacifici
• Nel 1973 i due stati tedeschi entrano
all’ONU
77
La distensione europea
• Diffidenza da parte degli Stati Uniti:
– Rischio di una neutralizzazione della Germania
e quindi di un crollo della NATO?
– Rischio di una destabilizzazione dell’Europa
perché la Distensione sta creando troppe
aspettative?
• Questo non avviene e anzi negli anni
successivi la distensione europea (secondo
le linee tracciate da Brandt) raccoglie frutti
ben più duraturi di quella promossa dalle
superpotenze
78
La distensione europea
• Dal 1972 al 1975 si lavora per dare vita a
una Conferenza sulla Sicurezza e la
Cooperazione in Europa (CSCE)
• L’Atto Finale verrà firmato a Helsinki
nell’agosto 1975 e costituirà una pietra
miliare della distensione in Europa
• Per la prima volta dalla fine della Seconda
Guerra mondiale, praticamente tutti i paesi
europei cercarono di scrivere insieme le
regole che avrebbero determinato i loro
rapporti successivi
79
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
• Il “decalogo”:
Sovereign equality, respect for the rights inherent in
sovereignty
Refraining from the threat or use of force
Inviolability of frontiers
Territorial integrity of States
Peaceful settlement of disputes
Non-intervention in internal affairs
Respect for human rights and fundamental freedoms,
including the freedom of thought, conscience, religion
or belief
Equal rights and self-determination of peoples
Co-operation among States
Fulfillment in good faith of obligations under
international law
80
La distensione europea
• Si capisce l’importanza del “decalogo” se si
pensa che quei principi avrebbero costituito
la base legale a cui si sarebbero appellati
negli anni successivi tutti i movimenti di
dissidenti nei paesi dell’est
• Di fatto, anche se ben presto il clima di
Distensione arriverà a conclusione e
torneranno a emergere tensioni, in Europa
queste non giungeranno mai ai livelli
precedenti (es. Berlino)
81
La distensione europea
• Rimarranno aperti sempre canali di dialogo,
anche quelli che faciliteranno nella quasi
totalità dei casi una fine non violenta dei
regimi comunisti
• Legami economici che consentiranno dopo
l’89 un rapido avvicinamento all’Unione
Europea
• Ma soprattutto: indurranno un mutamento
silenzioso ma progressivo e costante delle
società dell’est verso il pluralismo, minando
alle basi i regimi che li governavano
82
La distensione europea
• La CSCE si è scontrata a lungo con lo
scetticismo statunitense. Soltanto in anni
successivi, molti politici dell’epoca
(compreso Kissinger) ammetteranno di
averne sottovalutato la portata:
• “The Soviets desperately wanted CSCE, they
got it, and it laid the foundations for the end of
their empire. We resisted it for years, went
grudgingly, Ford paid a terrible political price
for going (…) only to discover years later that
CSCE had yielded benefits to us beyond our
wildest imagination. Go figure” R. Gates
83
Scarica

distensione