Ministri Straordinari della Comunione Centro Scolastico F. Gresner 22 gennaio 2011 don Gianni Naletto si lavorerà, seguendo le indicazioni dei Vescovi italiani, a valorizzare in chiave operativa, nelle nostre realtà, i numerosi documenti del Magistero già esistenti su qu i malati”. Gli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020 intendono offrire alcune linee di fondo per una crescita concorde delle Chiese in Italia nell’arte delicata e sublime dell’educazione. In essa noi Vescovi riconosciamo una sfida culturale e un segno dei tempi, ma prima ancora una dimensione costitutiva e permanente della nostra missione di rendere Dio presente in questo mondo e di far sì che ogni uomo possa incontrarlo, scoprendo la forza trasformante del suo amore e della sua verità, in una vita nuova caratterizzata da tutto ciò che è bello, buono e vero. Educare alla vita buona del Vangelo significa, infatti, in primo luogo farci discepoli del Signore Gesù, il Maestro che non cessa di educare a una umanità nuova e piena. Egli parla sempre all’intelligenza e scalda il cuore di coloro che si aprono a lui e accolgono la compagnia dei fratelli per fare esperienza della bellezza del Vangelo. La Chiesa continua nel tempo la sua opera: la sua storia bimillenaria è un intreccio fecondo di evangelizzazione e di educazione. Annunciare Cristo, vero Dio e vero uomo, significa portare a pienezza l’umanità e quindi seminare cultura e civiltà. Non c’è nulla, nella nostra azione, che non abbia una significativa valenza educativa. si lavorerà, seguendo le indicazioni dei Vescovi italiani, a valorizzare in chiave operativa, nelle nostre realtà, i numerosi documenti del Magistero già esistenti su qu i malati”. “Educare alla vita nella fragilità Sfida e profezia per la pastorale della salute” Direttrici fondamentali entro cui si muove la nostra azione educativa sono da intendersi il servizio e la presenza accanto all’uomo nel tempo della fragilità, cioè nel momento in cui la vita umana è attraversata dalla sofferenza e dalla povertà e necessita di un maggiore sostegno. Mistero della sofferenza “…l’esperienza di chi ha attraversato la sofferenza o si è fatto compagno di chi è nella malattia e nel dolore, è un tesoro di umanità e di verità che arricchisce tutti. Per questo, è assolutamente importante e urgente evitare che la malattia sia vissuta senza consolazione, fino a diventare un’esperienza desolata e maledetta; per questo, anche, è necessario valorizzare e comunicare la straordinaria forza vitale che si sprigiona dalla vita fragile e da chi se ne prende cura, specie in un tempo segnato dall’utilitarismo e dall’individualismo”. La Chiesa “riscrive” la parabola del Buon Samaritano Consapevolezza Compassione Vicinanza Condivisione Accompagnamento Collaborazione Prefazio - Gesù Buon Samaritano Nella sua vita mortale egli passò beneficando e sanando tutti coloro che erano prigionieri del male. Ancor oggi come buon samaritano viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza. Per questo dono della tua grazia, anche la notte del dolore si apre alla luce pasquale del tuo Figlio crocifisso e risorto Nel momento in cui la vita umana è attraversata dalla sofferenza e dalla povertà necessita di un maggiore sostegno. La fragilità attraversa l’esistenza: vita che nasce e cresce adolescenza vecchiaia handicap disturbo psichico relazioni familiari difficili nella malattia nella vita che muore nel tempo del lutto Giornata Mondiale del Malato 2008 Confrontarsi realmente con l’evento della morte per una famiglia diventa oggi ancor più drammatico e insostenibile, poiché la cultura attuale ha anestetizzato la percezione del morire e l’ha esibita nell’illusione di esorcizzarla. Vista dal video la morte appare un evento virtuale, che si ritiene di non dover mai affrontare nella realtà della vita. Quando, però, cade l’apparato scenico della drammatizzazione ed appare quello reale della storicità e caducità della vita, il soggetto si sente smarrito e il dolore per l’evento morte appare in tutta la sua lacerante violenza. Tendenza diffusa ad emarginare eventi malattia, sofferenza, morte Spesso soli e impreparati per affrontare queste esperienze Celebrazioni e riti di commiato consumati rapidamente Subentrata una “diffusa intolleranza sociale verso ogni espressione di tristezza” da evento “sociale”… In casa tra parenti e persone amiche che accompagnano e sostengono la famiglia nel tempo della malattia e nelle fasi del lutto I riti comunitari viatico, unzione, vestizione, veglia funebre, corteo, il banchetto dopo il funerale i segni del lutto nell’abbigliamento la ripresa della vita sociale … a quasi “fatto privato” Oggi più del 70 % delle persone muore in ospedale. Riti funebri frettolosi: ritmi e tempi ristretti avviliscono comunicazione e condivisione. La difficoltà del tempo del lutto in assenza di relazioni significative viene spesso coperta da ansiolitici e antidepressivi. Il lutto viene vissuto come esperienza solo interiore senza bisogno di manifestazioni esteriori o sociali, vissuto come evento inevitabile sul quale non serve molto soffermarsi o parlarne più del necessario. Lutto: un “nuovo campo di lavoro” un cammino di speranza dalla solitudine alla solidarietà Una problematica emergente Tuo figlio vive Figli in cielo Gruppo eventi Eppure il vento soffia ancora Il deserto e la speranza Fuori dal buio Stare bene insieme E la vita cammina quasi dritta Un aiuto a dire addio Insieme continuiamo Gruppi di preghiera Gruppi di Auto Mutuo Aiuto Gruppi di Auto Mutuo Aiuto IL BOOM DEI GRUPPI DI AUTO MUTUO AIUTO nell’ambito familiare (9000 in Italia) Disabilità. Adolescenza, Lutto: Ecco i contorni di un fenomeno che chiede alle istituzioni di essere riconosciuto. Non dà mai soluzioni, ma fa in modo che la comunicazione fra le persone porti alla costruzione di risposte. Le stime recenti dell'Oms riferivano di circa 130 ambiti diversi di gruppi. Il successo sta nella formula: non si parla di "aria fritta" o di problemi in generale, ma proprio di quel problema specifico». Noi genitori e figli – Avvenire 28 novembre 2010 Lazzaro – Gv 11 , 1 - 45 Il lutto erano in casa con lei a consolarla pensando che andasse a piangere al sepolcro Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Gesù … la vide piangere, e piangere anche i Giudei si commosse profondamente … molto turbato Gesù scoppiò in pianto Guarda come lo amava era una grotta e contro di essa era posta una pietra piedi e mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario Liberàtelo e lasciàtelo andare Nel racconto di Lazzaro troviamo il cor_doglio il cuore che sente dolore le con_doglianze il condividere il dolore il lutto il pianto, le manifestazioni emotive suscitate dalla ferita per la perdita di una persona significativa Perché si soffre? “Dissero allora i giudei, Guarda come lo amava!” Quando sopravviene la morte di una persona significativa, si produce una ferita al sistema dell’attaccamento tra le persone. Uno dei ricercatori più noti nel campo del lutto, scrive che: “il dolore del cordoglio fa parte della vita esattamente quanto la gioia dell’amore; esso è, forse, il prezzo che paghiamo per l’amore, il costo del coinvolgimento”. chi sceglie di amare sceglie di soffrire Ma la sofferenza è solo negativa? Disse un’ostrica a una vicina: «Ho veramente un gran dolore dentro di me. È qualcosa di pesante e di tondo, e sono stremata». Rispose l’altra con borioso compiacimento: «Sia lode ai cieli e al mare, io non ho dolori in me. Sto bene e sono sana sia dentro che fuori». Passava in quel momento un granchio e udì le due ostriche, e disse a quella che stava bene ed era sana sia dentro che fuori: «Sì, tu stai bene e sei sana; ma il dolore che la tua vicina porta dentro di sé é una perla di straordinaria bellezza». E’ la grazia più grande, quella dell’ostrica: Quando le entra dentro un granello di sabbia, una pietruzza che la ferisce, non si mette a piangere, non strepita non si dispera. Giorno dopo giorno trasforma il suo dolore in una perla: il capolavoro della natura. Intensità e durata Chi è la persona che hai perduta? Un parente, un congiunto, un figlio, un amico? In quali circostanze si è verificata la separazione? Dopo una lunga malattia? O si è trattato di un incidente, un suicidio? Morte improvvisa? Ti eri preparato? Se sì, in che maniera? Come hai imparato a vivere questa situazione dolorosa nella tua famiglia? In che rapporti stavi con la persona che è scomparsa, nel momento della sua sparizione? Diverse manifestazioni Il lutto è un sentimento umano generale che “Quale sei tu?” però viene vissuto ed elaborato da ogni persona in modo personale e unico A volte queste diversità possono portare anche a dissapori e incomprensioni nelle famiglie Alcune persone si comportano in maniera distaccata e controllata Altre piangono e si disperano rumorosamente Alcune vogliono stare sole, altre preferiscono una compagnia costante Alcune eliminano subito dopo la morte le cose che appartenevano al defunto, altre le conservano immutate per anni Alcune vanno ogni giorno al cimitero altre lo rifuggono totalmente C’è diversità tra: uomo (non mostrare, evitare le persone, iper attività, alcol, fumo…) e donna (esprime più visibilmente, cerca vicinanza, sonniferi e/ calmanti…) Non meravigliarsi, vincere la tentazione di giudicare… non si sa come reagiremo noi. Diverse forme di lutto Lutto Anticipatorio quando sia il malato che i familiari si preparano all’evento, anche se non si è mai totalmente preparati all’evento… Lutto Ritardato tipico di quelle persone che, nelle fasi iniziali del lutto, sembrano mantenere il controllo della situazione senza manifestare segni apparenti di sofferenza (“Siamo preoccupati perché non ha ancora pianto…”) Lutto Cronico si trascina per anni. Chi rimane è assorbito da costanti ricordi ed è incapace di reinserirsi nel tessuto sociale. Lutto Patologico la persona è sopraffatta dalla gravità della perdita e gli squilibri fisici e psichici si spezzano. In questi casi, è necessario un intervento terapeutico. Le tappe del lutto Nella sua “dimensione normale” – diciamo così – per quanto riguarda la durata del lutto, nelle società tradizionali si parla solitamente di un periodo di nove mesi di lutto (è anche il periodo di una gestazione). Secondo molti specialisti, un lutto profondo richiede almeno due anni per essere assorbito in maniera esaustiva. In ogni caso, se è importante la lunghezza del tempo che si spende in questo lutto, più importante ancora è saper utilizzare in maniera appropriata ed efficace questo periodo, questo tempo. Che non ha la stessa durata per tutti, perché abbiamo a che fare con un itinerario complesso, reso vario dalla diversità delle esperienze individuali. Malgrado questo è possibile identificare alcune tappe di un cammino il cui scopo è di portare la persona a uscire, certamente cambiata e possibilmente arricchita, dal tunnel della sofferenza causata dalla perdita di una persona significativa. Un autore canadese, Jean Monbourguette, propone otto tappe. Prima fase: lo schock Fase di stordimento in cui le persone sono un pò come inebetite di fronte alla perdita: "non ci posso credere… non è possibile…". Alcuni sintomi più frequenti sono: una apparente insensibilità di fronte alla tragedia appena avvenuta, ronzio delle orecchie, vista obnubilata, sensazione di freddo e di paralisi interiore, senso di grande pesantezza fisica, affaticamento globale. Seconda fase: negazione Fase di ricerca e struggimento per la persona persa: è la più tipica del lutto. È caratterizzata dall’alternanza tra percepire la mancanza della persona e accettarne la perdita, e l'incapacità di accettare. Spesso in questa fase si vivono intensi momenti di angoscia: l’unica cosa che può consolare è riavere il proprio caro, tutto il resto non mi interessa. Dolori, singhiozzi disperati, pensiero continuo, rimuginino permanentemente, collera possono appartenere a questa fase. Negare la sofferenza provoca una specie di soffocamento, ci si chiude a riccio. Terza Fase: Emozioni e Sentimenti Affinché il lutto abbia un decorso positivo è indispensabile sopportare il tormento emotivo che comporta: depressione sensi di colpa tristezza collera rabbia Vergogna “Lascia che il fiume delle emozioni e dei sentimenti segua il suo corso: ti trasporterà verso acque più calme, quelle della tua tranquillità interiore; avrai spalancato le porte ad un’affettività per lungo tempo repressa”. Il mio naviglio andava per acque tranquille. Scivolava su giornate felici e senza storia. All’improvviso, una burrasca imprevista lo sorprese, deviò la sua rotta, minacciando di mandarlo a picco. Le vele schioccano furiosamente. Le sartìe vibrano, lo scafo si è inclinato. Ho perso il controllo del mio naviglio. Non comando più io a bordo. Il mio naviglio più non mi ubbidisce. Ubriaco sopra le onde scatenate, rulla, vacilla, va alla deriva, senza più rotta. Disperato, mi avvinghio al timone. Poi, ecco, cessa l’angoscia e il vento si lascia dominare. Quel vento che voleva gettarmi fra le onde gonfia ora le mie vele e mi spinge verso il porto. Soffierà, soffierà il vento forte della vita, soffierà sulle vele e le gonfierà di te Quarta Fase: - mantenere e adempiere le promesse adempimento dei doveri Queste incombenze non sono lenitive: non è connessi al lutto adempiere agli ultimi doveri funebri: fatte nel momento della separazione. - mettere in ordine oppure eliminare le tracce della persona scomparsa. mai facile liberarsi e seppellire i documenti di una felicità svanita. Ma, quando si è riusciti a farlo, ci si sente più capaci a dare il vero significato alla perdita subita. E la guarigione arriva prima. Queste piccole decisione, se incoraggiate, possono aiutare a prendere, con il tempo, altre decisioni più importante, necessarie per continuare a vivere con libertà. Quinta Fase: significato della perdita • Ogni perdita ha un significato reale, anche se non è sempre facile scoprirlo. • Quale significato può assumere perdita nella mia esistenza? questa • In che misura mi può aiutare a conoscere meglio me stesso? • Quali nuove risorse ha fatto scoprire in me? • Quale NUOVA direzione prenderà la mia esistenza? • In quale misura ho utilizzato la mia fede? • Come programmare una mia crescita dopo un simile evento? Sesta Fase: il perdono reciproco Chiedere perdono all’altro aiuta ad attenuare i propri sensi di colpa e a riconoscere quelli che sono stati i limiti del proprio amore. Concedere il perdono è indispensabile per poter accettare l’eredità, significa riconoscere il proprio attaccamento e nello stesso tempo il proprio distacco. Il perdono ti fa re o regina Perdonare è un gesto da re o da regina. Quando te ne sentirai capace, perdona. Perdonare non è dimenticare l'offesa o la fuga, non è scusare l'altro, non è rinnegare le proprie emozioni e i propri sentimenti. Perdonare è innanzitutto liberarsi dal desiderio di vendetta e dal rancore, è ammettere la gioia che si è provata ricevendo il perdono dagli altri, è condonare all'altro il suo debito, é volere il suo bene. Se perdoni, ti fai re o regina! Settima Fase: l’eredità Alcuni credono che il lavoro sul lutto sia terminato quando la ferita sembra cicatrizzata. Altri lo credono terminato quando ci si rassegna alla perdita e si torna alla vita «normale». Questa fase consiste nel recuperare l’energia, l’amore ed anche le qualità della persona amata. Sovente, attaccandosi all’altro, ci si attacca alle qualità che di lui si sarebbe voluto possedere. Si arriva anche ad identificarsi con l’essere amato, che viene idealizzato. Se attraverso il lutto si riesce a staccarsi da lui e a lasciarlo partire definitivamente, si arriva a godere di una sua nuova presenza. Ottava Fase: la fine del lutto In passato la fine del lutto era “evidenziata”. Oggi è più difficile rendersene conto, perché non vi sono più segni esteriori o un codice sociale cui fare riferimento. Quando riconosco e accetto che ci sia stata questa perdita nella mia vita e me la ritrovo dentro come qualcosa/qualcuno che sento vivere in me, il lutto comincia a risolversi. Allora le energie, di affetto, di amore, di servizio, di condivisione, diventano energie che posso reinvestire su altre relazioni, sulle altre persone che con me condividono la perdita. Ricordi, valori, immagini non sono solo motivo di nostalgia ma si trasformano in nuova energia in me. Come stare vicino? Molte persone in lutto si sentono dire frasi che feriscono come la lama di un coltello. Si sentono ferite o non prese in considerazione nel loro dolore. Avvertono anche la mancanza di stima per il/la defunto/a. Frasi come quelle che seguono possono essere vissute come una pretesa eccessiva e sono, per lo più, tentativi maldestri di mostrare la propria compassione o l’espressione della propria impotenza. Frasi da Evitare “Lui/lei era comunque già molto anziano/a.” “Così va il mondo!” “Tu sei ancora giovane, puoi avere presto un altro bambino.” “Dovresti dimenticare tutto il più presto possibile.” “Sarebbe potuto andare anche peggio!” “Chissà che cosa gli/le é stato risparmiato.” “È ormai ora che tu ti tolga gli abiti neri!” “Non dovresti lasciarti andare così!” “Il tempo guarisce tutte le ferite!” “Tu sei sempre stato/a così forte.” “Adesso tu devi pensare a quelli che restano ed essere qui per loro!” Allora superato? Dai sono già due settimane ATTENZIONE al “sadismo teologico”: se Dio ha voluto così… Che cosa aggrava il lutto? Ci sono circostanze che possono rendere l’elaborazione del lutto complicata e difficile: Ciò si verifica spesso quando: diversi lutti colpiscono una persona in un breve lasso di tempo; un vecchio lutto non elaborato si inserisce in uno nuovo; non viene permesso di parlare del/la defunto/a; non è possibile o è stato impedito il saluto di commiato; non resta né tempo né forza per l’espressione del lutto; si devono anteporre altre priorità (bambini piccoli, oneri finanziari, contese ereditarie); sono presenti o si aggiungono malattie psichiche come la depressione. Accogliere il lamento Una fase necessaria in ogni lutto è quella del “lamento”. Può essere una fase difficile per parenti e amici eppure è importante permettere che questo avvenga. Il lamento impedito e l’ira repressa possono far ammalare la persona. Consolare e calmare troppo velocemente vengono spesso percepite come aggressioni nell’interessato e possono disturbare le relazioni interpersonali. Sensi di colpa A volte l’evento luttuoso, le circostanze in cui si verifica, può portare i parenti a provare sensi di colpa: Non abbiamo fatto tutto il possibile… Non ci siamo accorti che… Potevamo provare anche… Potevo dire una volta di più “Ti voglio bene” E perché non ti ho abbracciato quella volta…? Liti che non hanno avuto riappacificazione Non presa sul serio una preoccupazione Non ho avuto il coraggio di dire qualcosa di importante Riconciliarsi con se stessi, sapendo riconoscere… Che cosa aiuta? - Riprendere la routine quotidiana, interrompendola con dei momenti di relax. - Approfittare dei momenti in cui le emozioni sono a fior di pelle per esprimerle. - Secondo le situazioni, darsi dei momenti di solitudine per meglio digerire il proprio lutto. - Riannodare vecchie amicizie. - Trovare qualcuno che sappia ascoltare adeguatamente. - Evitare di prendere delle decisioni importanti. - Evitare le persone che divorano le nostre energie. - Evitare gli sport violenti, la velocità eccessiva... - Preferire all’alcol o ai tranquillanti momenti di distensione, una mano amica, un massaggio... - Stare in contatto con la natura. - Diventare consapevoli che la persona amata non sarà dimenticato anche se poco alla volta si apprende a non pensare a lui/lei continuamente. Aiuta ripetere a se stessi: “Ho fatto il possibile / Non ero capace di fare altrimenti in quella situazione / Accetto di sentirmi impotente davanti al dramma di questa perdita...” E i bambini? Anche i bambini vivono il loro lutto e lo esprimono nei modi più diversi, in tempi diversi e con diversa intensità. Hanno bisogno di risposte chiare ma anche possono sentirsi dire che certe cose e ciò che accade, anche se si è “grandi”, sono difficili da capire . Creare attorno a loro un ambiente sereno, dove si sentono presi sul serio nel loro lutto. Qualcuno si prende cura di loro durante il funerale e, se vengono meno i genitori, assicurare che qualcuno in futuro si occuperà di loro. Rasserenare sul senso di colpa che possono manifestare. Vuoi che ne parliamo? Raccontami un momento felice Cosa sostiene È di grande importanza prendere sul serio le persone in lutto e addentrarsi nei loro bisogni. Con un po’ di sensibilità ed attenzione si può prestare il tipo di sostegno più adeguato. Aiuti offerti, ma non imposti. Il linguaggio non verbale Accogliere gli sfoghi e non frenare le emozioni. Cercare di comprendere più che voler spiegare Tornare su luoghi significativi L’importanza della Comunità Riti e ricorrenze L’aiuto della fede “Non mi trattenere” “Donna, perché piangi?” Lei gli risponde chiedendogli se sapesse dove avevano portato la salma di Gesù. Il Cristo si fa riconoscere dal modo con cui la chiama: “Maria!” Piena di commozione e di affetto ella risponde: “Maestro”, e si butta ai suoi piedi per abbracciarli. Ma Gesù glielo impedisce dicendole: “Noli me tangere, non trattenermi”. Qual è il senso di queste parole? Potremmo riassumerlo così: “Maria, è terminato il tempo della mia presenza visibile. E’ giunto il momento in cui il Maestro che ti ha accompagnato su questa terra deve diventare il tuo maestro interiore. A questo maestro interiore devi ora aggrapparti. Da Lui ti verrà lo slancio che ti porterà ad annunciare agli altri quanto hai imparato attraverso l’esperienza. “Credo” di un gruppo di auto mutuo aiuto Crediamo che la perdita di persone care faccia parte della vita e che sia necessario elaborare il proprio cordoglio per guarire e rinascere. Crediamo che il lutto non sia un’infermità, ma un processo normale nella vita di ogni persona, che orienta all’acquisizione di una maturità più profonda. Crediamo che il superamento del lutto esiga energia e coraggio. Crediamo importante trovare spazi dove si possa esprimere il dolore senza sentirsi giudicati. Crediamo necessario poter contare sull’ascolto e sul sostegno degli altri. Crediamo che i sentimenti siano naturali e che si possano vivere positivamente, se hanno la possibilità di esprimersi. Crediamo importante che ogni persona cammini con il suo ritmo nel gruppo, vivendo le varie tappe del cordoglio. Crediamo di possedere tutte le risorse necessarie per elaborare positivamente il lutto, in modo da crescere come persone più libere e mature. Crediamo inoltre che abbiamo bisogno delle risorse spirituali per guarire. Crediamo che, una volta elaborato il lutto, potremo acquisire una maturità affettiva più profonda. Fine del lutto: Caro Bob… “Caro Bob, la tua famiglia è tutta qui insieme per celebrare la tua vita. E’ trascorso un anno dalla tua morte, ma tu continui ad essere tra noi in tanti modi. Pensiamo a te e parliamo spesso di te. Dove andiamo, ci ricordiamo di essere stati lì con te. Sarebbe sciocco pretendere di non essere tristi. Eri una persona così speciale, tanto piena di vita e di gioia che aiutavi chi ti circondava ad avere una consapevolezza più intensa del piacere di vivere. Ci manchi molto. Ma c’è un altro sentimento che proviamo ed è di gratitudine per averti avuto nella nostra famiglia. Anche se continui a mancarci abbiamo ripreso a ridere, a fare nuove amicizie. Litighiamo fra noi e poi facciamo pace. Ogni giorno ci sono sorprese e piaceri nuovi e cerchiamo di vivere pienamente come hai fatto tu. Ti ricordiamo continuando a vivere e ad amare perché sappiamo che questo è ciò che tu vorresti più di ogni altra cosa. Le tue figlie hanno assimilato i messaggi più importanti che hai trasmesso loro: di avere fiducia negli altri, di essere curiose e di restare aperte al prossimo. Tutte le cose belle che hai fatto per noi ti mantengono vivo nel mondo”. CEI - Giornata del Malato 2011 “Dalle sue piaghe siete stati guariti” (1 Pt 2,24) Padre, che ami la vita, Ti imploriamo nella salute e nella malattia. Tu non vuoi il nostro male, né ci lasci soli nel dolore. La Pasqua del tuo Figlio, Gesù Cristo, ci ha salvato per sempre dalla morte. Dalle Sue piaghe siamo veramente guariti! Spirito del Risorto, consolaci e rendici fratelli nella sofferenza. Fa’ che le mani di chi cura siano piene dell’amore e della tenerezza di Maria, Madre di misericordia. Amen! MARKO IVAN RUPNIK - CENTRO ALETTI, La Santa Anástasi - Venezia, Basilica di San Marco Volta ovest della cupola dell'Ascensione (XII secolo