Per introdurci nel tema del dono, faremo la nostra meditazione in compagnia di un pensatore francese, scomparso di recente, Paul Ricoeur. Oggi ci interroghiamo su come ‘diamo’ e come ‘riceviamo’, sulla dinamica del dono. Sappiamo che esistono diversi modi di donare. E, anche solo istintivamente, intuiamo che non tutti sono automaticamente ‘corretti’. Non c’è dunque una sola figura di ‘donatore’, ma esistono diversi modi di dare e ricevere, alcuni giusti e consigliabili, altri subdoli e da evitare… E cominciamo da quelli sbagliati o subdoli. Possiamo chiamare questo primo modo di dare e ricevere il dare del mercante Il ‘mercante’ è chi vive le proprie esperienze e la propria esistenza nella logica dello scambio. Io ti do una cosa se tu me ne dai un’altra. Baratto. Commercio. Se ci guadagno o per lo meno siamo alla pari, ci sto, altrimenti niente. Chiediamoci: se gli altri si rapportassero a noi solo perché ci guadagnano, perché facciamo loro comodo, ci farebbe piacere? Reputeremmo nostro amico qualcuno che ci fa dei favori solo perché questo poi crea un ‘rientro’ immediato anche a lui? Sicuramente no. Quando pensiamo ad una relazione profonda, la prima cosa che desideriamo è la gratuità. Che l’altro ci venga incontro per ciò che siamo e non per ciò che possiamo dargli o non dargli. Che l’altro ci dia qualcosa perché ci vuole bene e ha piacere di darcela e non perché si aspetta qualcosa in cambio. Insomma un ‘dono’ disinteressato e sincero. Ma quante relazioni sono veramente così nella nostra vita? E soprattutto, chiediamoci, quante volte ‘noi’ siamo così nei confronti degli altri? In realtà noi per primi, tante volte, spesso senza neanche accorgercene, viviamo relazioni da mercante, non siamo ‘donatori’ gratuiti, veramente, fino in fondo. Quante volte anche noi ci ‘diamo’ agli altri (… e pensiamo anche al nostro essere nel CVS ‘darci’ per chi ha bisogno…) ma ci ‘diamo’ per ricevere, per colmare le nostre solitudini, per avere gratificazioni, per riempire vuoti. Quante volte i nostri gesti più quotidiani dicono (espressamente o tacitamente): mi aspetto che tu ricambi il mio affetto! Con l’accento posto sul devi e non sul puoi. E con l’accento posto sul tu che devi e non sull’io che voglio dare. Catena invisibile, ma potente che soffoca anche relazioni apparentemente intessute nella logica della reciprocità e della gratuità (*) Inserire qui il canto/ppt One, degli U2