Arlecchino è una maschera della Commedia dell’Arte che
nasce in territorio bergamasco seppure con alcune influenze
francesi.
La sua apparizione ufficiale, risalente alla metà del 500, è
opera dell’attore di origine bergamasca Alberto Naselli detto
Zan Ganassa che fuse insieme i personaggi diabolici
farseschi della tradizione francese e il prototipo del servo
italiano sciocco e un po’ rozzo (lo Zanni).
Tuttavia le origini di Arlecchino sono da ricercarsi in un
passato ancora più remoto, si sa infatti che il nome deriva
da quello di un demone sotterraneo di epoca medievale.
LA LEGGENDA DEL VESTITO DI
ARLECCHINO
Il suo costume famosissimo e tradizionale è composto da una
maschera nera e fiammante e un vestito fatto di losanghe
lucenti multicolori.
Anche qui una leggenda si propone di spiegare qual è
l’origine dell’abito tutto colorato di Arlecchino. Si racconta che
Arlecchino era un bambino che faceva parte di una famiglia
molto povera. In occasione del Carnevale a scuola la maestra
decise di organizzare una festa, alla quale però il bambino
era l’unico a non poter partecipare, perché non poteva
permettersi un costume adeguato. Vennero in suo aiuto i suoi
compagni di scuola, che, spinti da un senso di solidarietà,
portarono alla madre di Arlecchino, ciascuno un pezzetto di
stoffa del proprio vestito. Con tutti questi pezzetti di stoffa la
madre del povero bambino realizzò un vestito originale, che
si caratterizzava per le sue variegate tonalità. Arlecchino fu il
bambino più ammirato il giorno della festa di Carnevale.
CURIOSITà SU ARLECCHINO
Tutti conoscono il variopinto costume della maschera più famosa della commedia
dell’arte, ma quanti conoscono l’oscuro passato del “Servitore dei due padroni”? Lo
sappiamo tutti: Arlecchino è un servo furbo e opportunista, un bergamasco
chiassoso e povero, come lo erano un tempo i suoi conterranei che a Venezia,
durante la Serenissima Repubblica venivano impiegati in lavori umili e faticosi.
Bergamo rappresentava l'estremità occidentale della nazione. Arlecchino era
talmente povero, da non avere nemmeno i soldi per rattoppare il misero vestito con
stoffe dello stesso colore. Ma se ci fosse altro dietro questo strambo personaggio
sempre pronto a truffare il vecchio padrone, ad aiutare giovani amanti, a mettere in
ridicolo i soldati?
Forse non tutti sanno che le origini di questo buffo personaggio si perdono nella
notte dei tempi.
Le ipotesi sul significato del suo nome, e sul vestito rattoppato, sono varie.
Un'antica storia narra che nel 1356 il conte francese di Lovence, ritiratosi in Val
Brembana, si portò dietro un domestico ubriacone. Sorpreso a rubare, il servo fu
bastonato e condannato a una severa punizione: mostrarsi nei paesi della valle a
dorso di un asino e con un vestito ridicolo, fatto con toppe di diversi colori. Il clamore
e il divertimento fu tale, che alcuni giovani, negli anni seguenti, adottarono quel
travestimento come maschera.
Ma è il nome di Arlecchino a destare maggiore curiosità, e
secondo molte leggende, l'origine è addirittura diabolica. Re
Erlen, era un folletto della mitologia scandinava. Herla King, Re
Herla, anche questo un personaggio di una saga nordica, è alla
guida di una “masnada infernale” di anime e insegue belve
ululanti nelle notti di tempesta.
L’origine del nome Arlecchino sembra derivare da quest’ambito,
prova ne sarebbe il bozzo della maschera nera delle origini,
residuo delle corna infernali. Il diavolo citato anche da Dante
Alighieri nella quinta bolgia, tal Alichino, deriva dall'Harlequin
francese (o Herlequin o Hellequin): demone gigante che
guidava per le vie cortei composti da cavalieri neri che
sputavano fuoco, nani trasportati su barelle, uomini e donne
torturati da demoni neri e schiere di morti che piangevano per i
loro peccati. Del demone Arlecchino avrebbe mantenuto i
colori dell’inferno, i rombi colorati, il bastone corto (batòcio) e
la maschera nera con un accenno di corno sulla fronte.
FINE
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ARLECCHINO