LA CREAZIONE DI UN APPARATO
POLITICO-MILITARE
I duces1 delle nuove circoscrizioni furono capi militari nominati , in un
primo tempo dall’esarca, il nome stesso di iudex, già usato per
contraddistinguere la giurisdizione civile, finì con essere applicato anche ai
duchi e agli ufficiali militari subordinati, i tribuni.
Nell’ Italia bizantina parve dunque costituirsi un apparato
politico-militare onnipresente, destinato a compensare, con la rigidezza di
un'unica gerarchia di poteri, la discontinuità territoriale e le conseguenti
difficoltà di un governo unitario.
L’AUTORITÀ MILITARE SURROGA IL
POTERE CIVILE
Questa unificazione dei poteri locali nelle mani dei comandanti militari bizantini era una soluzione del
problema politico-amministrativo radicalmente opposta al programma enunciato da Giustiniano, che
aveva messo l’accento sulla distinzione delle funzioni civili da quelle militari e sulla scelta dei giudici
provinciali nelle province medesime, così ostentando la volontà di correggere certe tendenze a porre
l’amministrazione civile sotto la vigilanza dei capi militari.
La separazione fra carriere militare e carriere civili si andava dileguando con il graduale svanire della
burocrazia stessa civile, per lo meno nei suoi gradi più alti.
Il prefetto del pretorio d’Italia, già diminuito nei suoi poteri scomparve nel corso del VII sec. Simile
sorte ebbero i governatori civili delle provincie: tanto che le vecchie provincie svanivano di fronte alla
destrutturazione imposta dalle necessità della difesa militare.
IL CETO DI POSSESSO
Non vi era paragone tra il patrimonio fondiario della Chiesa di Ravenna,
arricchita anche dai beni già in dotazione delle chiese ariane protette da
Teodorico e il patrimonio di ogni ente o famiglia della regione. E se la potenza
economica dell’arcivescovo oltrepassava di gran lunga i limiti regionali certo è che
nei vari distretti dell’esarcato2 e della pentapoli 3 si concentrava la massima
parte dei beni: una fortuna immensa, contratti a lunga durata, fino a tre
generazioni e anche in perpetuo, dei quali godevano non tanto i coltivatori
diretti, quanto i milites, i tribuni, perfino l’esarca, la classe militare insomma,
coincidente con il ceto dei possessori.
La Chiesa di Roma
La Chiesa di Ravenna
Con una simile base economica e un simile
Questo graduale coordinarsi di tutta una società
collegamento sociale,
e con la responsabilità
intorno a un prelato eminente fu in parallelo con
attribuita dalla legislazione bizantina a tutto
ciò che avvenne nel ducato romano. Il patrimonium
l’episcopato dell’impero di vigilare attivamente
sancti petri si risolse in qualcosa di molto diverso
sull’amministrazione pubblica, l’arcivescovo di
così dalla vasta rete economico-amministrativa di
Ravenna raccoglieva nella proprie mani una
un tempo fra i dispersi patrimonia della chiesa
potenza temporale predominante nella regione, una
romana, divenne la base di una coordinazione
potenza formalmente distinta dall’ordinamento
regionale, che faceva esatto riscontro con quella
pubblico ufficiale, ma collegata con i singoli membri
rivale sul piano ecclesiastico del metropolita di
dell’ordinamento medesimo e integrata da quella
Ravenna.
rete di subordinazioni ecclesiastiche.
LA CHIESA DI ROMA
Soltanto quando si ponga attenzione alla struttura, all’entità e alla distribuzione
geografica di questo gigantesco supporto economico e amministrativo dell’autorità religiosa
della sede romana, si può intendere come dalla fine del VI sec. al principio dell’VIII sec.
La Chiesa di Roma , in contrasto con la debolissima attività esercitata nei regni
romano-barbarici dell’Occidente, abbia mantenuto una capacità di azione ecclesiastica e
di influenza sociale e politica nell’Occidente soggetto a Bisanzio, e come dalla metà VII
sc. si sia potuta orientare verso un vasto disegno di dominazione politico-territoriale nel
centro d’Italia.
La Chiesa di Roma, che nello sconvolgimento provocato in Italia dalle controversie sul
culto delle immagini già operava diplomaticamente di fronte ai longobardi in sostituzione
e rappresentanza del potere imperiale carente.
LA DISTINZIONE SOCIALE ED
ECONOMICA NELLA REALTÀ
LONGOBARDA
La distinzione sociale ed economica all’interno del regno sottolineava a sua volta un
fatto schiettamente politico. Il diritto alle armi, proprio dei longobardi, implicava
partecipare non soltanto alle imprese di guerra e alla difesa militare del territorio, ma
al controllo e alla dominazione politica esercitati sulla popolazione romana: che non
era tutta di servi, bensì in buona parte di coltivatori personalmente liberi, di liberi
artigiani e mercanti e di chierici. Il popolo longobardo deteneva intorno ai suoi capi e
collaborando con essi, il monopolio del potere politico insieme con l’egemonia sociale e
con una prevalenza assoluta del possesso fondiario.
U N A S O RTA D I C E TO D I P O S S E S S O
NEL MONDO LONGOBARDO
Per vie affatto diverse da quelle seguite dalle popolazioni ufficialmente subordinate all’esarca
bizantino di Ravenna , anche l’Italia longobarda pervenne, nell’VIII sec., alla costruzione di un
sistema sociale in cui la classe dei possessori si identificava con la classe militare e politica.
I possessori liberi e armati del distretto militare longobardo (exercitales) non erano meno radicati
nella vita locale di quanto fossero i milites delle città bizantine, e neppure essi mancavano di
intraprendenza, nonostante la forte mano con cui Re Liutprando in quel tempo, reggeva i suoi
longobardi.
L’ ”esercito” del Re Longobardo era capillarmente insediato nel regno : era il ceto che ovunque
emergeva, nella città e nei piccoli centri rurali. L’adesione alla pieve e alla diocesi non era soltanto un
fatto religioso: rappresentava l’inquadramento sociale degli esercitali, l’appartenenza a quel
medesimo ceto di possessori, da cui i vescovi e plebani venivano per lo più reclutati.
Legislazione di re Liutprando
Re Liutprando dovette con una norma esplicita e ampia proibire che si comperasse terra regia
dai servi e minacciare gli actores 4 colpevoli di vigilanza insufficiente.
Nell’esprimere questo divieto Liutprando manifesta la sua indignazione contro l’ingiustizia
degli arimanni, i quali vedono garantiti dalla legislazione regia i propri possessi ma non hanno
rispetto per i possessi del re: essi che pur sono legati al re da un giuramento di fedeltà.
Il potere regio pone l’accento sul carattere pubblico della generale subordinazione di arimanni e
degli agenti e capi militari al re, rafforzandola con i vincoli di una devozione personale verso
colui che, solo, rappresenta la stabilità e l’unità politica.
LA GERARCHIA NELLA REALTÀ
LONGOBARDA
Nell’VIII sec. la gerarchia delle funzioni pubbliche ed ecclesiastiche corrispondeva,
nel regno longobardo non meno che nell’esarcato bizantino d’Italia, a vari gradi di una
gerarchia sociale ed economica, che si presentava ufficialmente e concretamente come
classe armata, sorretta da un possesso prevalentemente fondiario, da cui era più o
meno compiutamente inserita in singoli contesti regionali o locali.
Le schiere che nel VI sc. Invasero l’Italia sotto la guida del Re Alboino,
presentavano un ordinamento militare che corrispondeva ancora in gran parte
all’ordinamento tribale del popolo.
I corpi dell’esercito si articolavano secondo i nuclei parentali a cui appartenevano i
guerrieri (farae).
LA TENDENZA AUTORITARIA
DELLE FARE
Lo stanziamento del popolo nelle varie regioni italiane avvenne attraverso il graduale
arrestarsi dei corpi di spedizione e il distribuirsi delle fare entro ciascun territorio.
I capi dei singoli corpi, i duchi, si insediarono in centri fortificati e divennero capi
territoriali; e poiché ogni gruppo di fare che costituisse un corpo di occupazione,
implicava rapporti interni complessi, non dipendenti soltanto dalla collocazione
territoriale, ma dai vincoli delle parentele e da una tradizione di guerre e di conquiste,
ogni ducato rivelò una tendenza all’autonomia.
LA RESTAURAZIONE DEL
POTERE REGIO
La necessità di una difesa comune contro i pericoli esterni impose la restaurazione
del potere regio, e da quel giorno l’evoluzione del popolo longobardo e dei suoi
rapporti con la popolazione romana fu condizionata fortemente dall’orientamento
della corte di Pavia verso un regime monarchico di carattere tendenzialmente romano.
I duchi quando restaurarono il potere regio dopo il decennio di anarchia cedettero al
Re Autari metà delle loro ricchezze. Ed è documentato che nell’VII sec. Re e duchi
donarono largamente alla Chiesa. Tutto ciò presuppone un immenso patrimonio
fiscale, proveniente in massima parte da terre già anteriormente pubbliche.
Le donazioni regie provocavano accrescimenti anche in zone lontane.
I DUCHI CON LO SVILUPPO
DEL POTERE REGIO
Lo sviluppo del potere regio in una monarchia a chiara base territoriale ebbe dunque un
limite nelle sopravvivenze ducali, le quali anzi, si configurarono come formazioni
politiche orientali verso un proprio ulteriore sviluppo e capaci di limitare la corte regia
nella definizione dei distretti minori, nell’amministrazione del fisco ducale nella
creazione di una piccola burocrazia centrale.
L’autorità regia ebbe a Benevento e a Spoleto un riconoscimento più spesso formale che
sostanziale; in tal modo i due grandi ducati longobardi si insediarono fra i territori
bizantini tendenti pure essi all’autonomia e accentuavano il frazionamento politico della
penisola.
Fonte: Egemonie sociali e strutture del potere
nel medioevo italiano – Giovanni Tabacco
Glossario
1.
Limitanei Nell’esercito romano dal 4° sec., in contrapposizione ai comitatensi, i
soldati stanziati alle frontiere e alle dirette dipendenze dei duces, comandanti
militari delle province di confine. Come contadini-soldati, i l. risiedevano sul fondo
in loro possesso.
2. esarcato Nome dato dai bizantini ai due governatorati militari in cui raggrupparono
i territori dell'Impero situati in Italia. Comandati da un esarca (gr. «comandante»)
3. Pentapoli fu detta anche una delle province dell’Italia bizantina, pressappoco
corrispondente all’antica Flaminia e presumibilmente già organizzata all’epoca
dell’invasione longobarda. Il nome farebbe ritenere che si limitasse a 5 città
4. actionarii Ufficiali medievali di grado inferiore (detti anche actores), preposti
all’amministrazione dei possedimenti patrimoniali della Chiesa. Nel Regno
longobardo dipendevano dai gastaldi o dai duchi
Fonte: Treccani.it
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Politica ed economia dell`Italia tra bizantini e